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Autore: franci893    30/09/2014    6 recensioni
Battaglia di Hastings, 1066: Guglielmo il Conquistatore sconfigge il re dei Sassoni e viene incoronato re d'Inghilterra. Una volta confiscate le terre ai nobili sassoni, le concede ai suoi cavalieri come ricompensa. Tristyn Le Guen, secondogenito di un conte bretone, riceve in cambio dei servigi offerti un piccolo feudo in Northumbria, regione fredda e montuosa al confine con il regno di Scozia.
Tristyn pensa che ora la strada sia tutta in discesa, ma governare un castello sarà veramente così semplice come pensa?
Genere: Drammatico, Sentimentale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Medioevo
Capitoli:
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4.
 
Un brusio.
Voci confuse, lontane, avvolte nell’oscurità più totale.
Un clangore di spade, come se qualcuno le stesse affilando.
E poi la luce.
 
Lynn sbatté le palpebre, più volte, prima di riuscire a far abituare gli occhi ai raggi del sole che li solleticavano attraverso i lembi della tenda in cui si trovava.
Sentiva la testa pesante, il collo irrigidito e le gambe deboli. Fece per stiracchiarsi, ancora intontita, ma le braccia non si mossero. Girando il capo, si accorse di avere le mani legate al palo conficcato nel terreno.
La nebbia che le aveva avvolto la mente iniziò a svanire, mentre i ricordi di quanto accaduto vi si riversavano come un fiume in piena: l’assedio al castello, quel silenzio surreale e poi…
La ragazza trasalì, comprendendo dove si trovasse.
Cercando di non farsi prendere dal panico, fece forza sui nodi che le legavano le mani, ma erano talmente stretti che riuscì solo a procurarsi delle escoriazioni sui polsi.
- Devo stare calma. – disse tra sé e sé. Se avesse permesso alla paura di prendere il sopravvento, sarebbe stata spacciata.
Si concentrò nuovamente sulle corde, ma si fermò, non appena sentì un rumore di passi fuori dalla tenda. Un mormorio di voci maschili le solleticò le orecchie per poi svanire in lontananza.
Tirando un sospiro di sollievo, iniziò nuovamente nell’impresa di sciogliere i nodi – chi li aveva stretti sapeva quello che faceva – ed era talmente concentrata e assorta che non si accorse che qualcun altro si stava dirigendo verso la sua prigione.
I lembi della tenda furono spalancati improvvisamente e due uomini entrarono.
Erano giganteschi, armati e con un’aria tutt’altro che amichevole. Lynn si immobilizzò di colpo, dimenticandosi perfino di respirare.
Sentì il loro sguardo attraversarla mentre la osservavano da capo a piedi, quasi volessero memorizzare ogni minimo dettaglio del suo corpo. Questo pensiero non la rassicurò, affatto.
Borbottarono qualcosa tra loro e poi uno dei due, quello più alto, le si avvicinò, una mano stretta attorno a un pugnale.
Lynn non aveva mai pensato alla possibilità di morire. Eppure, in quel momento, mentre i metri che la separavano da quel soldato bretone diminuivano a vista d’occhio, si rese conto che probabilmente avrebbe dovuto farlo, una volta o due. Così facendo, almeno avrebbe potuto memorizzare una frase ad effetto o un pensiero particolare prima di lasciare questo mondo.
E invece, la sua mente era vuota.
“ Quanto sono stata sciocca”, pensò Lynn, e chiuse gli occhi aspettandosi il peggio.
Percepì distintamente il fruscio delle vesti dell’uomo mentre si piegava verso di lei, e il suono muto del pugnale che fendeva l’aria. Tuttavia, rimase sorpresa quando sentì le mani libere dalle corde.
Riaprì gli occhi, giusto in tempo per vedere l’uomo afferrarla per le spalle e trascinarla fuori dalla tenda, senza tante cerimonie. Lynn valutò la possibilità di darsela a gambe ma ogni tentativo di fuga apparve fin da subito inutile, per cui si rassegnò e si lasciò guidare attraverso l’accampamento normanno. La sera aveva iniziato a scendere, ma c’era ancora abbastanza luce e il suo passaggio non passò inosservato. Tutti gli uomini presenti si zittirono, vedendola, e smisero di occuparsi delle loro faccende. Lynn si fece coraggio e mantenne la testa alta, ma dentro di sé sentiva il cuore battere così forte che aveva paura di svenire da un momento all’altro. Percepiva vari sentimenti dietro a quelli sguardi. Curiosità. Disprezzo. Lussuria.
