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Autore: Mia Renard    29/10/2014    1 recensioni
Quando si trovò davanti alla persona che la nipote aveva portato con sé, gli si gelò il sangue.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Charlie Matheson, Miles Matheson, Sebastian Monroe
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Il primo pensiero di Miles, appena aperti gli occhi la mattina dopo, fu Bass. Ma, a differenza di tutte le altre, questa volta la sua immagine nella mente non gli portò una stilettata di dolore, ma gioia ed euforia.
Avevano sistemato le cose, si erano ritrovati, si amavano.
Era da molto tempo che non si sentiva così: sereno, leggero, ottimista, libero di respirare senza avere un macigno sul petto. Tutto gli appariva migliore. Forse, a conti fatti, il mondo non era così brutto. Con Bass al suo fianco avrebbe potuto affrontare di tutto.
Non gli importava quanto tempo ci sarebbe voluto ma si sentiva certo che, prima o poi, le cose si sarebbero sistemate, e loro avrebbero finalmente potuto stare insieme.
Trascorsero alcuni giorni.
Miles aveva aspettato due notti ma la terza era tornato da Bass, incapace di poter resistere ancora senza vederlo. Avevano rifatto l’amore, avevano parlato, fatto ipotetici progetti, o per meglio dire, sogni per il futuro: una casa, un lavoro normale, una vita insieme.  Senza più problemi. Lontano da tutto e da tutti. Dove nessuno avrebbe mai potuto trovarli.
-Magari su un altro pianeta- aveva scherzato Bass, accoccolato tra le braccia dell’altro.
-Magari…- aveva riso Miles, prima di attirarlo di nuovo a sé.
Anche quella mattina, quindi, si era alzato con uno stato d’animo diverso. Per quanto flebile, esisteva la speranza che ci fosse una via d’uscita da tutta quella situazione. Ma, prima che finisse di formulare del tutto questo pensiero, sentì suonare la campana della città. Di solito non preannunciava niente di buono. Le novità positive non erano una cosa frequente.
-E adesso cos’altro succede- pensò tra sé.
Uscì in veranda.
Tutti erano voltati verso i cancelli di recinzione che si stavano aprendo.
Miles sentì una morsa gelida alla bocca dello stomaco. Aveva una strana sensazione, come un presentimento. Nulla l’avrebbe mai preparato a quello che vide. Stava entrando un carro. Trasportava alcune persone ed una gabbia, con all’interno un prigioniero che stavano conducendo appunto alle prigioni: Bass. Questo si guardava attorno, sostenendo lo sguardo dei presenti. Ma appena incontrò quello dell’amato, lo distolse immediatamente, per paura che qualcuno notasse qualcosa. Ma in quella frazione di secondo durante la quale i loro occhi si erano fissati gli uni negli altri, Miles aveva visto in quelli celesti di lui rammarico e rassegnazione. Come se avesse voluto dirgli –Mi dispiace.-
Le emozioni che esplosero nell’animo di lui, furono così intense che per poco non perse i sensi. Non riusciva più a respirare, come se i polmoni si fossero improvvisamente riempiti di catrame, le gambe minacciavano di cedere da un momento all’altro e in bocca sentì il sapore della bile. Si aggrappò alla ringhiera di legno per non crollare, stringendola fino a far sbiancare le nocche. Panico, terrore, disperazione, lo travolsero con la potenza di un tornado. Serrò le palpebre e strinse i denti, tentando di mantenere il controllo. Non poteva crollare adesso, non doveva.  Era indispensabile che mantenesse la lucidità. Bass si stava per trovare davanti ad un processo ridicolo ed un’esecuzione certa. Non poteva permetterlo! L’amore della sua vita, il suo unico motivo di esistere, sarebbe stato giustiziato. L’istinto gli stava urlando di impugnare la spada e di lanciarsi contro quel carro, aprendosi la strada verso di lui a suon di cadaveri. Di tentare di liberarlo. Anche a costo di morire nel tentativo, ma di dargli una lieve possibilità di scappare. Ma non l’avrebbe aiutato così. L’avrebbero ucciso per impedirgli la fuga e sarebbero morti entrambi per niente. Doveva ragionare, escogitare un piano. Si impose di non permettere alle emozioni  di prendere il sopravvento.
Non ce la fece. Scosso da tremori rientrò in casa, corse verso la sua stanza, anche se era solo, e si chiuse la porta alle spalle. Tirò alcuni pugni contro la parete, fino a farsi sanguinare le mani. Poi crollò a terra, seduto, facendo scivolare la schiena lungo la porta, portandosi la testa tra le mani. Ma concesse alla paura ed alla rabbia solo pochi minuti. Disperandosi non avrebbe trovato una soluzione, e neanche chiedendosi come avevano fatto a trovarlo. Forse era colpa sua, forse l’avevano individuato e seguito, e lui, non si era accorto di nulla. Aveva pensato più a sé stesso che all’incolumità dell’uomo che amava. Ragionandoci adesso però, stava solo perdendo tempo prezioso.
Ricomponendosi uscì dalla sua camera, dove trovò Charlie. Dalla sua espressione capì che era decisa ad aiutarlo a salvare Bass. Glielo doveva. Lui le aveva salvato la vita. Forte e determinata sarebbe stata una valida alleata.
 
