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Autore: Experiment 513    06/12/2014    1 recensioni
A Londra il tasso di suicidi aumenta pericolosamente, allarmando i cittadini e Scotland Yard; il problema si espande velocemente in tutta l'Inghilterra e successivamente anche nell'intero Regno Unito e in alcune città del resto dell'Europa.
L'ispettore Fraser sospetta che si celi qualcuno dietro questi suicidi (un serial killer o una qualche associazione segreta - una setta, forse), ma nessuno gli crede, eccezion fatta per gli agenti Williams e Walker, che insieme a lui raduneranno gli uomini migliori per creare una squadra di specialisti e trovare un numero sufficiente di prove che confermi la loro ipotesi, in modo da aprire un'indagine e risolvere il mistero dei suicidi di massa.
Genere: Azione, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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── La Comitiva degli Aspiranti Suicidi ──

 

“We know we shouldn't do it but we do it anyway”

──────────────────────────

 

 

 

 

“Il suicidio non elimina la possibilità che la vita peggiori.

Il suicidio elimina la possibilità che essa diventi migliore.”

Oliver Sykes

 

 

 

November 8

SUNDAY

 

 

Diventò amico di Heinrich per mera fortuna o fu un complesso artificio del causalismo?

    Quando Peter si trasferì in Inghilterra era equipaggiato di buone intenzioni, voglia di cambiare e un’abbondante dose di speranza. Null’altro se non tanti umili sentimenti che miravano a cause lodevoli come l’adempimento della virtù nella propria vita e la pace nel mondo. Lui era fatto così.

   Aveva deciso che sarebbe tornato in Inghilterra perché era da lì che venivano i suoi bisnonni, due giovani coraggiosi che avevano deciso d’imbarcarsi – con tutti i rischi che questo comportava – in un’avventura verso il Nuovo Mondo alla ricerca di ricchezza e fortuna. Non si aspettava di essere ben accolto in quella che sarebbe divenuta la sua nuova patria, ma confidava nel suo temperamento tranquillo e socievole per stringere presto delle nuove amicizie che lo avrebbero aiutato durante il nuovo capitolo della sua vita. E così fu. Prima ancora di giungere a Londra fece la conoscenza di un ragazzo che divenne uno dei suoi amici più fidati: era il suo compagno di viaggio, Heinrich, un giovane violinista di ritorno da uno spettacolo tenutosi a New York. Parlava un inglese molto personale, lento e cantilenante, ma con la cadenza tipica di uno straniero e un lieve accento che svelava le sue origini. Si era trasferito a Londra da Luzern perché “l’aria inglese lo rendeva più ispirato” – così gli aveva confidato – e aveva preso alloggio in una piccola villa in periferia, mentre Peter si era limitato ad affittare una modesta casetta a schiera in una delle tante vie della città.

    «È così suoni il violino, eh?» domandò Peter, nel disperato tentativo di dimenticare i chilometri che lo speravano dalla terra ferma. «Dev’essere difficile.»

    «Quando si ama qualcosa nulla è impossibile!»

    L’americano sorrise alle sue parole. Era la prima volta che lo incontrava, ma gli stava già incredibilmente simpatico: tutto in lui irradiava innocenza, bontà e un eccessivo ottimismo, uno di quei caratteri socievoli dei quali è difficile diffidare. In un certo senso si potrebbe dire che si somigliassero.

   Dopo aver trascorso quasi otto ore di volo insieme dovettero separarsi all’aeroporto, ma il violinista insistette affinché si scambiassero i numeri di telefono per tenersi in contatto; così, anche se non era un grande intenditore di musica classica, Peter finì per assistere a diversi dei suoi spettacoli e rafforzare il loro legame di amicizia. Heinrich gli presentò alcuni dei suoi amici più intimi per integrarlo nel gruppo e farlo sentire meno solo: quando si alloggia in una nuova città e non si conosce nessuno ci si sente un po’ spaesati, e Peter era stato tanto buono e gentile con lui che non meritava una simile sfortuna.

