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Autore: Julia_Fred Weasley    28/09/2014    11 recensioni
Fred e Hermione, e il loro amore attraverso gli anni. E adesso c'è l'ultimo capitolo, la mia vita è finita! Ormai sembravano secoli che questa storia andava avanti è adesso è finito tutto! Mi sento abbastanza una schifezza ma tutto ha una fine. Spero comunque di non avervi deluso. E adesso il mio cervello si scervellerà ancora per trovare una storia da scrivere! Beh, intanto... dall'ultimo capitolo:
- Oh, ma ti prego! Dici così solo perché non ne hai voglia!
- Che cosa?! Mpfh… stai delirando, vai a letto che è meglio!
- Vedi! Fai così quando non vuoi!
- Non siamo dei ragazzini, Fred!
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Fred Weasley, Hermione Granger | Coppie: Fred Weasley/Hermione Granger
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Seventh Year
pt.1 


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27 July

- No, no… Fred, ma che fai?! Ti ho detto come dovevi muovere la bacchetta! – si infuriò Hermione. Aveva i pugni stretti lunghi i fianchi, così stretti da farsi dei segni a mezzaluna nel palmo. In uno di esse teneva in mano la bacchetta. Quel pomeriggio era stato il più lungo che lei avesse mai trascorso alla Tana. Era arrivata lì qualche giorno prima.
Sapeva che ormai la guerra aveva preso il sopravvento, e doveva aiutare Harry a tutti i costi, fosse l’ultima cosa che faceva. Nel suo corpo, negli ultimi giorni, non poteva che notarsi ansia e terrore. Sempre con la schiena eretta, orecchie che distinguevano ogni suono possibile e occhi vigili. A Fred faceva quasi paura.
Lui, d’altro canto, cercava di trascorrere più tempo possibile con lei, ma a volte risultava quasi impossibile. Il Ministero richiedeva a gran numero le loro protezioni anti-incantesimi, per fatture gravi e per antemi che, si sapeva, procuravano la morte. I gemelli si ritrovarono a lavorare più di quanto non avessero fatto in tutti gli anni dall’apertura del negozio. Tutti, senza neanche dare spiegazioni, trasudavano paura, erano così stremati ancor prima di iniziare la vera battaglia. La tensione, oltre alla paura, quasi non li rendeva pazzi. Molti non dormivano la notte, a causa delle lunghe riunioni dell’Ordine. Passavano intere notti a elaborare piani, disdette, stratagemmi… Qualunque cosa pur di rimanere in salvo. Sotto l’educazione di Molly, ovviamente, non poteva venir fuori il divieto ai ragazzi di non partecipare alle riunioni, ma Malocchio l’aveva messa a tacere.
Erano grandi ormai, erano cresciuti troppo in fretta. Troppo giovani per capire il vero significato della guerra, eppure erano lì… tutti quanti. L’unico che mancava all’appello era il Prescelto. Serviva un piano, per portarlo sano e salvo dalla casa degli zii. Il caro Fred, non avendo completato gli studi a Hogwarts, si ritrovò un po’ indietro con gli incantesimi di difesa, utili in quel momento, ma a questo badò Hermione. Era così in ansia per ogni cosa che decise di insegnare a Fred come difendersi, anche se lui ripeteva più e più volte che non ne aveva bisogno. Si sentiva da una parte umiliato a prendere lezioni da lei e da una parte compiaciuto, perché poteva starle vicino. Ma purtroppo entrambi sembravano troppo distratti, stanchi, spossati, isterici e ansiosi per stare più di qualche minuto insieme.
A volte, quando vedevano che uno di loro era nella stessa stanza, l’altro se ne andava nella successiva o al piano di sopra. Erano diventati intrattabili l’uno con l’altro, la guerra li stava rovinando. E Fred sapeva questo, sapeva il motivo di quei continui battibecchi, ma a Hermione sembravano insignificanti, anzi dava la colpa a lui, quasi per qualsiasi cosa. Sembravano già sposati. Baci e amore erano diventati carenti, anche se Fred desiderava Hermione ogni qual volta si trovavano da soli, ma lei sembrava più ansiosa del solito. Ogni giorno la vedeva nella stanza che condivideva con Ginny, andava avanti e indietro, parlava da sola e poi metteva tutto nella sua borsetta con le perline. Poi, indecisa, toglieva quello che aveva messo, per poi rimetterlo e non pensarci più, oppure dopo qualche minuto ritornarci sopra.
Lui, a volte, non sapendo che fare, stava sul letto di Hermione e la guardava stando in silenzio. Miracolosamente si ritrovò anche lui a sfogliare qualche pagina, finché non si rendeva conto di quello che stava facendo. “Oh, questo sarebbe utile per il prodotto che sto facendo con George!” esclamava, mentre sfogliava, si prendeva l’appunto, e poi posava il libro. Fred pensò che per una cosa del genere, avrebbe avuto una presa in giro da Hermione, ma questa non arrivava mai. Era troppo chiusa nel suo mondo d’ansia per notarlo. Fred si trovò messo in disparte. Dopo Harry.
- Hermione, io sto facendo quello che mi stai mostrando, dammi tempo, ok? – rispose Fred di rimando, provando a essere più comprensivo possibile. Sapeva come lei si sentiva, in fondo ad andare con Harry non era di certo lui. Fred notò lei arruffarsi i capelli, già arruffati di suo. Si accorse che lei soffriva molto il caldo, cosa su cui non le diede torto, sembrava fare più caldo del solito quell’estate. Ma forse, constatò lui, la maggior parte del calore proveniva dai suoi capelli. Pur se annodati in una coda di cavallo, i suoi ricci le ricadevano dietro il collo comunque, quasi da non notare la differenza di quando li aveva sciolti. Hermione a quella risposta sembrò infuriarsi ancora di più.
- Non stai facendo abbastanza! La guerra è qui, Fred! E non possiamo farci niente, questa notte ci aspetta un’impresa e voglio che tu sia in grado di difenderti, se solo tu… tu… non avessi abbandonato Hogwarts, ora non dovrei stare qui… - Fred si avvicinò sempre di più a lei ad ogni sfuriata che gli faceva. Sapeva che aveva ragione, ma non sapeva che avrebbe dovuto affrontare qualcosa come una guerra. Sembrava che glielo facessero apposta: “Hai abbandonato Hogwarts… ah! Ora ti diamo una guerra e vediamo se riesci a cavartela senza le precauzioni che non hai voluto imparare! Imbecille!”. Ma più Hermione si infuriava, più Fred la trovava attraente, mettendo in primis che la causa della sua sfuriata era lui… beh, almeno come secondo punto. Perché già sapeva per quale motivo lei era diventata così suscettibile a tutto.
Non ci pensò neanche, beh… come al solito, e le prese il viso tra le mani. Le sue labbra incontrarono le sue, in modo dolce, spavaldo, incoraggiante e possessivo, come solo Fred sapeva fare. Hermione si ritrovò con le mani a mezz’aria e gli occhi spalancati. Ora che ci pensava erano giorni che non succedeva una cosa del genere e questo a causa sua. Lei si fece un esame di coscienza e assecondò il bacio. La sua bacchetta cadde dalla mano e le sue braccia andarono a circondare il collo del ragazzo. Le punte dei suoi piedi si alzarono e, anche se entrambi erano sudati e arrabbiati l’uno con l’altro, quella sembrò un toccasana, una tregua che agognava d’essere fatta.
Quando si staccarono, le loro fronti si incontrarono. Hermione sembrò più calma, anche se tutto il suo corpo tremava; Fred non sapeva dire se per l’ansia o per quel contatto. Hermione, invece, sapeva benissimo il motivo. Aveva nascosto tutto quasi per tutta l’estate, ma sapeva che sarebbe esplosa alla fine, lo faceva sempre. Tutte quelle emozioni non potevano essere controllate.
Tutte le notti piangeva e per non farsi sentire usciva fuori casa, insieme alle piante e al grano che ondeggiava seguendo il vento delle leggere brezze estive. E lì, da sola, poteva gridare, poteva soffrire senza che nessuno la confortasse. Lei non lo voleva, essere vista come una debole le andava di traverso. Neanche si riconosceva, a volte per l’agitazione si graffiava il viso. Un gesto che lei faceva involontariamente, senza accorgersene. La sua fronte aveva preso un colorito leggermente rosso.
E ora quei sentimenti amari della notte, si stavano riversando nel giorno. Fred non se lo meritava, quegli atteggiamenti che gli riservava erano spregevoli e aveva paura di perderlo. Era la cosa più bella che le fosse capitata in tutta la vita e non voleva vederla scappare via. Gli occhi di Hermione guardarono fissi quelli di Fred. Così chiari, verdi, traspiravano libertà da tutti i pori, come lui, così sinceri. Lei si sentì quasi svenire, le parole che aveva in mente non riuscivano ad arrivare alla bocca, eppure erano così semplici, quasi si sentì di star per vomitare.
- Fred… io… io… - lei era ancora avvinghiata a lui, con le braccia intorno al collo. Fred notò il suo cambio di emozioni tutto d’un botto. Con Hermione c’era abbastanza abituato e la tenne stretta alla vita, temendo che potesse svenirgli tra le braccia.
- Hermione, tutto ok? Cos’hai? – fece preoccupato. Ma lei balbettava ancora, ancora in preda a mille emozioni.
- Fred… io… io non sapevo se ne saremmo usciti vivi, così… - il suo coraggio finalmente cominciò a mostrarsi nelle sue ossa. Hermione si maledisse per dimostrare quella debolezza, ma doveva trovare almeno quel grammo di coraggio per parlare.
- Ti prego, parla! – insisté Fred. – Certo che se ti bacio e poi ti riduci così, è meglio che non lo faccio più! – cercò di buttarla sul ridere, come faceva sempre. Anche se sapeva che in quel momento la situazione era alquanto drammatica.
Sembrava quasi che Hermione stesse per morire tra le sue mani. Ma lei da quella battuta trasse vigore. Ricordò i suoi anni a Hogwarts, con le loro divise e lui che trovava ogni momento buono per tormentarla, ci trovò qualcosa di nostalgico. Le battute di Fred quasi perdevano di stile se non erano fatte in quei corridoi insieme a lei e insieme a migliaia di occhi che li guardavano. Così lei si distaccò da lui, in perfetto stile prefetto, cercando di riportare quella nostalgia in quel giardino della Tana in cui si erano rifugiati per esercitarsi. Lei sbuffò.
- Sappi che non mi fai questo gran effetto, Weasley! – Fred per la prima volta sfoderò uno dei suoi sorrisi maliziosi, infantili e irresistibili. Hermione si rincuorò. Era come ritrovarsi, come se nulla fosse cambiato. Entrambi si sorrisero, per quella complicità da tempo perduta. Fred le prese la mano e insieme percorsero la strada a ritroso per arrivare alla Tana.
- Allora, cosa dovevi dirmi? – Fred ritornò serio. Si vede che la guerra viene presa sul serio da tutti. Forse, per Hermione, era l’unica che poteva avere la vera attenzione di Fred Weasley. Hermione cercò di ritrovare le parole che aveva perso in quel frangente di serenità in cui si erano ritrovati. Prese un lungo respiro e poi buttò tutto fuori, ormai le usciva naturale, notti d’esperienza.
- Ho obliviato i miei genitori. – Fred la guardò con due occhi spalancati che sembravano dare uno schiaffo morale a quelli di Dobby.
- Cos…come… perché?! – riuscì solo a dire, accompagnato da un sospiro straziato.
- N-non sapevo che fare, anche loro sono in pericolo…
Hermione agitava le mani.  - Sì, ma se me lo avessi detto, avremmo potuto aiutarli, anche loro sanno di tutto questo mondo, non avrebbero avuto problemi! – spiegò lui. Facendole capire che forse quello era un gesto estremo. Lui… lui spiega ad Hermione che quello era un gesto estremo… lui.
- Sì, ma non sapevano niente di Voldemort e della guerra e di tutto il resto. Non ho mai detto niente loro di queste cose… non volevo che si preoccupassero, che mi mandassero via! Non volevo stare lontano da te, capisci? Non volevo che mi portassero via! Non volevo non frequentare più questo mondo! Non volevo abbandonare Ron e Harry! Non volevo che tutto questo diventasse solo un ricordo. – disse tutto d’un fiato, i suoi occhi si inumidirono, la sua bocca cominciò a tremare, la sua gola a bruciare, le sue gambe a non sostenersi e il suo corpo a provare calore, troppo. Fred sembrò finalmente capire cosa l’aveva spinta a farlo. Davanti a lui, lei sembrava così fragile, così stanca. La tirò a sé e l’abbracciò mentre lei sfogava tutto su di lui, dentro di lui, dentro le sue braccia. Lui respirava, respiri lenti e pieni di vendetta, rabbia, Voldemort doveva morire. Hermione imparò che piangere tra le braccia di qualcuno attenuava il dolore, nelle sue braccia imparò che poteva diventare quasi dolce. Anche se ci si allontanava di parecchio. Fred, dopo che lei ormai aveva gridato, trafiggendogli le unghie nella sua pelle, dopo che aveva quasi perso i sensi, parlò.
- Quindi ora per loro, tu… - cominciò.
- Non esisto. – finì Hermione. – Non mi conoscono, non sanno il mio nome, non sanno che sono una strega, non sanno che sono loro figlia, non esisto.
Fred annuì.  - Okay – bisbigliò. – Okay. – mentre la teneva ancora tra le sue braccia. – però sappi che per me esisti, vivi, combatti, distruggi, respiri, ami. – Hermione strinse gli occhi, mentre altre lacrime cominciavano a scendere, ma decise che queste non dovevano nascondersi, perché erano di gioia. Perché lo amava, da morire. E ancora una volta si sentì inerme a quell’importanza che occupava in una persona. Fred pensò che era bella anche quando piangeva, era sempre bella, bella nelle sue debolezze. Lei lo baciò con le sue labbra umide, e Fred da quelle labbra prese parte del suo dolore, parte di quelle lacrime versate. E così le labbra sembravano più asciutte.

*

Quella notte l’Esercito si riunì alla Tana. Hermione e Fred fecero una doccia prima, per togliersi il sudore e i pensieri. La fecero insieme, si abbracciarono, trovarono conforto, trovarono amore. Il piano era di prendere Harry dalla casa degli zii, senza che Voldemort sapesse del suo trasferimento. Malocchio aveva spiegato loro tutto. Molly era più che arrabbiati. Mai aveva provato una preoccupazione del genere perché metà del piano doveva essere fatto da loro, dai ragazzi, così giovani per rischiare la morte.
Ma nessuno si era tirato indietro, volevano combattere, erano lì pronti, attivi, Voldemort doveva essere preso in giro da loro. Perché loro non dovevano vivere in un futuro così, perché erano considerati inferiori, perché erano solo dei ragazzi. Semplici, stupidi ragazzi. E la vendetta era doppia. Fred, più assaporava il piano, più il suo sguardo da psicopatico prendeva forma.
Hermione e George conoscevano bene quello sguardo, era il suo, quello naturale quando uno dei suoi piani prendeva posto nella sua mente. Quando vedeva la cosa così divertente e folle da essere fatta, senza ripercussioni. Lei quasi si preoccupò, forse quello sguardo e quel sorriso malefico erano troppo accentuati per non essere osservati. Tutti si riversarono fuori dalla Tana, pronti per cavalcare le proprie scope e i Thestral, e anche la smaterializzazione per arrivare a casa di Harry. Fred avrebbe usato la scopa, gli dava adrenalina, lo aiutava a scaricare la rabbia, lo aiutava a vivere. Hermione andò vicino a lui, prima che Malocchio desse il segnale di partenza.
- Non fare stupidaggini! – gli rimproverò.
- Cosa?! Non siamo neanche partiti! – disse lui sorpreso.
- Non mi interessa, non ti voglio morto, ok?! Altrimenti io continuerò ad ucciderti! – aveva un dito alzato contro di lui, per sottolineare il rimprovero. Fred rise, con quel suo angolo destro che si alzava, Hermione accennò un sorriso che provò a nasconderlo con uno sbuffo. Aveva le braccia conserte e alzava gli occhi al cielo. Fred le rubò un bacio e Hermione si imbarazzò, quando vide proprio Malocchio davanti a loro.
- Basta smancerie, Granger, va a prepararti! – fece sgarbato. Lei, per tutta risposta, fece come gli fu ordinato. E a testa bassa sorpassò Moody. Fred se la sghignazzava con piacere. - E tu Weasley, non combinare guai! – lo ammonì.
- No, affatto, signore! – gli rispose con un saluto militare. Moody, pensò a un pensiero poco amichevole che non gli rivolse e alzò la bacchetta, pronto per dare il via.
- 1… 2… - ma prima di dire “3”, Fred si alzò con la scopa gridando insieme alle risate. Il gemello rise e anche sua madre, quel ragazzo dava una carica di vita nelle vene, m a era vero che poteva anche finire in pericolo.
- Che gran pezzo di idiota! – disse Hermione con le sopracciglia corrucciate e la voglia di picchiarlo.
- Concordo, Granger, concordo! – annuì Malocchio annuendo con una smorfia che diede tono alle sue labbra abbassate. Formando una mezza luna.
 
