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Autore: Changing    17/10/2014    0 recensioni
"Amore. Inteso in qualunque sua forma, sotto ogni aspetto, era un qualcosa di incomprensibile per Draco Malfoy. Amore per una donna, per l'arte, per la natura, per gli animali, tutti ridicoli valori senza alcun fondamento. Eppure, fu proprio un atto privo di affetto che lo portò a scoprire questo sentimento."
Questa è la storia di una ragazza indomabile, uno spirito libero che vuole decidere da sé il proprio destino e sarà costretta a combattere contro tutti, persino contro la sua stessa famiglia.
Questa è la storia di un ragazzo che non riesce a liberarsi dalle intricate catene della paura.
Questa è la storia di Astoria Greengrass e Draco Malfoy.
Genere: Azione, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Amycus Carrow, Astoria Greengrass, Draco Malfoy, Lucius Malfoy, Pansy Parkinson | Coppie: Draco/Astoria
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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Capitolo X
Avevi gli occhi lucidi

 

 

 

 

 

Regnava il silenzio. Il cielo era plumbeo, pesante, con delle sfumature bluastre, dal momento che il sole era sorto solo da poco. Sembrava che oltre le piante del giardino grigio e tetro non vi fosse altra creatura vivente nel raggio di chilometri. Poiché fino a pochi istanti prima Draco si trovava immerso nel caos, avrebbe dovuto sentirsi più sollevato, ma non fu così; era ancora teso e all'erta.
Fortuna che almeno non era solo questa volta. Gli tornò in mente di quando, al primo anno, fu costretto per punizione ad accompagnare Rubeus Hagrid, Potter, Granger e Weasley nella Foresta Proibita. Quando dovettero dividersi scelse di essere accompagnato da Thor; non fu esattamente un'esperienza piacevole.
Mentre il ragazzo valutava la situazione, cercando di capire se la residenza fosse effettivamente deserta, Hyperion non esitò un attimo e, appena arrivati, trotterellò verso il portone della villa impaziente di rivedere la sua padroncina. Il giovane Malfoy gli corse subito dietro per evitare che facesse troppo rumore, ma il cane sembrava così eccitato da non potersi contenere.
«Dannazione, vuoi stare tranquillo?» disse il ragazzo irritato, temendo ancora che potesse esserci qualche pericolo nascosto dietro l'angolo.
Draco pensò tra sé che sarebbe stato meglio se fosse venuto da solo. Forse a causa del momento di debolezza si era lasciato prendere troppo dai sentimentalismi.
«Non è da qui che si entra. Avanti vieni con me... e sta' un po' zitto!»
Il ragazzo decise infatti di entrare da una delle entrate posteriori. Ve n'erano quattro in tutto: una per la servitù, nell'ala ovest del maniero, una nelle cucine, a nordest rispetto all'entrata; la terza, la più grande, si trovava nella sala da ballo e dei ricevimenti, mentre l'ultima era nascosta nel giardino sul retro e conduceva direttamente ai sotterranei. Draco non sapeva se i Mangiamorte ne fossero a conoscenza: non c'era mai stato bisogno di usarla, ma si sentiva più sicuro ad entrare da lì che dalla porta principale.
Percorse il lungo viale dal cancello d'entrata fino alla fontana del suo giardino - a metà strada tra il cancello e l'entrata principale - dove poté cambiare strada e aggirare la villa, percorrendo i sentieri costeggiati da siepi e così intricati da poter essere quasi scambiati per un labirinto. Ma il ragazzo conosceva quei luoghi a memoria. Quando ancora le siepi erano più alte di lui, si divertiva molto a giocarvi a nascondino, spesso insieme ad Astoria, a volte con amici occasionali, altre da solo.
Il giardino sul retro era grande esattamente quanto quello anteriore, ma le siepi, anziché sembrare un labirinto, circondavano sei grandi aiuole, disposte in due file da tre e decorate da alberi ombrosi e numerosi cespugli di camelie bianche, molto cari a Narcissa, fioriti tutto l'anno grazie alla magia. L'entrata segreta si trovava in una di queste aiuole, l'ultima a sinistra, ed era coperta da un cespuglio di camelie che si sarebbe prontamente spostato sentendo la parola d'ordine.
Draco camminò furtivo, attento ad ogni minimo rumore, il che era assai difficile con Hyperion accanto che ansimava rumorosamente e smuoveva i ciottoli del sentiero con il suo passo allegro. Arrivato davanti al cespuglio, il ragazzo scavalcò la siepe che recintava l'aiuola e silenziò il luogo per paura di fare troppo rumore.
«Ambitione ad astra1»

