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Autore: Ayr    14/10/2014    2 recensioni
Arden è un giovane Cacciatore di draghi, uccide queste creature per prelevare il Sospiro del Drago, una sostanza preziosissima altamente infiammabile. Elleboro è una Lingua di Fuoco, una leggenda, lei i draghi li protegge.
Quando la ragazza incontrerà Arden e lo salverà da un attacco di draghi, inizierà per lei una missione: fargli conoscere e cercare di fargli apprezzare queste meravigliose creature, facendogli capire gli orrori che i Cacciatori come lui compiono contro di esse.
Riuscirà Elleboro nella sua missione? O avrà ragione Passiflora e Arden tornerà ad uccidere draghi, come ha sempre fatto?
Dedico questa storia a mio fratello che ne ha trovato il titolo e ad una mia amica, che come me ama i draghi ed è innamorata di un Cacciatore.
Genere: Fantasy, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Arden si aspettava di sentire le fiamme avvolgerlo completamente e consumare le sue carni. Si aspettava di sentire l’acre odore della carne bruciata invaderli le narici, credeva che avrebbe rivissuto quei terribili momenti di appena una decina di giorni fa. Alle sue orecchie giunse un grido, ma era un grido ovattato, lontano. Poi sentì il tanto atteso calore trapassargli la stoffa e accarezzargli il braccio, lasciandovi un marchio rosso. Il grido si fece più intenso e penetrante, ma Arden sentiva solo lo sfrigolio delle fiamme che gli lambiva l’orecchio. È finita.
Elleboro vide Arden cadere, le fiamme che si avvinghiavano avide al suo braccio, mangiando la stoffa verde della camicia. «NO» urlò di nuovo e una bolla rosso intenso avvolse il ragazzo, ma ormai era troppo tardi.
«Tu» sibilò Elleboro rialzandosi, gettando uno sguardo ricco di astio ad Anisse, poi si precipitò verso Arden, completamente in balia delle fiamme che lo stavano avvolgendo tra le loro spire infuocate, in un abbraccio mortale .
«Non puoi più fare nulla per lui» rispose questi quasi in una risata crudele, Elleboro gli gettò un’ occhiata di fuoco «Lascia che venga consumato da quello per cui uccide»
«Sparisci!» urlò la ragazza, e una fiammata dorata si sprigionò dalle sue dita, non colpì Anisse ma sibilò vicinissima al suo orecchio «Sparisci!» ripeté la ragazza, quasi in una preghiera singhiozzata.
La sua attenzione passò presto ad Arden, l’odore di carne bruciata si insinuava nelle narici della ragazza. Elleboro intensificò la protezione della barriera e si apprestò a fare una cosa che non credeva avrebbe mai fatto. Gliel’aveva insegnata Ailea tempo fa e non credeva che le sarebbe tornata utile. Appoggiò la mano sul braccio di Arden, le fiamme si avvilupparono anche introno a questa, ma senza bruciarla; Elleboro sospirò e iniziò ad assorbire le fiamme. Sentiva pian piano il calore di queste entrare in lei, come se la sua mano le stesse risucchiando; potendo governare il fuoco, era capace, oltre che ad evocarlo, anche ad assorbirlo. L’operazione, però, richiedeva una grandissima concentrazione: il fuoco era un elemento instabile e imprevedibile, avrebbe potuto sfuggire al suo controllo e carbonizzare completamente Arden.
Elleboro vide le fiamme sparire pian piano, lasciando il posto ad un braccio profondamente e orribilmente piagato, solcato da strisce rossastre. Sospirò, mentre anche l’ultima lingua di fuoco spariva con un guizzo. Arden aprì gli occhi e la prima cosa che vide furono gli occhi castani di Elleboro, velati di lacrime; la calda luce dorata della magia curativa e quella rossa emanata dalla barriera, creavano giochi di luce sul suo volto, che pareva in fiamme. Arden rimase incantato da quella visione, e quasi si dimenticò del dolore bruciante e del lieve odore di bruciato proveniente dal suo braccio. Elleboro incontrò lo sguardo turchino del ragazzo e si ritrovò a sorridergli, quello stesso dolcissimo sorriso che gli aveva rivolto anche quella volta
«Andrà tutto bene» sussurrò la ragazza, le sue parole arrivarono ad Arden come un fruscio rassicurante, un refolo di vento che gli accarezzava l’orecchio. Fu tutto quello che riuscì a sentire prima che diventasse tutto nero. 