Harry aprì subito la porta, Hermione non vedeva l’ora di vederlo, era troppo preoccupata per lui e per quello che stava passando. Lui era la loro unica salvezza, tutta la guerra era sulle sue spalle. Era lui che stava combattendo una battaglia non solo letterale, ma anche interiore. Hermione gli si fiondò addosso, stritolandolo in un abbraccio mortale.
- Ok, Hermione… spostati! – biascicò Harry. Malocchio con le sue doti delicate richiamò tutti per mettere in moto il piano. Hermione, dopo aver sorriso a Harry, andò da Fred, a cui diede un pugno che lo buttò a terra. La forza di Hermione diventava alquanto sorprendente quando era veramente arrabbiata. Cosa da non dimenticare.
- Oh, ti do un dieci, era fantastico! – esclamò George.
- Io uno zero! – disse Fred a terra alzando un braccio.
- Io mille galeoni, se solo ce li avessi, per ogni volta che lo fai! – intervenne Arthur.
- Ti avevo detto di non fare stupidaggini! – gridò Hermione. Fred si rialzò pulendosi i suoi abiti nuovi che aveva rimediato con il suo lavoro.
- E tu sai come sono fatto e volevo distrarmi, ok? – si dimenò. – E dove la trovi tutta questa forza. Tu che sei alta un tappo e mezzo!
- Ma perché la doccia non ti è bastata? – sussurrò Hermione, lasciando perdere la constatazione alla sua altezza.
- Beh, forse mi ci vorrebbe più di una doccia! – sorrise Fred, quando faceva così Hermione voleva solo baciarlo e portarselo a letto, ma ovviamente resistette a quel futile istinto. Anche perché possibilità non ne avevano. Malocchio richiamò per la millesima volta loro all’ordine.
- Se avete finito di fare i vecchi sposati bisbetici, vorrei tanto salvare le chiappe del vostro amichetto, se non vi dispiace! – Hermione e Fred si girarono sull’attenti. Poi Moody spiegò tutto della Pozione Polisucco, dei ragazzi e della trasferta di Harry divisa in sette. Dopo i continui rifiuti del Prescelto, che non voleva rischiare le loro vite, Hermione gli tirò una ciocca di capelli, versandola poi nella boccetta dell’Auror. I ragazzi si misero tutti in fila, anche Fleur e Mundungus, bevendo ognuno un sorso della pozione. Hermione decise che quella sarebbe stata l’ultima volta che avrebbe visto Fred nelle sue sembianze, così com’era. Se tutto sarebbe andato per il verso sbagliato. L’Auror passò, tenendo la boccetta con un sorriso soddisfatto, Fred era il primo della fila.
- Per coloro che non hanno mai preso la Pozione Polisucco, vi avverto: sa di piscio di folletto! – Malocchio porse la boccetta a Fred. Hermione si trovava ancora in confusione con se stessa, doveva farlo o non doveva farlo?
- Hai molta esperienza con queste cose, eh Malocchio?! – l’Auror lo guardò arcigno, sì, voleva ucciderlo, come Hermione voleva fare prima. Ma lei era ancora su una nave che navigava in tempesta. Alla fine decise di buttarsi, come Fred le aveva insegnato. Dopo che lui ebbe bevuto il suo sorso, lei, di slancio, gli prese il viso tra le mani e lo baciò, un bacio lento, di memoria per le sue labbra. Quando si staccò, Fred sembrò ancora un po’ stordito. Lei abbassò il capo, alcune lacrime le scivolarono per le guance, silenziosi sussulti e singhiozzi, e poi quando Moody passò, lei bevve senza guardare nessuno in faccia. Fleur e Bill sembravano non essere indifferenti a quella scena. Una volta usciti fuori, prima che Hermione salisse sul Thestral insieme a Kingsley, andò vicino alla scopa di Fred, affianco c’era invece quella di suo padre, Arthur, erano la prima coppia a partire. Quando Hermione si rivolse a lui, in quel momento c’era solo un Harry con un cipiglio molto diverso dal solito.
- Non farti uccidere. – disse con quella sua voce esile e dolce, ma determinata, in un corpo estraneo. L’Harry-Fred annuì. Poteva benissimo immaginarsi i suoi capelli cespugliosi che seguivano la movenza dell’aria stizzita che aveva quando se ne andò dalla sua visuale.
- Tutto bene, figliolo? – Arthur comparve alle sue spalle, mettendogli una mano su una di esse. Fred annuì e poi con una presa ferrea prese il manico di scopa davanti a lui. Malocchio diede il via, ancora. Questa volta doveva essere serio, questa volta erano in pericolo. Non doveva commettere errori. Lui si librò in aria, purtroppo la sensazione di libertà andò a mancare quella volta.
Aveva una responsabilità, doveva salvare la vita ad un suo amico. Però poteva ancora tenersi il piacere di schiantare qualche Mangiamorte! Dopo un tratto di volo, il cielo sembrava reclamare una tempesta. Suo padre era al suo fianco, con la sua scopa, anche se aveva paura, la figura di suo padre le diede sicurezza. Si addentrarono ancora verso l’oscurità del cielo. Forse lì sarebbero stati al sicuro, d’altronde non si aspettavano l’arrivo di qualche nemico. Ma neanche il tempo di pensarlo, che un incantesimo lo sfiorò di striscio. Fred fece appena in tempo a buttare la testa indietro, guardando attraverso gli occhiali quella striscia verde a pochi centimetri dal naso.
Sicuramente suo padre lo aveva avvisato, ma forse lui era troppo assorto nei suoi pensieri per sentirlo. Pensava solo a lei, come se la stava cavando, ma il suo cuore da una parte era abbastanza sollevato dato che c’era Kingsley con lei, ma dall’altra avrebbe preferito esserci lui. L’unico problema era che sarebbe stato strano vedere due Harry che cavalcavano abbracciati un Thestral. Suo padre lo chiamò ancora e Fred si riscosse dai suoi pensieri. Girò la testa e guardò il suo nemico venirgli incontro, lui sfoderò la sua bacchetta, almeno qualcosa di suo gli era concesso, e puntò verso di lui. Purtroppo gli sembrò un po’ strana la visuale che si vedeva attraverso gli occhiali, quell’accessorio gli dava abbastanza fastidio, anche perché continuavano a scivolargli dal naso. Perciò il suo incantesimo di disarmo lo sfiorò soltanto.
Il suo nemico era vicinissimo, ma lui prima di puntargli ancora la bacchetta, puntò la punta del manico verso il basso, facendo scontrare il Mangiamorte con l’aria. Lui sbandò e trovò un po’ di tempo per ritrovare l’equilibrio. Ma mentre Fred guardava il seguace, un altro gli si fiondò alle spalle. Lo buttò giù dalla scopa, e sia lui che il nemico, uno sopra l’altro caddero nel vuoto, verso le macchine in corsa sull’autostrada. Suo padre fece l’errore di chiamarlo col suo vero nome, e molti Mangiamorte che li circondavano adesso avevano perso la loro attrazione. Ma quello che stava assalendo Fred, no. Quest’ultimo con calci e pugni cercava di disfarsi del Mangiamorte.
Anche se di schiena, Fred poteva sentire quanto la strada si stava avvicinando a lui. La sua bacchetta, fortunatamente, era ancora nelle sue mani, e con difficoltà riuscì a prenderla per il manico, e ora forse, non aveva così tanta paura di morire. In quel momento si sentì libero, e sicuro di sé, aveva il vento a scompigliargli i capelli, la vittoria in tasca e il suo sorriso trionfante. Ma mancava solo una cosa, se lui fosse morto, non ci sarebbe stata Hermione a seguirlo.
Così mancò solo un movimento di polso, un incantesimo non verbale e il Mangiamorte volò via da lui. Spazzato dalle auto. A Fred mancavano ancora pochi chilometri a dividerlo dalla strada che man mano stava cominciando ad avvicinarsi, chilometri, metri, centimetri e poi aumentarono magicamente. Centimetri, metri, chilometri tutt’insieme, il cielo era di nuovo con lui, e quello non era il paradiso. Ecco che davanti a lui c’era suo padre, che guidava la scopa e che l’aveva preso al volo.
- Papà sei grande! – esclamò col cuore che scoppiava di gioia e sollievo.
- Lo so figliolo, ora siediti eh! – gli consigliò suo padre. Fred si sistemò meglio dietro di lui. Stare insieme sulla scopa non era affatto facile. Soprattutto per chi non aveva il sellino invisibile sotto di sé. Da lontano, durante il tragitto, Fred salvò suo padre da vari Mangiamorte che non avevano ancora capito il trucchetto dei sette Harry. E dato che L’Expelliarmus era il marchio di fabbrica di Harry, tentò di fare anche lui quell’incantesimo, così da attirare l’attenzione. Ma forse, non avrebbe dovuto  farlo, altri Mangiamorte andarono loro incontro, uno colpì la scopa, incendiandola. Questa si sgretolò sotto di loro, e sia Arthur che Fred caddero nel vuoto.
- Papà, sappi che ti ho sempre voluto bene! – disse Fred, cercando di mimare un pianto e la solita frase da film. – E comunque è una brutta sensazione, vero, cadere nel vuoto?
- Oh, ma piantala! – gli gridò Arthur, mentre si lanciava a cilindro verso il figlio che era sotto di lui, fece in tempo a sfiorarlo con la punta delle dita, che alzando la bacchetta Arthur smaterializzò sia lui che Fred. Entrambi si ritrovarono catapultati nel giardino della Tana, dove incontrarono terreno abbastanza morbido su cui cadere.
Fred si rialzò subito, ormai aveva preso le sue sembianze e superava suo padre di qualche metro. Lo abbracciò di slanciò, e così fece Arthur. Se si fossero persi, nessuno dei due se lo sarebbe perdonato. Perdere qualcuno della famiglia, era la cosa che più terrorizzava Arthur, soprattutto uno dei suoi figli. Fred poté vedere gli occhi lucidi del padre e forse, pensò che forse c’era qualcosa che anche a lui dava fastidio negli occhi. Ma poi si accorse che aveva ancora gli occhiali di Harry e senza rimpianto se li tolse, liberandosi di quel fastidio.
Ma ora, dov’era lei? Fred si guardò intorno, fuori alla porta della Tana, c’erano tutti, Vide Tonks con Ron, Harry con Hagrid, anche sua sorella e Molly, e Bill e Fleur. Dove sei, Hermione, dove? Pensava. Lei doveva arrivare dopo di loro, ma tutti i loro familiari e amici erano lì, arrivati prima di loro. Ognuno era arrivato in un ordine diverso a causa dell’imboscata. Quindi, pensò, doveva esserci anche Hermione. Infatti vide Kingsley uscire dalla soglia. Lo sguardo di Fred gli fece capire tutto, infatti dietro di lui sbucò Hermione, che non aveva lasciato Kingsley neanche un attimo, era ancora troppo scossa per quello che era successo a lei. E purtroppo non aveva nessuno a cui appoggiarsi.
- Hermione! – gridò Fred, lui le corse incontro.
- Fred – bisbigliò Hermione in un anelito. Lei si rivelò in tutto e per tutto dalla figura del Ministro e i suoi piedi cominciarono a correre. Fred era lì, davanti a lei, doveva toccarlo per non credere di non essere in un sogno. I vestiti di Harry le andavano larghi perciò provò a non inciampare nei jeans. Ma Fred la prese tra le sue braccia prima che lei potesse cadere a terra.
Le prese la vita, la tirò su, e Hermione affondò il suo viso nell’incavo del suo collo. Sentì il suo odore, così accogliente, le sue dita si immersero nei capelli rossi. E Hermione trovò pace. Era finita, emetteva sospiri sommessi pieni di sollievo e sorrideva. Fred la staccò da sé, voleva vedere il suo viso, lei. Lui si abbassò prendendole il volto tra le mani, le loro fronti si toccavano e insieme respiravano i respiri dell’altro. Sorridevano, e poi Fred la baciò, possessivo. Ron, in lontananza, guardava quella scena un po’ disgustato, ancora non riusciva ad accettare la cosa.
Chissà quanto ci sarebbe voluto prima che potesse essere tollerante. Arthur tentò il più possibile di non guardare quell’episodio, perché si sentì a disagio vedere suo figlio in preda all’amore. Era anche la prima volta che Fred e Hermione si baciavano davanti alla loro famiglia. Quindi questo recò imbarazzò non solo in Arthur, ma anche a Hermione che diventò rossa fino alle orecchie. Ma Ron con un incantesimo buttò giù Fred, che cadde sonoramente con la nuca al prato.
- Ron, ma che fai! – gridò Hermione, aveva gli occhi spalancati per la sorpresa. Ron non le diede ascolto e si sedette su Fred. Puntandogli la bacchetta contro, a un palmo dalla sua testa. Hermione aveva il fiato sospeso, non sapendo quello che stava accadendo, così come gli altri.
- In cosa Fred Weasley ha trasformato il mio giocattolo preferito quand’ero piccolo? – domandò Ron. Aveva gli occhi infossati e spalancati, due borse sotto agli occhi sembravano farli apparire più grandi.
- RON! – Hermione urlò con tutta la voce che aveva in gola.
- Ron ma che cavolo ti prende? – Fred con le mani cercava di toglierselo di dosso. Per lui, in quella giornata, poteva bastare essere stato sovrastato e puntato addosso una bacchetta.
- Ron, per favore! – fece anche il padre.
- Rispondi! – gridò Ron, non ascoltando nessuno. Sembrava posseduto, forse qualcuno lo aveva sotto la maledizione Imperius. Ma non era certo. Hermione però non trovò motivo di non alzare la bacchetta verso Ron. Arthur alzò una mano per avvertire Hermione.
- Ti prego, Fred, rispondi! – imprecò il padre, quella poteva essere l’unica risposta al comportamento di Ron.
- Oh e va bene! – imprecò Fred. – in un ragno! In un fottuttissimo ragno gigante! – gridò. Ron solo al pensiero di quell’animale rabbrividì. Guardò Fred dritto negli occhi e poi lo lasciò libero. Fred sospirò e rimase lì, sdraiato sull’erba.
- Dovevo controllare se era un impostore. – si scusò Ron. Ma tutti lo guardavano come se fosse pazzo.
- Ron, Fred non mi avrebbe mai baciato, altrimenti. – rispose Hermione. Ma lui aveva già voltato i tacchi. C’era qualcosa che però in quel sollievo, a Fred, non andava giù e non riusciva a capire cosa. Tutto si era risolto adesso. Hermione era con lui, c’era suo padre, e anche quell’idiota di Ron…ma si sentì così strano, come se qualcosa dentro di lui si fosse rotto, come se riuscisse a vivere solo a metà adesso… George! Fred si alzò di scatto, rapito da quel pensiero.
- Dov’è George? – gridò, mentre si guardava intorno, i suoi occhi non riuscivano a fermarsi su un'unica persona. Tutto girava. Si sentì uno schifo, per non aver pensato a suo fratello. Così egoista, così un verme! Perché non aveva pensato a suo fratello, perché si era fermato solo su Hermione? Il suoi occhi giravano ancora, dov’era George? Il padre, si fece la stessa domanda. Kingsley, Hagrid e Lupin che si erano riversati fuori al giardino. Si guardarono l’un l’altro imbarazzati. Hermione fece lo stesso, non voleva dargli quella notizia spregevole. Ma Fred, aveva notato i loro sguardi, tant’è che si rivolse a Hermione.
- Hermione, dov’è? – disse con tono grave.
- L-lui sta bene, Fred. Davvero non c’è biso…
- Se fosse stato bene, sarebbe venuto da me, no? – le rispose con una risata amara. I suoi occhi erano lucidi e traspiravano paura allo stato puro. Hermione per aiutarlo, mosse il viso verso la soglia di casa e Fred ci si catapultò, per qualche minuto Hermione non esisté nei suoi pensieri. Più i suoi piedi si muovevano uno dopo l’altro più il desiderio di vedere suo fratello cresceva. Cosa gli era successo? Cosa era capitato? Stava bene? Era vivo? Fred entrò di corsa nel salotto, suo fratello ancora non era alla portata dei suoi occhi. C’era ancora suo fratello, Ron, poi Harry, Ginny e sua madre a coprirgli la vista. Dietro di lui, Hermione e gli altri dell’ordine entrarono in casa. Con Hagrid ad avere qualche difficoltà col tetto. Molly vedendo Fred dietro di lei, si scostò per far sì che Fred vedesse la sua metà. Forse la madre si domandava se veramente avesse fatto la cosa giusta. Perché lo sguardo che ebbe Fred alla sua figura insanguinata, era uno sguardo che mai aveva fatto prima, letteralmente sconvolto. Hermione andò subito dietro di lui, mettendogli una mano sulla spalla. Fred si abbassò al capezzale di George. Era quasi provo di sensi, però alla visione di Fred, sembrò riprendere vigore. Entrambi si sorrisero, e con gli occhi si trasmettevano una frase non detta: “va tutto bene”.
- Come ti senti, Georgie? – fece Fred in un sussurro, quasi voleva che non ci fosse tutta quelle gente intorno a loro. In certe situazioni Fred Weasley odiava essere al centro dell’attenzione.
- Romano… - disse George, in un flebile tono di voce, cercava di nascondere la sua debolezza, ma non gli riuscì tanto bene, cosa di cui si maledisse. Fred non ascoltò attentamente quelle parole perché era ancora preso nel vedere George in quelle condizioni. Il suo orecchio… mozzato, sangue ovunque, fino al collo, sui vestiti, sulla maglietta. La vena sul collo pulsava frenetica, era ancora scosso, ancora in quella realtà macabra in cui lo colpivano con un incantesimo. Lupin che gridava e lo aiutava a sorreggersi, lui che perdeva i sensi e che per la prima volta diventava amico del buio.
- Che cos’ha che non va? – gracchiò Fred, terrorizzato. – ha subito un danno al cervello?
- Romano – ripeté George, aprendo gli occhi e guardando il fratello. – Sai…mi sento un po’ Romano. Come il foro. Il foro, Fred capito? – la signora Weasley singhiozzò più forte che mai. Un rossore tinse il volto pallido di Fred. E Hermione se ne rincuorò, stringendo più forte la sua spalla, sperando di dargli coraggio.
- Patetico – disse a George. Sentendo anche quel torpore che gli trasmetteva Hermione, infatti, sul suo volto apparve un leggere sorriso, che usò per sdrammatizzare la tensione.  – Patetico! Con un mondo di battute possibili sulle orecchie, scegli Romano?
- Ah beh – ribatté George, sorridendo alla madre bagnata di lacrime. – Adesso almeno riuscirai a distinguerci, mamma. – la signora Weasley sorrise tra le lacrime, anche se questo era celato dal dorso della mano che tentava di asciugarsi il viso. Hermione, ancora dietro al gemello, sorrise George. Un sorriso lieve, comprensivo e che ovviamente non trasmetteva pietà o pena, come George desiderava. Lui ricambiò. Dopo un po’ entrò Bill, pensò che era meglio dire tutto, aveva appena appreso la notizia, anzi, l’aveva vista e se l’era tenuta per sé, suo fratello veniva prima di tutto. Non voleva che le persone intorno a lui si sentissero ancora peggio, ma quella era la guerra, cosa si dovevano aspettare?  
- Malocchio è morto. – disse, tutto d’un fiato. Aveva un viso pallido, che era uguale al colorito di Fred  poco prima. Tutti appresero la notizia cerei. Non solo Malocchio era morto quella notte, ma anche Edvige, quella civetta che aveva sempre seguito Harry dalla sua infanzia. Il Prescelto si ricordò che fu Hagrid ad avergliela regalata, per il suo primo anno ad Hogwarts, quando sapeva a mala pena quello che gli stava capitando, di quell’avventura che avrebbe scelto lui come protagonista. Harry guardò Bill andare in cucina e ritornare con un vassoio fluttuante di bicchieri con Whisky Incendiario. Fred fece subito a prenderne quello più pieno, e anche Hermione ne prese uno. Harry li imitò e non aspettò neanche che nessuno avesse il proprio boccale, e ingurgitò tutto d’un fiato. Poi disse a Bill di dargli la bottiglia e lui si riempì di nuovo il bicchiere e ingurgitò un altro sorso amaro e pungente che gli attraverso la gola.
- A Malocchio. – Bill alzò il calice di Whisky.
- A Malocchio. – ripeterono gli altri. Fred affogò il dolore nell’alcol, bevve tutto d’un fiato. Un lungo e interminabile sorso. Hermione non aveva mai bevuto qualcosa di così forte in vita sua, infatti i suoi sorsi di Whisky erano brevi e con una faccia disgustata. Quando tolse le labbra dal boccale ebbe dei piccoli conati che si trasformarono in tosse. Fred le passò una mano dietro la schiena e le sorrise sghembo. E La serata finì, in quell’atmosfera troppo amara da respirare.
 