Si sentirono vari crepitii e scricchiolii e ogni parte della pianta si tese come se volesse stiracchiarsi; poi cominciò a muoversi con strani ondeggi. Hyperion le abbaiò contro, sentendosi minacciato da quello strano vegetale, e la pianta si spaventò tanto che si sbrigò a levarsi di mezzo. Si spostò rivelando la botola di pietra che gli avrebbe dato accesso alle scale; per aprirla sarebbe bastato bussare con la bacchetta di un membro della famiglia Malfoy e così accadde.
La luce del giorno appena nato bastava a mala pena ad illuminare i primi gradini, poi v'era solo il buio più totale.
«Lumos» disse il ragazzo.
Non era la prima volta che usava quel passaggio segreto, quando era piccolo ci aveva giocato qualche volta, anche se i suoi genitori non erano d'accordo per paura che il bambino potesse rimanervi intrappolato. Quindi, anche se stava per avventurarsi in un luogo oscuro e silenzioso, non temeva ciò a cui stava andando incontro, ma quello che avrebbe potuto trovare alla fine.
"Il peggio ormai è passato", si disse per farsi coraggio, "devo sbrigarmi a tirare Astoria fuori di qui".
Scese le scale con molta cautela e percorse il buio e infinito corridoio a grandi e silenziosi passi per fare più in fretta. Il luogo non era affatto stretto, lui e Hyperion camminavano comodamente fianco a fianco, ma c'era un forte odore di chiuso, di polvere e di muffa. Probabilmente da quando Draco aveva cominciato ad andare ad Hogwarts, nessuno vi era più entrato.
Arrivato alla fine trovò, come ben ricordava, un muro di pietra. Spense la bacchetta, poi la usò per tracciare sul muro il nome del suo antico antenato che costruì villa Malfoy “Hephasto Malfoy”; le lettere comparivano man mano, risplendendo di una spettrale luce verde. Quando ebbe finito, il muro si dissolse come sabbia portata via dal vento.
Draco ed Hyperion sbucarono in un altro corridoio, ora illuminato da alcune antiche torce in ferro battuto, ma questa volta il ragazzo sapeva di trovarsi all'interno della villa, sotto l'ala nordovest. Non sembrava ci fossero altre persone. Si voltò indietro, il muro di pietra era di nuovo al suo posto, come previsto. Si assicurò che il cane fosse con lui e si diresse verso le prigioni sotterranee.
In realtà non c'erano mai state prigioni a Villa Malfoy fino all'estate scorsa, quando il Signore Oscuro aveva fatto del maniero il suo quartier generale; tra i vari cambiamenti, alcune delle stanze vuote e inutilizzate dei sotterranei vennero allestite per “accogliere i suoi ospiti”.
Senza accorgersene Draco accelerò il passo. Lungo la strada aprì varie porte pesanti e cigolanti, ma non trovò Astoria da nessuna parte e cominciò a temere che ormai fosse troppo tardi. Quando rimase l'ultima porta, la aprì cauto. Inizialmente gli sembrò che non ci fosse nessuno, dal momento che l'unica fonte di luce fuori dai corridoi era quella della sua bacchetta, ma poi la vide. In un angolo della stanza c'era una gracile figura rannicchiata, con la fronte appoggiata sulle ginocchia e le braccia dietro la schiena.
Hyperion le corse incontro abbaiando contento. Lei alzò di scatto la testa e nonostante la debole penombra Draco riuscì a vedere quanto sorpresa e disorientata, talmente tanto che non si mosse e la sua espressione rimase la stessa anche quando il cane la sommerse di effusioni e cominciò a leccarle la faccia.