Andò peggio del previsto perché non ci fu nessun processo. Bass fu condannato a morte per il semplice fatto che era considerato il ricercato numero uno.
Miles e Charlie avrebbero dovuto agire subito. Lei aveva inizialmente proposto di aspettare qualche giorno, di aspettare che si calmassero le acque, nella speranza che la sorveglianza su Bass si allentasse  un po’.  Ma l’altro non ne aveva voluto sapere. Non sopportava l’idea dell’amato chiuso nelle carceri della cittadina, solo e abbandonato da tutti. Inoltre, quello stesso pomeriggio, scoprirono di non avere tutto quel tempo. Miles era rimasto a casa per non destare il minimo sospetto. Doveva sembrare che non sapesse niente del nuovo prigioniero e che nemmeno gliene interessasse granché. La nipote invece era andata in piazza per l’annuncio dell’arresto di Bass, nella speranza di raccogliere qualche informazione utile per il loro intento. Quando era tornata con la notizia che l’esecuzione era stata fissata per la mezzanotte di quello stesso giorno, lo zio credette di morire, anche se non fu affatto sorpreso.  I patrioti non volevano correre il rischio di farselo scappare, quindi l’avrebbero ammazzato il prima possibile.
-Dobbiamo aspettare l’imbrunire. Poi ci avvieremo verso le prigioni, separatamente, facendo strade diverse. Farò il percorso più breve  e arriverò qualche minuto prima di te. Io apro la strada verso la sua cella, a te spetta la retroguardia. Ma dovremo essere assolutamente veloci e silenziosi. Se qualcuno riuscirà a dare l’allarme sarà finita- disse lui.
-E’ una follia. Avranno messo numerosi soldati  a guardia di Bass. Non puoi entrare da solo. In due avremo più possibilità. E lo sai che a sparare sono brava quanto te.-
-E’ troppo pericoloso. Tu stai dietro di me. Se le cose si mettono male, scappa. –
-E tu credi che me ne andrei senza di te? Miles…- tentò di obbiettare lei.
-E’ probabile che sia un suicidio, Charlie! Tu devi poterne uscire. Non voglio che tu sia coinvolta. Se la situazione degenera voltati e torna indietro, più veloce che puoi.-
-E tu?-
-Quelli lo uccideranno. Io devo tentare. Bass…- si interruppe cercando di trovare le parole adatte di calmarsi. La voce gli tremava: -…è importante per me. Non posso abbandonarlo. Non sopporto l’idea di perderlo- confessò infine con un sospiro.
-Lo capisco. Ed è anche per questo che voglio aiutarti. Ma su questo sono irremovibile : entreremo insieme ed usciremo insieme. Portando Bass fuori di lì.-
 
Aspettare la sera non fu facile per Miles. Cercò di tenersi impegnato in tutti i modi: pulì le armi, affilò la spada, ma il suo unico pensiero era l’uomo che amava, in mano ai patrioti. Era solo, rinchiuso in chissà quale buco ad aspettare la fine. Strinse i pugni. Non si era mai sentito così impotente. Non avrebbe mai dovuto permettergli di rimanere. Avrebbe dovuto immaginare che, prima o poi, l’avrebbero trovato. Era stato uno stupido. Perché si era lasciato andare ai sentimenti? Forse, se quella notte, anziché cedere, fosse riuscito a convincerlo che non lo amava più ma che lo odiava, come non aveva mai odiato nessuno, lui avrebbe abbandonato l’idea di restare per aiutarlo e se ne sarebbe andato.  Magari in un posto dove nessuno lo conosceva. Lontano da lui ma fuori pericolo. Era colpa sua. Bass sarebbe morto per colpa sua. Non poteva permetterlo, anche perché non se lo sarebbe mai perdonato.
 