*

Hermione e Fred erano nella stessa stanza. Ginny era con Harry, non volevano dirsi addio troppo presto. Anche perché sia Harry che Hermione, sentivano l’istinto di andarsene dalla Tana, per non mettere più in pericolo di quanto non era la famiglia Weasley. Ma nessuno voleva lasciarsi, nessuno voleva affrontare quel dolore, che forse era più brutto della morte. Quando Hermione chiuse la porta alle sue spalle, si sentì in colpa, per non aver detto subito a Fred di suo fratello, che voleva celargli quella verità sconvolgente su un membro della sua famiglia, e non uno qualsiasi, ma suo fratello gemello.
-Mi dispiace. – sputò fuori. In quella stanza si respirava un silenzio straziante.
Era difficile conviverci. Fred le dava le spalle e si grattava la testa, faceva dei sospiri pesanti, come se gli pesasse quella situazione, anche se lui non  vi era dentro in pieno.  Come se si stesse chiedendo da tempo che cosa fare. Come uscire da quello che gli stava passando. Quello che era successo a suo fratello e a Malocchio aveva scosso tutti, ma sembrava che Fred fosse più vulnerabile. Quando si girò e incontrò il viso di Hermione, però, lui ritrovò di nuovo il suo sorriso.
- Per cosa? – le rispose, alzando un sopracciglio. Non vedendo il motivo di quelle scuse che in quel momento sembravano anche fuori luogo.
- Per non averti detto di George, prima, non volevo che lo vedessi perché sarebbe stato troppo scioccante per te. Non volevo che lo vedessi in quello stato, non volevo vederti soffrire. – spiegò Hermione, mentre con passi veloci si avvicinava a lui. Si trovarono l’uno di fronte all’altro e Fred le passò una mano sul braccio fino ad arrivare al gomito.
- Hermione, questo è… insensato. Non era necessario nascondermi la verità. So cosa stiamo passando, il problema è che non avrei voluto che succedesse a lui, forse a me o… a Ron. – Hermione gli rivolse un’occhiataccia per quella battuta. Fred rise e riprese il discorso – giuro che non voglio nessuno della mia famiglia in pericolo. Preferirei che succedesse a me qualsiasi cosa, ma a loro… a loro no. Non se lo meritano.
- E neanche tu, nessuno se lo merita! – ribatté Hermione.
- Sì, ma se deve succedere, preferisco che succeda a me, loro devono essere al sicuro Hermione, non deve succedergli niente.
- Ma hai mai pensato che alle persone intorno a te, non vogliono che ti succeda niente? – Hermione alzò un po’ il tono di voce, non voleva litigare quella notte, soprattutto dopo quello che è successo. Fred fece uno sbuffo. – Io… non voglio che ti succeda niente, Fred, niente. – la ragazza alzò il viso, sicuro di sé, mentre con la mano destra girava il viso di Fred verso di sé. Doveva guardarla negli occhi. – Promettimi che non ti succederà niente, che non farai stupidate, che non ti metterai in pericolo.
- Io non voglio non fare niente, devo proteggere la mia famiglia, e te! Voglio partecipare anch’io e non voglio stare qui con le mani in mano, sapendo che posso fare qualcosa di utile! – Fred sostenne lo sguardo di Hermione.
- Lo so! Lo so, Fred! Io non dico che non devi proteggere la tua famiglia, che non puoi fare niente. Ma solo di stare attento, di non fare come tuo solito lo sprovveduto!
- Sembri mia madre. – disse con disprezzo accompagnato da uno sbuffo. – Io farò quello che sarà utile, tutto quello che è in mio potere. – “cioè niente!” voleva dirle, perché, a parte il negozio di scherzi, non ci sapeva fare molto con gli incantesimi, soprattutto quelli non verbali. Ma sapeva come rispondere in una battaglia a degli incantesimi che non facevano in tempo a colpirlo. Il suo problema era la concentrazione. Ne aveva poca, sempre a pensare ad altro, sempre con la testa tra le nuvole. Fred tenne quella maschera, quella piccola sicurezza di sé. Non voleva che Hermione lo considerasse un debole, però riformulò la frase. – Tutto quello che posso. – respirò infine. Hermione alzò le sopracciglia, rimanendo sorpresa da quella risposta.
- Okay… - bisbigliò lei. – okay. – Hermione gli sorrise e poi con delicatezza si avvicinò a lui, fino a sfiorargli delicatamente con la guancia il suo petto, le sue braccia lo circondarono, e per un po’ si godette quel momento così dolce, sicuro, senza guerra.
Fred la tenne a sé, poggiando il suo mento nei suoi capelli cespugliosi. La sua mano si muoveva su e giù per la sua schiena esile. Quel contatto diede a Hermione un fremito che percorreva la stessa strada che Fred faceva con la mano. Non doveva finire mai, quel momento. Hermione alzò lo sguardo su di lui, la sua mano andò dietro alla sua nuca, accarezzandogli i capelli rossi.
Si guardarono a lungo, come se comunicassero. Sapevano che quelli erano gli ultimi giorni in cui si vedevano, in cui potevano condividere tutto, e vedersi, toccarsi, abbracciarsi, viversi. Senza neanche pensarci, Hermione lo baciò di slancio. Assaggiò la sua pelle, quelle labbra morbide e sottili, che le trasmettevano un brivido gelido lungo tutto il corpo ogni volta che le toccava. Fred la strinse ancora più a sé, stringendole la vita. Entrambe le mani di Hermione andarono al viso, accarezzandolo, mentre Fred ricambiava quel bacio e lo rendeva più profondo, passionale e possessivo.
La sua lingua fu delicata, dolce, che le chiedeva il permesso di osare. Hermione glielo concesse, e con un solo movimento Fred le sfiorò il palato, fino a lasciarle in sospeso il labbro superiore. Tutto con una lentezza che sembrava sia delicata che eccitante al tempo stesso. Hermione sospirò quando le labbra non furono più in contatto, assaporando ancora ad occhi chiusi quella sensazione. Fred, mentre la guardava, notava quei dolci lineamenti che la luce della luna fuori dalla finestra faceva risaltare, rendendoli quasi più duri, gelidi.
Lei aprì gli occhi e gli sorrise, per poi fiondarsi di nuovo su di lui. I baci di Fred erano la cosa più bella che Hermione avesse mai assaggiato. Così naturali, trasmettevano sicurezza, cosa di cui Hermione aveva bisogno in quel momento. Man mano Fred la portò sul letto affianco al loro. Lui le scivolò sopra, continuando ad avere un contatto con le sue labbra. Fred sperò che quel comportamento non fosse inappropriato, che Hermione non lo trovasse fuori luogo in un momento come quello.
Ma lei lo guardò negli occhi e sorrise, non voleva pensare alla guerra, alla morte, e a quell’ingiustizia che gli era stata imposta. Voleva la pace adesso, la voglia di vivere e di coraggio, voglia di amore, cosa di cui non aveva mai avuto tempo fino adesso. Sempre a pensare alla guerra, che  le aveva fatto dimenticare il motivo per il quale si combatteva insieme, perché si vuole che non capiti niente a nessuno e perché lei doveva partire con Harry. Fred annuì e fece anche lui un sorriso.
Continuò a baciarla, e sia lui che Hermione cominciarono a togliersi le felpe col cappuccio, poi le magliette e i jeans. Tutto ciò che non serviva per viversi. Hermione si ritrovò catapultata in quella stanza dei dormitori di Grifondoro, in cui ebbe la sua prima volta con Fred e anche quella volta lasciò perdere tutto, pensando solo a lui.
Fred le baciò tutto il corpo sotto i suoi fremiti di calore e freddo. Si confortavano a vicenda, e Fred sembrava dirle di rimanere lì insieme a lui, che non doveva partire. Hermione sembrò ricevere il messaggio, ma non c’era niente che poteva farle cambiare idea. Lo baciò ancora e ancora e ancora, non voleva dimenticare il sapore delle sue labbra, quando se ne sarebbe andata. Non voleva dimenticare il suo tocco sulla sua pelle nuda, così delicato e travolgente. Non voleva dimenticare le emozioni che si stavano regalano l’un l’altro. Insieme consumarono il loro piacere, fino ad addormentarsi abbracciati, pensando che il giorno dopo non ci sarebbe stata la guerra e la morte ad aspettarli. Ma sapevano che era solo un’illusione.
 

31 July

- George, a che punto sei? – Fred sbucò dalla porta della loro stanza. Il fratello si girò di scatto, era seduto sulla scrivania, che fino a quei giorni non era mai stata utilizzata. I fratelli dovettero prima cercarla, tra scatoloni, avanzi di cibo, e prodotti inventati non andati a buon fine. E poi eccola lì, quella scrivania, che  era diventata la loro ancora. George stava lavorando su un pezzo di carta, un pezzo abbastanza grande e con più piegature, con diverse linee e indicazioni. Era una Mappa, ma forse non quella che ci aspettiamo.
George, piegò un risvolto e apparve uno spazio quadrato con i disegni e le linee che lui aveva creato, con molta difficoltà, perché non era molto bravo a disegnare. Poi ne piegò un altro e apparve un altro schema,  quello l’aveva disegnato Fred. Anche se George non poteva crederci, aveva disegnato meglio di lui; aveva una mano più ferma e sapeva usare il compasso, cosa che stupì George non poco.
Forse aveva pensato che stare sotto l’influenza di Hermione l’aveva cambiato parecchio. Ma forse, non abbastanza da cambiarlo completamente, se stavano progettando quello che stavano progettando. Fred si avvicinò al fratello, porgendogli un boccale di burrobirra, i suoi capelli erano più ribelli del solito e ad entrambi stava crescendo un’ombra di barba, che trovarono solo come un altro problema: rasarsela. George accettò di buon grado il boccale e fece girare a Fred un altro risvolto, apparvero altre linee, anche queste disegnate da Fred, e con una scrittura più disordinata, netta, sicura di sé, che stavano ad indicare i nomi dei posti.
- Ah, siamo indietro, George! – Fred girava ancora i risvolti, altri erano solo degli enormi spazi bianchi, senza linee né indicazioni. – Dobbiamo ancora finire di completarla tutta!
- Perché non pensi a come fare muovere tutto il resto e io penso invece al disegno e alle precisazioni? – George bevve un sorso e guardò Fred.
- No, per niente, vuoi sempre andare per la via più facile, eh!  - Fred si appoggiò con la mano allo schienale della scrivania.
- Senti chi parla! – rispose il fratello sornione. Fred alzò gli occhi al cielo.
- E comunque tu disegni una schifezza! È meglio che per ora provveda tu a quel particolare. – George sbuffò, ma non poteva dargli tutti i torti.
- C’è solo un particolare che mi sfugge, fratellino. – disse George.
- Ah sì? E quale sarebbe, lobo solitario?
- Beh, dato che noi stiamo solo ipotizzando tutti gli spostamenti dei nostri avventurosi amici, dobbiamo anche supporre che forse dovremmo aggiungere un altro risvolto.
- E perché mai? - chiese Fred curioso.
- Beh, la Granger ovvio! – George sbuffò come se fosse una cosa palese.
- La Granger cosa, George? – Fred scosse la testa.
- Beh, è una nata babbana, potrebbe usare Londra come uno dei nascondigli o che so io. Ovviamente, noi del mondo magico non sappiamo quasi niente del mondo babbano. – a Fred si illuminarono gli occhi, come poteva non esserci arrivato? Però chiese comunque la domanda che gli turbava.
- E se per caso non andassero a Londra, tu che ne sai?
- Io non so un bel niente, tutto quello che stiamo facendo sono supposizioni ma che trascriviamo perché è sicuro così, e quindi dico di pensare anche a Londra. Che te ne pare? – George gli rivolse lo sguardo dopo la sua spiegazione, perché prima era troppo occupato a gesticolare e a guardare un punto fermo per far uscire bene le parole.
- Non è ho la più pallida idea, Londra è bella grande George.
- Lo so! Perché allora non chiedi?
- Chiedere? E cosa dovrei chiedere: “ehi, ciao Hermione, sentì vorrei tanto sapere se quando te ne andrai da qui, potresti andare a Londra, o sai così… per curiosità… perché stiamo escogitando un modo per non tagliarci fuori da questa storia che sembra riservata solo a voi!” ?. Cosa vuoi che chieda, George? – fece sbigottito Fred.
- Oh, beh… se usassi modi più gentili…
- La Granger non è di certo stupida, comincerà a fare domande! Alle quali io non voglio rispondere, perché sinceramente sto perdendo l’inventiva! – Fred si indicò. George sghignazzò.
- Beh, allora ti dico che è meglio metterci sotto e aggiungere un altro risvolto. – George alzò le spalle, non trovando nessuna via d’uscita.
- Ma ce ne sono già diciotto! – si esasperò Fred. – non togliendo il fatto che abbiamo messo anche cose abbastanza inutili. Perché Privet Drive?
- Beh, può essere sempre un rifugio, Fred! Che ne sai cosa può succedere, noi non stiamo lì con loro! Dobbiamo trascrivere ogni cosa che conosciamo e dove siamo stati insieme all’Ordine. – Fred alzò gli occhi, per la spiegazione di George. Ok, quella poteva andare.
- E King’s Cross? Perché la stazione? “Uh, guarda Harry c’è Voldemort che ci insegue, perché invece di usare le scope o la smaterializzazione – mezzi più che veloci di un semplice mezzo con le ruote – non lo seminiamo col treno?” – Fred gli rivolse una spiegazione più che sufficiente per fargli capire l’assurdità di quel risvolto. George rise.
- Cos’era la voce di Hermione quella? – rise con le lacrime agli occhi.
- No, quella di Ron, perché troppo effeminata? – chiese con uno sguardo malandrino.
- Mah… un pelino… dovresti esercitarti, Freddie! – George gli diede una pacca sulla spalla.
- Ok, lo farò appena usciremo da questa situazione. Quindi King’s Cross se ne va? – chiese. George ci pensò ancora.
- Hm… non lo so… in fondo non è tanto da disegnare…
- George!
- Ok, sì, va bene, non la mettiamo! Però ti avviso che se ci sarà utile ti uccido! – George gli rivolse una cruciata d’occhi.
- Quindi stiamo a diciassette? – fece tutto contento.
- Sì – sospirò George, mettendosi un mano sulla fronte esausto.
- Bene, ora continua a disegnare che io… io… sfoglio qualche libro. – concluse George con la voce roca. – che cosa strana da dire… - fece sconvolto. Fred rise, mentre vide George andare via, infilandosi nella stanza di Hermione, sapendo che lei di libri ne aveva.
 
*

Dopo che i gemelli ebbero finito le loro ore di lavoro per il progetto, entrambi scesero al piano di sotto, in cucina, dove videro Hermione e Ginny confabulare intorno… a una ciotola.
-Signore… - cominciò George alzando un sopracciglio, un po’ confuso per quello che stavano facendo.
- C’è qualcosa che non va? – finì Fred. Hermione si girò di scatto, con uno sguardo stizzito che faceva un baffo a quello di Bellatrix. I Weasley fecero un passo indietro sorpresi, esclamando un “Oh” sconvolto.
- Già. – fece Ginny. – con tutto il bene che voglio a Harry questa cosa non si può fare!
- Cosa, cosa? – chiese Fred, indicando il macello dietro di loro. Hermione sembrò aver preso un po’ di lucidità.
- Stiamo cercando di fare una torta per Harry, per il suo compleanno…
- Che è oggi. – continuò Ginny. – Però credo che ci manchi qualcosa… perché non è affatto come le descrizioni ci dicono!  - Fred si avvicinò alle ragazze, e diede uno sguardo alle loro spalle, dove c’era una ciotola e un cucchiaio di legno al suo interno. Il tavolo della cucina era gremito di ingredienti metà versati, altri finiti, altri ancora per dare solo fastidio.
- Uh, guarda! – fece George. – la sfera emotiva di Ron…
- Affogata nella lava di qualche vulcano, aggiungerei. – Fred si sporse di più, vedendo quel disastro che sembrava tanto essere un esperimento alieno.
- Siete sicure che la scatola vi mostri questa… quest’essere… ‘sta cosa! – indicò Fred. Hermione fece ovvia di no, a giudicare dalla sua espressione.
- Avete messo il lievito? E la scorza di limone tritata? – chiese George mentre leggeva i procedimenti sulla scatola. Ginny scuoteva la testa ogni volta che lui pronunciava un ingrediente a lei strano, mentre Hermione gli aveva specificatamente detto di seguire le istruzioni alla lettera.
- Ma ora che ci penso, perché vi siete complicate la vita, quando potevate usare un movimento di bacchetta? – domandò Fred, mentre faceva fare qualche movimento alla sua, metà delle cose sparse sul tavolo si sistemarono. – Beh, per il resto pensateci voi, già mi sono annoiato con queste cose da femminuccia. – Hermione aprì la bocca snervata.
- Oh, ma dai, cosa vuoi che facciamo! – esclamò George.
- Non lo so… aiutarci? – fece Ginny.
- Ah sorellina… il compleanno è del tuo ragazzo e dell’amichetto di questa qui. -  Fred indicò Hermione e Ginny.
- Beh, prevedibile. – commentò Hermione.
- Ah, la Granger capisce alla svelta, perciò la adoro! – George scompigliò i capelli alla ragazza, beh… non che gli ci volesse una mano. Fred, però, scansò George e si mise di fronte a lei.
- Credo che tu abbia davvero bisogno di una doccia! – Hermione fece un sorriso sornione.
- Fatti trovare lì, che io arrivo. – Fred sghignazzò.
- Oh sì! – e si catapultò al piano di sopra.
- Non dirai sul serio?, – intervenne Ginny, sbigottita, indicando davanti a loro che doveva continuare a mettere in sesto la torta.
- Certo che no! Me lo sono solo tolto dai piedi… non voleva aiutarci! – fece palese. Ginny rise, accompagnata dal fratello, il quale fu intimato da Ginny ad andarsene e di non dire niente al fratello.
- Oh, e chi voleva farlo! – scoppiò a ridere e se ne andò da Ron, Bill e Charlie in giardino.


*


Dopo che le pesti se ne furono andate, i preparativi per il matrimonio che si sarebbe tenuto il giorno dopo, erano quasi del tutto pronte. Fred e George, stranamente, aiutarono la decorazione del tendone che percorreva un lungo percorso, dalla soglia di casa per poi allargarsi alla fine, ospitando una sala per gli ospiti e per la festa che si sarebbe celebrata. Hermione riuscì finalmente, dopo Ginny, a finire la torta, e il risultato si rivelò ottimo. Volevano che il compleanno di Harry si celebrasse dopo il matrimonio, ma la cosa risultò per Hermione strana. Sentiva dentro di sé un brivido freddo, un presentimento, ma non disse niente a nessuno. Poteva solo essere una sensazione inutile, una cosa infondata. In quel momento mentre Hermione guardava fuori dalla finestra della stanza di Ron, venne richiamata al presente da una voce a lei familiare. Harry la stava chiamando da un bel po’ notando quell’espressione vuota che le stava governando il volto.
-Sì… scusami. – disse Hermione. Tornò indietro, dove prima era seduta sul pavimento a gambe incrociate, stava preparando la Pozione Polisucco per Harry. A lei dispiacque che Harry non poteva presentarsi al matrimonio come se stesso, ma purtroppo tutto era in conseguenza della sua salvaguardia. Poteva succedere di tutto, e dovevano essere pronti a qualsiasi cosa. Lei era meno famosa di Harry, non potevano riconoscerla come non potevano fare con Harry. Era lui la pedina di quel gioco in quel momento. Si sarebbe presentato come un cugino lontano dei Weasley, Barny. Hermione gli stava preparando la pozione per il giorno dopo, perché sapeva che richiedeva tempo per fermentare, ma che la sua efficacia durava poco. – Tutto bene? – chiese il suo amico. Lei annuì, e sapeva Harry, che non aveva voglia di parlare. Quando finirono, entrambi scesero al piano di sotto.
- Ehi, che fine hai fatto? – chiese Fred, prendendola per la vita.
- Ero al piano di sopra, stavo preparando la pozione per Harry. – lui annuì.
- Beh, scommetto che ti è riuscita meglio della torta. – lei incrociò le braccia e sbuffò divertita, non riusciva proprio a stargli contro quel giorno. Fred di slancio la bacio sulle labbra, e Hermione assaporò quel gusto di vita che gli si presentò inaspettato sulle labbra. Gli prese il viso tra le mani, e dolorante acconsentì a quel bacio, non voleva che partisse, ma lei cosa poteva fare? Avrebbe davvero preferito stare insieme a lui, ma sapeva che Ron e Harry non c’è l’avrebbero fatta da soli, avevano bisogno anche di lei, di qualcuno che sfogliasse un libro di tanto in tanto. I due si staccarono con riluttanza, ma con ancora il loro sapore sulle labbra, Hermione si leccò il labbro inferiore. E poi aprì gli occhi, osservando quelli di lui e respirando il suo odore.
- Ti amo, Fred… ti amo. – disse, mentre riprendeva fiato e lo  guardava negli occhi. La situazione divenne drammatica senza che nessuno dei due lo volesse.
- Anch’io. – e Fred annuì con sicurezza e i suoi lineamenti si indurirono, e Hermione sapeva che si stava chiudendo in sé, la presa alla sua vita divenne più possessiva. Dietro di loro sentirono dei passi calpestare l’erba umida di rugiada. Sia lei che Fred si girarono, rimanendo ancora avvinghiati, a fare da terzo in comodo fu Ron, che apparve lì.
- S-stavo cercando Hermione. – disse titubante. – Il Ministro ci vuole… tutti e tre.
- Il Ministro? E cosa ci fa qui? – Fred corrucciò le sopracciglia, un po’ nervoso.
- Non lo so, so solo che vuole parlare con me, Hermione e Harry. – ripeté Ron, sottolineando solo loro tre, e che Fred non aveva niente a che fare… niente! Poi Ron se ne andò, aspettando in cucina il loro ritorno, mentre Molly parlava col Ministro.
- Non credo che Ron stesse scherzando, Fred. – Lui capì. Allentò la presa su di lei e la lasciò andare, che gesto terribile da fare. Pensa quando dovrai farlo sul serio Fred. Si disse. Però le tirò un braccio e trovò il più velocemente possibile le sue labbra, le baciò ancora e poi la lasciò andare. E Fred rimase lì, con l’ultimo sguardo che gli rivolse Hermione durante il breve tragitto e il suo sorriso.