«Hyperion! Ma cosa...» poi guardò verso la porta, confusa, cercando di tenere a bada il suo amico peloso.
Draco le corse incontro non appena i loro occhi si incontrarono. Per un attimo era rimasto sulla soglia con uno starno disagio addosso, ma gli era passato subito, lasciando posto ad un gran sollievo: Astoria era viva e quasi del tutto illesa. Notò che aveva un taglio sulla fronte e le mani legate. Il viso era pallido e stanco, ma lei non disse una parola su di sé.
«Draco... anche tu...» non finì la frase. Neanche il ragazzo sapeva cosa dire, qualunque cosa gli sembrava stupida o inutile.
«Stai bene?» le chiese alla fine. Lei fece cenno di “sì” con la testa: «Girati, ti aiuto a slegarti» allora anche i pensieri della ragazza parvero sbloccarsi.
«Che ci fai qui... con Hyperion? Cosa è successo?» chiese mentre si voltava.
«Ti spiegherò meglio quando saremo lontani da qui. Il Signore Oscuro e tutti i Mangiamorte sono ad Hogwarts, stanno combattendo Potter e l'Esercito di Silente»
Quando Draco illuminò i polsi della ragazza, vide che erano pieni di escoriazioni; al suo risveglio doveva essersi dimenata a lungo in quella cella buia. Appoggiò a terra la bacchetta per poter agire meglio. Le prese le mani e d'istinto accarezzò con il pollice le zone arrossate intorno alle ferite. Per un istante ebbe lo sciocco impulso di baciarle, ma si trattenne. Le dita della ragazza fremettero. La slegò in fretta, anche se i nodi che la legavano erano davvero stretti; poi si alzarono in piedi.
«Mi... mi hanno preso la bacchetta. Credo sia da qualche parte nella villa» disse Astoria. Anche lei sembrava quasi a disagio.
«Pensi che sia rimasto qualcuno?»
«Non lo so... quando mi sono svegliata qui qualche ora fa ero sola e non ho visto né sentito nessuno»
Quando pronunciò quest'ultima frase si strinse le braccia; aveva gli occhi bassi, privi della loro solita luce, la voce sembrava debole e ogni tanto leggermente tremula. Il giovane Malfoy capì senza bisogno di parole tutta la paura che la ragazza aveva provato in quelle ore, sola, smarrita, immersa nell'oscurità, con il pensiero che sarebbe potuta morire da un momento all'altro.
«Perché hai portato Hyperion?» disse lei, cambiando argomento. Dal suo tono si capiva quanto fosse confusa e come le paresse strano vedere quei due insieme di loro spontanea volontà.
«Ehm... ci teneva a vederti» rispose Malfoy alzando le spalle ed evitando il suo sguardo. Il cane le scodinzolava accanto, continuando a chiedere affetto e attenzione anche con qualche saltello. Allora Astoria sorrise e si chinò per coccolarlo meglio.
«Hyperion, come mi sei mancato!»
Sembrava fossero passati giorni invece che ore. Più le emozioni sono forti, più sono capaci di distorcere il tempo.
Si sentì un po' geloso del fatto che il cane ricevesse più attenzioni di lui.
«E a me non dici niente, scusa?»
Non era esattamente quello che voleva dire; avrebbe preferito apparire più indifferente.
La ragazza alzò lo sguardo su di lui e si mise di nuovo in piedi. Non rispose subito, sembrò meditare, perplessa, ma poi sorrise di nuovo.
