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Autore: TheGreyJon    05/10/2014    1 recensioni
"Unitevi a noi, fratelli e sorelle. Unitevi a noi nell’oscurità dove resistiamo vigili. Unitivi a noi poiché compiamo il dovere che non può essere rinnegato. E semmai doveste morire, sappiate che il vostro sacrificio non sarà dimenticato. E che un giorno, noi ci uniremo a voi..."
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta, Non-con
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CAPITOLO 7: Soldati, Preti e Mercanti
 
“Bene...” dissi io sedendomi sulla panca. “Ho esaminato i trattati e, sostanzialmente, ci permetteranno di ricevere aiuto da parte di elfi, nani e maghi.”
  La locanda era piuttosto affollata, ma eravamo riusciti ugualmente a ritagliarci un po’ di spazio, accomodandoci ad un tavolino isolato sul fondo del locale, anche se, sfortunatamente, non ci era stato consentito di far entrare anche Dogmeat, che ora attendeva all’esterno.
  Avevamo “requisito” i soldi che i briganti al ponte avevano racimolato e deciso che potevamo permetterci una dormita in un letto vero prima di iniziare a viaggiare per tutto il Ferelden. Inoltre, eravamo stati alla Cappella, dove Ser Bryant, il comandante dei Templari di Lothering, ci aveva ricompensati con altri venti pezzi d’argento. Da lui eravamo riusciti ad apprendere diverse cose sul villaggio. Ci aveva detto che da quando i soldati se ne erano andati, era toccato ai Templari difendere la popolazione, ma gli uomini al suo comando non erano molti. Fortunatamente, la Reverenda Madre, si stava occupando di far evacuare l’impellente numero di profughi giunti al villaggio da tutte le campagne circostanti.
  “Ci sarebbe anche Arle Eamon di cui occuparci...” proseguii. “Non possiamo vincere l’Incontro dei Popoli senza di lui. Allora, che proponete di fare?”
  Morrigan rifletté un paio di secondi e poi con una scrollata di spalle rispose: “Non so cosa voglia questo Loghain, ma se è lui il tuo nemico, rintraccialo e uccidilo direttamente. Affrontalo a viso aperto…”
  Non un gran ché come suggerimento, in effetti. Seguendo questa logica, io e Alistair avremmo davvero dovuto andare a caccia di draghi nelle selve. No, il piano di Morrigan non poteva essere preso seriamente… cosa che Alistair si affrettò a far notare.  “Già, come se non avesse un esercito a proteggerlo… o una fortezza... o delle spie.” puntualizzò sarcastico.
  “Beh” mi intromisi. “Voi a cosa pensate, Alistair?”
  “Al suo ombelico, presumo!” Lo intercettò Morrigan con un ghigno. “Di certo lo ha contemplato a lungo!”
  La ragazza si riferiva al fatto che durante tutto il viaggio, il Custode quasi non aveva aperto bocca, camminando in silenzio e con lo sguardo basso. Anche una volta giunti a Lothering, il suo atteggiamento non era mutato.
  “È così difficile per voi capire il mio dolore?” Protestò lui. “Ho appena perso tutti coloro a cui tenevo… Cosa fareste se vostra madre dovesse morire?”
  “Prima o dopo aver smesso di ridire?” La donna gli rivolse un larghissimo sorriso tronfio e soddisfatto, mentre sul volto di lui si dipingeva un’espressione incredula.
  “Lasciate stare…” disse infine, distogliendo lo sguardo con fare seccato. Poi, dopo aver bevuto un sorso di vino dal suo calice, si rivolse a me: “Volete la mia opinione sull’argomento…?” Il ragazzo si grattò meditabondo la barba che, ma dopo pochi secondi, si strinse nelle spalle. “Proprio non saprei. Vedete voi, non farò storie su ciò che deciderete…”
  La cosa mi sorprese. Lui era il Custode più anziano, ma fino a quel momento non si era comportato molto come tale. Insomma, il comando gli spettava di diritto, eppure, fino a questo momento, si era sempre fatto da parte lasciando che fossi a scegliere il da farsi. Non capivo.
  “Perché lasciate che sia io a decidere? Siete un Custode da più tempo.”
  Il ragazzo tenne lo sguardo basso, non molto ansioso di rispondere.
  “Mhm… Lo ammetto: non mi piace prendere decisioni… e credetemi, voi sareste certamente un leader migliore di me, dunque per quanto mi riguarda, il comando del gruppo è vostro.”