Lynn non aveva idea di cosa le sarebbe successo, e sentiva crescere in sé l’adrenalina, alimentata dalla paura e dal desiderio di sopravvivere. Sentiva l’irrefrenabile desiderio di scrollarsi di dosso quella mano dura e opprimente e correre via finché avesse avuto fiato in corpo. Ma almeno poteva parlare, e per quanto non sembrasse prudente mettersi a discutere con quei due energumeni, non riuscì a trattenersi.
- Dove mi state portando? – chiese, cercando di mantenere un tono di voce fermo.
I suoi carcerieri non le risposero. Probabilmente non parlavano il sassone.
Arrivarono di fronte a una delle tende poste all’estremità del campo. All’apparenza sembrava uguale alle altre, e Lynn si chiese come mai non l’avessero lasciata in quella precedente.
Rimasero fermi in piedi, immobili, per qualche minuto. La ragazza iniziò a sentire le gambe deboli e, come le era successo molte volte in quella lunga giornata, pensò che sarebbe svenuta.
- Perché mi avete portato qui? – riprovò, stavolta in un bretone molto incerto.
Silenzio.
Stava per tornare ad aprire bocca quando una voce nuova s’inserì nella conversazione. O meglio, l’unica che avesse sentito da quando era arrivata lì.
- Sono io che faccio le domande, qui. –
Lynn si voltò, proprio nell’istante in cui gli ultimi raggi di sole filtrarono nella tenda, e poté vedere in volto il nuovo arrivato. Il primo dettaglio che la colpì furono gli occhi. Erano azzurri, quasi color del ghiaccio, e spiccavano nettamente nel viso quasi interamente coperto dalla barba lunga e scura.
L’uomo mormorò qualcosa in bretone al soldato che la tratteneva, e subito la ragazza sentì venire meno la presa sulle spalle.
Finalmente libera, Lynn scrollò le spalle intorpidite.
- Chi siete? -  chiese, rivolgendosi all’uomo.
- Chi siete voi, piuttosto – ribatté l’uomo in tono brusco, mentre si accomodava su uno sgabello decisamente troppo piccolo per la sua mole. Con un’occhiata, fece segno ai suoi uomini di farla sedere, e poi li congedò, sempre parlando in bretone.
Non appena quei due energumeni se ne furono andati, Lynn si sentì allo stesso tempo sollevata e impaurita. Quell’uomo le incuteva più timore, nonostante fosse meno alto e imponente. Erano i suoi occhi, si disse. Freddi come il ghiaccio, la trapassavano da parte a parte come se fosse stata invisibile.
- Allora? – la sollecitò, facendola sobbalzare.
- Lynn – rispose lei, cercando di non far trapelare la paura.
Evidentemente al suo rapitore non bastava.
- E poi? –
Il suo sopracciglio destro iniziò a vibrare. Un segno di rabbia, probabilmente.
- Vivo nel castello. Sono…- tentennò un istante – sono la dama di compagnia di Lady Tess. E’ la moglie di Treidan, il figlio del signore del castello - mentì.
Che Dio e Tess la perdonassero, ma non poteva rivelare al nemico la sua vera identità. Se lo sconosciuto avesse pensato che fosse soltanto un’innocua ragazza del castello, probabilmente l’avrebbe lasciata andare. O almeno, questo era ciò che sperava ardentemente.
Lo sconosciuto la guardò sospettoso.
- E cosa ci facevate fuori dal castello, nel pieno di un assedio in corso?
- Volevo solo controllare la situazione – si lasciò sfuggire lei, pentendosi subito dopo. Quale ingenua fanciulla usciva nel bel mezzo di una battaglia per “controllare la situazione”?
Un ghigno si dipinse sul volto dell’uomo. Evidentemente era giunto alla stessa conclusione.
Cadde il silenzio, solo pochi secondi che a Lynn sembrarono ore.
Poi, prima che potesse solo avere il tempo di gridare, si sentì tirare su in piedi e attirare con uno strattone contro l’uomo.
- Ora basta con le bugie, se ci tenete alla vita. Ditemi chi siete veramente e cosa ci facevate lì fuori -disse a denti stretti. Stava perdendo la pazienza e ora incuteva davvero paura. Soprattutto dal momento che la sua mano destra si era posata sull’elsa del pugnale.
- Io…- Lynn si sentì strattonare con più forza, e la voce le morì in gola, mentre osservava la lama del pugnale avvicinarsi sempre più al suo viso.
- Non potete essere una semplice dama di compagnia. Lo capisco dalle vostre vesti, dal vostro atteggiamento e soprattutto dal fatto che gironzolavate da sola in un momento in cui dovevate essere ben nascosta con le altre donne. Quindi, Lynn – il modo in cui pronunciò il suo nome la fece rabbrividire – il gioco è finito. Voglio la verità.
Col senno di poi, Lynn non avrebbe ceduto facilmente. Ma in quel preciso momento, nonostante la testa le dicesse di non demordere, la paura ebbe la meglio.
E con il cuore pieno di amarezza, confessò tutto.
 