«E' solo che non mi aspettavo di vederti... Ma ne sono felice»
Astoria non era espansiva come molte ragazze della sua età, parlava sopratutto con lo sguardo, ma la sincerità dei suoi occhi, quelle parole e il suo sorriso gli comunicarono più di quanto avrebbe fatto qualunque gesto inutile. Tuttavia Draco sentì ugualmente il desiderio di avvicinarsi a lei, di toccarla, di abbracciarla per il sollievo, di baciarla perché sentiva qualcosa per lei, ma per qualche motivo temeva ancora che Astoria lo avrebbe allontanato. Forse perché credeva di non essere adatto a lei – altruista, intelligente e dall'animo così forte - più di quanto non lo fosse ad essere il migliore amico di Harry Potter. Ovviamente in quel breve momento non pensò tutto questo; sentiva solo che la cosa migliore era trattenersi.
D'un tratto fu lei ad avvicinarsi, con un nuovo luccichio in fondo allo sguardo. Ma all'improvviso tutto si fermò.
Ci fu un rumore di passi lontani. Finalmente Hyperion si calmò e si mise guardingo. I passi accelerarono: avevano visto la porta aperta; Draco si parò davanti ad Astoria, si chinò per raccogliere la bacchetta che aveva lasciato brillare a terra, ma fu troppo tardi.
La porta cigolò, fece capolino la bacchetta illuminata di un ragazzo che Draco riconobbe come uno dei Mangiamorte più giovani.
Tutto accadde in un'istante.
Quando Draco sfiorò la sua bacchetta, quella del Mangiamorte si spense per lanciare un altro incantesimo, appena prima del giovane Malfoy. La stanza tornò nell'oscurità; solo una debole luce che filtrava dal corridoio. Hyperion abbaiò, il ragazzo lo sentì muoversi. Poi volarono due lampi di luce, uno verde, uno rosso. Draco disse ad Astoria di buttarsi a terra e lui gli fece scudo con il proprio corpo; sarebbero stati protetti dal buio. Ci fu un tonfo, poi un rumore sordo. La porta si richiuse di colpo. Il ragazzo continuò a lanciare altri incantesimi, ma quando si accorse che l'unica luce era quella dei suoi incantesimi e che non si sentiva più alcun rumore si fermò.
Tutto taceva. Troppo.
Sentì uno spaventoso brivido corrergli lungo la schiena. Draco e la giovane Greengrass si misero a sedere, cauti.
«Draco accendi la luce» la voce di Astoria tremò.
La bacchetta si illuminò.
Il corpo del Mangiamorte giaceva accasciato contro la porta, con gli occhi chiusi, svenuto. Ma tra lui e i due ragazzi c'era anche Hyperion.
Astoria lanciò un grido. Draco ebbe una fitta allo stomaco e i cuori di entrambi soffocarono fin quasi a scoppiare.
«HYPERION, NO!»
La ragazza si alzò e quasi non inciampò di nuovo per terra. Corse dal suo vecchio amico e si inginocchiò accanto a lui. Per un attimo sembrò che avesse quasi paura di toccarlo, poi provò a scrollare il suo corpo ormai senza vita, continuando a chiamare il suo nome.
Il ragazzo abbassò lo sguardo, non ce la faceva a rivivere quella scena un'altra volta in così breve tempo. Gli occhi gli si inumidirono, la gola si serrò in una morsa dolorosa.
Astoria chiamava il suo amico, anche se sapeva che non sarebbe servito a niente, poi la sua voce si fermò e anche lei.