  “Siete sicuro?” Chiesi io, sinceramente sorpreso. Non mi andava di forzarlo a fare qualcosa che non si sentiva di fare, ma ero più che convinto che bisognasse essere piuttosto chiari su questo punto. Se ora si stabiliva che il capo ero io, non volevo che ci fossero ripensamenti.
  “Sì, davvero. Anche in futuro… lo scettro è tutto vostro.”
  “Beh…” dissi io, senza sapere esattamente cosa rispondere. “Grazie, suppongo...”
  Fu in quel momento che la porta della taverna si aprì rivelando tre armigeri all’ingresso. Su scudi e livrea, portavano il drago giallo di Teyrn Loghain, il che significava che questi erano certamente suoi uomini. In testa al gruppo camminava un uomo dalla carnagione abbronzata ed i capelli scuri; portava una folta ed ispida barba nera che gli conferiva un aspetto un po’ trasandato. Indossava una corazza a scaglie, e le insegne militari che portava lo identificavano come ufficiale.
  Mentre i tre individui si facevano largo tra i tavoli affollati della sala grande, uno dei suoi sottoposti richiamò la sua attenzione con una gomitata, indicando poi nella nostra direzione. “Ehi…” sbraitò. “Quei due non rispondono perfettamente alla descrizione?”
  Il capitano ci squadrò a lungo, per poi grugnire un rapido assenso: “Mhm… lo vedo…”
  “Oh-oh” mi bisbigliò Alistair. “Guai in arrivo…”
  “Ehi, voi!” Disse il primo degli uomini avvicinandosi.
  Io ed Alistair, che eravamo seduti a fianco sulla stessa panca e davamo le spalle a quegli uomini, decidemmo di tenere un basso profilo.
  “Non vogliamo problemi…” affermai prima che chiunque di loro potesse aggiungere qualcosa.
  Il loro capo mi pose una mano sulla spalla, un gesto ironicamente amichevole…
  “Già… Ma a volte i problemi vi trovano lo stesso. Non siete per caso Custodi Grigi, vero?”
  Tenemmo gli sguardi bassi, senza dire niente; in questi casi era la cosa migliore. Avrei preferito evitare una battaglia proprio nella taverna, ma sembrava che quegli uomini fossero davvero determinati ad iniziarne una. Scoccai una rapida ma eloquente occhiata a Morrigan, seduta di fronte a me, con l’intenzione di comunicarle di tenersi pronta. Grazie al sorrisetto che intravidi sul suo volto, dedussi che aveva capito.
  “Il capo vi ha fatto una domanda…” insistette il terzo dei suoi sgherri. “Fossi in voi risponderei.”
  “Siamo qui solo per riposare. Non per iniziare una rissa”
  “Temo che sarete costretti…” rispose il capitano facendo un passo indietro e avvicinando la mano all’elsa della spada. Restando seduto, feci lo stesso da sotto il mantello. Prima, però, che uno di noi potesse avventarsi sull'altro, vidi una donna venirci in contro dal fondo della sala. Era una ragazza dai grandi occhi grigi e corti capelli rossi, tagliati in maniera semplice, rustica. Il volto era di una bellezza naturale, quasi innocente, che, con il sobrio abito monacale che indossava, le conferiva l’aria di una comune ragazza di campagna. “Coraggio, signori” intervenne lei con voce serena, quasi cinguettante. “Sono sicura che questi uomini siano solo semplici viaggiatori, sì? Non c’è bisogno di far ricorso alla violenza.” Le sue parole tradivano un accento straniero, lieve e musicale, che probabilmente era da ricondurre ad Orlais. Rivolsi alla ragazza uno sguardo comprensivo. “Vi ringrazio” risposi mentre mi alzavo in piedi. “Ma vi conviene farvi da parte, sorella. Questi uomini non ci lasceranno in pace.”