 
*
 
Arden aprì gli occhi e si trovò davanti l’occhio morto di Ailea, per poco non cacciò un grido di sorpresa e paura. La donna era china su di lui e gli stava applicando un composto dall’odore disgustoso sulla parte lesa.
«Questo ragazzo attira più fiamme di quanto non faccia un ciocco di legna da ardere» stava dicendo, mentre le sue mani spalmavano il composto «Mi stupisco che sia ancora vivo. Non mi sorprenderebbe se diventasse ignifugo» la donna ridacchiò e qualcuno rispose ridendo sommessamente.
«Si è svegliato» mormorò Ailea e una figura familiare entrò nel campo visivo di Arden, il volto circondato dai lunghi capelli ricci era visibilmente sollevato
«Per un attimo ho davvero temuto il peggio. Temevo che non avesse funzionato» disse questa, rivolgendosi ad Ailea ma guardando Arden
«Sei stata brava» rispose la zia alzandosi e pulendosi le mani in uno straccio. Elleboro arrossì, in fondo non aveva fatto niente di che.
«Come ti senti?» domandò la ragazza ad Arden
«Cotto a puntino» rispose il ragazzo, Elleboro scoppiò a ridere
«Se riesce perfino a fare dello spirito, significa che sta bene» borbottò Ailea «Te la sei davvero vista brutta, di nuovo»
Arden provò ad alzarsi ma il braccio destro gli inviò una fitta atroce e il sinistro non fu da meno, entrambi erano ricoperti della sostanza verde dall’odore nauseante che nascondeva la reale entità delle ferite sottostanti. Il ragazzo voleva chiedere cosa fossa quella schifezza spalmata sulle sue braccia, ma Elleboro lo precedette.
«È un unguento per curare le ustioni, più potente di quello che ho io e molto efficace. Questa volta le tue ustioni non erano così gravi. Una fiammata di una Lingua di fuoco, fortunatamente, non è così potente come quella di un drago…»
«Ma ugualmente devastante e pericolosa» si intromise Ailea «E per fortuna che Elleboro ha avuto un tempismo perfetto o a quest’ora saresti stato cenere trasportata dal vento»
«Non ho fatto niente di che» replicò Elleboro, il viso in fiamme
Un basso gorgoglio proveniente dallo stomaco vuoto di Arden ruppe il silenzio che era calato nella stanza, questi arrossì, imbarazzato. Ailea inarcò un sopracciglio vagamente divertita
«È da questa mattina che non mangiamo» spiegò Elleboro, la donna annuì e sparì in cucina.
La ragazza si sedette sulla poltrona e Arden fu costretto a girare la testa per riuscire a vederla.
«Per un po’ di tempo rimarrai con Ailea, almeno fino a quando non guarirai completamente. È troppo pericoloso, per te, stare al Rifugio, ora. Non posso assicurarti di riuscire a proteggerti. Questa volta non ci sono riuscita, mi dispiace»
«Dispiaceri per cosa? Hai fatto tantissimo per me» mormorò Arden «Ormai ho perso il conto del numero delle volte in cui mi hai salvato e dei debiti che ho nei tuoi confronti» il ragazzo avrebbe voluto prendere il volto di Elleboro tra le mani e asciugarle quella lacrima che era sfuggita al suo controllo, ma era costretto a stare sdraiato sul divano «Ti sono davvero grato per tutto quello che stai facendo per me, soprattutto per il fatto che avresti potuto lasciarmi morire o uccidermi tu stessa, più di una volta. Invece mi hai aiutato, nonostante fossi un Cacciatore»
«Ciò non toglie che tu sia un uomo, prima di tutto» rispose la ragazza asciugandosi la lacrima ribelle con il dorso della mano «Non mi interessa quello che sei stato o ritornerai ad essere. Io ti ho conosciuto come Arden, non come il Cacciatore, e per me rimarrai sempre Arden»
A quel punto Arden avrebbe voluto saltarle al collo e avvolgerla tra le sue braccia. Quella ragazzina era qualcosa di incredibile, la sua dolcezza era disarmante e la sua abnegazione qualcosa di soprendente.