*
 
La sagoma del castello si stagliava contro il cielo plumbeo, silenzioso e inerme come gli abitanti che da due giorni stavano aspettando il loro destino.
Chissà quale doveva essere stata la loro sorpresa nell’apprendere la scomparsa della loro preziosa castellana.
Appoggiato a un vecchia quercia, osservava i suoi uomini mentre smantellavano l’accampamento e preparavano i cavalli per ripartire verso la loro meta. Questa volta però, avevano la loro chiave d’entrata e Tristyn già pregustava il momento in cui avrebbe messo piede nel castello.
Il suo castello.
I suoi pensieri furono interrotti da un fruscio alle sue spalle. All’inizio pensò che si trattasse di un animale spaventato dal troppo rumore, ma cambiò rapidamente idea quando intravide una macchia rossa dirigersi svelta verso l’interno del bosco.
Cercando di evitare il minimo rumore, la seguì, aumentando il passo per raggiungerla.
Piccola ingenua, pensava di scappare con tanta facilità? Evidentemente i suoi uomini non avevano prestato la dovuta attenzione ed era sgattaiolata via, ma che fosse dannato se avesse lasciato andare la sua prigioniera!
Improvvisamente, la macchia rossa si arrestò e si guardò intorno, forse incerta su che strada percorrere.
Tristyn le si avvicinò di soppiatto, per poi afferrarla e stringerla a sé in una morsa.
- Dove credete di andare? – chiese, ma non poté sentire la risposta perché un potente manrovescio calò sulla sua guancia sinistra.
Sconvolto, la guardò, mentre la vedeva rassettarsi le gonne e lanciargli uno sguardo carico di odio.
- Siete un animale! Mi avete rapita, tenuta prigioniera con il ricatto e adesso mi impedite pure di rinfrescarmi? – gridò lei, arrossendo nel dire le ultime parole.
Qualcuno sopraggiunse di corsa sulla scena, il soldato incaricato di sorvegliarla.
- E’ successo qualcosa, mio signore? – chiese, più sorpreso nel vedere lui lì che la ragazza a piede libero.
- Pensavo stesse scappando e l’ho seguita! Dove diavolo eri finito? Credevo ti fosse sfuggita sotto il naso!- rispose Tristyn, massaggiandosi la guancia. Certo che aveva un destro niente male.
- La signora mi ha chiesto un momento di…intimità per adempire alcune…faccende personali – borbottò il soldato – comunque ero qua dietro, se avesse provato a scappare l’avrei raggiunta subito.
- E’ ora di andare. Vai a preparare il mio cavallo – ordinò, e in un secondo l’altro era già sparito nel bosco.
Tra loro cadde il silenzio, anche se solo apparente. Poteva percepire quasi distintamente il rumore dei pensieri di lei e l’odio che nutriva nei suoi confronti.
- Scusatemi – disse.
Lei lo guardò sorpresa.
- Mi sono lasciato guidare dall’istinto e ho agito senza riflettere – le porse la mano, in segno di pace.
Lei restò immobile.
- Dobbiamo partire a breve. E’ meglio se torniamo indietro – continuò lui, avvicinandosi leggermente, la mano sempre tesa.
- Potrei sempre correre via. Voi non immaginate neanche che velocità posso raggiungere, se mi metto d’impegno – ribatté lei, spiazzandolo.
- Mettetemi alla prova, allora – le rispose. Cominciava a trovare quella testardaggine piuttosto divertente. Tanto non avrebbe osato, e…
Fu questione di un attimo. Un secondo prima lei era di fronte a lui, quello dopo era già partita di gran carriera dalla parte opposta dell’accampamento.
Piccola strega!
“ Te la sei voluta tu.”
 