  “Ben detto!” Rispose con tronfio divertimento il capitano delle guardie, estraendo la spada. Subito lo imitai, ma prima che potesse anche solo provare ad attaccarmi, Morrigan balzò in piedi, sfiorandosi la fronte con le dita. Un attimo dopo, avvertii una specie di spostamento d’aria… e gli uomini davanti a me sembrarono colpiti da un’improvvisa emicrania, talmente forte da piegarli in due per il dolore. Con brutalità sferrai un possente colpo d’elsa al volto del capitano, spedendolo riverso al suolo, accompagnato dal soave ticchettio dei suoi denti che rimbalzavano ovunque sul pavimento. Gli altri due fecero per attaccarmi, per quanto ancora un po’ storditi; ma ora anche Alistair era in piedi e colpì con forza il volto di uno dei due con il suo guanto d'armi, rompendogli il naso con un’esplosione di sangue. L’uomo cadde in ginocchio, reggendosi il volto tra le mani e ululando di dolore. Il terzo soldato fece un passo indietro, intimorito e, proprio mentre sembrava che stesse per scappare, si avvicinò alla ragazza e l’afferrò per i polsi. La sua intenzione, probabilmente, era prenderla come ostaggio, ma questa iniziò subito a dimenarsi.
  “Che fate? Lasciatemi andare…”
  “Non credo proprio…” ghignò l’uomo, mentre le ruotava un braccio dietro la schiena in una chiave articolare e usava la ragazza come scudo umano. “Ora… lasciate quelle armi.”
  Io e Alistair ci scambiammo occhiate incerte. Avremmo anche potuto acconsentire, in fondo non sarebbe stato difficile sopraffare anche l’ultimo nemico, perfino a mani nude… ma che garanzie avevamo che lasciasse effettivamente l’ostaggio? “Non mi avete sentito…?” Insistette l’uomo, avvicinando il volto a quello della sacerdotessa. “Non vorrete che faccia del male ad un fiorellino così grazioso…” aggiunse annusando avidamente i capelli della ragazza e sfiorandole la guancia con la mano libera. Sul volto della sacerdotessa si dipinse un’espressione disgustata. “Ora basta!” Esclamò.
  L’uomo fece per schermirla, ma in un attimo, lei riuscì a colpirlo con una gomitata al volto e a ribaltare la presa in cui era stata bloccata; poi si voltò e assestò al sorpreso nemico un calcio proprio alla base dello stomaco. L’uomo si piegò in due per il dolore e piombò in ginocchio. Ruotando fluidamente, la ragazza gli sferrò un secondo calcio, dritto in faccia… e in un attimo altri denti volarono ovunque a decorare il pavimento. Morrigan rise di gusto…
  “Bene!” Annunciò la ragazza dai capelli rossi mentre i tre uomini rantolavano per terra. “Hanno imparato la lezione, possiamo smettere di combattere.”
  Ci riflettei un attimo, meditando se valesse davvero la pena uccidere quei soldati. Agivano sicuramente per ordine di Loghain, il quale doveva aver raccontato al resto della nazione che eravamo noi Custodi i traditori… Per quanto mi dispiacesse ammetterlo, l’unico crimine di quegli uomini era stata la lealtà.
  “Avete sentito la signora…” annunciai rinfoderando la spada. “Fuori di qui, prima che cambi idea.” I tre uomini si rimisero faticosamente in piedi e lasciarono il locale.
  “Mi dite che vi è saltato in mente, sorella? Quegli uomini erano pericolosi, avrebbero anche potuto ammazzarvi.” Dissi poi severamente alla sacerdotessa. Questa mi rivolse uno sguardo risoluto e rispose: “Non potevo starmene in disparte mentre quegli uomini spadroneggiavano. Dovevo fare qualcosa.”
  “Lo apprezziamo molto” intervenne Alistair. “Ma non era necessario.”
  “Certo che lo era!” Ribadì la ragazza, sorridendo. Pensierosa, ci squadrò per un attimo, mentre il suo sguardo passava da me ad Alistair e vice versa. “Quegli uomini avevano ragione? Voi siete Custodi Grigi, vero?”
  La fissai con sospetto. “Perché vi interessa tanto?”
  “Vedete…” iniziò lei con tono incerto. Sembrava quasi che tutto d’un tratto la sicurezza e la determinazione l’avessero abbandonata. “Io… devo venire con voi.”
  “Cosa???” Esclamò Morrigan. “E perché mai?!”
  “Perché… me lo ha detto… me lo ha detto il Creatore.”
  Alistair fece per dire qualcosa, ma si bloccò, non sicuro di aver capito bene.
  “Il Creatore…?” Ricapitolai io.
  “E io che pensavo che fossimo già al completo di matti…” aggiunse Alistair scoccando un’occhiata a Morrigan, la quale rispose alla provocazione con uno sguardo al veleno.
  “Ho avuto una visione!” Insistette la ragazza, ora più decisa. “Ed in questa visione, il Creatore mi diceva di dover combattere il Flagello. E voi siete Custodi, sì? Voi combattete il Flagello, sì?”
