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Autore: Alexis Cage    28/11/2014    3 recensioni
Ho riscritto la realtà. Anzi, così sminuisco quello che ho fatto: ho salvato il culo a tutto il mondo.
Ora penso di poter tranquillizzarmi, no? Insomma, ho degli amici, dei veri amici, una famiglia che mi vuole bene e, soprattutto, ho ritrovato quel rincoglionito di Evan.
Ma c'è di meglio: i poteri non esistono più. Posso fare la mia tranquillissima vita di merda, finalmente.
E invece...no. Perchè, a quanto pare, ci sono persone capaci di rovinarmi la vita all'infinito, anche dopo la morte...o anche da luoghi molto, molto lontani.
Del resto, non ci sono confini alla mia sfiga. Ormai l'ho capito.
E stavolta non riesco a non chiedermelo: sarò capace di rimettere tutto a posto...di nuovo?
PS AUTRICE: questa è la continuazione della storia (conclusa) "Il diario di una reclusa"...quindi consiglio ai pochi folli che pensano di leggere questa storia di farsi prima un giro nell'altra, o capirete ben poco
Genere: Avventura, Commedia, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Diari di gente altamente normale'
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-Ci sei?-

Sbatto un paio di volte le palpebre, confusa.

Dove cazzo sono? Cosa cazzo sta succedendo?

-Ivy...tutto bene?-

Sono seduta su una panchina di pietra piazzata in mezzo a un giardino interno di quello che, a prima vista, sembra un monastero. Il cielo è azzurro come mai l'ho visto e il sole splende al massimo della sua potenza...e seduto accanto a me c'è Nathan.

È strano.

-No, sul serio, tutto ok?- mi chiede lui. Ha un'espressione preoccupata, come se si aspettasse di vedermi svenire da un momento all'altro.

-No, cioè...ecco...- farfuglio, al massimo della confusione. Poi abbasso lo sguardo e stranamente ricordo tutto quello che sta accadendo quando noto il colore del vestito che indosso.

Ah, già. Il matrimonio e tutto il resto. Siamo qua perchè Nathan voleva parlarmi in privato, da fratello a sorella, visto che per un po' non potremo farlo.

-Allora? Che volevi dirmi?- gli chiedo sorridendo, stranamente tranquilla. Lui mi studia per qualche istante, poi sorride di rimando e dice:

-Ero preoccupato che fossi in ansia per, sai, tutto quello che succederà...ma sei calma. Dov'è finita la mia sorellina costantemente isterica?-

-Ha notato che il fratello costantemente coglione sì è fatto una bella famiglia e quindi pensa di potercela fare anche lei?-

Mi sento davvero calma. Come se non avessi niente da temere. Che cosa fantastica...

...ma perchè, poi? Sono all'inizio della mia vita, ci sono infinite possibilità e me la sto facendo sotto. Allora perchè sono tranquillissima?

-Sì, ok, grazie mille, Ivy. Ma...allora non hai nemmeno un po' di ansia? Mi ero preparato a farti un mega discorso su quanto sia bella la vita di coppia e che è un grande passo e che non dovrai avere paura perchè...-

-Ho visto Harry ti presento Sally, grazie.-

-...sì, vabbè. Hai capito.- sbuffa Nathan con aria stizzita. E torna serio ad una velocità incredibile:

-Ma sei sicura di non aver paura di...tutto? Sarà difficile. Stressante, a volte. Litigherete, e dovrai chiudere quella boccaccia per far passare tutto. Considerando come siete voi due direi che accadrà presto. Vivrai con questo rimorso per sempre...-

-Cosa?- lo interrompo subito, allibita -Vivrò con questo rimorso per sempre? Non la stai mettendo giù troppo pesante...-

-Ragazzi! Occhio allo sposo!-

La voce della mamma non mi è mai sembrata così allegra. Tanto lo so che, sotto sotto, alla fine oggi è felice solo perchè nel fiore della mia adolescenza temeva che avrei finito i miei giorni acida, zitella e sola col mio stuolo di gatti da compagnia...e invece no. Finirò i miei giorni acida e col mio stuolo di gatti da compagnia e con Evan.