 
1st August

Ed ecco il fatidico giorno. L’ultimo giorno “senza pensieri”. L’ultimo giorno in cui si sarebbero visti. L’ultimo giorno in cui si sarebbero agghindati. L’ultimo giorno che avrebbero passato tutti insieme. L’ultimo giorno in cui sarebbero stati al sicuro. Almeno si sperava. Alcuni dell’Ordine circondavano la tenda, come Lupin e Kingsley. Hermione avrebbe preferito  fare la guardia, piuttosto che pensare sempre alla stessa cosa. All’addio. Avrebbe preferito tenere la mente  occupata da mille pensieri, mille pensieri che però non avevano niente a che fare con Fred. Per occupare la mente, si sforzò anche di sembrare impeccabile al matrimonio.
Si lisciò i capelli, cosa che mentre si guardava allo specchio la fece sentire a disagio, si sistemò il vestito, facendolo passare con attenzione su di sé, così che non si spettinassero i capelli, poi si truccò e si mise delle scarpe col tacco, in tinta col vestito. Mai si era sentita così diversa in vita sua. Non voleva che Fred la guardasse in quello stato, così femminile e debole, voleva che nel loro ultimo giorno non ci fossero maschere. Ma sapeva che era sempre la stessa come lo sapeva lui. Decise che per Molly e Bill e Fleur, che l’aveva tartassata tutti i giorni… lei e quel dannato vestito lilla che doveva mettersi, poteva fare un sacrificio… un enorme sacrificio.
Quanto avrebbe preferito delle scarpe da ginnastica, le sue Converse. Fece un sospiro, prese coraggio e poi scese le scale, voleva che quella giornata finisse al più presto. Quando scese in cucina, era in procinto di aprire la porta e andarsene in giardino, illuminato ormai dal crepuscolo, però incontrò George, lui con la sua benda che gli copriva la testa, che portava alla realtà tutti. Che dimostrava cosa la guerra era capace di fare. Hermione si girò, forse poteva andare benissimo in giardino, ma la sua espressione la incuriosì.
- Perché ridi? – gli chiese. Lui sorrideva, tutto compiaciuto, con la sua tazza di caffè in mano, sghignazzava come un pervertito.
- Ho visto Harry e Ginny baciarsi… - commentò con il suo sorriso malandrino. Hermione alzò un sopracciglio, definendo George come uno appena uscito da un manicomio, forse dal San Mungo.
- Wow… l’incantesimo ti ha colpito forte… - ma George continuava a ridere e la ragazza trovando strana quella situazione si infilò nella porta e proseguì per la sua strada. Percorse la lunga tenda, che con i colori del crepuscolo rendeva tutto magico e trasportava Hermione in mondi felici, rilassanti, in cui la guerra non esisteva.
Molly era sulla soglia della tenda, ad aspettare gli ospiti, mentre Fred stava sistemando le ultime lanterne viola. Il tendone era enorme,  oltre alla tenda bianca che aveva visto innalzare da più bacchette fuori dalla finestra, c’erano anche tende di diverse gradazioni di viola, dal più chiaro al più scuro, alcune al loro interno avevano dei ghirigori dorati che rendevano classica quell’atmosfera.
I tavoli erano rotondi e molto ampi, con sopra centro tavola sproporzionati e segnaposti che si animavano, dove appariva il nome dell’ospite. In fondo c’era un grande tavolo lungo, con bicchieri di Whisky che si riempivano da soli e con diversi dolci. Hermione si allontanò da quel tavolo, la voglia di mangiare se n’era andata quando ricominciò a sentire quel gelo dentro di sé. E per trasformarlo in calore o per dissimularlo, andò da Fred, che in quel momento aveva finito di sistemare le lanterne che andavano sopra al tendone, fluttuando sulle teste degli invitati. Fred si era spostato poi verso sua madre, andando a parlare con lei, forse Molly gli voleva far fare qualche altro lavoretto. Ma Fred si era altamente scocciato che con cautela cercò di allontanarsi il più possibile, ma fu Hermione a fargli compagnia.
- Ehi. – fece lei, alzando un mano in gesto di saluto. Fred si girò sorpreso e la guardò.
- Oh… wow… ehi! – disse rivolgendole un sorriso. – sei bellissima!
- Oh beh… non sopporto le scarpe né il vestito, né i capelli, né il trucco, ma grazie! – esultò facendogli un sorriso ironico.
- Flebo? – domandò lui.
- Flebo! – fece in un sospiro spazientito lei. Fred rise.
- Ti va di accogliere gli ospiti con me? – le propose. Hermione ci pensò un po’ su, dubbiosa.
- Ma sì. – fece spallucce e se ne andò con lui. Arrivarono quasi tutti, Hermione di solito si girava indietro per vedere se Harry era con loro, ma per ora di Barny non c’era traccia. Il gelo non se ne voleva andare, continuava a sfoderare sorrisi finti per persone che conosceva a mal appena o che non conosceva affatto. Però imitava la sicurezza di Fred, lui tutto così naturale e irresistibile, che faceva pendere le persone dalla sua bocca. Hermione ritornò di nuovo in uno dei suoi flashback, all’anno scorso, alla festa del Lumaclub.  E della soddisfazione che provò quando Fred le allontanò McLaggen. Forse, anche lei si ritrovò a pendere dalle sue labbra, ma fu risvegliata quando Fred vide delle Veela.
- Ecco… permettez-moi di assister-vous – cinguettò a una coppia di graziose fanciulle francesi. Hermione scosse la testa e con velocità, prese il braccio di Fred e lo portò molto indietro, guardandolo con un viso arcigno e geloso. Hermione con un viso tirato, fece segno con la mano alle due Veela, e le due andarono a sedersi dove la ragazza gli aveva indicato. Le cugine francesi ritirarono subito, alla presenza di Hermione, i loro visi civettuoli. Poi guardò subito Fred e, senza che neanche proferisse parola, Hermione gli diede uno schiaffo che gli fece un bel cinque sulla guancia sinistra.
- Ahi! Ma perché ti sei comportata come una psicopatica? – gridò Fred dolorante.
- Stavi flirtando con quelle due, Fred! – lo indicò colpevole.
- Cosa? No… non è vero! – protestò.
- Sì, che è vero! – gridò lei, stavano dando spettacolo ad alcuni invitati. – so benissimo com’è il tuo sguardo, quando cerchi di acchiappare qualcuno! Come se non lo sapessi! – sbuffò lei. Fred si trovò disorientato e a Hermione salirono di nuovo tutte le paure che l’aveva assalita prima ancora di innamorarsi di lui. Perché lei? Perché lei, quando non era né bella, né un’oca giuliva? Perché lei, che non aveva senso dell’umorismo? Perché lei, che era solo l’amica di suo fratello? Perché lei, che era una mezzosangue? Perché lei, che stava sempre sui libri e che non conosceva il divertimento? Perché lei? Perché Hermione Granger? Hermione se ne andò a passi svelti fuori dal tendone, con i pugni serrati ai fianchi. Ma poi si disse, perché fare il cretino adesso quando già poteva lasciarla da un sacco di tempo? Fred la raggiunse subito, e finalmente furono fuori da occhi indiscreti.
- Hermione, Hermione, calmati! Che ti succede? – le chiese, così apprensivo, così da scemi fare una litigata in quel momento.
- Io… io… - lei si guardava intorno, non voleva incontrare i suoi occhi. Stava impazzendo, quel gelo la stava facendo diventare fuori di sé. Non sapeva che fare, ma voleva dare una spiegazione a quel freddo che sentiva lungo la schiena, sapeva che qualcosa sarebbe andato storto. Ma tutto stava andando così alla perfezione che lei ancora non riusciva a capire quel gelo da cosa fosse provocato, da quale sensazione.
E poi mentre più si guardava intorno, più le immagini attorno a sé si fecero sfocate, i suoi occhi umidi, e scoppiò a piangere. Non c’è la faceva più a farsi vedere, voleva che tutto finisse al più presto. Aveva sempre tenuto tutto dentro, non voleva dimostrarsi debole, ma quella situazione stava cominciando a farsi stretta. – Scusami! – biascicò, ma lui neanche voleva quelle scuse, la prese e la strinse tra le sue braccia. Quanto odiava farsi veder piangere.
Quanto odiava farsi sentire debole, così inerme e impotente. – Ho paura Fred! Credo che succederà qualcosa di sbagliato oggi, che tutto andrà in rovina, e che questa sarà l’ultima volta che ci vediamo, e non voglio che tu stia dietro al culo di qualcuna che neanche conosci! Tu… tu, non sai quanto ti amo, e ti odio per questo! Ti odio più di ogni altra persona che esista su questa terra. E non voglio andarmene, voglio stare qui con te, ma non posso perché a Harry serve una mano. Lo faccio per proteggere tutti, sia lui che te.  E sono così stanca… così stanca. – pianse e intanto si asciugava le lacrime come meglio poteva, metà del trucco se n’era andato, ma a lei non importava, non lo sopportava quel trucco. Fred non chiese niente, la dondolava tra le sue braccia e il suo mento andava nei suoi capelli lisci di quella sera.
- Ora non so se è perché in questi giorni ti stai comportando in modo strano, o perché hai le tue cose, oppure perché stai letteralmente scoppiando dentro di te, ma sappi che stai uscendo fuori di testa, Granger! – la mano di Fred andava su e giù per consolarla. A Hermione scappò una risata che le confortò le lacrime che le stavano scorrendo. E poi scoppiò, scoppiò a ridere, si staccò da Fred e si asciugò le lacrime mentre continuava in una fragorosa risata, che adesso era accompagnata da quella cristallina di Fred. Lui si riavvicinò a Hermione, lei cadde di nuovo tra le sue braccia.
- Sto impazzendo. – ammise Hermione, anche se quel gelo dietro la schiena che veniva scaturito dal suo sesto senso, continuava a percorrerle la schiena.
- Beh, sei sempre stata strana, Granger.
- Oh, colpa tua che mi fai impazzire. – disse lei, mentre giocava coi bottoni della sua camicia. I suoi respiri le toccavano i capelli e le sue labbra le sfioravano la fronte. Poi quelle labbra si schiusero leggermente sprigionando una leggera risata.
- Ma tutte impazziscono con me, dovresti saperlo. – Hermione alzò lo sguardo dai suoi bottoni, e puntò i suoi occhi su di lui.
- A me pareva, però, che quelle due Veela non volessero cadere nella tua pazzia. – Fred fece passare le sue mani dalla vita, al viso di Hermione. Prendendolo delicatamente, così che potesse avere una vista ferma sul suo viso.
- Oh, povera, ingenua, Granger! Tu… tu non sai neanche lontanamente cosa provo per te. – ormai Fred aveva superato la barriera dell’imbarazzo, ormai dirle cosa provava per lei era diventato essenziale. Anche se non sembrava, Hermione era una ragazza che poteva rompersi. Nonostante il suo coraggio e tutto quello che aveva fatto quegli anni con Harry e la sua intelligenza. Lei era una ragazza piena di dubbi e insicurezze. E beh, Fred sperava con le sue parole di farle capire quanto fosse speciale e quanto fosse migliore di quello che pensava. – Io lo griderei al mondo interno che ti amo. E che il francese, se non lo dici in certo modo, non ha senso.
- Oh, ma per piacere! Potevi parlare con loro anche in un modo più adeguato! – Hermione incrociò le braccia.
- Ah, mi dimenticavo che se uno ti dice “ti amo” per te è indifferente! – esclamò Fred. Hermione lo guardò con un sorriso quasi compassionevole.
- Lo so che ti costa dire cose del genere, sdolcinate soprattutto. Perciò mi piace fartelo ripetere più volte. – fece compiaciuta.
- Ah, col cavolo che te lo ripeto. – Fred le stava per lasciare il viso. Ma lei si sporse, alzando le punte dei piedi e mantenendo le sue mani, lì dov’erano. Le sue labbra si schiusero assaggiando la morbidezza delle sue.  Fred esordì al bacio e lo approfondì, girando la testa e schiudendo meglio le labbra. La lingua di lui neanche indugiò nel leccare le sue labbra,  il suo palato, così dolcemente. Senza pensare a secondi fini. Delicatamente staccarono le labbra l’uno dell’altro, e Fred cercò di mantenere un ulteriore contatto con lei, toccandole la fronte con la sua.
- Contento adesso? – sorrise lei. Fred fece una smorfia.
- Granger, sai che non mi accontento mai!  
 
*

I ragazzi entrarono nella tenda, dove stava vivendo il matrimonio. Lei andò vicino a Ron e Harry, quest’ultimo sotto le torture di Ginny che cercava di convincerlo a ballare. Un ballo tra cugini, lo chiamava. Ma Harry continuava a rifiutare, non voleva che gli altri fraintendessero, o se per caso ci fosse stato qualche impostore al matrimonio, non avrebbero fatto insospettire nessuno. Così Harry, lasciando una Ginny comprensiva insieme a Ron, andò a parlare con Krum, non molto lontano da dove erano loro. Ginny così convinse Ron a scendere sulla pista, anche nonostante le sue continue lamentele. Intanto Hermione da lontano si godeva la scenetta comica del suo amico e di sua sorella.
Intanto c’era qualcun altro che si stava facendo una scena comica, che però Hermione sembrò non notare.
-No, George, è contro i miei principi! – bisbigliò Fred al suo orecchio.
- Ma perché?
- Lo sai che io non so ballare. Mai scenderò a questo livello, ho una reputazione da difendere!
- Oh, io credo che lo farai. – sia George che Fred guardavano in direzione di Hermione, che solo adesso sembrò dare acconto a loro due, che se ne stavano in disparte a parlare fitto. La ragazza rivolse loro uno sguardo eloquente, ma ilare.
- No, non lo farò. – bisbigliò ancora. Intanto George aveva una mano dietro la schiena di Fred, che con una sola spinta, lo buttò sulla pista da ballo vicino a Bill e Fleur. Fred notando tutti gli occhi dei parenti su di lui, si guardò intorno non sapendo che fare, mentre George se la rideva. Hermione con un sorriso sghembo assaporò quella vendetta, in fondo non era male dopo tutto quello che le aveva fatto passare. Provò ad andare da lui, purtroppo lei non riusciva a essere così malvagia come Fred. Assaporando fino in fondo la vendetta. Ma sentì un lieve tocco sulla spalla, amareggiata ruotò lo sguardo trovandosi davanti un ragazzo, ormai uomo. Con barba folta, e capelli corti, gli occhi profondamente castani che le aveva rivolto molte volte. Il suo primo bacio.
- Viktor! – esclamò, sbarrando gli occhi per la sorpresa. Certamente non si sarebbe aspettato lui al matrimonio, si vede che la signora Weasley aveva invitato proprio tutti. Hermione ebbe lo stomaco in subbuglio e un forte giramento di testa, come se qualcuno le avesse colpito proprio dritto in faccia.
- Stai bene? – chiese lui con un perfetto accento russo. Hermione grazie al suo ego, si ristabilì e alzò un angolo delle labbra. Krum la guardò annuire.
- Sì, certo. Ciao, come stai? – non sapeva neanche dove aveva trovato il fiato per sputare quelle quattro frasi, che poi, pensò neanche tanto intelligenti da dire.
- Oh, molto bene grazie. E tu? – Hermione rispose al ragazzo solo annuendo la testa e guardandosi intorno, sperando che Fred non la vedesse. Viktor neanche sembrò accorgersi di quel cambio di umore ansioso, che in risposta le sorrise. – Ti va di ballare? – lei si sentì sprofondare dall’imbarazzo. No, non poteva ballare con lui, ma sapeva che ci sarebbe rimasto male se lo avesse fatto. E in fondo anche se al Ballo del Ceppo, Hermione tentava sotto pelle di ucciderlo, lui l’aveva sempre trattata bene.
Lei guardò il sorriso di Krum, un sorriso sincero, quasi da bambino e la sua mano tesa verso di lei. Hermione gli sorrise a sua volta, non voleva che la considerasse come una cattiva persona, perciò con delicatezza sfiorò la sua mano, che lui racchiuse nella sua. Un contatto strano, strano ma familiare. Sotto gli occhi di tutti, Hermione si faceva trasportare sulla pista da ballo, dove anche altre coppie stavano ballando.
Teneva sempre lo sguardo basso, non voleva incontrare gli occhi di qualcuno mentre un giocatore di Quidditch, famoso tra l’altro, la portava a ballare un lento. Sperò che Fred se ne fosse andato da quella situazione imbarazzante. Ma intravide George a bocca aperta mentre le mani di Krum le stringevano la vita delicatamente.
Lei distogliendo quello sguardo fugace dal gemello, ritornò a Viktor deglutendo, il cuore che le pulsava fino alla gola, quasi non respirava. Lui cominciò a portarla avanti coi passi, avanti e indietro o a destra e sinistra, in un perfetto equilibrio coi passi, e i movimenti. Hermione cercava di concentrarsi sui suoi occhi, di un marrone scuro che sembrava penetrarti. Se i suoi occhi avessero incontrato quelli di Fred, non avrebbe saputo come comportarsi. Il suo imbarazzo si sarebbe esposto a lui, nel modo più plateale possibile, cosa che non aveva mai fatto. I bisbigli e il chiacchiericcio degli invitati invadevano le orecchie di Hermione, portandola molto lontano da quello che stava accadendo.
Si sentiva quasi frastornata. Fred non si era mosso di un passo, da dove George l’aveva scaraventato. E quando Hermione si presentò a pochi passi da lui con Krum per le mani si immobilizzò istantaneamente. Neanche aveva pensato a prendere con sé una Veela e ballare di fronte a loro. Voleva solo che lei se ne andasse dalle grinfie di quel Cercatore. Doveva essere sua, sua e basta. I suoi pensieri andavano così veloci, che neanche si accorse che stava agendo già dal principio. Le sue lunghe gambe andarono verso di loro.
Non sapeva neanche come sentirsi, ma frastornato forse era la parola giusta. Neanche si aspettava la presenza di Krum al matrimonio. Sembrava quasi un piccolo ostacolo che Fred doveva superare. La sua mente neanche partorì l’idea di essere geloso o qualcosa del genere. Fred non aveva mai provato quell’emozione, e quindi non sapeva i suoi effetti. Voleva solo che Hermione fosse tra le sue braccia, forse perché così credeva di tenerla al sicuro. Forse perché Krum non era, per lui, una buona compagnia.
Forse perché in questi giorni, non l’aveva vista che socializzare (anche troppo) con lui e basta. Fatto sta che adesso stava proprio di fronte a loro. Hermione notando una presenza alla sua sinistra, si girò lentamente, come se avesse il torcicollo, e i suoi occhi sembravano quasi spiritati. Cercò di tirar su un sorriso disinvolto, ma proprio non ci riusciva, si sentiva troppo in imbarazzo. Sapeva che gli occhi di Ginny, Harry, George e Ron erano su di lei. E forse era la risatina di Ginny o quelle sguaiate di George oppure proprio gli occhi di Fred, che la guardava con un sopracciglio alzato, scettico, a farla arrossire. Krum fece un giro di sguardi tra Hermione e il ragazzo alto dai capelli rossi. Stava schiudendo le labbra, come per dire qualcosa su quel maniaco che li stava osservando e interrompendo. Ma fu Fred invece a prendere la parola, come sempre.
- Vedo che ti stai vendicando per la Veela di prima. – Krum non capiva un accidente, ma continuava a tenere Hermione per mano e per la vita. Hermione schiuse anche lei le labbra e trovò il coraggio che le era mancato fino a che non sentì la voce di Fred stuzzicarla. Era una cosa che a Hermione dava l’adrenalina e la voglia di sfidarlo finché non avrebbe vinto.
- Perché, sei geloso? – chiese alzando un angolo delle labbra. Fred lo trovò così spiazzante, che in un primo momento boccheggiò.
- Krum stai attento o potrebbe schiaffeggiarti da un momento all’altro senza motivo. – neanche l’ascoltò e cominciò a fare le battutine che usava per svignarsela. Krum agitò lo sguardo su di lui, non riuscendo veramente a capire la situazione.
- Tu sei una delle teste rosse della famiglia? – chiese il Cercatore invece.
- Sì, Fred Weasley piacere! – gli porse la mano, che finalmente Krum sciolse da quella di Hermione, e Fred trovò subito l’occasione di infilarsi tra i due. Hermione venne spinta dalla schiena di Fred e cercò di trovare l’equilibrio senza toccarlo. E coi tacchi non era difficile, infatti guardò i suoi piedi e maledisse quelle scarpe che tanto odiava! Mentre cercava di tastare qualcosa che non fosse uno degli ospiti per non fare una brutta figura, non poco lontano da lei c’era una anziana signora. Vestita in modo stravagante che la guardava con un sorriso sornione in lontananza.
- Forse, se non avessi quelle caviglie secche, riusciresti a stare in piedi. – le disse, la ragazza la guardò con le sopracciglia aggrottate e con la bocca che simulava un’espressione dubbiosa. Non riuscendo a capire dove fosse uscita quella donna. Ritornò un po’ nervosa (beh dall’evasione di Fred già lo era) vicino ai due ragazzi che con sorpresa di Hermione conversavano animatamente. Adesso era Hermione che si piazzò di fronte a loro, scettica. Fred rideva e dava delle pacche sulla spalle a quell’amico conosciuto finalmente di persona. E Krum invece non riusciva a mantenere le risate così forti, che si reggeva  lo stomaco e cercava di riprendere fiato.
- Ehm ehm! – Hermione schiarì la voce per attirare la sua attenzione, ma niente. Sembrò cogliere frasi riguardanti il negozio, la Umbridge, il Ministero e poi del marito di zia Muriel, il quale faceva uscire cose in posti in cui la luce del sole non batteva. Perciò Hermione si trovò in condizione di toccare uno dei due sulla spalla, ma anche quella piccola presenza non fu notata. Allora lei passò alla mano, che passò sulla spalla di Fred… assente. Fece infine volare un pugno sulla spalla di Fred, che finalmente sembrò notare, dato il leggero dolore. Hermione ovviamente non andava a vantarsi della sua forza fisica.
- Oh, scusa, Granger, ma ho appena trovato un nostro importantissimo fan! Dice che purtroppo a causa delle tante date delle partite non riesce a trovarci in negozio, ma credimi… ha quasi tutti i nostri prodotti! – Hermione allargò le braccia come se stesse per imprecare.
- Ma a che cosa gli possono servire? – non pensando che un ragazzo di calibro diverso da quello del giovane Weasley potesse interessarsi di cose così infantili.
- Beh, diciamo che chi la fa l’aspetti! – rispose il giocatore.
- Si è vendicato di alcuni giocatori irlandesi in modo epico! E poi per sbaglio ha lasciato anche qualche scatola nei loro spogliatoi, mi sono fatto pubblicità, Granger! – Lei sbarrò gli occhi. – Se adesso non ti dispiace vado da George a raccontargli tutto, vieni, Krum! – Hermione boccheggiò per la sorpresa di quel rovesciamento di situazione accaduta troppo velocemente. Infatti, Fred andò a disturbare anche George e Angelina che stavano parlando privatamente vicino a una delle colonne che manteneva la tenda, quasi lontani dal matrimonio. Lontani dal matrimonio, ma non da Fred. Hermione fece un grugnito esasperato, facendo tremare le braccia in aria, per non sparare un altro pugno a qualcuno. Ginny, infatti, continuando a ridere, andò da lei.
- Cos’è successo? – disse, cercando di mantenere un atteggiamento che non insultasse l’amica.
- Fred mi ha rubato il ragazzo. – Hermione posizionò le sue braccia conserte strette al petto, ancora frementi di omicidio. Ginny però non poté evitare di ridere. 