Allora Draco le si avvicinò e le mise le mani sulle spalle, con delicatezza, ma appena la ragazza lo sentì si voltò e affondò il suo viso nel petto del ragazzo. Piangeva silenziosa e ogni tanto era scossa dai singhiozzi che tentava di trattenere. Quando accadeva si stringeva a lui ancora più forte, come se in questo modo il dolore potesse sparire, e allo stesso modo lui la strinse a sé.
«Non è giusto» disse dopo un po', tra le lacrime che non riusciva a fermare.
«Molte cose non lo sono, specialmente in guerra» le rispose lui, ed istintivamente le accarezzò i capelli, mentre gli tornavano alla mente le immagini della sera prima, quando nella Sala Grande ognuno compiangeva i suoi amici e familiari caduti. Nonostante questa volta non si trattasse di un essere umano, il dolore non sembrava affatto dissimile.
Passò qualche istante.
«Voglio andare a Hogwarts. Voglio combattere con tutti gli altri!» esordì Astoria all'improvviso, con un tono totalmente diverso, staccandosi da lui.
«Scordatelo. Sei troppo debole ora!» inveì il ragazzo. Finalmente tutto era finito e adesso lei con le sue manie di eroismo stava rovinando tutto. Non poteva, né voleva sopportare altro dolore.
Astoria si voltò di nuovo verso Hyperion. Sembrava quasi che dormisse, ma la vista del suo ventre immobile e l'assenza del suo respiro profondo le spezzarono il cuore ancora una volta.
«Sto meglio di quanto immagini! Mentre io sono qui a piangere altri stanno rischiando la vita e io non lo sopporto. Altri hanno perso le persone che amavano per colpa loro» disse lanciando uno sguardo infuocato, colmo di odio verso il Mangiamorte svenuto. Per un istante Draco credette che la ragazza si sarebbe scagliata contro il corpo del giovane con tutte le poche forze che le rimanevano, ma fortunatamente non accadde: «io ho perso un amico» continuò: « e sono stata al sicuro a sufficienza direi»
Draco sentiva la rabbia montargli dentro. Perché diavolo doveva rendere le cose così difficili? Non le era bastato tutto quello che aveva dovuto sopportare?
«Tu hai rischiato la vita venendo qui... perché lo ritenevi giusto» disse Astoria prima che il ragazzo potesse dar sfogo alla propria rabbia: «lascia che anch'io faccia lo stesso»
La collera del giovane Malfoy si placò in fretta. Stette in silenzio per un po', infine parlò quasi borbottando, seccato:
«Hai sempre fatto come ti pareva...»
Mentre parlava teneva lo sguardo basso: «ascolta, sono venuto fin qui per...» ancora i suoi pensieri si ingarbugliarono: «io... non voglio perderti di nuovo» poi sentì un desiderio ardergli dentro e prima che la vergogna potesse fermarlo il suo cuore parlò da solo: «io ti...»
Ma Astoria non lo lasciò finire e cogliendolo di sorpresa lo baciò sulle labbra.
Per Draco fu il bacio più dolce della sua vita, delicato come la carezza di un petalo di rosa, e un sospiro caldo sulla sua anima. Ma in quel bacio, per qualche strano motivo, sentì anche la profonda tristezza di Astoria; per questo non chiese, né desiderò più passione. Stare con lei era tutto ciò di cui aveva bisogno in quel momento.
Poi i due rimasero l'uno con la fronte appoggiata a quella dell'altra.
«Vengo con te» le disse lui all'improvviso.
Lei non rispose ma allontanò il suo viso per guardarlo meglio, poi lo accarezzò e i suoi pensieri si persero lontani. Infine parlò un ultima volta:
«Ho visto, che avevi gli occhi lucidi» gli sorrise debolmente.