  “… E c’erano delle voci in questa visione…?” rispose Alistair sogghignando beffardo. Dopo avergli assestato una decisa gomitata a mo’ di ammonimento, intervenni: “Sentite, questa non è una scampagnata. Si tratta di combattere i prole oscura. Dei mostri, capite? Non posso preoccuparmi anche della vostra incolumità”
  “Ma so come combattere! Lo avete visto anche voi!” Insistette lei. “So che può sembrare una follia, ma devo accompagnarvi. So badare a me stessa.”
  Scossi il capo. “Mi dispiace. Sconfiggere il Flagello sarà diverso da una comune rissa da taverna.”
  “Ma… ma…! Ah… va bene, solo promettetemi che ci penserete.”
  “Va bene. Oggi partiamo. Se per caso dovessi tornare sulla mia decisione, ripasserò dalla taverna prima di lasciare Lothering.” Non che contassi veramente di farlo, in ogni caso. Avevo ben altro di cui preoccuparmi che i complessi mentali di una sacerdotessa.
  Rivolto agli altri due, aggiunsi: “Comprate l’occorrente per partire; Morrigan, occupati di provviste e reagenti; Alistair, vediamo se è rimasto un fabbro da queste parti. Incontriamoci tra un’ora alla Cappella.”
 
1
 
  Usciti dalla taverna, ci separammo; Morrigan si diresse al mercato, mentre Alistair, Dogmeat ed io andammo alla ricerca di un armaiolo. Trovammo la sua bottega ancora aperta, ma quando gli chiedemmo di riparare le nostre armature danneggiate, ci disse che non ne aveva il tempo: di lì a poco avrebbe iniziato a preparare i bagagli per mettersi in viaggio verso Denerim, dove il suo Bann gli aveva ordinato di raggiungerlo. Tuttavia, accettò di vendercene di nuove e con un lauto sconto. In questo modo, ci procurammo due nuove cotte di maglia, abbinate a spallacci rinforzati e ad una giubba di cuoio bollito. Stavamo per dirigerci verso la Cappella, quando ci imbattemmo in una gabbia abbandonata sul limitare del villaggio, contenente un singolo prigioniero. Non era sorvegliata né sembrava che la gente vi badasse molto. L’uomo all’interno era forse l’individuo più strano che avessi mai visto, alto quasi due metri, massiccio, con muscoli allenati ed atletici, e la pelle di una carnagione grigio-olivastra. Il volto era squadrato, dai lineamenti duri, gli zigomi sporgenti e la mascella pronunciata. Aveva orecchie appuntite, anche se meno di quelle degli elfi, e occhi di un particolare colore viola, molto intensi. I lunghi capelli bianchi erano raccolti in una coda che gli ricadeva sulle spalle. Se ne stava in piedi con le braccia che sporgevano pigramente dalle sbarre di ferro, borbottando strane parole in una lingua che non conoscevo, ma che avevano tutta l'aria di essere preghiere. Sul suo volto era dipinta un'espressione sofferente e stanca, data probabilmente dalla mancanza di sonno. La gabbia era davvero troppo piccola perché lui potesse sdraiarvisi comodamente all'interno.
  Ci avvicinammo al prigioniero, osservandolo curiosi.
  “Vai via, umano…” ci apostrofò l’uomo, ancor prima che avessimo raggiunto la gabbia. Aveva una voce bassa e profonda, quasi atona. “Non sono qui per intrattenerti come un fenomeno da baraccone.”
  “Chi… cosa sei?” Chiese Alistair con un’espressione confusa.
  La creatura sbuffò. “Sono un Qunari.”
  “Qunari?” Domandai io curioso. “Siete un popolo?”
  L’essere mi scoccò un’occhiata scocciata. “Non spetta a me porre rimedio alla tua ignoranza. Se non ci conosci, è solo colpa tua.” La creatura si sedette sul fondo della gabbia, considerando chiusa la conversazione, mentre noi l’osservavamo sempre più confusi.
  “Che volete…?” Chiese infine, vedendo che non accennavamo ad andarcene.
  “Mi serve aiuto specializzato contro il Flagello. Sembri uno in grado di fornirmene.”
  Il Qunari levò lo sguardo su di me, improvvisamente interessato. Si alzò in piedi, afferrando le sbarre. “Il Flagello?” Chiese lui. “Allora devi essere un Custode Grigio!”