La serata continuò, Hermione andò insieme a Ginny, incontrarono Luna che cominciò a parlare di Ricciocorni Schiattosi, che Hermione continuava a ripeterle che non esistevano, ma ovviamente Luna non si fermava di certo a una negazione; parlò del Cavillo e di suo padre e delle varie scoperte dei molti animali (inesistenti) che scovò nel suo giardino. Ginny a differenza di Hermione, ascoltava con un gentile sorriso, annuendo e aggiungendo qualcosa che  non infastidì Luna, anzi, le rispondeva dandole le diverse spiegazioni e fatti storici che Hermione pensava si trovassero in qualche fumetto magico per bambini. Mentre l’accesa discussione andava avanti, Harry e Ron si aggiunsero a loro. Anche i suoi amici non rispondevano a negazioni, e Hermione si sentì la solita rompiscatole antipatica del primo anno. 
Lei d’un tratto, mentre stava perdendo tutte le speranze, sentì un leggero tocco sulla spalla nuda. Lei rabbrividì e inarcò leggermente la schiena. Si voltò facendo ondeggiare i suoi capelli, che per metà erano ritornati mossi, quasi a prendere la sua movenza naturale. Ginny si voltò anche lei vedendo Fred dietro di loro, perciò decise di richiudere il gruppetto, lasciando Hermione fuori. Lui la prese per mano, intrecciando le dita tra le sue, Hermione si sentì gelare nella pelle. Una sensazione che continuava a giocare tra brividi e calore ogni volta che Fred la toccava. Lui sembrava quasi nervoso, aveva le mascelle serrate e gli occhi erano chiusi in due fessure, le sopracciglia aggrottate. Hermione l’osservò e quei lineamenti più duri, l’affascinavano. Sembrava più adulto. Tormentato. Però nel toccarla non le trasmetteva la frustrazione che aveva in volto. Il suo tocco, invece, era molto gentile, delicato. Come se solo da quel contatto volesse solo trasmetterle qualcosa. La portò nel giardino della Tana.
Quasi vicino alla soglia di casa, ma lontano dal campo che la signora Weasley coltivava. Fred si girò e la guardò negli occhi, sembrava che il suo viso avesse visto cose che gli altri neanche erano a conoscenza.
-Tutto ok? – chiese lei, ma Fred guardò solo le sua mano che teneva la sua, e come il pollice prese ad accarezzarle il dorso. Quanto avrebbe voluto stare più tempo con lei, come due normali adolescenti. Passare le giornate a giocare a Quidditch, e poi prendere in giro Hermione perché lei non sapeva volare. Fare le cazzate più colossali, andare in posti lontani solo per esplorare, così da un giorno all’altro. Ballare anche se si sa di non essere bravi. Stare tutti insieme con del Whisky Incendiario e scambiarsi battute e racconti divertenti, ridere fino a crepapelle, fino a quando non ti reggevi la pancia. Lamentarsi delle faccende domestiche, dei genitori, del lavoro, degli amici e di qualsiasi altra cosa. Vivere prima che la tua giovinezza sparisca. Fred sospirò. E il suo comportamento fece salire quel gelo che Hermione provava poco prima. Infatti strinse ancora di più la mano di Fred.
- Volevo andarmene, non c’è la facevo più… con tutte quelle voci, la musica, e gli invitati… per non parlare di questi vestiti! – fece sprezzante, slacciandosi finalmente il nodo della cravatta che tormentava da un po’. Sbottonò anche alcuni bottoni e alzò fino ai gomiti le maniche. Qualsiasi cosa pur di respirare appieno l’aria che quella calda sera di giugno gli stava regalando. Gettò sprezzante la cravatta e la giacca, e si spazzolò i capelli facendo un sospiro di sollievo, mentre inarcava il collo verso il cielo e le stelle, ad occhi chiusi.
- Oh, beh… se la metti così! – rispose lei, togliendosi quelle dannate scarpe coi tacchi alti (che gettò con mal grazia sul prato), e prendendosi il braccialetto che aveva al polso e trasformandolo in elastico per capelli, con il quale li raccolse. Fred fece una leggera risata alzando l’angolo delle labbra.
- Quando mi sposo io, non voglio nessuna assurdità. Potrete mettervi quello che volete e infliggerò alla mamma una bella maledizione Pietrificus finché non sarà tutto finito. – disse mentre sorrideva.
- Perché “potrete”?  - domandò Hermione pronta.
- Perché tu sarai la sposa. – lei avvampò e corrucciò le sopracciglia. Sicuramente avevano un’età troppo giovane per sposarsi pensò. Ma non poté evitare di sentirsi compiaciuta.
- Tu sei fuori! – esclamò mentre aveva un leggero sorriso divertito sulle labbra. Fred stava quasi per abbandonare quel sorriso che lo aveva invaso un momento prima.
- E perché mai? – sorrise, lui le prese le mani.
- Fred siamo troppo giovani e c’è la guerra… e poi tutto può cambiare e se succedesse qualcosa? Sarai sicuro che troverai me sull’altare? E se morissi?
- E se morissi io? – lei sussultò… ma la morte di Fred era qualcosa a cui non aveva mai fatto riferimento. Lui non poteva morire… non sarebbe successo. Nella sua mente era bloccata quella parte che le faceva pensare a una cosa del genere. Questo perché sapeva che non sarebbe accaduto… non doveva accadere e basta! No. – Granger… in questo momento non c’è bisogno di riflettere. Bisogna agire e basta, non è il momento di usare il cervello, come sei abituata a fare. Agisci. Dimmi di sì. – lei ci pensò ancora su… continuava a sostenere che quella era una cosa folle da fare. Erano troppo giovani, c’era la guerra. C’era la morte a vincolarli.
- Se usciremo vivi da questa situazione, ti dirò di sì Fred! – annuì, stringendogli le mani più che poteva.
- Perché non dirmelo adesso? – chiese un po’ contrariato.
- Così avrai l’ancora che ti terrà in vita. -  Fred sospirò e l’attirò a sé, il bacio fu lento e possessivo. Fred le morse il labbro inferiore. Le mani di Hermione passarono al suo collo fino ad accarezzargli le mascelle, gli teneva il viso. E assaporava il suo odore, e quel magico contatto che le regalava fremiti. La lingua di lui le accarezzò il palato fino a scivolargli sulle sue labbra e inumidirle. Hermione schiuse ancora le labbra e avvinghiò quelle di Fred, possessiva. Ogni gesto traspirava possessione, ognuno dei due voleva che l’altro restasse lì con lui. Si volevano a vicenda e questo era straziante. Il bacio fu quasi doloroso, pieno di sofferenza e di desiderio.
Fred sentì le sue guance inumidirsi, le lacrime di Hermione facevano piangere anche lui. Senza che però il suo cervello gli avesse dato il permesso.  Fred si staccò, tenendola ancora stretta ai fianchi. Sospirò come se gli avessero inflitto una brutta ferita, come se un coltello l’avesse trafitto al cuore. Ma il colpo che gli aveva dato Hermione era più forte. Sospirò e tenne la fronte vicino alla sua. Hermione guardò i suoi occhi verdi, socchiusi su di lei. Era di una bellezza distruttrice, Hermione l’aveva sempre pensato ma non gliel’aveva mai detto. Notava i suoi occhi, verdi… un verde smeraldo. I suoi zigomi perfetti, e la mascella quasi appuntite, in una perfetta armonia con il suo viso. Il naso lungo e dritto e quelle labbra… sottili, ma quando le baciavi erano piene e diventavano rosse per i troppi baci. Come le sue guance piene di lentiggini. Pur riluttante, lui allungò le labbra, mettendosi quella maschera che poche volte indossava.
- Andiamo dagli altri, ok? – la sua voce era rassicurante e calda, ma Hermione notava quella punta di rammarico. Lei annuì e gli rubò un altro bacio, rapido per ricordarsi ancora del sapore delle sue labbra. Poi entrambi mano nella mano entrarono all’interno dell’enorme tenda in cui si celebrava il matrimonio. Bill e Fleur stavano ballando e gli altri a sincrono battevano le mani. A Hermione e Fred non andava molto di partecipare a quella festa. Volevano stare da soli. Lei in quel momento stata con Fred si dimenticò di quel gelo non indifferente che le percorreva la schiena. La sua mente era in un continuo vortice di dubbi. Poi nel frastuono della festa, si sentì un sibilo. Inizialmente solo Hermione sembrò sentirlo, e quel gelo aumentò. Lo sapeva, era il momento. E essendo arrivato, quel disagio che aveva provato per tutta la cerimonia, si placò di botto. Quel sibilo diventò più forte, e ancora e ancora. Irruppe nella tenda, squarciandola, il Patronus di Kingsley. Quello era un cattivo segno.
- Il Ministro della Magia è morto… stanno arrivando… arrivano! – quell’animale di un azzurro pieno, ripeté le parole del governatore. Hermione emise un gemito spaventato stringendo per un momento la mano di Fred, così forte da farla sanguinare. Il Patronus svanì e i Mangiamorte, come li avevano avvisati, arrivarono. La tenda fu in preda ad a incantesimi, urla, terrore, spavento. Hermione si sentì gelare le vene. Con una forte scrollata, liberò la sua mano da quella di Fred. Liberò la bacchetta e fu pronta. Voleva tanto urlare in mezzo a quella confusione, dire basta a quella guerra. Come se la sua rabbia e la sua furia per tutto quello che stava accadendo potessero fermare Voldemort. Ma sapeva che quello non poteva essere altro che una valvola di sfogo. Un Mangiamorte le venne subito incontro, e con un urlo librò la bacchetta e questo con furia volò in aria, urtando un altro dei suoi.
- Hermione! – gridò Fred. Mentre con la mano cercava di raggiungerla in mezzo alla folla. Già si erano persi. Lei riuscì a guardare i suoi occhi e la sua bocca che si apriva gridando il suo nome.
- Quando ti risponderò vuol dire che ci rincontreremo… ciao, Fred. – e girò la testa. Scappò da lui, doveva trovare Ron e Harry. Correva, correva… col cuore in gola e con le lacrime agli occhi, le nocche divennero bianche per quanto stringeva la bacchetta. Cercò per qualche secondo di dimenticarsi di lui, ma fu una cosa impossibile… i suo sapore era impresso sulle sue labbra, come il suo calore e il suo profumo. Afferrò di fretta e furia Ron e Harry e insieme si smaterializzarono. E l’ultimo pensiero andò a lui e a quella risposta vaga che doveva ancora porgli con certezza.

