Fanfic su artisti musicali > Mika
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Autore: ___Lilith    20/10/2014    5 recensioni
Marco è un ragazzo solo, emarginato dalla società a causa della sua sessualità.
È il giorno del suo diciottesimo compleanno, a Natale, quando incontra Michael. Il mondo gli sembra diventare improvvisamente un posto migliore.
Qualcosa di quel ricciolino lo colpisce subito. Sembra triste e solo, proprio come lui...
Dal Prologo:
Ed ora si ritrovava da solo. L'unica compagnia che aveva era quella sigaretta, ormai quasi mezza bruciata, che possedeva il magico potere di alleviare un po' il suo dolore.
Fece un respiro profondo, inalando tutto quel fumo tossico che creava una bolla irrespirabile intorno a lui. Solo così riusciva a sentirsi meglio.
Un fruscio, un lieve spostamento d'aria intorno a lui, attirò la sua attenzione. Voltò lievemente la testa di lato e quasi sobbalzò quando notò che una figura snella e riccioluta si era seduta accanto a lui.
Se ne stava immobile, con una bottiglietta di birra nella mano destra e il resto della confezione nella sinistra. Nella penobra riuscì a intercettare lo sguardo del ragazzo. Era puntato verso il nulla, su un punto imprecisato davanti a loro.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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17. Again.





Marco non riusciva a smettere di osservare la meraviglia di quell'uomo così perfettamente intatta anche mentre dormiva. Si era svegliato prima di lui e, non riuscendo a resistere alla squisita tentazione di poter contemplare il suo angelo finché non ne fosse stato abbastanza sazio, aveva cominciato a squadrare ogni suo piccolo dettaglio.
I suoi occhioni verdognoli erano fermamente serrati, la bocca leggermente socchiusa. Un filo di barbetta, quasi invisibile, la contornava, donando a quel visetto da bambino quell'accenno all'uomo maturo che avrebbe dovuto essere, ma che, a parte quel piccolo dettaglio, non sembrava affatto.
Un ricciolino, fuori dalla cerchia di boccoletti che erano disordinatamente sparsi sul cuscino, creando una criniera intorno alla testa, gli ricadeva sulla fronte, intaccando la perfezione di quel viso. Con un dito, glielo scostò, facendolo riunire al resto della sua massa cespugliosa.
Era tanto bello il suo Michael, di quella bellezza infantile, fanciullesca che, crescendo, si perde nel progressivo abbandono della spensierata freschezza che si ha da bambini. Ma, per quell'uomo, non era così: di quella bellezza non ne aveva persa neanche un goccio, anzi era ancora tutta concentrata in lui, in un connubio di puro splendore tra quei tratti così infantili misto a quel pizzico di maturità che lo caratterizzava.
Si avvicinò piano alla sua invitante bocca e, cercando di essere il più delicato possibile per non svegliarlo, gli impresse un piccolo bacio a stampo. Le labbra del riccio, calde e lisce sotto le sue, si mossero leggermente, increspandosi un po' all'insù.
«Ti amo, Mika» ci alitò sopra il ragazzo. Il tenue sorriso si allargò sempre di più, fino a scoprire del tutto i suoi grossi dentoni bianchi.
«E io ama questi dolci risvegli» rispose il ricciolino, socchiudendo leggermente gli occhi. «Buongiorno, amore mio.»
«Buongiorno» un sorriso si posò anche sul suo viso, «amore mio.»
Le palpebre, non ancora del tutto aperte, si spalancarono a poco a poco, focalizzando l'immagine su quel meraviglioso ragazzino di fronte a lui. Tutto spettinato, con alcuni ciuffetti di capelli che gli ricadevano scoordinati sua fronte, l'espressione ancora assonnata e una mano che stropicciava l'occhio destro mentre l'altra nascondeva un piccolo sbadiglio era decisamente la più lieta delle visioni. «Io è tanto felice se solo pensa che da domani tutti i risvegli sarà così» disse dolcemente con un filo di voce.
Marco fece una smorfia di dissenso. «Mh... Sei davvero sicuro di voler passare il resto della tua vita con questo disastro?» chiese, inarcando un sopracciglio.
«Sì» rispose, «e tu sei davvero sicuro di voler passare il resto della tua vita con questo rompipalle?»
«Sì» le guance di Marco assunsero quel colore scarlatto che solo la voce vellutata del riccio era capace di causare, «lo voglio.»