  Lo scrutai un attimo, chiedendomi se fosse saggio rivelare la mia appartenenza all’Ordine. “Sì” risposi infine. “Perché così interessato…?”
  Mi squadrò a lungo, meditabondo. “Il mio popolo ha udito leggende sui Custodi Grigi. Guerrieri e strateghi senza pari...” poi, con un grugnito, aggiunse: “Mhm… suppongo non tutte le leggende siano vere.”
  Rivolsi un sorriso sarcastico al Qunari, ma decisi di ignorare la provocazione. “Allora...” mi limitai a rispondere. “Che genere di aiuto potresti offrirmi?”
  “Io sono Sten dei Beresaad, l'avanguardia del popolo Qunari...” rispose lui con un profondo orgoglio negli occhi misto a... tristezza? Rammarico? Forse nostalgia. “Ho passato la vita sul campo di battaglia. So combattere. So uccidere. Sono addestrato.”
  Un soldato, insomma. E piuttosto formidabile, a giudicare dalle sue condizioni fisiche. Era il genere di persona che poteva davvero tornarmi utile.
  “Perché sei in quella gabbia?” Chiese Alistair, chiaramente sospettoso.
  Sten esitò solo un secondo, durante il quale ebbi modo di leggere nel suo sguardo... non saprei, vergogna, forse. Ma fu solo un attimo...
  “Ho ucciso una famiglia. Otto umani. Più i bambini.”
  “Cosa!?” Esclamò Alistair. “Ma è terribile!”
  “Sono d'accordo.” Rispose Sten senza fare una piega. Questo commento, così strano, ci spiazzò entrambi. Concordava con noi sull'atrocità del gesto, eppure dalla voce non traspariva alcuna emozione. Confesso che questo atteggiamento mi confuse. “Ma... sei colpevole, quindi?”  Domandai io
  Con una smorfia scocciata, Sten rispose: “Mi stai chiedendo se mi sento in colpa o se ho commesso l'atto?” Abbassò lo sguardo, forse imbarazzato, forse semplicemente pensieroso. “Qualunque cosa abbia fatto, comunque mi senta... sono condannato.”
  E forse era giusto così, pensai. Massacrare un'intera famiglia...
  “Se senti rimorso per ciò che hai fatto...” ribattei. “Perché, hai commesso questo crimine?”
  Sten mi fissò negli occhi alcuni secondi, senza dire niente. “Devi avere una pessima memoria o una vita miserabile per non conoscere il rimorso.” Era una risposta criptica, incomprensibile. Anzi, non era affatto una risposta! Stavo per controbattere, insistere affinché trovasse gli attributi per rispondere, quando un'ombra passò sul suo viso e lui si accasciò debolmente sul fondo della gabbia. Si teneva una mano sullo stomaco, ansimando, mentre lucide gocce di sudore gli imperlavano la fronte.
  “Da quanto tempo sei rinchiuso?” Domandò Alistair.
  Sten sollevò appena lo sguardo sul mio compare, digrignando i denti. “Venti giorni.” Disse infine.
“Non durerò ancora a lungo. Una settimana al massimo, se continuano a non darmi né pane né acqua...”
  “Venti giorni?!” Esclamai sbalordito. “Nessuno sopravvivrebbe tanto a lungo!”
  Sten mi guardò appena mentre si rialzava faticosamente. “Nessun umano, forse.”
  Lo fissai con la bocca aperta. Ammiravo la sua forza, la sua volontà, la sua tempra... Ma più di tutto il suo spirito che, a dispetto della sofferenza, ancora non era stato spezzato.
  “Deve essere stato difficile catturarti.” Commentò Alistair, anche lui impressionato.
  “Non c'è difficoltà nel catturare qualcuno che non oppone resistenza.”
  “Non...” Cominciai io, ancora più sorpreso. “Non ti sei difeso?”
  Sten mi fissò a lungo e poi scosse il capo. “Ho atteso alla fattoria per tre giorni che arrivassero i cavalieri. Quando mi hanno trovato ho deciso di non combattere.”
  “Perché?”
  “Perché non volevo.” Poi, con una punta di astio nella voce, aggiunse: “E' così difficile immaginare che un assassino voglia espiare le proprie colpe?” 
  “Non vuoi fare ammenda?” Replicai.
  “Lo farò morendo.”