 
2nd September

Quando Hermione se n’era andata, non credeva che sarebbe stato così devastante. Cominciava ad avere più paura di quanto prima non avesse affatto. Era ansioso, iperattivo e quasi non dormiva la notte, fatto che però accomunava quasi tutti. Di solito si metteva a scalciare le prime cose che trovava. Se qualcuno gli rivolgeva la parola, diventava pazzo e se la prendeva con tutti, quando invece doveva collaborare. Per non pensare a niente, continuò il lavoro che stava mettendo in atto con George. Riuscì in fretta e con precisione a disegnare tutta l’Inghilterra. Passò tutta la notte a disegnarla, quando Hermione se n’era andata. Ma non succedeva ancora niente, ancora non riuscivano a far muovere qualcosa nella loro Mappa. Voleva tanto sapere chi fossero quei Lunastorta, Codaliscia, Felpato e Ramoso per chiedere loro che trucco avessero usato per far si che la loro Mappa localizzasse tutte le persone con poteri magici e che indicassero ogni loro movimento, perché lui non riusciva proprio a sciogliere quel rompicapo. Era sul letto a pancia in giù, svoltando ogni risvolto che ormai aveva già finito di disegnare e precisare con ogni particolare. Si stava scervellando da giorni, ci voleva Hermione… solo lei poteva aiutarlo. Ma lui stava cercando quel qualcosa, proprio per localizzare Hermione. Stare con lei anche se erano a miglia e miglia di distanza. Voleva portarla in salvo.
- FRED, FRED, FRED… C’È L’HO, HO TROVATO, FRED! – George sbucò nella stanza con occhi sbarrati da maniaco e con un libro tra le mani che faceva volteggiare in aria. I capelli erano spettinati e pieni di polvere. Fred per la sorpresa cadde dal letto, facendo spostare di poco la Mappa che era su di esso. Lui imprecò ma balzò subito in piedi.
- Cos’hai trovato George? – anche lui adesso aveva gli occhi sbarrati con un luccichio da lince negli occhi. C’era speranza. Il cuore cominciò a battergli forte e il calore a salirgli per tutta la colonna vertebrale fino al cuore e alle orecchie. Come se avesse già avuto la risposta.
- L’incantesimo di rilevamento da usare per la mappa! C’è l’ho… è tra le mie mani, Fred! – era tutto febbricitante.
- Cosa? Fa vedere! – Fred gli tolse il libro di mano e posò anche quello sul suo letto, aggiustando la Mappa a fianco. Fred lesse, attento, come non aveva mai fatto con nessun altro libro in vita sua, quasi gli piacque il contatto con la carta ruvida e ingiallita del libro. Lui spalancò la bocca per la sorpresa… tutto… era lì, di fronte a lui! Gli sembrò quasi irreale. Tutte le sue risposte erano ora nei suoi occhi e tra le sue mani. Ancora non poteva crederci. Si sentì sollevato, libero. – D-dove l’hai trovato George? – chiese ancora scosso per quel miracolo, ma notò che il libro era molto vecchio e che i capelli del fratello erano pieni di polvere.
- Era nel capannone di papà, quello dove tiene tutti gli oggetti babbani. Ho girato in lungo e in largo per tutta la casa, credevo che ci fosse qualche libro, forse la Granger ne aveva dimenticato uno, ma quella lì non si scorda mai niente. Così ho cominciato a cercare e a cercare, forse in casa avrei trovato qualcosa, abbiamo anche noi libri che non abbiamo mai letto, così ho tentato. – Fred ad ogni sua parola pendeva dalle sua labbra, si sentì quasi inutile, perché lui aveva solo disegnato e messo a posto la Mappa, mentre suo fratello aveva fatto di più, aveva trovato la soluzione. -  Quando sono tornato in cucina per venire da te, c’era papà in piedi a leggere il giornale. Anche lui ha paura si vedeva dalla sua espressione. Mi ha visto con questo libro e per un momento pensai che mi stesse per sgridare, però ha sorriso e ha detto che potevo prenderlo. Gli ho chiesto se era suo e lui ha detto che glielo aveva dato Lupin, perché James non voleva che una certa ragazza lo vedesse*. Ha detto che è l’unico libro presente in circolazione. – quel racconto attirò Fred, ma non sapeva chi erano quelle persone a cui suo fratello si riferiva.
- James chi? E quale ragazza? – chiese.
- Non so… il cognome non me l’ha detto, e la ragazza l’ha accennata soltanto, possono essere chiunque. Forse dei vecchi amici dei nostri genitori, ma non so, forse sono morti… non mi pare che li nomino spesso. – Forse Fred aveva un presentimento, ma non voleva cadere in conclusioni affrettate, e poi c’era qualcosa di più importante da fare. Lui scosse la testa e riprese il libro. C’era una formula da recitare, ma il libro chiedeva espressamente che si usasse dell’inchiostro magico per quell’Incantesimo per poi completare il tutto con l’incantesimo. Fred già aveva usato fortunatamente l’inchiostro, perché credeva che tutto provenisse da quello. Nel disegnare una cartina e che l’inchiostro capendo cosa stava diventando avrebbe agito da solo, ma non accadde quello che si aspettava. Lesse di nuovo, ad alta voce, cercando di pronunciare al meglio quelle parole latine con cui lui aveva poca familiarità.
- Non credi che si pronunci con l’accento su questa vocale che su questa? – fece George indicando la parola in mezzo alla frase con le due vocali all’interno. Fred lo guardò con gli occhi a due fessure.
- Che fai, la Granger adesso?
- Oh, ma sta zitto che tutto questo lo sto facendo per te! – gli rispose a tono.
- Non solo… questa è un’altra scoperta, fratellino… siamo due geni! – e Fred portò la loro Mappa sulle loro teste. – la nostra popolarità andrà alle stelle!
- Beh, spera prima che riusciremo ad arrivare alla popolarità! – George lo ammonì con dei colpetti sulla spalla.
- Ok, genio di sogni infranti procediamo… faccio io l’incantesimo.
- Perché tu? – George si allibì. – sono io che ho trovato questo libro.
- E io ho creato l’intera Mappa! Sai quanto mi ci è voluto per fare tutto questo?– sbraitò.
- Una notte intera… per trovare la tua bella. – scherzò.
- E non credo che riuscirò a trovarla, se continuiamo a parlare! – George sbuffò e guardò Fred fare l’incantesimo. Aveva gocce di sudore che gli imperlavano la fronte, l’ansia a mille e la mano che continuava a tremargli. Pronunciò con quanta voce ferma e concentrata aveva in gola, e guardò la Mappa in trepidante attesa. La speranza se ne andò, la furia cominciò a scorrergli nelle vene. Fred si alzò, George poteva giurare che divenne rosso come il sangue. Il rossore sulle gote divenne così forte che le lentiggini quasi non si vedevano. Si era alzato come una furia, con un viso che reclamava omicidio. Mai l’aveva visto così arrabbiato. Le mani erano strette a pugno e le nocche sbiancarono. Stava prendendo la Mappa c’è l’aveva tra le mani. E i peli dietro al collo di George si rizzarono.
- Che intenzioni hai? – esclamò balzando anche lui.
- Non c’è speranza George, la distruggo! – gridò.
- Cosa? No! Non lo fare! – aveva una mano di fronte a lui, incitandolo a fermarsi. – Forse c’è qualcos’altro nel libro… ne sono sicuro, non abbiamo letto bene… dai vedrai che funzionerà!
- No, ho fallito ok? Come sempre! Ora piantiamola qui e lasciamo perdere.
- E da quando ti arrendi?
- Da quando sto impazzendo su questo pezzo di carta, cercando di trovare qualcosa di utile! Una risposta! – George sospirò osservando suo fratello così scosso. Fred sembrò calmarsi, tenendo stretta la Mappa tra le sue mani. Sospirò esausto. – I-io non so dov’è George… ho bisogno di sapere che sta bene! E sto impazzendo! – George frustrato anche lui, non pensò che quella impresa che stavano per fare fosse così complicata, e sicuramente vedere suo fratello così impegnato in qualcosa per qualcun altro gli diede la spinta giusta per non cadere nel baratro insieme a lui. Lui doveva ancora lottare, per trovare quella risposta che aveva trovato sin dall’inizio. L’artefice della speranza. Prese il libro che era sul letto e lo sfogliò, girò la pagina dove era riportata la formula. C’erano scritte altre indicazioni, sotto altre scritte più piccole. Mentre nella pagina affianco c’era un altro incantesimo ancora che non c’entrava nulla con le Mappe. George con tutta la volontà che aveva in corpo, lesse le parole in piccolo. Cosa che non faceva mai perché le trovava poco interessanti. Quelle erano altre istruzioni.
- MA PERCHÈ CAVOLO SCRIVERLE IN PICCOLO, CAZZO!  - esclamò leggendo ad alta voce anche quel pezzo a fine pagina. – “… se i il creatore della Mappa, fosse più di uno si raccomanda di pronunciare la formula nello stesso istante, incrociando le bacchette e puntarle al centro del foglio.” – lesse.
- Porca miseria… e scrivono una cosa del genere in un posto così insignificante? Che imbecilli! – sbuffò Fred sprezzante. George buttò all’aria il libro, facendolo cadere sul letto, ancora.
Tirò fuori la sua bacchetta e insieme al fratello la incrociò alla sua. Insieme la puntarono sulla loro Mappa e pronunciarono l’incantesimo. Però non furono esattamente a sincrono, perciò la ripeterono, stando più tranquilli e sicuri di arrivare all’obiettivo. Quando finirono, tutte le linee disegnate da Fred si illuminarono, come se si stessero ridisegnando e un migliaio di piccoli serpenti dorati contornarono la Mappa. Poi si illuminò del tutto, facendo una luce che illuminò tutta la stanza. George andò subito a chiudere la tenda della finestra, non voleva che occhi nemici vedessero qualcosa. Fred invece era ancora ammaliato da quello spettacolo. Il colore dorato man mano si affievolì e come apparirono le linee dorate, così riapparvero quelle nere.
- Bene… e adesso? – disse Fred vedendo che sulla Mappa non appariva nessun nome e nessun movimento. George ringhiò. Perché richiedeva così tanti passaggi? Prese per la milionesima volta il libro, e lesse ancora nelle scritte piccole.
 – “Dopo che l’incantesimo viene pronunciato, vedrete che il foglio si illuminerà… - cominciò a leggere.
- Sì, sì,  questa parte la sappiamo, va’ avanti! – entrambi stavano cominciando a perdere al pazienza.
- “Ora con molta concentrazione si deve pensare alla persona che si intende rivelare e il gioco è fatto! ... P.S.:  questo passaggio non necessita di essere fatto insieme ad altre persone.” Che simpaticone! – disse George. Ma Fred senza neanche starlo a sentire, cominciò a pensare ad Hermione. Non sapeva su cosa doveva soffermarsi di più, ma i suoi pensieri la descrissero intensamente. Dai capelli fino al suo carattere, a volte insopportabile. Puntò la bacchetta sul foglio, senza toccarlo. Un’altra luce dorata sbucò fuori ma questa volta durò poco, e un ghirigoro con sopra scritto “Hermione Granger” sbucò fuori. – Fred saltò e si sentì euforico, c’è l’aveva fatta! Ora era lì davanti a lei. Era con lui. E lui poteva salvarla in ogni momento. Fin quando poteva. Ma si sarebbe spinto anche oltre!
 
*

- Harry prendi Essenza di Dittamo, è nella borsa! – imprecò Hermione, mentre di fronte a lei, steso a terra c’era Ron con il braccio sanguinante. I capelli rossi, sudati e metà addome insanguinato dal braccio. La smaterializzazione non era andata a buon fine. La boccetta ritardava ad arrivare. – FA PRESTO! – I suoi capelli, le lentiggini le ricordavano tanto Fred. Se invece di Ron, ci fosse stato lui… neanche voleva pensarci. Forse era per questo che piangeva mentre dava ordini ad Harry, non se n’era accorta. Le lacrime sembravano essere uscite dal nulla. Le sue lacrime assunsero un suono strozzato, avrebbe tanto voluto urlare. Urlare tra le lacrime, per quello che stava accadendo e per il pericolo che correvano tutti quanti, soprattutto le persone che amava. Ma non poteva farlo, sarebbe risultata debole.
Doveva stringere i denti, finché non avrebbe rincontrato Fred. La sua medicina, la sua ancora, la sua salvezza. L’aveva sempre pensato, lei aveva più bisogno di lui di quanto lui avesse bisogno di lei. Hermione si sentiva la più debole, la più vulnerabile. Riportarono Ron nella tenda, quando si fu calmato dai singulti, dandole uno scenario macabro che non voleva capitasse a nessuno. Tirava ancora su col naso e il corpo di Ron fu pensate sulla sua spalla, e quando trovò il letto per poco non lo scaraventò su di esso come un peso morto.
Desiderava tanto scappare, ma Harry era più importante e non lo avrebbe mai tradito. Tutti si fidavano di lei. Quando Harry l’aiutò a svestire Ron, dopo lo rivestirono con i proprio abiti e gli bendarono la ferita. Hermione fece lo stesso con lei, si vestì indossando una felpa e un paio di jeans, legandosi i capelli alla bella e meglio. Quando si sedette al piccolo tavolo da pranzo della tenda, cominciò a sentire il piccolo sibilo della radio accesa. Ron l’accendeva tutte le sere, in realtà ogni volta che se lo ricordava e questo succedeva quasi sempre.
Hermione lo trovava snervante. Non voleva ascoltare quella voce, metallica priva di espressione che elencava i nomi dei morti. Le veniva un gelo dietro la schiena ogni volta, e la voglia di tirarsi i capelli per il nervosismo non gliela toglieva nessuno. Tutti quei nomi, numeri e numeri di persone… morte così… senza motivo. Ogni volta che sentiva un nome che iniziava per F, le veniva un sussulto.
Una volta capitò anche il nome intero e il cuore le si fermava. Ma il cognome era diverso. Fino a quando quella radio diventava sopportabile, se ne stava nella tenda. La voglia di picchiare Ron, e i sussulti però la spingevano a lasciar la tenda. Non voleva sentire tutte quelle persone decedute, solo al pensiero la voglia di urlare la sovrastava.
Era diventata un’improvvisa bomba ad orologeria, però lei non diceva niente, sapeva che faceva sentire bene Ron. Non sentire nessuno dei suoi parenti. Si sentì anche in colpa che lui aveva più diritto di soffrire di lei. In fondo Fred era un suo parente, suo fratello, ma lei chi era? Scappò via, aprendo la tenda e allontanandosi da essa. Si rifugiò lontano dalla radio e da Ron, sperando di lasciare anche i pensieri lì. Ormai si era quasi abituata a non avere Fred affianco, già era successo una volta.
Lì, c’era un albero, alto che la troneggiava. Le sue foglie erano verdi, e si muovevano seguendo la lieve brezza estiva che ancora serpeggiava in quel periodo. Hermione guardò le sue foglie, le contemplò e poi si sedette ai piedi di quell’albero. Incrociò le gambe e ebbe il coraggio di sfilarsela dalla tasca dei jeans. La spiegò e se la mise sulle gambe. Le mani tremarono a contatto con essa. Non voleva aprirla, non voleva sapere dove fosse, non voleva leggere neanche il suo nome. Più non lo pensava, più non aveva un suo accenno, più poteva sopravvivere. Ma la guardò come se lei potesse darle un motivo per non farlo.
- Giuro solennemente di non avere buone intenzioni. – pronunciò, e quasi le si arse il fuoco nelle vene. Quella stessa frase che aveva pronunciato lui milioni di volte. Trovò soddisfazione e potere nel dire quella frase, quasi le si illuminarono gli occhi. Sapeva che non l’avrebbe trovato, i gemelli non erano più a Hogwarts. L’avevano abbandonata molto prima che lo facesse lei. Ancora si ricordava quel giorno. Dirsi addio più di una volta non era nel suo programma di relazione.
In realtà, non era nel suo programma e basta. Neanche pensava che avrebbe avuto una relazione con qualcuno. Con occhi furtivi e indagatori, scorse ogni centimetro della Mappa, ogni risvolto, linea, movimento, sospetto che le si presentava davanti agli occhi. Scorse Ginny vagare per i corridoi e poi svanire davanti ai suoi occhi.
Alzò un sopracciglio, ma non ci badò, se Ginny stava facendo qualcosa sicuramente erano coinvolti metà degli studenti di Grifondoro, e sicuramente richiedeva speranza. Quel silenzio che le invadeva le orecchie, le sembrò liberatorio. Sentì gli uccelli cinguettare, il rumore delle foglie. E quasi sembrò di stare in un gita con i suoi genitori. Si accorse anche di indossare il medaglione che aveva sfilato dalla Umbridge. Forse era per questo che era così suscettibile con Ron. Sentì dei passi calpestare le foglie e sapeva che non poteva essere un nemico, dato che erano all’interno della protezione che lei aveva creato. Lei però stava ancora attenta sulla Mappa.
- Lo sai che non lo troverai lì, cosa cerchi? – dietro di lei c’era Ron, con il braccio raccolto al petto. Aveva gli occhi infossati e sembrava più magro del solito. Malaticcio, senza forze e senza un ancora.
- Una speranza. – rispose.

 
28th December
 
- Sono violenti, odiosi! Difenditi…  DIFENDITI HO DETTO! – gridava Alecto Carrow, mentre teneva una lezione di Babbanologia. Aveva messo uno studente contro l’altro, uno doveva interpretare un babbano, mentre l’altro doveva sconfiggerlo, combatterlo, finché i suoi sensi non se ne andavano per le tante torture. Neville aveva le nocche bianche, da tanto che stringeva la sua bacchetta per la rabbia. Mai, mai avrebbe fatto una cosa del genere a Ginny Weasley. Mai l’avrebbe torturata, maltrattata, picchiata!
- No. – disse sicuro di sé, alzando la testa e puntando dritto i suoi occhi contro di lei.
- Cosa hai detto? – si allibì.
- Ho detto NO! – gridò. Alecto si infuriò, gli andò incontro a grandi passi, con la bacchetta serrata in mano. Era di fronte a lui adesso. Neville la guardava ancora fisso negli occhi, ribollendo di rabbia. Ormai non provava che quella emozione.
- Prova a ripeterlo e giuro che non vivrai a lungo. – lo ammonì. Ma Neville non vedeva quel momento da tanto tempo.
- No! – gridò ancora, con la bocca spalancata e la gola che gli faceva male, voleva che quel grido si sentisse per tutto il castello, la ribellione voleva che penetrasse fino in fondo. Quel grido doveva riecheggiare, in ogni aula, sala, orecchio che fosse nelle vicinanze, ma anche oltre. Ginny meravigliata fece un passo indietro scossa.
Alecto aveva le sopracciglia corrucciate, e senza neanche pensarci, gli rifilò uno schiaffo, forte, graffiandolo con le unghie. Quando la testa di Neville si girò per guardarla di nuovo le rivolse un sorriso compiaciuto, mostrando quel graffio che colava sangue dal labbro. Alecto a quella sfida, rispose ancora, lo picchiò forte, pugni, lo fece cadere a terra.
Neville provò a rispondere ma Alecto era più brava. Gli studenti intorno a loro erano rimasti scossi da quella scena, avevano gli occhi spalancati, altri invece sentivano brividi lungo la schiena vertebrale, volevano far parte anche loro di quella rivoluzione. Erano ammaliati, Neville… tutti gli occhi erano su di lui e sul suo coraggio. Ginny cominciò a muovere i primi passi, anche lei con la bacchetta alla mano. Il ragazzo a terra, col viso sanguinante, scorse la sua figura dal pavimento.
- No, non lo fare! – la ammonì, non voleva che nessuno oltre lui si facesse male. Ginny non sapeva che fare, doveva pur salvarlo… stare lì a guardare quello spettacolo sarebbe stato completamente inutile. Alecto rivolse lo sguardo su di lei, riflessiva e curiosa. Ma non fece niente. Ginny la guardò come si guarda un essere disgustoso. Ah, fanculo! Pensò la ragazza, e andò dritta verso la professoressa, con la bacchetta in mano. Alecto ancora doveva immaginare la sua mossa, che Ginny già scagliò una fattura. Lei non fu pronta a ricevere quell’incantesimo e venne scagliata all’indietro. Neville trovò la forza di alzarsi, mentre il labbro e la guancia gli dolevano ancora. – Cosa ti avevo detto? – fece lui scuotendo la testa.
- Ma lo sai che non ti ascolto mai… in realtà non ascolto nessuno. – Alecto si alzò e scagliò un incantesimo contro la ragazzina che venne buttata a terra, contro il muro. Neville guardò quel corpo esile accasciarsi a terra. Purtroppo non aveva ordine di uccidere quegli stupidi ragazzi, altrimenti Alecto l’avrebbe fatto. Li avrebbe uccisi uno ad uno. Voleva sentire le loro grida straziate. Neville, aveva voglia di uccidere… mai il desiderio gli fu così grande. I ragazzi attorno a loro, erano codardi, impotenti. Ancora non avevano coraggio di prendere la paura di petto.
- BASTARDA! – gridò lui, mentre d’istinto puntò la bacchetta verso di lei, e la maledizione Crucio gli scaturì dalle vene. Lui stesso si spaventò di se stesso. Di aver fatto una cosa del genere. Di diventare un mostro anche lui.
Già i suoi genitori furono sottoposti a quella maledizione, anche lui da Bellatrix Lastrange. E quella donna era soltanto una pazza, una codarda. E lui… lui non voleva diventare come lei. Fece in fretta, a prendere Ginny in braccio e ad abbandonare l’aula, prima che Alecto avesse le forze per replicare. Sentì la sua clavicola sfiorare con una pelle calda e morbida.
- Sei un’idiota. – mormorò Ginny. Neville sbuffò, quasi divertito. – Mettimi giù. – implorò Ginny. Neville non si sentiva di lasciarla ai suoi piedi, ma lo fece lo stesso. Lei arrancò ma poi riuscì a trovare il giusto equilibrio, e sotto gli occhi di Neville. Corse. Lui sbigottito la seguì, non sapendo la sua destinazione. Salirono scale e scale, e poi arrivarono a un corridoio spoglio. Neville sapeva che di fronte a loro c’era la Stanza delle Necessità.
- Cos’hai? – chiese Neville, mentre guardava Ginny come se non fosse successo niente, semplicemente curioso di sapere il motivo della sua azione. Lei di fronte a lui, sembrava infuriata. Infatti ricevette un pugno sulla spalla. – Ma perché?! Non mi sono bastate quelle di Alecto? – fece sprezzante.
- Sì, proprio così! – ringhiò lei. – Sei il capo adesso… non rischiare la tua vita. – e la Stanza si aprì. Neville annuì accondiscendente verso di lei, anche se in maniera riluttante.
 