Se non ci ammazziamo prima, ovvio.

-Vattene via!- grida Nathan verso dove è giunta la voce della mamma, oltre le piante del giardino interno che ci circondano.

-Andiamo, non potete credere davvero che porti sfiga vederla vestita di bianco prima della cerimonia...- sento sbuffare da qualcuno che conosco bene. Io alzo gli occhi al cielo e sorrido e replico:

-E se poi inciampi e muori perchè non hai saputo aspettare?-

-Morirò felice perchè questo è il giorno migliore della mia vita?-

-Drogati meno.-

-E tu smettila di credere in idiozie e, dai, voglio solo parlarti...-

-Vattene o non ti sposo.- lo interrompo amabilmente.

Evan resta in silenzio, il che mi farebbe pensare che si sia offeso...se non lo conoscessi bene. Infatti dopo qualche istante dice:

-E va bene. Ci vediamo all'altare.-

-Così la fai sembrare una minaccia!- nota Nathan scoppiando a ridere.

-Ma lo è!- risponde la voce della mamma da una distanza che mi pare maggiore rispetto a quella di prima. Probabilmente sta trascinando via a forza Evan.

-Ivy! Solo una cosa!- grida ancora lui. Sento che il sorriso che ho stampato in faccia è ancora lì, e gli chiedo:

-Sì?-

-Non è colpa tua! A presto!-

Detto questo, sento una porta che si apre e si richiude: sono rientrati in chiesa.

E io punto gli occhi su Nathan, confusa come non mai.

-Non è colpa mia? Che intendeva?-

-Perchè ti preoccupi di queste cose?- nota lui con un tono allegro -Ti stai per sposare, cazzo! La mia sorellina si sposa...dov'ero, col discorso di prima?-

Sembra proprio sperduto, così gli suggerisco io il punto in cui ci avevano interrotti:

-Vivrai con questo rimorso per sempre, e devo dire che non è molto incoraggiante...ehi, un secondo. C'è qualcosa...di strano. Qua non ci sono porte, giusto?-

Perchè questo dettaglio mi sembra più che importante, adesso?

-Sono venuta qua in gita da piccola, con la scuola.- dico a Nathan, ed è come se non comprendessi qualcosa, qualcosa di ovvio -Non c'erano porte. Mi ricordo, l'hanno detto tantissime volte.-

-Mi stai dicendo che vuoi fare la guida turistica o...?-

-Allora che porta hanno chiuso Evan e la mamma cinque secondi fa, quando entravano?-

Nathan resta in silenzio. E, non capisco come, so che non è un silenzio da "oddio è impazzita".

-...Nate?- lo chiamo. All'improvviso la mia voce mi sembra debole. E il cielo è troppo azzurro.

E il mio vestito da sposa è un'illusione.

-...Nathan, cosa sta succedendo?- sussurro. Non riesco a staccare gli occhi da quello che mi sta attorno, perchè è come se le piante, il terriccio che fa da sentiero fino alla panchina, il cielo...è come se stessero oscurandosi.

Non sono così sorpresa quando vedo che anche Nathan sta diventando opaco.

-Scusa.- mi dice con una voce che sembra faticare a dire ogni lettera -Scusa, Ivy. Non volevo che lo capissi. Mi dispiace.-

Sembra quasi che stia diventando di pietra.

-Capire...cosa?- domando io. Ma non ho bisogno di sentire la risposta.

Perchè già la conosco.

Come se mi potesse leggere nel pensiero, la statua che era stata Nathan mi sorride leggermente, con amarezza:

-Lo sai.-

-E invece no.- gli rispondo, ma non suono sicura neanche a me stessa.

Il Nathan che non è Nathan smette di sorridere e non bada alle piante attorno a noi che si stanno solidificando, perdendo ogni colore, mentre mi dice:

-Sei sempre stata cocciuta. Come nessuno prima. Hai creato un nuovo mondo, sei morta e rinata così tante volte in ogni dimensione che è come se avessi vissuto mille esistenze diverse...ma eri sempre te. Tu e i tuoi poteri siete una cosa sola, in ogni realtà.-

-...è uno scherzo, vero?- domando. Poi mi viene un dubbio terribile, e gli chiedo:

-Dov'è Evan?-

Il falso Nathan non stacca gli occhi dai miei mentre risponde:

-Lo sai. Sai dov'è lui, dov'è Nathan...dove sei te davvero. Non puoi scappare.-

-Io non scapperei mai.- gli rispondo quasi per istinto. O forse...forse non per istinto. -Non sono scappata perchè ho paura.-

-E perchè, allora?- mi chiede Nathan.