  “Certo... Oppure potresti aiutarmi a combattere il Flagello...” Quell'uomo aveva qualcosa di strano, chiaramente c'erano molte cose di lui che non capivo, su tutte la ragione che lo aveva spinto a compiere un gesto così efferato, eppure... rimaneva un individuo formidabile e, a dispetto dell'atteggiamento chiuso ed introverso, percepivo chiaramente un forte senso di colpa. Lasciarlo lì a morire di fame non mi sembrava solamente crudele, mi sembrava... uno spreco.
  Sten mi scrutò serio con quei suoi occhi viola. Il suo sguardo raramente faceva trasparire emozioni chiare o definite, ma nessuno avrebbe potuto negare che era intenso, indagatore e... bello, in un modo tutto suo.
  “È... accettabile” sentenziò infine. “La Reverenda Madre ha la chiave. Forse se le spiegassi che ai Custodi Grigi serve il mio aiuto, accetterebbe di lasciarmi andare.”
 
2
 
  La Cappella di Lothering non era né la più grande, né la più importante della nazione, eppure era molto conosciuta. La manciata di Templari che la sorvegliavano erano spesso ragazzi delle campagne circostanti, tuttavia non avevano ricevuto un addestramento inferiore a quello dei loro confratelli di Denerim o della Torre del Circolo. Anzi, Sir Bryant si era fatto un nome in questi anni, divenendo un papabile successore al ruolo di Comandante dei Templari del Ferelden. Dopotutto, il compito di questi uomini non era solo sorvegliare la piccola chiesa. Molti eretici che fuggivano dal Circolo dei Magi cercavano di raggiungere le Selve Korcari o la Foresta di Brecilian... e tutta la zona Sud del paese era sotto la giurisdizione dei Templari di Lothering.
  Un altro elemento degno di nota, era senz'altro la grande biblioteca presente all'interno del tempio, di cui sacerdotesse e cavalieri Templari andavano giustamente orgogliosi. Pare che contenesse un numero sorprendente di testi sacri, molti dei quali piuttosto rari. Tuttavia, al momento, non era la storia di Lothering o della sua Cappella ad impegnare i nostri pensieri, ma l'impressionante folla di profughi e rifugiati che ne affollavano le navate. Ovunque erano state allestite brande e giacigli di fortuna, mentre le panche di legno e i posti a sedere erano stati rimossi per fare spazio. Molti uomini erano assorti in preghiera con le loro famiglie e i sacerdoti.
  “Questo luogo si è decisamente riempito con l'avvicinarsi della sera...” commentò Alistair guardandosi intorno. Annuii distrattamente, un po' demoralizzato dalle condizioni in cui versava il villaggio. In quel momento, notai una figura che spiccava chiaramente tra la folla di poveri diavoli riunita all'interno della cappella. Era un giovane in armatura dai bei capelli ramati e la barba dello stesso colore. Indossava le insegne di Redcliffe e al fianco pendeva una bella spada lunga, l'arma che per eccellenza era associata alla cavalleria. Se ne stava appoggiato contro il muro della navata sinistra, assorto in pensieri profondi grattandosi la barba.
  Alistair gli si avvicinò subito. “Sir Donall? Siete voi?”
  L'uomo alzò lo sguardo sul Custode, scrutandolo per alcuni secondi. “Alistair...?” Lo riconobbe infine. “Per il Creatore, come state? Ero certo foste morto!”
  “Non ancora...” rispose. “Ma non certo grazie a Teyrn Loghain!”A quell'affermazione, strinsi le labbra. Non era saggio parlare in quel modo... Non biasimavo certo Alistair per la sua rabbia, ma la parola sbagliata all'uomo sbagliato poteva essere pericolosa. In ogni caso, fummo fortunati con Sir Donall. “Certo...” rispose. “Se solo Eamon non fosse così malato, ci penserebbe lui a rimettere in riga Loghain!” Fu un po' come ricevere un pugno in piena faccia.
  “Cosa?!” Esclamò il mio compagno. “Eamon è malato?”
  “Non avete sentito...?” Domandò il cavaliere, un po' imbarazzato. “Mi spiace dobbiate venirlo a sapere in questo modo, Alistair, ma... Pare che l'Arle sia sul punto di lasciarci...”
  Ma che coincidenza...! proprio quando ne avevamo più bisogno, saltava fuori che il nostro potenziale miglior alleato era su letto di morte. “Che c'entri Loghain...?” suggerii io.