Un bacio violento e fugace trasportò con sé la bocca di Marco. Fu così ardente da consumargli letteralmente le labbra. Le sentì bruciare, mentre quelle del riccio fermevano sulle sue. E in quel momento capì che Michael aveva proprio ragione, un risveglio del genere meritava di essere ripetuto ogni santissima mattina.
Ancora con le labbra incollate alle sue, al libanese scappò una piccola risatina. «Sembra una promessa di matrimonio.»
Marco si unì a lui e il melodioso rumore delle loro risate si librò nello spazio intorno a loro. E suono più bello non poteva esserci di quello che le loro labbra stavano producendo, la dolce melodia della loro felicità. «Vero» constatò.
Michael prese una mano di Marco tra le sue. Il ragazzo trasalì e un brivido si insinuò nel profondo delle sue ossa come succedeva ogni qualvolta il riccio lo anche sfiorava solamente. «Beh.. Allora facciamola per bene..» aveva immerso i suoi occhi verdognoli in quelli scuri, ma rilucenti di una strana luminosità, di Marco. «Vuoi tu, Marco Mengoni, prendere come tuo sposo il qui presente Michael Holbrook Penniman Jr.?»
Il cuore di Marco fece un balzo, si scontrò così violentemente contro la gabbia toracica che per poco non ci si spiaccicò contro e poi ritornò indietro. Il tutto in una frazione di secondo. Questo "rituale" si ripeté circa una cinquantina di volte mentre la sua gola tentava di emettere una risposta: «Sì, lo voglio» la voce secca tradiva la sua troppa emozione, «E vuoi tu, ricciolino dal nome impronunciabile, prendere come tuo sposo il qui presente errore umano?»
«Sì, lo voglio» tono calmo e controllato, sensuale e caldo, l'esatto opposto del suo. «Ci dichiaro marito e marito» non riuscì a trattenere una risata, «ora può baciare lo sposo» lo invitò, toccandosi provocante le labbra. E Marco non se lo fece ripetere due volte. Brandì con un dolce bacio quella promessa. In fondo, pensò, non serviva a nulla una vera cerimonia di matrimonio. Se c'era l'amore, se erano sposati per finta o davvero poco contava. L'unica cosa importante erano loro e ciò che provavano l'uno per l'altro.
Bastava osservare il modo in cui si guardavano a vicenda, con i loro occhi che sembravano fare i salti di gioia ogni qualvolta si scontravano, per capire che ciò che li legava era un sentimento forte e indissolubile.
I baci appena svegli, quando le bocche non sono ancora timbrate della consueta freschezza, ma hanno un sapore dolciastro, quasi un po' amarognolo, con le labbra secche, possono considerarsi i più belli. E fu così anche per loro. Più di qualsiasi altra volta, brandirono qualcosa di profondo, la loro ennesima promessa che aveva bisogno di un sigillo. E quel bacio ebbe il potere di imprigionare per sempre il loro amore.

L'acqua batteva con delicatezza sul suo corpo, lasciando una scia di piccole goccioline che, con quel filo di luce penetrante dalla tendina ricamata del bagno, sembravano minuscoli diamanti luccicanti incastonati nella pelle di Marco.
La mente ormai era persa nei meandri del suo piccolo angolo di felicità che si stava facendo sempre più spazio tra i suoi pensieri bui spazzandoli pian piano via. Era così rilassante ripensare a tutto quello che gli stava succedendo mentre il caldo e vaporoso getto d'acqua gli massaggiava con dolcezza la pelle.
Tutti i suoi desideri si stavano avverando, e tutti in una volta. In quel breve lasso di tempo aveva avuto anche più di quanto la sua mente aveva anche solamente provato a sognare. Aveva Michael, stava per andare via da lì, ed era felice. Sì, era decisamente troppo per lui.
Ed era così perso nel suo vagabondare tra i ricordi che non si accorse neanche di non essere più solo nella doccia. Solamente quando due manone gli si pararono davanti agli occhi, oscurandogli la vista, fece ritorno sulla terra.
«Indovina chi è» cantilenò una vocina melodiosa e sensuale che Marco riconobbe subito.
«Mika... O un serial killer che vuole ammazzarmi sotto la doccia» disse sarcastico, «ma dubito fortemente che un assassino possa intrufolarsi nella doccia per farmi scherzetti del genere e, siccome non c'è nessun altro in casa, non puoi che essere quell'idiota del mio ragazzo.»