Otto anni dopo...


Era una splendida giornata di sole, tiepida, che sembrava nata apposta per donare serenità ai cuori in tempesta. La vista del verde del giardino che riluceva nella luce dorata del pomeriggio donava ad Astoria una grande serenità. Per qualche strano motivo, una brezza le riportò alla mente il ricordo del suo caro amico perduto anni fa. Sospirò, pensando a ricordi felici, e si ripromise che quella sera sarebbe andata a trovarlo nel luogo in cui si trovava la loro tenda durante la guerra.
La donna se ne stava seduta in sala da pranzo, vicino al tavolino dove era solita prendere il tè, quando non era impegnata a scrivere o a lavorare. Accanto a lei una culla dondolava dolcemente grazie alla magia e un neonato vi osservava il mondo, silenzioso, con i suoi occhioni grigi.
La stanza, come del resto l'intera Villa Malfoy, era completamente cambiata da quando Draco e Astoria si erano sposati. Era luminosa, ariosa e priva di quel terribile clima di pesantezza che l'aveva caratterizzata per anni. La donna aveva sempre pensato che non sarebbe mai riuscita a viverci, specialmente dopo che il maniero era stato il quartier generale di Lord Voldemort, ma quando gli anziani signori Malfoy, Lucius e Narcissa, avevano deciso di ritirarsi a vita privata ad Hoarcliff affidandogli per sempre Villa Malfoy, Astoria aveva finalmente potuto liberarsi di tutta quell'oppressiva oscurità. C'era voluto del tempo per tutti quei cambiamenti, sopratutto per farli accettare a suo marito, ma alla fine, con molta pazienza, era riuscita ad ottenere ciò che voleva.
L'orologio suonò le cinque; i suoi ospiti sarebbero arrivati a momenti. Infatti pochi minuti dopo sentì bussare alla porta; entrò un uomo sulla quarantina: Staunch, il maggiordomo a servizio dei Malfoy da qualche anno.
«La signora Granger e suo marito» annunciò.
Astoria fece cenno di farli entrare. Aveva un udito piuttosto sviluppato e sentì che fuori dalla porta qualcuno borbottava:
«Ho un nome anche io!»
«Ron adesso smettila di polemizzare su tutto, nessuno ti ha costretto a venire! E non farmi fare brutta figura»
Hermione entrò accompagnata da suo marito che si guardava intorno con circospezione.
«Benvenuti!» li accolse la padrona di casa, alzandosi per andarli a salutare. Abbracciò l'amica che non vedeva da un po' di tempo e si presentò al suo accompagnatore con un sorriso, cercando di farlo sentire a suo agio.
«Astoria, questo è mio marito Ron. Mi dispiace non averti avvisata prima, ma all'ultimo momento ha insistito per accompagnarmi... sai, per via del bambino» disse poggiando una mano sul grosso pancione coperto da un lungo vestito leggero.
«Nessun problema, mi fa piacere. Venite accomodatevi» e li condusse vicino al tavolino rotondo, abbastanza grande per quattro o sei persone.
Hermione vide la culla dondolante e si avvicinò per guardare, curiosa e intenerita.
«Che amore. E' un bambino bellissimo... ciao Scorpius!».
La donna pensò a quanto fosse strano che un bambino che sembrava così buono potesse essere il figlio di Draco.
Astoria aveva conosciuto Hermione sul lavoro, al Dipartimento della Regolazione della Legge Magica. Nei primi tempi c'era stata diffidenza e sopratutto molta competizione fra le due, ma con il tempo – e collaborazioni forzate – avevano scoperto di condividere molto più che un'intelligenza brillante e di trovarsi interessanti lì dove erano diverse.
«Questa casa è davvero cambiata» osservò Hermione mentre si accomodavano, provando un gran sollievo. Anche se non l'aveva detto a nessuno, in realtà il pensiero di ritornare di nuovo in quella casa le aveva messo un po' d'angoscia. Non aveva mai scordato la notte in cui era stata torturata da Bellatrix Lestrange, ma Astoria aveva insistito così tanto che aveva deciso di provare a lasciarsi il passato alle spalle. Forse era anche per le sue preoccupazioni che Ron aveva deciso di accompagnarla.
«E... il signor Malfoy non è in casa?» chiese l'uomo, cercando di farla sembrare una domanda disinteressata, anche se era ovvio che non lo era. La moglie infatti lo fulminò con lo sguardo.
«Non si preoccupi, Draco è fuori per lavoro» Astoria sorrise. Provava un'istintiva simpatia per quell'uomo. Dopotutto non poteva biasimarlo se non provava alcuna simpatia per suo marito. In fondo anche per lei era stato così per molto tempo.
Astoria cambiò sapientemente argomento.
«Che nome pensate di dare al vostro bambino... o bambina?»
I due coniugi si scambiarono un rapido sguardo, poi parlò Hermione: «Beh, se sarà un maschio ci piacerebbe chiamarlo Hugo...» Astoria cercò di non dare a vedere che quel nome non le piaceva per niente: «...mentre nel caso di una femmina ci piacerebbe Emily»