*

- Guarda George, adesso che ho letto anch’io il libro, ho aggiunto una cosa! – Fred lo guardò come se fosse il ragazzo più intelligente del mondo. Quasi al pare di Hermione. George, nonostante la pateticità del fratello a dimostrarsi così superiore, guardò la Mappa.
- E cosa dovrei guardare? – fece lui, vedendo che la Mappa non aveva niente in più da quando l’aveva lasciata l’ultima volta. Fred piegò un risvolto, un piccola pagina con sopra scritti i nomi dei tre viaggiatori, gli unici che lui aveva aggiunto. Affianco a loro si scrivevano da soli dei nomi, che a George non erano familiari. – Ok, sì, vedo… ma non capisco. – ammise alzando un sopracciglio.
- Questi sono i posti dove sono stati prima che la Mappa che abbiamo creato ci indicasse i posti recenti. Vedi… prima sono stati a Shaftesbury Avenue. – fece contento.
- E tu sai dove si trova? – chiese George.
- La Mappa dice che è un quartiere di Londra. Ora indica invece che stanno in un bosco, ai confini della città, ma non so come si chiama. La Mappa non lo dice, ma per fortuna so la sua posizione. La devo ancora mettere a punto. – spiegò Fred. George annuì, non sapendo che dire. Poco prima Angelina era entrata in negozio, mai l’aveva vista così suscettibile come in quel momento.
Ebbero solo pochi minuti per baciarsi e raccontarsi qualcosa, che lei se ne doveva andare. Era scappata di nascosto, e l’avrebbero cruciata se non sarebbe stata vista all’interno di Hogwarts. Sapeva che la smaterializzazione non era ammessa, altrimenti i Carrow l’avrebbero punita. Anche la Metropolvere era stata bloccata in tutti i camini presenti a Hogwarts. E finché non si trovò in un posto lontano ai confini della scuola, non poté smaterializzarsi. George mentre le teneva le mani, la implorava di stare con lui, che non le avrebbero fatto niente di male se viveva con lui. Ma lei sembrava avere paura, tremava, lo baciò per un ultima volta e scappò.
E ora vedere Fred, lui che lo aiutava per trovare Hermione. Tutto sembrava essere al centro della sua attenzione. Anche lui era nel suo mondo, che lo aiutava per trovare Hermione. E lui cosa riceveva in cambio? Nulla. Lottava da solo. Cercando di capire cosa stava succedendo davvero al castello, perché Angelina era fuggita così, senza dargli nessuna spiegazione? George osservava la figura di suo fratello, che gli dava le spalle, era seduto a gambe incrociate e continuava ad osservare la Mappa. Quasi provò antipatia per lui, che non lo capisse. Ma vederlo così assorto e con gli occhi pieni di speranza… lo fece ricredere, mai poteva trovare suo fratello antipatico, mai lo avrebbe odiato. Era metà della sua anima. E cominciò a pensare alla guerra che sarebbe arrivata, loro cosa avrebbero fatto? Una parte di lui gli diceva di scappare, ma sapeva che neanche Ginny lo avrebbe fatto. Avrebbero combattuto. Lui si sentiva di combattere, nelle vene, per Angelina, per Fred, e per la sua famiglia. I suoi pensieri navigarono, fino a toccare cose brutte, macabre, tristi. Non doveva succedere niente di male. Nessuno sarebbe morto, lui li avrebbe salvati tutti. Era così sicuro di sé, che sapeva che sarebbe andato tutto bene. Avrebbero dato qualche botta a qualcuno, qualche incantesimo contro qualche Mangiamorte, forse avrebbero ucciso delle persone, ma poi sarebbero ritornati sani e salvi alla Tana. Lo sapeva.
- Ehi, George…George! – la voce del fratello lo riportò al presente, lui stesso si sentì gli occhi infossati, come se fossero stati per troppo tempo al buio, e solo adesso riemergevano e vedevano la luce.
- Sì, che c’è? – chiese, privo di emozione.
- La Mappa li ha rivelati… a qualche giorno fa…prima che creassimo del tutto la Mappa… sai no che avevo imposto alla Mappa di dirmi anche i posti in cui erano stati precedentemente…
- E… Fred? – fece George, ovvio.
- Beh… prima erano a Godric’s Hollow.
- Non era morta Bathilda Bath qualche giorno fa? – ora George sembrò insospettirsi.
- Sì… infatti io credo che Hermione fosse lì quando è successo, o per lo meno che era nei paraggi. Io credo che tutto sia collegato, in fondo Hermione mi ha detto che Bathilda aveva ancora dei contatti con Silente, e che Godric’s Hollow è uno dei posti in cui Vol…
- NO, NON LO DIRE! – si allarmò George allungando una mano verso il fratello come per rubargli la voce. Fred si accorse solo adesso di quello che stava per fare. Il nome di Voldemort era diventato tabù. Fred trattene il fiato come se davanti a lui avesse una bomba che ad ogni movimento potesse esplodere. Piano rilasciò il respiro e George vedendo che non stesse succedendo niente, voleva dire che avevano fatto appena in tempo a non sfiorare la morte. E buttò un sospiro di sollievo.
- …Tu-sai-chi, si aspetti di trovare Harry dato che è il posto della sua famiglia, la città dove è nato. Potrebbe avere senso, no? – finì Fred. George stava a fissarlo chiedendosi da quando suo fratello era diventato così logico col cervello.
- Da quando Hermione ti ha iniettato dei neuroni nel cervello? – Fred lo guardò con due fessure. – Cioè, lo sai di averceli, vero? Hai la testa più pesante adesso, no? -  e per poco non gli venne da ridere a lui stesso.
- Quanto sei divertente, davvero! – disse in un tono finto sprezzante. – Mi stai facendo scendere le palle! – commentò acido mentre cercava di trattenere le risate. Ma George lo precedette, e si accasciarono entrambi sul letto con le lacrime agli occhi. Per un momento entrambi si sentirono senza pensieri, si erano quasi dimenticati la sensazione.
- Ok, ok… calma adesso. – riprese fiato George. – E adesso la Mappa cosa dice? Intendo la posizione attuale, non me ne frega niente di dove sono stati prima. – Fred lo guardò alzando le sopracciglia e afferrò la Mappa. Fred per poco non ci credette, ma erano a qualche kilometro da loro. Dopo la collina.
- A casa di Luna Lovegood. – A Fred gli si illuminarono gli occhi. -  E se…
- Non ci provare nemmeno! – disse George. – Guai a te se lo fai, potresti interrompere qualcosa di importante! – Ma Fred aveva le gambe che si muovevano verso la porta.
- No! Fred… No! – George si alzò dal letto, con la bacchetta fece un incantesimo alla porta e questa si chiuse.
- Ma George! – protestò.
- No, non credo che lei sarebbe felice di vederti! Non lo fare! NO! – erano l’uno di fronte all’altro. Gli occhi che sostenevano la propria volontà.
- E tu che ne sai?!
- No, sicuramente ti ordinerebbe di andare via, ma credo che prima ti picchierebbe a sangue! E anche tu sai che farà così! – George era a braccia conserte, sostenendo il suo sguardo. Ma Fred, aveva già qualcosa in mente, lo avrebbe spinto, fatto cadere sul letto, gli avrebbe sfilato la bacchetta dalla tasca dei jeans e poi con la sua avrebbe tolto l’incantesimo alla porta. Tutti i suoi pensieri tutti così veloci e pronti alla situazione.
- Fred, George! – Ah, quella donna… chiamava sempre nei momenti meno opportuni e se loro non avessero risposto in tempo, sapevano che Molly sarebbe arrivata al piano di sopra. Entrambi sospirarono spazientiti.
- Che c’è, mamma? – chiesero all’unisono.
- Ci sono Kingsley e Lupin che vorrebbero parlarvi! – gridò dal piano di sotto. Gli occhi che reclamavano sfida all’altro, adesso rivelavano sorpresa. Cosa volevano due adulti dell’Ordine da loro?
 
*

E quindi era questo, quella continua runa che vedeva nei libri, sulla collana di Xenophilius, sulla tomba dei Peverell. I Doni della Morte. Tre fratelli che giocavano con la morte, che la sfidavano. Ma che alla fine la morte più furba, prendeva le loro vite pian piano. Una favola per bambini, pura realtà. Hermione guardava i suoi amici negli occhi, quel thè stava arrivando con troppo ritardo.
Luna era stata catturata. E Xenophilius era alquanto scosso, più strano del solito. Oltre a sua moglie ora aveva visto anche sua figlia scomparire. Altri suoni, goffi. Hermione guardò Harry sospetta. Dovevano andarsene da lì.
Lei sentiva quel gelo dietro la schiena che non prometteva nulla di buono. Poi guardò Ron, durante il loro viaggio lui se n’era andato, Hermione divenne furiosa, la scusa che aveva usato era del tutto patetica! Lei non si sarebbe mai invaghita di Harry, con tutto rispetto che aveva per l’amico, lui non sarebbe mai stato il suo tipo, e poi voleva Fred a tutti i costi.
Ma sapeva che stavano raggiungendo la soluzione a quel rompicapo, stavano sistemando i pezzi che mancavano. I fili rossi si congiungevano man mano al proprio posto rivelando la scena del crimine. E anche se sarebbe arrivato lì di punto in bianco, sicuramente lo avrebbe picchiato, doveva rimanere al sicuro. Molte volte pensava a cosa stava facendo mentre lei era a sfogliare libri, a consultare tomi e quadri. Come quello di Phineas Nigellus, che aveva collegamenti con la scuola. Vide Harry alzarsi dalla poltrona, lei fece lo stesso e cercarono il padre di Luna. Era nella piccola cucina, stava mormorando qualcosa. Hermione lo trovò quasi inquietante.
- Signore…preferiremmo andare, grazie di tutto. – fece Harry.
- No, dove andate? C’è ancora il thè, lo sto preparando per voi, vi prego… sedetevi. – Hermione scorse disperazione nei suoi occhi. Toccò la mano del primo amico che trovò per trasmettergli quello che stava provando. Ron avvertì un contatto alle sue dita.
- Non vedo niente di buono. – bisbigliò Hermione, Ron colse il messaggio e anche lui cominciò ad agitarsi. Quando Hermione faceva così, aveva sempre ragione.
- No, Signore, davvero non si preoccupi…
- NO! VOI DOVETE RESTARE! – e poi accadde tutto così velocemente, un tradimento. Xenophilius pronunciò il nome di Voldemort. Nubi nere cominciarono a farsi spazio tra quelle grigiastre del cielo. Il vento che provocavano irruppe tra le finestre, alcune si ruppero. Hermione guardò il suo amico con la cicatrice che gli pulsava. Entrambi ebbero la stessa idea. Andarono al piano di sopra prima che qualche Mangiamorte potesse vederli. Uno ruppe la porta ed entrò, furono così veloci a salire il piano di sopra che l’unica cosa che videro fu il volto di Harry durante la smaterializzazione. E poi non ci fu più traccia di loro.

 
25th March

Fred e George erano in una piccola stanza, a casa di Ted Tonks. La sua presenza, anche dopo la sua morte, si sentiva palpabile, la moglie continuava a piangere, ma ospitava sempre quelli dell’Ordine, la aiutavano a non pensare cosa era successo a suo marito. Fred si chiese come potesse stare Tonks, e che un po’ le era vicino, dato che quella stessa paura l’aveva avuta anche lui. Solo che a Fred il padre erano riuscito a salvarlo. E un po’ si sentì uno schifo. Nessuno sospettava dove potessero essere nascosti, altri membri della rivoluzione. Fred non appena visto Lee, gli buttò le braccia al collo, sorridendo entusiasta. Erano ancora lì, riuniti tutti insieme, vivi!
Questa era la cosa che lo rallegrava di più. I teppisti della scuola ancora insieme, nonostante tutto. A Lee quasi si scorsero gli occhi lucidi. E dopo che Lupin e Kingsley cominciarono i preparativi, i tre ragazzi stettero per i fatti suoi, parlando di quello che stava succedendo. Lee appena seppe della Mappa che avevano creato, imitando i loro maestri, per poco non chiese un autografo ai due! Ma poi gli venne in mente che potevano anche chiamarlo per partecipare a quel progetto.
Era così sorprendente, e anche meglio della Mappa del Malandrino. Fred aveva aggiunto, oltre ai nomi dei loro amici in viaggio, anche quelli di altri. Luna Lovegood invece, il suo ghirigoro era presente nel risvolto che avevano disegnato per Villa Malfoy e quindi pensarono che fosse stata rapita. Ai ragazzi gelò il sangue. Si guardarono, mentre la guerra sotto mentite spoglie stava prendendo il sopravvento. A interrompere quel miscuglio di pensieri tra i tre, fu Lupin che uscì fuori dalla piccola stanza.
- Fred, tocca a te! – il ragazzo annuì. Fred si era subito offerto di far parte di quella ribellione, che anche tra gli adulti stava prendendo spazio. Quello era un campo in cui lui ci sguazzava benissimo. Per la prima volta gli adulti gli chiedevano consigli, era una cosa davvero eccitante. Ma Fred, nonostante questo, non riusciva molto spesso a mantenere quel sorriso che gli popolava il volto.
Il pensiero che Hermione si potesse trovare in pericolo era sempre nei suoi pensieri. E lui che era a migliaia e migliaia di distanza da lei neanche poteva proteggerla. Suo fratello, mentre lui era distratto, gli aveva rubato la bacchetta. E neanche sapeva dove l’avesse messa. Era stata una mossa scema da cui farsi fregare, ma allo stesso tempo astuta.
Ora non aveva nessun potere. Sapeva che George lo faceva per non fargli fare cazzate, ma era più forte di lui. Si sentiva perso, adesso. La rabbia era diventata un’emozione costante e le sue mani tremavano, ormai non stavano più ferme, e per calmarle doveva per forza tenere qualcosa in mano o mettere le mani nelle tasche. Ogni cinque minuti spiegava la Mappa per vedere se tutto era apposto, ma era inutile affermare i suoi pensieri, vedendo solo che il nome di Hermione non fosse in posti sospetti.
Fred si sedette al piccolo tavolino all’interno della stanza. Spiegò la Mappa e se la mise davanti a sé. La portava anche a letto e la guardava ogni sera. Anche la notte, se non riusciva a dormire, e questo succedeva molto spesso. Lupin non chiese niente, quando lo vide con la Mappa in mano, alzò solo un piccolo sorriso complice, ricordandosi dei vecchi tempi. Fred cominciò a prendere la parola al microfono davanti a lui. Dovevano diffondere la parola, come andavano veramente le cose.
Fred aveva una voce sicura di se, calda, avvincente e solo ascoltandola potevi già morire dalle risate. Il vecchio Fred ritornò attraverso una radio, col suo sorriso seducente e gli occhi maliziosi. Lupin vicino a lui, cercava di mantenere le risate, non voleva rovinare l’ascolto agli spettatori. E più Fred andava avanti, più diceva una battuta dopo l’altra, più si sentiva che tutto sarebbe andato per il meglio. Che non stava succedendo niente e che tutto quello che stava facendo era un sogno. Si sentiva trionfante, come se avesse la cosa in pugno. Vedeva George e Lee ridere attraverso la finestra di vetro che avevano messo per avere una migliore acustica nella stanza. E lui andava avanti, si sentiva il cuore pieno e la risata a fior di labbra.
Ma gli bastò uno sguardo di sfuggita sulla Mappa per fargli cadere tutto addosso. La battuta gli rimase in gola, le vene divennero di ghiaccio, l’ansia crebbe a dismisura dentro al cuore, per poco non gli venne un attacco di panico. Rimase completamente immobilizzato, davanti ai suoi amici e alla Mappa. Voleva tanto far scendere giù il groppo che aveva in gola ma non ci riuscì, ogni movimento non gli riuscì.
Aveva gli occhi scossi, rossi, e provava in qualche modo a continuare il suo turno alla radio, ma non gli uscivano che balbettii. In un botto sembrava che non avesse mangiato per settimane, il viso gli divenne bianco, come se fosse malaticcio. George irruppe subito nella stanza, ma stette zitto e andò verso di lui. Fred non sentiva niente, né il tocco di suo fratello sulle spalle, né la voce di Lupin che era accanto a lui che prendeva il programma tra le mani, la voce di Lee. Niente. Tutto era così lontano da lui. Soprattutto Hermione. Quando il fratello gli si avvicinò, notò la Mappa. Ora Hermione era a Villa Malfoy.
 
*

- COSA AVETE PRESO NELLA MIA CAMERA BLINDATA? COSA? – gridava Bellatrix Lastrange.  Sotto di sé aveva Hermione Granger come ostaggio. Sapeva che Hermione sarebbe quella più facile da torturare. I ragazzi si sarebbero ribellati. Nelle pupille della ragazza veniva solo riflessa quell’immagine macabra della strega che la torturava. E si ritrovò a pensare, mentre le lacrime scorrevano copiose per il dolore.
Non si sarebbe mai immaginata la sua morte in questo modo, così cruda e lenta. Le lacrime si trasformavano in versi strozzati, non aveva più aria nei polmoni. La gola le bruciava per le tante volte che aveva urlato. Era completamente terrorizzata. Non sapeva come si sarebbe liberata da quella situazione. Anzi… non sarebbe successo, sosteneva che sarebbe morta lì, per mano sua.
Per mano di una pazza che la chiamava Mezzosangue. Ad Hermione non ci volle molto per capire che quella parola, la sua identità le veniva trafitta sul braccio. Lo sentiva ad ogni movimento della bacchetta che la strega muoveva sulla pelle. Ogni volta un grido, un dolore lancinante, stava perdendo i sensi. Hermione sapeva che non ce l’avrebbe fatta. Sì sentì debole come mai prima d’allora. Bellatrix sembrò far penetrare la bacchetta ancora più a fondo e le sue grida riempirono Villa Malfoy.
Mai aveva gridato così tanto, come se le uscissero fuori le budella. Le lacrime di dolore si confondevano con la saliva che a forza di gridare le era uscita agli angoli delle labbra. Tremava sotto di lei, ed era la cosa che odiava di più. Tremava di dolore, paura. Ormai non faceva differenza. Odiava tutto quel esporsi di sentimenti che per lei era cibo. Però si accorse che era anche uno sfogo, ogni volta che gridava buttava via tutto quello che si era sentita in tutto quel viaggio.
- Niente… non abbiamo preso niente! – gridava tra le lacrime. Ma la strega le trafisse ancora il braccio. Quando i capelli ricci e stopposi della donna si spostavano dalla sua visuale, non le rimaneva che da osservare il soffitto. Le lacrime le bruciavano gli occhi come acido. Quel calore salato che le scorreva giù per le tempie. E mentre quel dolore le invadeva i polmoni, mentre guardava il soffitto pensò a l’unica persona che potesse salvarla. Alla sua ancora. Fred. Pensò al suo viso, quando al ritorno di Harry e Ron, lei non ci sarebbe stata. Voleva dirgli scusa, per una promessa che non aveva mantenuto. Che non sarebbe mai tornata. E mentre pensava a lui, i graffi sul braccio non raggiungevano neanche il dolore che stava provando pensando a lui. Fred le aveva fatto male. Innamorarsi di lui, quella era la tortura più grande.
 