  Il cavaliere si grattò distrattamente la guancia, sovrappensiero. “Non saprei... si è ammalato prima della battaglia, quindi direi di no... Ma se Loghain avesse organizzato tutto questo fin dall'inizio?” Ci rifletté alcuni secondi, poi scosse il capo con decisione. “Bah, queste elucubrazioni politiche non fanno proprio per me. Sono un cavaliere, dannazione! Io combatto!”
  “Che ci fate qui?” Domandò Alistair. Sembrava visibilmente scosso dalla notizia, ma immaginai che conoscendo l'Arle personalmente dovesse essere una reazione comprensibile.
  “L'Arlessa ha inviato molti di noi alla ricerca dell'urna delle Sacre Ceneri di Andraste, ma... con poco successo.”
  Ciò di cui il Sir Donall parlava era un'antica reliquia che si diceva avesse proprietà curative miracolose, ma secondo molti era solo una favola. “Personalmente...” sospirò il cavaliere. “Ho l'impressione di stare dando la caccia ad una leggenda. Sono venuto qui per cercare maggiori informazioni alla biblioteca, ma, come ho detto, io so fare bene una cosa sola: combattere.”
  Comprendevo la titubanza dell'uomo e, anzi, la condividevo appieno, però Arle Eamon era una tessera importante del nostro piano, senza di lui tutto si sarebbe complicato. Dovevamo raggiungere Redcliffe al più presto e farci un'idea della situazione. Non ricordavo se Lord Eamon avesse un figlio, ma ero certo che avesse un fratello minore, Bann Tegan. Se fosse accaduto il peggio, dovevo assicurarmi che il nuovo Arle stesse dalla mia parte.
  Ci congedammo dal cavaliere e cercammo la Reverenda Madre. Convincerla a liberare Sten non sarebbe stato facile, ma una volta ottenuta la chiave avremmo finalmente potuto lasciarci alle spalle Lothering e metterci in marcia verso Redcliffe.
  Con il permesso di Sir Bryant, ci recammo alla sacrestia, sul fondo della Cappella, dove trovammo la Reverenda Madre seduta alla sua scrivania, intenta a compilare alcuni documenti. Varcata la soglia, l'anziana donna, sollevò lo sguardo dal suo lavoro, osservandoci mentre attendevamo in piedi davanti a lei.
  “Buona sera, viaggiatori...” ci accolse con voce serena. “Siete qui per effettuare una donazione alla Chiesa?” La risposta più onesta alla domanda sarebbe stata “no”, ma, data la situazione, decisi che mi conveniva venirle incontro. “Beh... quale decima viene considerata accettabile?”
  “Potrei suggerirvi 30 monete d'argento?” Rispose lei con un sorriso educato. Avevamo accumulato qualche moneta, questo era vero, ma non avevo fretta di spenderle. Tuttavia, se questo mi avrebbe consentito di avere più probabilità di liberare Sten... avrei pagato. “Molto bene.” Risposi recuperando la borsa con le monete dalla cintura. Contai i soldi pattuiti e li depositai sulla superficie lignea della scrivania. Con un sorriso, la donna rispose: “Grazie. C'è altro che posso fare per voi?”
  Esitai un attimo, poi decisi di uscire allo scoperto. “Sono un Custode Grigio e ho bisogno del vostro aiuto.”
  L'espressione della donna si fece improvvisamente allarmata. “Un Custode Grigio?! Certamente saprete che Loghain vi ha dichiarato fuori legge. Non posso aiutarvi, non direttamente, ma se ve ne andrete subito, fingerò di non avervi mai visto.”
  Era la reazione che mi aspettavo di vedere. “Temo...” risposi, cercando di mantenere un tono diplomatico. “Di non poterlo fare. Il Flagello sta arrivando e presto inghiottirà ogni cosa. È una nostra responsabilità fermarlo.”
  “E io cosa dovrei fare?” Rispose lei, irrigidendosi sul suo scranno.
  “Vorrei parlare di Sten, il prigioniero Qunari...” risposi con un sospiro.
  Il volto della donna si indurì, assumendo un'espressione severa. “Capisco..." Non sembrava ansiosa di discutere dell'argomento, ma anzi piuttosto a disagio. "Sarebbe stato più misericordioso giustiziarlo subito, ma... ho deciso di lasciare il suo fato nelle mani del Creatore.”
  Digrignai i denti. “Non è vero e voi lo sapete. Lasciarlo chiuso in una gabbia senza cibo in attesa che l'orda invada Lothering può portare ad un solo fato: la morte. Che sia di fame o per mano dei prole oscura, sarà comunque una fine atroce e vana.”