«Okay» ridacchiò, ridonando la vista al ragazzino, «ha indovinato... Now tu merita un bel premio.» Tono giocoso e furbo: stava sicuramente architettando qualcosa.
«Un premio?!» Marco tentò di voltarsi verso di lui per capire cosa quel pazzoide avesse in mente, ma il riccio glielo impedì.
«No, tu resta girato di spalle. Me piace la visione del tuo bel culettino nudo» il ghigno divertito si fece nuovamente presente nella sua voce, «e io ora mi prende cura del tuo corpo» gli strappò di mano il bagnoschiuma e la spugna che Marco stava usando per lavarsi, «ora questi serve a me.»
«Ma...» provò a ribattere, ma il riccio lo interruppe.
«Shh» disse, «lascia fare a me.» Rovesciò un bel po' di bagnoschiuma sulla spugna e cominciò a passarla delicatamente sulla pelle del ragazzo. Un delizioso odore di frutti di bosco si innalzò dentro quella piccola cabina doccia.
«Ti aveva detto che un giorno noi fa una doccia sexy insieme...» sentiva il suo caldo fiato alle sue spalle, «Beh, crede che quel giorno è arrivato.» Un morso, violento e passionale, lasciò una macchia rossastra sul collo del ragazzo.
Le mani del riccio, lasciata cadere a terra la spugna, cominciarono a muoversi leggiadre su tutto il corpo di Marco. «Tu è molto sexy tutto bagnato» disse, continuando a provocare il ragazzo che, sotto il tocco poco casto di Michael, stava già cominciando a perdere la cognizione del tempo e dello spazio intorno a lui.
Lo sfiorava, lo stuzzicava, lo toccava nei posti in cui sapeva avrebbero fatto perdere il controllo al ragazzo, giocherellava con i suoi punti deboli, si divertiva a vederlo completamente in balia del suo volere e non dava cenno di voler smettere.
Era una provocazione continua quell'uomo. Era nella sua natura infantile, e Marco lo amava anche per questo.
Il membro di Marco era già perfettamente eretto. Le mani di Michael scivolarono velocemente su di esso, cominciando a punzecchiarlo. Lo percorse su e giù con un dito, tracciandone il contorno, poi lo avvolse completamente tra le sue dita. Il piacere che quell'uomo, giocando e torturando la sua parte più intima, riusciva a infondergli fece emettere un gemito strozzato al ragazzino. «M-Michael...» borbottò ormai completamente in estasi.
Michael spinse delicatamente il corpo di Marco contro la parete della cabina. Le mani scivolarono sulla pelle bagnata, la bocca procedeva da sé attraversando il corpo.
Con una sola spinta fu dentro di lui. Un piccolo urlettino soffuso si alzò dalla gola di Marco.
Fecero l'amore lì, in piedi, sotto quel getto d'acqua che ricordava tanto il battere della pioggia che era stata un punto fondamentale della loro storia sin dall'inizio.
Consumare la loro passione sotto la tenue carezza delle gocce che picchiavano delicate sulla loro pelle fu come tornare indietro nel tempo. Il loro primo incontro, il secondo, il loro primo bacio.. Era tutto avvenuto con l'ausilio della pioggia. In quel momento non c'era di certo una nuvola sulle loro teste e i tuoni che rimbombavano fortemente nelle loro orecchie, però i capelli erano ugualmente fradici, le goccioline scorrevano sul loro visi, si insinuavano tra le ciglia, per poi scendere lungo il naso e, arrivate alla punta, tuffarsi giù.
Era tutto un gioco del destino, che si divertiva a ingarbugliare la loro storia in una serie di nodi intorno ad un unico filo conduttore. Si stava prendendo gioco di loro, era beffardo. Ma fino a che punto sarebbe durato il suo gioco?
Bruciarono il loro amore in quell'atto, riducendone la volgarità al minimo ed enfatizzandone al massimo, invece, il lato romantico di ciò che stavano facendo.
Gemiti, ansimi, urli, spinte, baci, morsi, carezze andarono pian piano a costruire la cornice di quel quadro infinito in cui erano dipinti solo loro due nel bel mezzo del nulla, circondati dall'immensa aura che sprivgionava il loro sentimento.
Marco si sosteneva con le mani pigiate alla parete. Spinta dopo spinta il dolore aumentava di pari passo con la velocità con cui Michael entrava ed usciva da lui. Aveva le labbra sul suo collo e, alternate a piccoli baci, gli sussurrava parole dolci, delicate, facendo dimenticare così quel barlume di sofferenza che il ragazzino stava provando. Solo il piacere, misto all'amore, regnava sovrano tra di loro.