Dopo pochi minuti, Lynn era accasciata contro una pietra, cercando di riprendere fiato. Non sapeva come ma l’aveva seminato, nonostante l’intralcio non indifferente delle gonne lunghe.
“ Brutto asino arrogante, te l’ho fatta!” pensò, orgogliosa più che mai della sua impresa.
Una volta che si fosse ripresa, si sarebbe mossa con cautela e avrebbe cercato la strada per tornare al castello. Fortunatamente la giornata era abbastanza chiara ed essendo mattina, avrebbe avuto tutto il tempo per agire.
Preso un ultimo respiro, si rimise in marcia, attenta a non fare troppo rumore. Va bene essere fiduciosi, ma meglio non rischiare.
Non aveva nemmeno compiuto cento passi che sentì qualcosa di pesante, pesantissimo crollarle addosso sulla schiena e in men che non si dica si ritrovò a terra, immobilizzata, con i due occhi più furiosi che avesse mai visto.
- Non nego che la parte della riottosa vi si addica a meraviglia – mormorò l’uomo dagli occhi di ghiaccio – ma adesso mi avete proprio stancato! Non volete collaborare? Ebbene, allora faremo a meno del vostro aiuto! – e nel dirlo, tirò fuori il pugnale, questa volta brandendolo in maniera molto più minacciosa.
Nonostante l’affanno e le costole indolenzite, Lynn riuscì a rispondere.
- Tanto a cosa vi servo? Pensate che solo perché mi avete in pugno vi lasceranno entrare? Non sono stupidi, e per quanto possano tenere a me, non baratteranno la loro libertà con la mia vita. Quindi procedete pure – le ultime parole erano intrise di lacrime e paura, ma chiuse gli occhi per evitare di lasciar trapelare il suo terrore.
Questa volta era davvero finita.
 
 
Tristyn restò a osservare la sua prigioniera senza dire una parola, la mano ancora stretta attorno al pugnale. Non aveva alcuna intenzione di ucciderla – era sicuro che non appena l’avessero vista, gli abitanti del castello li avrebbero fatti entrare – ma non si aspettava quella reazione. Quelle parole.
Lentamente ripose il pugnale nell’elsa. Lei teneva ancora gli occhi serrati. Tremava come una foglia.
- Siete un’ingenua – mormorò, sollevandosi da lei, senza però perdere la presa sui suoi polsi – abbiamo perso anche troppo tempo – e senza il minimo sforzo la tirò in piedi e se la caricò in spalla.
- Non voglio sentire una parola. Torniamo al campo, si staranno chiedendo dove siamo finiti. E stavolta verrete con me, senza fiatare. Sono stata chiaro? – lei non rispose, ma gli sembrò di percepire la sua testa muoversi in segno di assenso.
Almeno era riuscito a rimetterla al suo posto. Forse sarebbe stata l’unica vittoria, quel giorno, ma, pur non sapendone bene il motivo, lo riempiva di grande soddisfazione.



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Ciao a tutti! Scusate l'immenso ritardo ma questo mese è stato davvero incasinato e ho fatto parecchia fatica a scrivere. Soprattutto, ci tenevo a rappresentare bene il primo vero incontro tra i due protagonisti per cui ho dovuto riscrivere parecchie volte perché non ero mai convinta. Spero che il risultato sia buono e che vi possa piacere:) Ringrazio tantissimo le due persone che hanno recensito tutti i capitoli e anche chi continua a seguire, grazie davvero!
Un bacione
Francesca
   
 
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