Il sole era finalmente calato quasi del tutto. Al condannato rimanevano ormai poche ore. Miles e Charlie uscirono di casa in silenzio, avviandosi piano verso le prigioni.
Il passo lento, controllato, la testa china, le armi nascoste sotto ingombranti giubbotti.  La ragazza scorse negli occhi dello zio, una determinazione cos’ assoluta che mai aveva notato prima.  Dopo il black-out avevano affrontato di tutto, lei aveva perso il conto delle volte che avevano rischiato di morire, di tutte le volte che aveva pensato che ormai fosse finita, e lui invece era stato la sua forza, non si era mai dato per vinto.  Ma nonostante questo, a volte,  era riuscita a vedere, nella sua espressione, dubbio, paura, insicurezza, anche se lui tentava di nascondere tutti questi stati d’animo, travestendoli di distacco ed insensibilità. Adesso non ce ne era traccia.
Le strade erano deserte e silenziose. Il coprifuoco era stato revocato ma la gente preferiva stare al sicuro nelle proprie case. Fu per quello che sussultarono entrambi quando sentirono rumore di passi. Sembravano essere più persone. Il rumore di passi si stava avvicinando velocemente. Decisero che la cosa più prudente da fare era nascondersi dietro un angolo, appiattirsi contro il muro aspettando che il gruppetto passasse oltre. Anche per evitare domande. Trattennero il respiro vedendo che la strada veniva attraversata da un’intera squadra di soldati. Il cuore di Miles quasi gli saltò fuori dal petto quando notò che tra loro c’era Bass.  Aveva i polsi in catene e, due uomini armati, tenevano i fucili puntati verso di lui.
-Lo stanno scortando da qualche parte- bisbigliò alla nipote.
-Ma dove? Le uniche prigioni si trovano nella direzione opposta- osservò lei.
-Seguiamoli.-
Dopo alcuni minuti, Miles cominciò ad avere un sospetto. Si rese conto con angoscia che lo stavano conducendo alla vecchia banca.  Infatti fu lì davanti che si fermarono. Numerosi soldati rimasero di guardia all’entrata, gli altri condussero Bass all’interno.
-Dannazione- imprecò MIles.
-Che facciamo adesso?-
-Non possiamo farlo scappare da lì. Un solo ingresso, un caveau . E’ impossibile.-
-Ma perché l’hanno spostato? Non ce ne era motivo . Era mai successo prima che trasferissero un prigioniero?- chiese Charlie.
Il quel momento lo zio realizzò: -Sapevano! Sapevano che qualcuno avrebbe tentato di farlo scappare e l’hanno portato nel posto più inaccessibile che avevano a disposizione. Sono stati avvisati.-
 
Miles entrò in casa come una furia. Rachel era in cucina, gli dava le spalle. La afferrò per un braccio e la fece girare verso di lui in malo modo.
-Sei stata tu, maledetta!- tuonò strattonandola. –Eri l’unica a sapere che avremmo tentato di salvarlo.-
-Calmati- intervenne Charlie mettendosi tra loro. –Non è stata lei. Per quanto odi Bass non avrebbe mai fatto una cosa del genere.-
Sulle labbra dell’uomo comparve un sorriso amaro. Puntò di nuovo gli occhi sul viso passivo di Rachel.
-Tua figlia si fida di te- sibilò lui. -Dille che razza di vipera sei in realtà.-
-Smettila- tentò di nuovo la ragazza. –La stai accusando ingiustamente. E’ assurdo che…-
- Ha ragione- cominciò la donna con voce piatta. La sua espressione era indecifrabile. Come se a confessare il suo coinvolgimento nell’intera faccenda non provasse nessuna emozione. –Sono stata io a dirgli che vi sareste recati alla prigione per farlo scappare.-
Lei sostenne lo sguardo furioso di Miles.
-Mamma…-boccheggiò Charlie. –Non posso crederci. Come hai potuto fare una cosa del genere? Bass è dalla nostra parte e ci sta aiutando. Non è più l’uomo spietato di un tempo. Mi ha salvato la vita. Questo non t’importa?-
-No, per lei non fa alcuna differenza, non è vero?- ricominciò lui. –Tutto,  pur di riuscire a raggiungere i suoi scopi. Aveva già tentato una volta di ucciderlo. Un uomo che sta cercando di redimersi, che sta cercando il perdono delle persone che ha fatto soffrire. Riesci solo a farmi pena- disse scuotendo la testa. –Sei stata tu anche a dirgli dove era nascosto? L’hanno catturato grazie alle tue informazioni?- chiese lui.
-No. Non so come siano riusciti a trovarlo. Molto probabilmente hanno seguito te quando uscivi nel cuore della notte per andare da lui- affermò con tono di sfida. –Pensavi che non sapessi cosa c’è tra di voi?-
La nipote sgranò gli occhi. Improvvisamente le fu tutto chiaro.
Miles traboccava di rabbia. Gli ribolliva il sangue nelle vene, ma non per il fatto che lei sapesse del loro amore, ma per il fatto che, pur sapendolo, questo non l’avesse fermata.
Aveva fatto di tutto per lei, da quando Ben era morto si era preso cura di loro come aveva potuto, trascurando tutto il resto.
Incapace di controllarsi, spinse Rachel contro la parete con violenza, afferrandola con una mano per la gola e alzò un pugno a livello del suo viso per colpirla.  Si fermò a un centimetro dal suo zigomo.
-Non ti perdonerò mai per questo- bisbigliò al suo orecchio.  -Hai le mani sporche del sangue di Bass. Ricordati che sei ricercata. Quando ti cattureranno e ti condanneranno a morte, come hanno fatto con lui, non muoverò un dito per fermarli. E’ quello che ti meriti.-
Uscì di casa sbattendo la porta alle sue spalle. Non sapeva bene dove andare. Voleva solo allontanarsi da tutti.
Si trovò davanti ad un ufficiale : -Stavo cercando lei, signore. Il prigioniero desidera vederla.-
 
 
 
  
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