«Tu è mio, forever» la voce era rotta da ansimi, ma neanche in quel momento perse la sua peculiare sensualità. Lo strinse con le braccia da dietro mentre con un'ultima potente spinta raggiungeva il culmine del piacere.

Appena mise piedi fuori alla doccia, Marco sentì una grossa asciugamano avvolgergli il corpo gocciolante. Era Michael che, uscito due secondi prima di lui, aveva provveduto ad infilarsi un accappatoio e a procurare un asciugamano per il ragazzo.
Lo coccolò tra le sue braccia, mentre con le mani lo aiutava ad asciugarsi.
Marco si sentì protetto, al sicuro, anche se non sapeva da cosa. Sapeva soltanto che lì tra le braccia del suo Michael stava così maledettamente bene che avrebbe voluto restarci per sempre.
Affondò nella calda e morbida asciugamano, infradiciandola con l'acqua ancora presente sul suo corpo. Michael lo osservò con gli occhi percorsi da una fiaccola ardente di tenerezza.
«Sembra un pulcino tutto bagnato» disse. Gli sorrise, mentre Marco sentì il sangue affluirgli alle guance. Caldo. In quel bagno la temperatura era decisamente troppo troppo alta. O forse era semplicemente il calore spigionato dal corpo di Michael così dannatamente a stretto contatto col suo.
Si presero cura a vicenda l'uno dell'altro in un leggero clima scherzoso e spensierato. Sembravano padre e figlio, con l'unica differenza che tra i due non riusciva a capirsi chi era il padre e chi il figlio. Erano entrambi talmente infantili e allo stesso tempo premurosi verso l'altro da scambiarsi più volte i ruoli. Ed era proprio quella l'espressione più alta dell'amore. Non avere ruoli, ma confondersi l'uno con l'altro, l'uno nell'altro. Si ingarbugliarono insieme nel filo del phon, scoppiando più volte in fragorose risate, si fecero, come di consueto, continui dispetti, tentarono di lavarsi decentemente i denti, ma finirono con lo spargere ovunque il dentifricio. Di riuscire a rimanere seri non se ne parlava, amavano viversi così, come in uno scherzo perpetuo che sembrava non avere alcuna fine.
«Mh...» mugulò Michael. Era dietro di lui e Marco poteva scorgere l'espressione beffarda dal riflesso dello specchio che gli era davanti.
«Che c'è?» il ragazzo stava torturando il suo ciuffettino, tentando di dargli una conformità quantomeno decente.
«Mhmh...» lo afferrò da dietro, bloccando il suo bacino tra le possenti braccia. Marco, preso alla sprovvista, sussultò.
«Amore, smettila» lo canzonò, «sto cercando di aggiustare 'sto ciuffo.»
«Mhmhmh...» continuò, ignorandolo. Affondò la testa nei capelli del ragazzino, lasciandogli un tenero bacio.
«Dai...» Marco si contorse tra le sue braccia, tentando, invano, di liberarsi.
«Mhmhmhmh...» Niente. Di smetterla proprio non se ne parlava.
«Mi dici che cavolo vuoi?» stava perdendo la pazienza. Tra i capelli che non davano cenno di voler stare al loro posto e Michael che non smetteva di fare l'idiota, gli erano ormai saltati i nervi. La pazienza non era uno dei suoi pregi.
«Tu sa cosa io vuole.» Marco poté scorgere l'espressione furba che si era materializzata sul suo volto. Oh sì, lo sapeva bene cosa voleva.
«Ancora?!» gli chiese, voltandosi verso di lui.
«Yes» l'angolino del labbro destro gli si alzò leggermente, «again, again and again.»
Marco roteò gli occhi al cielo. Insaziabile, pensò. «Però adesso è il mio turno.»

Michael era appoggiato allo stipite della porta. Stava aspettando Marco, ritornato al suo appartamento per preparare i bagagli. In qualche modo, il ricciolino era riuscito a trovare un paio di biglietti per un volo che sarebbe partito tra meno di due ore.
Quando lo intravide, spuntato dall'altro capo della strada trascinandosi dietro un'esile valigia, sul suo viso si fece spazio un ampio sorriso, ricambiato a pieno dal ragazzino. Due paia di occhi, due sorrisi, si incrociarono, scontrandosi consapevolmente gli uni negli altri.