Ailea entrò nella stanza portando un vassoio ricolmo di cibo, il ragazzo strabuzzò gli occhi
«Hai bisogno di rimetterti in forze» spiegò la donna appoggiando il vassoio sul tavolino, cosparso di unguenti e bende
«E poi non eri tu quello che stravedeva per i suoi manicaretti?» lo canzonò la ragazza prendendo dal vassoio un panino con le noci.
 
*
 Elleboro venne investita dalla fredda aria della sera. Gli ultimi raggi del sole morente tingevano di sangue il cielo, che stava già declinando nei toni dell’azzurro più cupo striato di ocra e rosa.
La ragazza era sicura che fosse stata la decisione migliore quella di lasciare Arden da Ailea, almeno il tempo necessario affinché si riprendesse. Non era più al sicuro al Rifugio. Non lo era mai stato in realtà, ma fino a quel momento per trattenere gli altri erano stati sufficienti una porta chiusa e un draghetto a fare la guardia. Era stato un pessimo errore portare Arden al Rifugio, era stato come sventolare davanti ad un branco di predatori affamati una preda succulenta per poi impedirgli di divorarla; sapere Arden così vicino, eppure così irraggiungibile, non aveva fatto altro che aumentare la loro sete di sangue. Ora, Elleboro se lo sentiva, quel deterrente non sarebbe più bastato, e si sentiva sollevata a sapere Arden con Ailea e non in mezzo ad un covo di Lingue pronte ad ucciderlo. Tenerlo lontano da loro per qualche tempo avrebbe giovato a tutti: l’aria al Rifugio sarebbe stata meno tesa ed elettrica e Arden sarebbe riuscito a riprendersi completamente, lontano dalla costante minaccia di morte delle Lingue. Elleboro si fidava di Ailea, era sicura che non gli avrebbe fatto nulla di male, fino ad adesso l’aveva guarito e aiutato, e la ragazza non trovava alcun motivo per cui la donna avrebbe dovuto cambiare improvvisamente e tradire la sua fiducia. Nonostante questo, sentiva qualcosa pungolarle insistentemente un angolo del petto: la paura che qualche Lingua potesse spingersi fino a casa della zia per eliminare Arden. Nessuno sapeva dove Arden si trovasse e, anche se qualcuno avesse potuto intuirlo, nessuno conosceva l’ubicazione della casa (a parte lei e sua sorella). Decise, comunque, di mettere a guardia del ragazzo anche Tanatos e Nosos, come precauzione. Le dispiaceva immensamente abbandonare così Arden ed era preoccupata di non averlo sempre sott’occhio. Per tutto il tragitto si tormentava con supposizioni di tutto quello che sarebbe potuto accadergli con lei lontana.
Ma c’è Ailea si disse lei saprà sicuramente cosa fare e come proteggerlo. La ragazza, però, si sentiva lo stesso molto inquieta.
Quando entrò in casa ad accoglierla ci fu la sorella, le braccia incrociate sul petto e uno sguardo duro di disapprovazione.
«So cosa hai fatto!» annunciò, non appena la ragazza si tolse il mantello «Dov’è?» sibilò
Elleboro non rispose, ma si diresse nella sala da pranzo. Attorno al tavolo sedevano Anisse e Caleisha, il primo la squadrava con uno sguardo ricco di rabbia e odio, una sottile striscia rossa gli correva lungo lo zigomo destro; il secondo non si degnò nemmeno di guardarla esprimendo, così, tutto il suo profondo ribrezzo.