«Oppure Roseline» puntualizzò suo marito.
«Sì anche a me piace molto Rose, però...» arrossì leggermente: «preferirei Emily... sai, adoro Emily Dickinson»
«E allora? Io tifo per i Cannoni di Chudley ma non chiamerei mio figlio Barnabus2!... E poi vuoi dare a tua figlia il nome di una che si è suicidata?» esclamò Ron scettico.
Prima che Hermione protestasse per la superficialità di suo marito, Astoria rise ed intervenne con la sua opinione: «suonano tutti e due molto dolci e delicati. Io trovo che Rose sia un nome bellissimo... forse più evocativo di Emily, che è anche carino»
Il tempo passò rapido e piacevole. Persino Ron riuscì a trovarsi un po' più a suo agio, anche se avrebbe preferito andarsene prima di avere qualche imbarazzante incontro con il padrone di casa. Poi si assentò per andare in bagno.
Quando uscì dalla porta le due donne rimasero per un attimo in un silenzio privo di imbarazzo; come Hermione aveva imparato, Astoria si prendeva spesso questi piccoli momenti di riflessione.
«Sono felice che tu sia venuta» disse alla fine: «avevo paura che per colpa di Draco...»
«Ma no cosa dici» la interruppe l'altra, sempre un po' a disagio quando si trovavano a parlare di Malfoy, anche se ciò avveniva raramente.
«Non preoccuparti, conosco la vostra storia e se io fossi stata al vostro posto probabilmente avrei per lui gli stessi sentimenti» la rassicurò, schietta come sempre. Esitò un attimo e poi sospirò: «a volte vorrei che si mostrasse anche agli altri per ciò che è» avrebbe avuto molto di più da dire, ma non voleva riversare il suo fiume di pensieri su Hermione, non era nel suo carattere.
«Sembra quasi che non parliamo della stessa persona... Sai non ti nascondo che io lo ricordo ancora come il ragazzo che... scherniva Harry nei corridoi» stava per dire “che mi insultava chiamandomi Mezzosangue”, ma non voleva mettere Astoria a disagio: «a volte mi sembra così strano che siate sposati» l'altra donna la guardò interrogativa ed Hermione si affrettò a puntualizzare: «non fraintendermi, è solo che sembrate così diversi»
«Anche tu e tuo marito lo siete» sorrise Astoria. Hermione si sentì un po' in imbarazzo, ma vedendo il viso sereno dell'amica si rilassò subito: «ma capisco quello che vuoi dire. Tra noi non è stato sempre così semplice, abbiamo avuto molte difficoltà» aggiunse poi ripensando non solo all'anno della battaglia di Hogwarts, ma a tutta la loro storia.
Quando i due ragazzi si erano Smaterializzati nuovamente ad Hogwarts, l'avevano trovata in festa per la caduta del Signore Oscuro. Scoprirono che il Mangiamorte che li aveva aggrediti era stato mandato subito dopo l'arrivo di Voldemort a Hogwarts, affinché prelevasse la giovane Greengrass che sarebbe stata giustiziata pubblicamente. Fortunatamente il ragazzo aveva deciso di fare una breve sosta nelle cucine, stanco e affamato com'era dopo la battaglia.
Astoria si era riappacificata con suo padre, ormai vecchio e provato, ma la sua relazione con Draco venne osteggiata su molti fronti. Lucius era stato inizialmente contrario al fatto che suo figlio si fidanzasse con una Traditrice del suo Sangue, ma dopo molto tempo cedette, anche se non accettò mai quella relazione fino in fondo. Tuttavia non fu quella la parte peggiore.
Gli aspetti più intimamente “Malfoy” di Draco, il suo egoismo e la sua vanità, a volte faticavano a venire repressi, tanto che c'erano stati momenti in cui Astoria si era chiesta se non avesse scambiato il suo affetto per istinto materno, o se non si fosse innamorata che di un ricordo di infanzia. Così quando, dopo quattro anni, il ragazzo le aveva chiesto di sposarla, lei aveva rifiutato e i due si erano lasciati. Per più di un anno non si videro e Astoria non ebbe più sue notizie.
«Ma lui è molto cambiato dai tempi di Hogwarts» aggiunse alla fine la donna.
Alla fine Draco tornò da lei una sera, profondamente cambiato dal tempo e dall'esperienza e Astoria si innamorò di lui una seconda volta, mentre lui non l'aveva mai scordata.
Hermione notò la luce negli occhi della donna, sorrise, e non chiese più nulla al riguardo. Quella fiducia così forte e l'amore profondo che aveva visto nel suo sguardo le faceva venir voglia di vedere Malfoy sotto una nuova luce.
«Ragazzi questo posto è più grande di quanto pensassi. Ho dovuto chiedere indicazioni ad un Elfo»
Astoria rise, mentre Hermione pensò tra sé che, al contrario, Ron non era poi così cambiato dai tempi di Hogwarts. Poi rise anche lei.