Con lo sguardo fisso su Michael, Marco attraversò la strada. Rimase sulle strisce pedonali, ma commise un grave errore: troppo occupato a non staccare gli occhi dal riccio, non guardò a destra e a manca per controllare se qualche macchina stesse per passare. E, dato che il destino aveva deciso proprio di continuare quel suo crudele gioco con loro due, esaudì il desiderio che Marco espresse in un momento cupo della sua vita e che, in modo tanto crudele e imprevedibile, aveva deciso di mettere da parte, per poi tirarlo nuovamente in gioco quando i due meno se lo aspettassero. E quello sembrava proprio essere il momento più opportuno.
Meschino come non mai, il destino portò a compimento il suo piano. Una macchina, che sfrecciava sull'asfalto ad una velocità nettamente superiore al livello massimo, travolse in una frazione di secondo il povero Marco, che se ne accorse solamente quando ormai l'impatto era inevitabile. Non ebbe neanche il tempo di metabolizzare la triste consapevolezza di essere spacciato, che si ritrovò scaraventato, quasi privo di sensi, sulla strada.
Il rumore dell'impatto sembrò diffondersi in uno straziante crescendo dal punto in cui lo scontro era avvenuto.
«Marco!» un urlo terrorizzato, acuto, stridente, che andò ad affievolirsi sul finale, quando ormai l'immagine di Marco, steso per terra grondante di sangue, era stata recepita dal suo cervello.
Persone, che fino a un attimo prima passeggiavano tranquille sul marciapiede, ognuno con i propri problemi a cui far fronte, con la propria vita da mandare avanti, accorsero subito sul luogo. Si accerchiarono intorno al ragazzino, qualcuno chiamò un'ambulanza, qualcuno si improvvisò medico.
Michael, invece, rimase per qualche secondo fermo, impietrito sul posto. Sentiva il panico affluirgli nelle vene, le lacrime pungere alle basi degli occhi.
Ebbe finalmente la forza di muoversi. Corse veloce, facendosi spazio sgraziatamente tra la gente che aveva creato un muro impenetrabile intorno a lui.
Quando gli fu davanti, si accasciò per terra. Le lacrime cominciarono a schizzare a fiotti dai suoi occhi, con lo stesso ritmo con il quale il sangue sgorgava dalle ferite di Marco.
Una pozza rossa scarlatta si era formata tutt'attorno al ragazzo. Il dorso, anche se lentamente, continuava ad alzarsi ed abbassarsi, segno che ancora un briciolo di vita rimaneva in quel corpo che, a prima vista, ne sarebbe potuto sembrare ormai privo.
Il mormorio della gente, fastidioso e ed irritante, che ipotizzava quante possibilità avesse il ragazzino di poter sopravvivere - a detta di molti, piuttosto scarse - a quel tragico incidente, non fece altro che aumentare le ansie del riccio. Gli circondò il corpo con le braccia e se lo portò, con estrema delicatezza, al petto.
«Ti prego» un tono disperato, implorante dell'impossibile, «Non abbandonarme» singhiozzi e lacrime gli attraversavano la voce, «Io ha tanto bisogno di te. Ti prego.»
Cosa però avesse deciso il destino a nessuno era dato saperlo: forse lo avrebbe salvato, avrebbe compiuto un piccolo miracolo, concludendo quel suo gioco con un lieto fine, oppure lo avrebbe concluso tragicamente, nel peggiore dei modi. Per il momento, si limitava a continuare a prendersi beffa di loro, ancora.




#MySpace
Ciao carissimi lettori,
Sono sempre più in ritardo, lo so. E i capitoli fanno sempre più schifo, so anche questo.
Purtroppo ultimamente, tra i vari impegni scolastici, tempo per dedicare alla scrittura ne ho sempre di meno. E questa piccola schifezza ne è il risultato.
Beh.. Vi ho già detto che amo iniziare i capitoli nel più dolce dei modi e poi finirli in quello più doloroso?! Probabilmente sì, ma ve lo ripeto lo stesso. Adoro essere dolce e bastarda al tempo stesso, mi dispiace per voi.
Ma, come vi ho già detto, manca poco alla fine. Solo un paio di capitoli e non sarete più costretti a leggere le oscenità che vengono fuori dalla mia perversa mente.
Perdonatemi ❤ vi amo ❤
Per sicurezza, però, vado a nascondermi, nel caso il capitolo vi susciti atti non poco violenti nei miei confronti.
A presto :*
Un bacio, la vostra Lady Malvagità ❤
  
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