*

Fred stava lottando contro il fratello, lo aveva in pugno. Era sopra di lui e non smetteva di dargli pugni.
- Ti ho detto di darmi la bacchetta, George! – gridava, mentre entrambi sostenevano le braccia dell’altro, per trattenere i pugni che si volevano dare.
- E io ti ripeto di no! – urlò l’altro. Lupin e Lee cercavano di separarli ma non c’era modo di convincerli, anzi entrambi si erano beccati qualche calcio e schiaffo. 
- È IN PERICOLO!
- E tu che ne sai? – George cercava di convincerlo. Cominciava a sentire le budella rigirarsi dentro di sé. Che questa volta Fred ce l’avrebbe fatta! Ma la sua mente non ne voleva sapere. Doveva rimanere lì, insieme a lui. Non dovevano dividersi. Già quando erano andati a prendere Harry, George si era sentito vuoto dentro di sé. Non voleva che quel gelo si ripetesse. Che cominciasse a pompare nelle sue vene.
- Lo so, George, lo sento! Non posso dirti il motivo, ma lo sento… qui! – e si indicò il cuore. Il suo petto, notò George, si abbassava e alzava freneticamente. Il suo viso era stravolto. Fred lo guardava dall’alto mentre era a cavalcioni su di lui. George si scompigliò i capelli con una furia sfrenata, accompagnato da un grido liberatorio. I due sembrarono calmarsi. Respiravano affannosamente mentre si guardavano negli occhi. Entrambi avevano il rossore della rabbia a colorarli le guance. Lee e Lupin guardavano, ma non sapevano che fare.
- Fred… se lei è in pericolo, lo sarai anche tu, perché non vuoi capirlo? – disse frustato.
- Non mi interessa se sarò in pericolo, non mi interessa se morirò o se verrò catturato, non mi interessa… mi interessa salvare lei. – spiegò, i suoi occhi erano così sinceri che George se ne meravigliò. Si sostenne con le mani, per far salire il busto che per metà era ancora intrappolato sotto il fratello. Il cuore gli batteva all’impazzata. Era completamente perso. Guardò Lupin e Lee dietro Fred, come in cerca di una risposta, ma oltre ai rifiuti che ordinavano a Fred, non scorse nient’altro.
 - Morirai… - commentò. Fred sbuffò.  – Ed è per questo che verrò con te. – lo disse con tutte le emozioni che un essere umano poté provare.
- No, tu non verrai con me! – gridò Fred. – Non te lo permetterò!
- Ho io la tua bacchetta, tu non hai voce in capitolo. O vengo con te o con la forza, cosa che non vorrei fare, ti costringo a rimanere. Scegli tu! – L’espressione di George era concentrata, ferma, fissa sul fratello, col cuore all’impazzata ma che sapeva celare all’esterno. Fred lo guardò ancora, gli tremavano le labbra come il cuore.
- Tu non… no… io non saprei come… ho paura… per te… AH, D’ACCORDO! – gridò rabbioso. Si scostò da George e lo aiutò ad alzarsi. Lee e Lupin erano a bocca aperta, veramente non sapevano come comportarsi.
- Io non vi permetterò di fare una cosa del genere! Non possiamo mettere in gioco le vostre vite! Io sono un adulto e faccio parte dell’Ordine e vi ordino a stare qui! – Lupin parlò fermo, per la prima volta.
- Anche noi siamo adulti, Remus! – rispose Fred.
- E facciamo parte dell’Ordine. – continuò George. Mai Lupin li aveva visti così seri, quasi faceva impressione.
- Se non torniamo entro due ore, o se non avrete notizie di noi tra due ore, chiama pure l’intero Ordine e che le danze abbiano inizio. Forse ci troverete a Villa Malfoy. – Fred neanche guardava negli occhi Remus, ma aspettava con la mano alzata che George gli desse la bacchetta. Finalmente il tocco col legno lo invase. Il potere era tra le sue mani. Fred e George si smaterializzarono, lasciando un Lupin ancora inerme per la scena. Per la prima volta si sentì inutile. I ragazzi avevano preso il sopravvento. E lui non sapeva che fare.
 
*

Bellatrix le si scostò di dosso. Hermione era senza forze, inerme. Aveva perso i sensi da… ormai non sapeva dirlo. Ma la testa le girava vorticosamente. Le lacrime avevano finito di scendere. E si era piegata su un fianco, perché stanca di sentire il duro pavimento sotto la sua schiena. Era tutta dolorante, ogni muscolo, ossa, nervo. Non sentiva più il suo corpo, non sentiva più se stessa. Bellatrix stava interrogando il folletto. Ma Hermione non sentiva le sue voci, le sembravano così lontane dal suo orecchio. Tutto nella sua mente era ingarbugliato in una ragnatela di pensieri così fitti da non riuscire a scioglierli. Era ancora frastornata. Stanca, stremata. Davanti ai suoi occhi tutto girava.
- Certo, non si può dire lo stesso di questa qui! – esclamò la strega, le girava intorno, dopo aver sistemato il folletto, era tornata su di lei. Ecco… questa è la mia morte, ecco come morirò, sola come lo sono sempre stata all’inizio. E non dimenticandomi mai di essere una Mezzosangue. Hermione sperò che facesse in fretta, voleva levarsi quel dente. Così tutto sarebbe finito. Mentre chiudeva gli occhi, preparandosi all’impatto con la morte. Scorse la figura di Ron a pochi passi da lei. Le stava correndo incontro. Voleva gridare, dirgli di fermarsi o sarebbe morto lui, ma non ce ne fu bisogno, dato che una figura lo fermò. Si sentì un crack, qualcuno si era smaterializzato. Hermione stesa a terra vide quattro gambe ma niente più. Non aveva neanche la forza di alzare la testa.
- E chi siete voi due! – gridò la strega in preda dalla rabbia.
- La tua rovina. – una voce, una voce calda, familiare. Hermione aprì gli occhi, come se la sua anima si fosse ripresa il suo corpo e fosse tornata in vita.
- Fred. – mormorò. Un bisbiglio che non si sarebbe mai udito. Piano girò la testa, mentre vide George sparare i primi incantesimi. Nel soggiorno si riversò tutta la famiglia Malfoy.
- Chiamalo! – gridava Bellatrix a Lucius, mentre i gemelli erano presi a lanciare fatture ai seguaci nel soggiorno.
- E invece non lo farà! – corresse Fred, prendendo in pieno Lucius che si stava alzando la manica. Il Mangiamorte venne scaraventato oltre la poltrona nel soggiorno. Draco subito si spostò per non essere travolto dal padre.
- Oh, guarda chi si vede! – rise George. Draco si sentì preso in giro di nuovo da quelle pesti. Fece una smorfia, ma non si avvicinò a loro. Mentre Fred osservava Draco, Bellatrix lo avvinghiò con una frusta che fece spuntare dalla bacchetta. Gli prese il collo, e per esso lo scaraventò in mezzo alla sala. Fed fece per rispondere mentre la gola gli si stringeva sempre di più, ma lei bloccò l’incantesimo. Stava soffocando. Fred steso sul pavimento, guardò la figura di Hermione inerme a terra, a poca distanza da lui. Non aveva ancora avuto il coraggio di guardarla. George gridò e andò contro Bellatrix, Narcissa fece per bloccarlo, ma la bacchetta gli si strappò di mano.
Fred guardò mentre tossiva, da dove provenisse l’incantesimo. Vide Dobby in cima alle scale. Bellatrix si distrasse, stupita. E Fred con un calcio ai suoi piedi la fece cadere a terra. La frusta si allentò alla sua gola, e con le mani riuscì a scioglierla al suo collo. Tossì e si rivoltava a terra, prese la sua bacchetta. E cercando ancora aria per i suoi polmoni si alzò. George fece in fretta a lanciare un Pietrificus su Bellatrix che funzionò. Harry e Ron stavano ancora lottando. Vide Harry che lottava per avere la bacchetta di Draco, che in un certo senso lui gli concesse. Dobby disse di andare da lui, che si sarebbero smaterializzati. Fred prese in fretta Hermione, finalmente stretta tra le sue braccia. Ma aveva ancora paura e non si focalizzò fino in fondo a quel agognato contatto. Tutti tesero la mano a Dobby. E in un vortice di persone, si smaterializzarono. E la loro ultima visione fu una Bellatrix particolarmente infuriata che lanciava un pugnale.
 
*

Dobby era morto, forse anche la loro speranza di farcela. Harry stette tutto il giorno fuori da Villa Conchiglia, ad osservare la tomba che aveva fatto insieme a lei e a Ron per il piccolo elfo. Qui giace Dobby, un elfo libero. Già, e Hermione quand’è che sarebbe stata anche lei libera? Tutto le sembrava così nero, stava per raggiungere la morte, e grazie a Fred non era successo. Si sentiva ancora destabilizzata dall’accaduto, ma erano a un passo così dal finire tutto, che lei continuava ad andare avanti.
Doveva aiutare Harry, Harry che aveva conosciuto dal primo anno, il suo migliore amico, l’unica speranza per tutti. Hermione era ancora sul letto, nella camera che le aveva dato Fleur. Erano le prime ore del mattino e si stava avvicinando l’alba. Guardava fuori dalla finestra mentre tutti quei rumorosi pensieri le attraversavano la mente. Non c’è la faceva più a stare distesa, anche se era una posizione comoda, decise di alzarsi. Doveva far qualcosa per stare calma e respirare, convincersi che tutto sarebbe andato bene.
Alla finestra c’era un piccolo davanzale con sopra vari cuscini, Hermione ci si sedette sopra e si rannicchiò portando le gambe al petto. Si sentiva ancora un po’ debole per i maltrattamenti di Bellatrix. Le gambe per quanto le aveva agitate sotto il suo peso, quasi non le sentiva. Le facevano male tutti i muscoli, sia gambe che braccia erano indolenzite. E nelle sue orecchie riecheggiavano ancora le sue urla e quelle di Bellatrix. I suoi occhi le davano una strana sensazione, sentiva un formicolio intorno alle palpebre e anche sotto l’occhio.
Come se avesse pianto da ore e solo adesso si fosse calmata. Il suo stomaco cominciò a brontolare, non aveva toccato cibo per tre giorni e forse quella era la volta giusta che ne avrebbe avuto un bel po’ senza avere il pensiero di correre da qualche parte per scappare. Allungò una mano per appoggiarla sul vetro, come se dalla finestra potesse catturare i primi raggi di sole dell’alba. Era diventata così magra, le sue dita così sottili che le sembravano quelle di un cadavere. Non voleva neanche guardarsi allo specchio, non voleva vedere come era diventata per colpa loro. Sentì bussare alla porta, e quel rumore in quel silenzio la spaventò.
Fece un sospiro sorpreso, prima di distogliere gli occhi dal panorama e girarsi. Ormai ogni suono la faceva spaventare come se qualcuno la volesse attaccare ogni momento. Quando, però, guardò la persona che aveva bussato, sbucare dall’uscio, il suo cuore perse un battito. Fred era davanti a lei, con in mano un vassoio pieno di cibo: brioches, marmellata, cioccolata e tutto il ben di Dio della prima colazione. Notò che in un angolo del vassoio c’era anche un piccolo vasetto con dei fiori di lavanda.
Hermione, quando lo guardò, vide che anche lui non era messo bene. Aveva avari graffi sul viso, anche un livido sotto l’occhio e sul labbro inferiore aveva del sangue seccato, una crosticina. Debolmente le rivolse un sorriso, ma lei si girò a guardare la finestra. Lui, come se fosse spazientito, sospirò. C’era ancora silenzio. Fred chiuse la porta e Hermione sentì dei passi dietro di lei. Lui si sedette al suo fianco col vassoio sulle gambe.
- Ehi – mormorò lui. Lei stava ancora guardando fuori, sapeva che se avrebbe incrociato i suoi occhi, sarebbe vacillata. Fred notò le sue sopracciglia corrucciate.
- Lo so che sei arrabbiata…
- Arrabbiata è dire poco, Fred! – gli rispose, ma davanti a lei c’era solo il sole che stava sorgendo. Sapeva che nessuno in quella casa aveva dormito, erano tutti scossi. E Hermione capì che portare il vassoio a un’ora così matura della mattina era solo una scusa per vederla.
- Quando ho visto sulla Mappa che eri al Malfoy Manor…
- Ma la Mappa del Malandrino non mostra solo Hogwarts? – lo interruppe.
- Sì, ma non quella che ho creato io – rispose in fretta.
- Ne hai creata un’altra? E come hai fatto?  - Hermione si stupì di una creazione del genere. Anche perché nessuno sapeva come creare o trovare una magia del genere. Lei stessa si era chiesta com’era possibile quella magia, e, infatti, era andata ad informarsi in tutti i libri scolastici e anche proibiti che le offriva la biblioteca. Ma le era sembrato impossibile trovarla, così ci aveva rinunciato. Tanto quella Mappa, per lei che era al quinto anno, era solo da eliminare.
- Questo adesso non è importante, stai solo rigirando il discorso. – Hermione lo guardò per la prima volta mentre gli rivolse un verso infastidito.
- Non dovevi essere lì! – disse ad alta voce.
- E cosa potevo fare, sentivo dentro di me che le cose non stavano andando bene, dovevo raggiungerti.
- Ma stavamo per scappare! – gridò
- Sì, ho visto… come saresti riuscita a scappare non avendo neanche le forse per farlo! Eri distesa a terra, svenuta! – spiegò Fred, avvicinando il suo viso al suo. E Hermione notò quel filo rosso che gli circondava il collo, schiuse le labbra e tremò al suo sguardo.
- Potevi morire! Anzi, saresti già morto se non fosse arrivato Dobby! – Fred la guardò attentamente, mai aveva provato con lei qualcosa che si avvicinasse alla rabbia. E ora quel momento era arrivato.
- Stai dicendo che Dobby non sarebbe morto se non fossi arrivato io, se non ti avessi salvato? – Hermione sospirò, cercando di spiegargli meglio quello che provava. Certamente aveva scelto le parole sbagliate.
- Sto solo dicendo che dovevi stare al posto tuo! Ti avevo detto che dovevi rimanere al sicuro!
- Io ti ho detto la stessa cosa e non mi pare che tu abbia seguito il mio consiglio, anzi, sei andata con Harry! A questo punto bastava che ti portavi un cartellone con su scritto: UCCIDETEMI! – Hermione boccheggiò.
- Io dovevo aiutarlo, Fred! È… è il mio migliore amico – disse in un sussurro. E quasi le venne da piangere, ma non doveva, non in quella situazione e non davanti a lui. – Tu non avresti fatto lo stesso, se al posto di Harry ci fosse stato George?
- Ma George è mio fratello! – si scusò lui. – Ovvio che l’avrei fatto!
- Bene… Harry è mio fratello, Fred! Gli voglio bene tanto quanto tu vuoi bene a George! E io avrei fatto di tutto pur di salvarlo, di tutto pur di non farlo stare così, come un errore piombato su questo pianeta, tu non sai quanto senso di colpa si sente addosso! Come se fosse colpa sua che tutto questo sia successo! E tu… tu dovevi solo stare con la tua famiglia, a farti i fatti i tuoi… perché non ti doveva capitare niente di male, perché ti amo, perché tu starai con la tua famiglia e vivrai e sarai libero, e ti sposerai un giorno, con qualcuno che ami e che non ti metta in pericolo, e avrai figli, vivrai felice… e io… io non voglio portarti via tutto questo! – aveva la gola che le bruciava tanto per lo sforzo di dire tutte quelle parole, tutto quello che sentiva veramente e si sentiva distrutta. E non c’è la fece a tenere tutto dentro, i suoi lucidi ne davano una dimostrazione, come le sue guance che ormai erano zuppe, come i suoi respiri irregolari, come i suoi singhiozzi.
Questa volta il suo orgoglio venne meno, e se ne fregò che Fred la guardasse piangere, proprio davanti a lei. Con quei suoi occhi marroni che reclamavano aiuto. Fred stupito, scosse leggermente la testa, la guardò dritto negli occhi e di slanciò la baciò, prendendole il viso tra le mani. Assaporò le sue labbra umide, e sperò che con quel bacio capisse. Il bacio durò a lungo, intenso, possessivo. E quando si staccò da lei, Fred fu ancora riluttante nel lasciarla andare. Le loro labbra si sfiorarono e Hermione ingoiò un groppo in gola, mentre Fred le risparava sommessamente sul viso. Fred prese il suo braccio, che in quel momento aveva in grembo.
Sull’avambraccio c’era quella parola che Bellatrix le aveva inciso con la bacchetta. Ormai era diventata solo una cicatrice di un rosa pallido. Lui chinò il viso sul braccio e cominciò a baciare la scritta Mezzosangue. Hermione scosse la testa, credendo che quella situazione per lei fosse troppo grande, che mai avrebbe meritato una cosa così dolce in tutta la sua vita, che mai le sarebbe successo un gesto simile, guardò fuori dalla finestra cercando così di calmare le lacrime, perché sapeva che se avesse guardato Fred, non avrebbe smesso. Ma solo sentire le sue labbra sulla sua pelle le trasmetteva energia e una sensazione infinita che era inevitabile non piangere. Sospirò schiudendo le labbra mentre Fred le rivolgeva di nuovo lo sguardo, e gli sorrise debolmente.
- Io voglio te! E vivrò una vita felice con te, e con tutto il film mentale che ti sei creata, ma con te, sempre ed esclusivamente con te! Altrimenti non sarei venuto a salvarti, e se sarò di nuovo in pericolo, o in punto di morte, vorrà dire che avrò fatto la cosa giusta, perché l’ho fatto per te. A me importa che tu vivrai, avrai più possibilità di vivere più tu che io.
- P-perché? – mormorò lei sulle sue labbra.
- Perché tu… tu sei Hermione Granger. Io non sono bravo quanto te.
- Ma tu non capisci che se tu morissi, io farei lo stesso?!
- Non ne vale la pena, Granger – lo disse con amarezza.
- Tu non sai quanto sei speciale, Fred. – Hermione gli accarezzò una guancia e lo baciò di nuovo leggermente. Fred sospirò, per mascherare quella leggera timidezza che era vacillata sul suo viso. Sorrise leggermente… non sapeva cosa risponderle. Così leggermente scosse la testa.
- E adesso cosa farai? – le domandò, cercando di lasciare la paura fuori da quel discorso. Hermione voleva celargli quel piano che aveva elaborato nei giorni in cui era a letto. Ma intuì che grazie a alla Mappa che aveva creato, lo avrebbe saputo comunque.
- Sappiamo dov’è il prossimo Horcrucx, nella camera blindata di Bellatrix Lastrange… - disse lei come se avesse rotto il vaso e che lo stesse ammettendo al padre.
- Vengo con te! - disse lui.
- No! Ti prego… devi stare qui, con la tua famiglia!
- Sei anche tu la mia famiglia. E non voglio lasciarti andare ancora, ti prego!
- Fred… - mormorava comprensiva mentre poche lacrime le uscivano ancora e le bagnavano le guance. Fred con i pollici gliele asciugò.
 

P.S - Lo so, lo so. Sono una stronza. Vi ho fatto attendere molto, ma giuro che questo capitolo è stato un parto! E l'ho dovuto dividere in due perchè purtroppo era lunghissimo. Lo è anche questo, ma il settimo libro è stato quello più impegnativo e pieno di particolari che la Rowling ha fatto, a mio parere. E poi essendo uno dei miei ultimi capitoli ci tenevo particolarmente che venisse bene. Infatti ringrazio EmmaDiggory15 per la correzione del capitolo. 
La gif, l'ho fatta io, spero vi piaccia e che abbia senso xD (Ah, per inciso, la gif non rivela niente del prossimo capitolo, l'ho fatta molto vaga e vi assicuro che non è per niente spoiler, assicuratevi! u.u)
La seconda parte del capitolo la pubblicherò il 28 Ottobre, perciò non preoccupatevi che non dovrete aspettare. Perchè ormai ho già scritto tutto ed è solo da rivedere :) 
Ringrazio tutte le persone che mi hanno mandato messaggi continui per la pubblicazione di questo capitolo che non arrivava mai, ringrazio coloro che hanno messo la storia fra le seguite, preferite e soprattutto coloro che l'hanno recensita fino adesso. Non sapete quanto mi fate felice! :3 
Spero che dopo tutta questa attesa il capitolo vi piaccia, in fondo come gli altri mi sono basata sui libri e quindi Fred e Hermione li ho resi in questo modo. Spero che non sia poco Fremione! Anche perchè avendo come protagonista la guerra, la storia l'ho incentrata anche su altri personaggi. Cosa che io, vedo giusta. In fondo li amiamo tutti e non vedevo giusto descrivere la storia solo su Fred e Hermione. Anche perchè Neville è un personaggio che amo moltissimo. Perciò la sua parte la volevo a tutti i costi! :3 
Spero e lo ripeto ancora, non sapete quanti film mentali mi sono fatta dopo la pubblicazione di questo capitolo, di non deludervi. Sarebbe l'ultima cosa che voglio! E questa cosa mi spaventa abbastanza da farmi smettere di scrivere. 
Beh grazie di tutto davvero, per esserci ancora (almeno spero, dopo la lunga attesa), per recensire ancora! :3 
A presto,
Julia :D 
 
 
  
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