  

 

***

 

Uno scroscio di applausi instancabili annunciò la fine dello spettacolo e tutti i musicisti s’inchinarono di fronte al pubblico entusiasta. Heinrich fece volare lo sguardo sui presenti, cercando il gruppo di amici che avevano promesso di assistere alla sua esibizione; a volte si sentiva come un bimbetto durante il giorno della recita. “Dove sono la mamma e il papà? Non sono venuti a vedermi?”.

    Il sipario si chiuse e lui poté raggiungere Peter, Franklin, Gregor, Edward e… Dov’era Mark?

    «Ehi, Wolfie!» esultò Frank, un ricco avvocato marpione dal sarcasmo facile. «Sei stato fantastico!». Frank adorava affibbiare nomignoli e quello di Heinrich fu uno dei più semplici: aveva deciso di chiamarlo Wolfie per le sue prodigiose abilità sinfoniche e il suo amore incondizionato per le opere di Mozart.

    «Grazie, grazie mille, sono felice che siate venuti.»

    «Figurati, a noi fa sempre piacere» lo rassicurò Edward.

    «Su, tutti al bar, offre la casa!» esclamò Gregor, incoraggiandoli a seguirlo con un gesto ripetitivo del braccio, come se quello bastasse a radunarli tutti e trascinarseli dietro.

    Era tarda sera e capirono di essere vicini al bar quando cominciarono a sentire odore di ciambelle fritte e brioche calde. Il loro profumo era talmente forte e inebriante che perfino i passanti, sentendolo, entravano per ordinarne una; Gregor, dopo averle sfornate, ne teneva qualcuna vicino la finestra che affiancava l’entrata, in modo da diffondere la dolce fragranza anche al di fuori del locale.

    Gregor salutò i colleghi e si fece spazio nel retro del bancone, prendendo una cassetta di birra e diversi bicchieri di vetro; mentre gli altri bevevano, Frank non era riuscito a placare la fame e cedette alla tentazione di comprare una terza brioche, sotto lo sguardo nauseato di Peter  che – tra le altre cose – era famoso per avere lo stomaco piccolo quanto una ciliegia.

     «Ehi, Frankie-Frank, siamo venuti qui per bere, non per mangiare!» lo rimproverò scherzosamente Gregor.

    «Ma sono così buone…! Questa è l’ultima, poi basta, promesso.»

    Il giovane sorrise e riempì per l’ennesima volta i bicchieri di tutti con della birra fredda; brindarono per la meravigliosa esibizione di Heinrich e poi brindarono ancora, perdendosi in sproloqui sulla musica, sulle brioche, sulla libreria di Edward e sulle pessime abitudini di Frank. Poi Heinrich si fece audace e domandò: «Come mai Mark non è venuto? Sta bene?»

    «Era andato a trovare Agnes e Morgan. È tornato stamattina e ha detto di essere troppo stanco per venire» rispose Peter.

    «Dove vivono?» intervenne Frank, l’impiccione della combriccola.

    «In Svezia.»

    «Ma sono solo due ore di volo!»

    Peter si passò una mano tra i capelli scuri e si strinse nelle spalle con aria mortificata, neanche fosse stata colpa sua.

    «Ho fame» li interruppe Gregor. «Vi va una pizza?»

    «Ma è mezzanotte…» protestò Edward.

    «Oh, sì, una bella pizza, mi è venuta un’idea!» esclamò l’avvocato. «Peter, vieni con me! – voi rimanete qui.»

    «Frank, ma che cosa…» Troppo tardi, l’amico era già uscito dal locale. «Ehi, aspetta!»

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Questo capitolo (e il seguente, che forse pubblicherò lunedì) non

mi convince affatto. Inizialmente mi sembrava un modo molto

carino per presentare alcuni dei personaggi principali e secondari,

tuttavia… non saprei, c’è qualcosa che non va. Avevo pensato di

abbandonare quest’idea e provare a riscriverne un’altra, ma se ho

deciso di pubblicare questa storia su EFP è proprio per conoscere

il parere di altre persone e capire se ho fatto una sciocchezza o il

racconto procede come dovrebbe, motivo per cui lascio la parola

a voi...

 

 

                                                     Christopher

   
 
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