Il pomeriggio passò in fretta e verso l'ora di cena i suoi amici tornarono a casa. Era il tramonto, il cielo si era tinto di un tenue arancione che sfumava verso l'azzurro della sera.
Astoria uscì dalla sala da pranzo accompagnata dalla culla fluttuante e, passando per l'ampio ingresso salì e le scale per andare al piano di sopra, dove oltre alle varie stanze si trovava anche lo studio di suo marito. Bussò e senza aspettare una risposta entrò.
La investì una debole corrente d'aria, dal momento che l'uomo teneva le finestre dello studio sempre aperte. Draco era seduto alla sua scrivania di palissandro, chino su alcune carte, ma quando la sentì entrare alzò la testa.
Con il tempo si era trasformato in una persona più riservata, al contrario di sua moglie che aveva imparato ad aprirsi a nuove amicizie. I suoi occhi grigi erano capaci di trasmettere al tempo stesso una glaciale freddezza, un ardente calore e nascosta gentilezza per pochi eletti.
«Se ne sono andati?» chiese lui.
«Pochi minuti fa» la donna andò dietro la sedia del marito, gli circondò il collo con le braccia e lui le accarezzò dolcemente: «mi sei mancato, lo sai?»
«Non puoi costringermi a vederli se non voglio» si irrigidì l'uomo, sentendo un messaggio nascosto tra quelle parole. Avevano già discusso in proposito, non voleva riaprire vecchie ferite.
«Non lo farei mai» disse lei baciandolo con dolcezza.
Accadrà quando sarai pronto” pensò.
D'un tratto il bambino nella culla iniziò a vagire, così la madre lo prese in braccio e dopo averlo cullato un po', il piccolo si calmò.
«Perché non lo prendi un po' in braccio? Io ho bisogno di cambiarmi, voglio andare a fare una passeggiata»
«Non è che poi ricomincia a piangere come fa sempre?» rispose il marito un po' turbato.
«Non essere così timoroso come al solito, è solo un bambino» e così dicendo Astoria glielo mise in braccio e se ne andò prima che l'uomo avesse il tempo di protestare.
Draco non poteva fare a meno di sentirsi impacciato e un po' sciocco con quel cosino tutt'occhi tra le braccia. Quando piangeva non sapeva mai cosa fare; per fortuna quel giorno sembrava tranquillo e in pace. Guardava suo padre con gli occhi spalancati, sembrava lo stesse studiando per la prima volta.
«Scorpius» provò a chiamarlo l'uomo.
Il neonato mosse la testa e le braccine; sembrava che capisse già il suo nome. Draco non ne avrebbe voluto anche un secondo, specialmente quel nome – certo il nome di un caro amico, ma sempre di un cane si trattava - e lui e Astoria avevano discusso a lungo, ma alla fine, ovviamente, lei l'aveva avuta vinta.
Poi il piccolo Scorpius chiuse lentamente gli occhi, cullato goffamente da suo padre e si addormentò, con respiri profondi.
Mentre Draco osservava quella creaturina così perfetta, che sembrava somigliargli tanto – priva però di ogni sua impurità - non poter fare a meno di lasciarsi trasportare da un pensiero tenero e pieno d'amore:
Sarai un uomo migliore di tuo padre, Scorpius Hyperion Malfoy”.


 

1Il proverbio latino originale recita “per asperia ad astra”. In questo caso da lat. “con l'ambizione [si giunge] alle stelle”, ossia al successo. Inoltre i nomi dei membri del casato Malfoy discendono da stelle e costellazioni.

2Ipotetico nome del capitano dei Cannoni di Chudley






Ho concluso questa storia in modo consapevole, l'avevo promesso no? :)
Spero vi sia piaciuta... almeno un po'.

A presto,
Changing

  
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