  La donna scosse il capo. “Siamo noi gli artefici del nostro destino e siamo responsabili delle conseguenze delle nostre azioni. Sten ha commesso un atto talmente orrendo che... mi si accappona la pelle solo a pensarci.”
  “Dategli la possibilità di redimersi!” Insistetti io appoggiandomi alla scrivania con le braccia e piegandomi in avanti, in modo da avvicinare il mio volto al suo. “Abbiamo una missione estremamente difficile e ci serve tutto l'aiuto necessario. Se Sten venisse con noi, potrebbe fare la differenza ed è probabile che incontri comunque la sua morte sul campo di battaglia...”
  “No, non tornerò sulla mia decisione.” La donna si alzò in piedi e mi fissò negli occhi. “Ora devo chiedervi di andarvene.”
  Serrai la mascella e trapassai la donna con il mio sguardo più determinato. “Non vorrete costringermi a fare ricorso al diritto di Coscrizione, madre.”
  La donna non sembrò scomporsi minimamente. “Mi dispiace. Non posso acconsentire... Non costringetemi a chiamare i Templari.”
  “Vi prego, madre, questi uomini hanno ragione.” Una voce serafica alle nostre spalle ci spinse a voltarci: sulla soglia era comparsa una donna dai corti capelli rossi e gli occhi grigi. Era la stessa ragazza della locanda, solo che non indossava più le vesti della Chiesa. Portava un corpetto di cuoio senza maniche ed una leggera cotta di maglia; il braccio destro era rivestito da una lunga serie di placche di cuoio borchiato, mentre il sinistro era completamente scoperto, tranne che per un bracciale di metallo; infine calzava lunghi stivali di pelle che risalivano fin sopra al ginocchio. Alla cintura erano assicurati una coppia di pugnali da combattimento, più svariati da lancio, mentre da dietro la schiena faceva capolino una chioma di frecce con un arco. Nel complesso, si trattava di un'armatura piuttosto leggera, ma adatta al viaggio e comunque affidabile in battaglia
  “Leliana...!” si sorprese l'anziana sacerdotessa. “Conoscete questi uomini?”
  La ragazza si fece avanti sorridendo, affiancandosi a me. Le rivolsi uno sguardo seccato. “Siete dannatamente insistente...” sibilai tra i denti.
  Rivolta alla sacerdotessa, Leliana rispose: “Sì, li conosco, e vorrei andare con loro... se mi vorranno, naturalmente.” La ragazza mi scoccò un'occhiata eloquente ed un sorriso beffardo che mi spinse a serrare ulteriormente la mascella. Notai chiaramente Alistair ridacchiare divertito nell'osservare la scena. “Certo...” risposi con un sospiro. Se il prezzo da pagare per Sten era Leliana, beh... non era poi così alto. “Ma non mi considero responsabile per voi...” La ragazza ridacchiò divertita. “Non preoccupatevi, non ve l'ho chiesto...”
  “In questo caso...” rispose la Reverenda Madre, massaggiandosi le tempie, visibilmente provata dalla conversazione. “Accetto. Ecco, tenete la chiave della gabbia e quella del baule con gli averi del prigioniero. Ora andate.”
  Uscendo dalla Cappella, incrociammo Morrigan, di ritorno dal mercato. Immaginate la sua gioia nell'apprendere della nostra nuova compagna di viaggio. In ogni caso, non avevo tempo per discuterne, e mi diressi immediatamente da Sten. Questo apparve stupito di sapere che avevo avuto successo... e vista la determinazione della Reverenda Madre, non potevo certo dargli torto. Lo liberammo e recuperammo i suoi effetti personali dal baule posto a pochi passi dalla gabbia. Oltre a qualche provvista e ad un otre d'acqua, trovai l'armatura del Qunari. Il suo aspetto era particolare ed esotico, ma chiaramente si trattava di equipaggiamento piuttosto efficiente. Consisteva in un grosso pezzo principale, in metallo temprato, per la parte superiore del petto, unito con delle cinghie agli spallacci. Sotto di esso, andava indossata una comune corazza a bande, abbinata a rinforzi in metallo per ginocchia e stivali.
  “Non avevi con te una spada?” Chiese Alistair, notando l'assenza di qualunque arma. Dopo un attimo di esitazione, Sten rispose: “No” E abbassò lo sguardo meditabondo. “Non ce l'avevo.”
  
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