«Dov’è?» ripeté Passiflora
«In un luogo sicuro. Lontano da voi» rispose Elleboro, ignorando le occhiate furiose di Anisse
«Ti rendi conto di quello che hai fatto?» domandò la sorella
«Ho salvato una persona dall’insensata furia omicida di un altro» disse la ragazza guardando Anisse, il suo sguardo omicida non le faceva paura e lo sostenne con grande sicurezza
«Hai lasciato in vita un mostro!» replicò Passiflora
«Siete voi i veri mostri! Voi, che uccidete ragazzi indifesi!» esclamò Elleboro senza distogliere lo sguardo da Anisse
«Indifesi!» borbottò Caleisha «Non sembrano così indifesi quando affondano i loro arpioni nelle ali dei draghi e li feriscono a morte»
«Ma lo sono quando uno di voi usa i suoi poteri contro di loro. Cosa che fate abitualmente» replicò la ragazza «Non siete poi tanto diversi da loro a comportarvi così» Non si ricordava quante volte avesse già ripetuto quella frase.
Una cappa di silenzio calò sulla stanza.
«Abbiamo discusso» disse ad un certo punto Passiflora rompendo la coltre di silenzio, Elleboro diresse lo sguardo su di lei, sembrava parecchio a disagio, continuava a tormentarsi le mani «Pensiamo che tu ci abbia tradito, comportandoti in questo modo. Hai ostacolato l’applicazione di una giusta punizione…»
«Una giusta punizione!» esclamò Elleboro indignata «Per voi è giusto uccidere ragazzi indifesi, nel bel mezzo del bosco? È questa la vostra idea di giustizia
Passiflora la ignorò e continuò il suo discorso «Pertanto, alla luce dei recenti avvenimenti, abbiamo deciso di bandirti, in quanto ti sei macchiata dell’onta del tradimento, andando contro i nostri…»
«E così che la pensate?» la interruppe di nuovo Elleboro, sconvolta «Pensate davvero che io vi abbia tradito, solamente perché ho evitato che le vostre insane e perverse convinzioni mietessero un’altra vittima? È solo questa la mia colpa? Aver salvato un ragazzo indifeso, un essere umano, come voi?»
«Lui non è come noi!» sbraitò Caleisha alzandosi in piedi di scatto e battendo un pungo sul tavolo
«E hai dimostrato di non esserlo nemmeno tu, Matharna Maregi»
Elleboro sorrise «Va bene» disse alla fine «Se ritenete che questa sia la punizione giusta riservata a coloro che hanno ancora del buon senso, l’accetterò»
«Buon senso!» sibilò Caleisha. «È così che chiami il tuo essere amica dei nostri nemici, una loro alleata, che li sta aiutando a distruggere i draghi e noi? Sei solo una Leisated e come tale devi andartene! » Le iridi di Caleisha presero fuoco, un rivolo di bava scese lungo il suo mento «Vattene! Sei la vergogna della nostra stirpe! Tu deturpi la nostra discendenza! Ernevar »
Elleboro non replicò nulla, anche perché non c’era nulla da dire: l’avevano bandita ed esiliata, per un motivo sciocco, secondo lei, solo perché aveva osato difendere un ragazzo indifeso. D’ora in poi sarebbe stata considerata, feccia, meno di nulla, ma non le importava. Lei aveva fatto quello che aveva ritenuto giusto e non se ne pentiva, anzi era quasi contenta di allontanarsi da quei fanatici accecati dalla smania di vendetta e assetati di sangue.
Sotto i loro sguardi affilati che racchiudevano un grande odio e disprezzo, Elleboro salì fino in camera sua, mentre la notte stendeva il suo pesante velo sulla foresta. 
 
***
Per la vostra gioia (?) sono riuscita ad aggiornare quasi subito, giusto per non lasciarvi troppo con i fiato sospeso.
Ho volutamente esagerato le reazioni e le paorle delle Lingue, per mostrare l'insensatezza delle loro convinzioni, dettate dalla fame di vendetta e dalla sete di sangue; accecati dall'odio non riescono a vedere che le loro azioni non portano a nulla se non a morte, e sono così convinti che le loro idee siano giuste che non permettono a nessuno di contraddirle...Spero di non aver esagerato e che il capitolo sia piacevole :)
Alla prossima ;)
Ayr
   
 
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