Alzo gli occhi verso il cielo. Non è più azzurro: ora è grigio, scuro. Morto. Anche le piante che ci stanno attorno sono morte, pietrificate in un istante di questa falsa esistenza che ho concesso loro. Come tutto, qua...sono false.

False.

-Ho sentito le loro voci.- sussurro a Nathan, guardandolo ancora negli occhi -Li ho sentiti gridare. È tutta colpa mia...-

-No.- m'interrompe lui. Stranamente, riesce a sorridere nonostante abbia il volto quasi di pietra mentre alza una mano e, quasi con tenerezza, mi asciuga una lacrima dalla guancia. Non mi ero accorta di piangere.

-No. È stata una scelta di Nathan, tu sei una vittima esattamente come loro. Non hai colpe per ciò che è accaduto.-

-Ma sono morti.- non riesco a non dire -Tutti i normali...-

-Ed è orribile. Sì. Ma non è colpa tua, Ivy. Non lo è mai stata. Anzi, per tutto questo tempo non hai mai agito, sei stata in balia dei tuoi poteri e degli avvenimenti...-

-Adesso basta.- lo interrompo, e lui capisce subito cosa intendo -Basta. Non ho mai voluto questi poteri. Non ho mai voluto che mi dessero la caccia o volessero uccidermi per questi poteri. Non li ho mai chiesti...ma tutto quello che è successo è colpa mia, perchè non ho mai fatto niente per impedirlo...-

-Ora puoi impedire che accada il peggio.-

Guardo ciò che ha creato la mia mente, la statua con la faccia di Nathan, e gli chiedo:

-E come? Tutti i normali sono morti. Nathan si è preso i miei poteri, tra poco mi lascerete per sempre. Evan...Evan sta morendo.-

-Sai cos'è un problema abbastanza serio, Ivy?- mi domanda la statua. Io la fisso, non capendo, e quella pare divertita mentre conclude:

-La risposta è quasi sempre l'ovvio. Hai passato tutto il tempo a pensare a come usarci per salvare il mondo...quando adesso basterebbe un'azione alla vecchia maniera.-

Improvvisamente, la statua si alza dalla panca di pietra al centro del giardino di pietra. Si infila le mani nelle tasche dei pantaloni eleganti che indossa (e che, stranamente, sono di pietra ma sempre di tessuto) e mi fissa per qualche istante.

-Non dannarti. Torneremo da te, prima o poi, e potrai salvare davvero tutti. Ma per ora...per ora devi accontentarti di salvare quelli che puoi. Se loro morissero, beh, sarebbe completamente colpa tua...per i normali servirà tempo. Prima o poi riuscirai a dormire senza avere incubi.-

Non so perchè, ma senza alcuna aspettativa sento qualcosa simile al panico bloccarmi la gola e farmi spalancare gli occhi quando realizzo che la statua se ne sta per andare.

-Come farò senza di voi? Fate parte di me, non posso...-

-Ce la farai.- m'interrompe -E, se non credi alla mia parola, credi a quello che vedi.-

-Cosa vedo?- gli chiedo. Lui guarda il cielo, le piante, me.

-Un mondo di pietra. Sicuro, immutabile: ti aspetteremo.-

So che lo faranno. Del resto...i poteri non mi hanno abbandonata nemmeno quando sono morta, no? Quasi non me ne accorgo, accade in un attimo. In un momento sono nella parte più profonda di me, dove ci sono solo i poteri (forti, certo...capaci di creare illusioni per proteggermi da una realtà che non voglio affrontare). Dopo un altro momento sto tornando indietro.

Senza poteri, completamente inerme. Colpevole della morte di tutti i normali.

E l'unica speranza per gli altri.

Cose da tutti i giorni, insomma.

  
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