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Autore: Ignis_eye    11/12/2014    1 recensioni
Non esiste solo un mondo, ce ne sono parecchi, o meglio, ce ne sono tanti raggruppati in uno solo, dove gli umani trascorrono tranquillamente la loro esistenza e dove le creature magiche vivono in armonia e talvolta si fanno la guerra.
Gli esseri magici svolgono le loro faccende quasi con normalità, tenendole nascoste agli uomini, ma... che cosa succederebbe se un terribile segreto venisse rubato e due razze si scontrassero?
Genere: Guerra, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Elsa con uno scatto in avanti poggiò le sue labbra su quelle di Sefora e le rubò un casto bacio, prendendola di sorpresa.
Fu delicato e dolce, ma anche solo così le aveva fatto esplodere il cuore in petto, le sembrò di morire. E se avesse potuto scegliere, non avrebbe chiesto modo migliore per lasciare questo mondo.
Staccò le sua labbra da quelle dell’altra dopo averne assaporato il tepore, allontanandosi solo di qualche centimetro, lasciando che i loro respiri si mischiassero in un fiato solo.
Non le sembrava nemmeno vero di averlo fatto, era tutto così surreale… eppure Sefora non era un’illusione causata dal veleno. Era lì in carne e ossa.
Incrociò il suo sguardo stupito ed esitante. Sentì lo stomaco contorcersi, pensò di aver fatto la cosa sbagliata ed era già sul punto di chiederle scusa, quando due labbra calde collimarono con le sue, dissipando ogni timore.
Portò una mano dietro la schiena della maga tenendola stretta a sé, mentre il bacio diventava più passionale.
Leccò il labbro inferiore con la lingua, chiedendo il permesso a quella bocca bellissima di poter approfondire l’effusione, permesso che non venne negato.
All’inizio fu timido, quasi titubante, ma ben presto si fece più ardente: le lingue danzavano nelle loro bocche intrecciandosi ripetutamente, lasciandosi e rincorrendosi, finché le due non si staccarono ansimanti.
«Elsa» sussurrò la cercatrice «Elsa…».
Le sorrise con occhi lucidi, mostrando dopo tanto tempo una schiera di denti perfetti in un sorriso genuino e sentito davvero.
Avrebbe voluto dire qualcosa, ma la licantropa la fermò con un bacio leggero sulle labbra; sapeva già quel che avrebbe detto, perché era quello che pensava anche lei: finalmente.
«Elsa, dimmi che non è un sogno».
«Ti giuro che è tutto vero».
La licantropa si sentì leggera come se fosse stata d’aria, tranquilla, libera. E dannatamente felice.
“Sì, sì, sì! Ricambia, ricambia!”.
Strano come un semplice bacio possa rendere migliore anche la prigionia. Erano ancora in quella cella sporca e umida, sedute sul pavimento duro e freddo, eppure tutte e due stavano meglio.
«Sefora, da quanto tempo ti piaccio? Tu da quando mi appoggiasti sulla testa quella corona di piccoli fiori bianchi. Da allora sono preda della più bella maledizione che esista».
L’altra sorrise e le guance le si tinsero di rosso; non credeva che la licantropa si ricordasse ancora di quel gesto, tanto era insignificante.
«Io ti penso da quando ti sei battuta con Carlo per difendermi» rispose sussurrando con dolcezza «ma non credere di non avermi colpita già da prima».
Elsa ridacchiò.
«C’entra qualcosa un certo salvataggio in una notte di luna piena?».
«Colpita e affondata».
Risero sommessamente, appoggiando la fronte l’una su quella dell’altra. Elsa sospirò.
«Sefora, io non vorrei rovinare il momento, ma… devi finire di raccontarmi la storia. Dimmi cosa cercano precisamente i mannari».
«Non ti preoccupare. Adesso che siamo qui dobbiamo rimandare le tenerezze e pensare a cavarcela» la rassicurò. Poi, abbassando la voce per non farsi sentire da eventuali guardie nel corridoio, continuò.
«Come ti ho già detto una volta, nel Necronomicon c’è un incantesimo che permette di riportare in vita i morti, tuttavia non basta conoscere la formula per ridestare i dormienti».
«Che cosa serve? Hai davvero quello che cercano?».
La cercatrice fece una lunga pausa, torturandosi le mani.
«Sefora. Non mentirmi» l’incalzò Elsa con sguardo cupo «siamo sulla stessa barca, non mi proteggerai tenendomi all’oscuro di tutto».
«Ecco, io…» era titubante, avrebbe preferito non parlare oltre, ma la mano di Elsa prese la sua e le diede il coraggio per raccontarle tutta la verità.
«Non so precisamente cosa serva, tuttavia so dove possono trovarla».
La licantropa alzò un sopracciglio, scettica, ma Sefora si affrettò a dissipare i suoi dubbi.
«Per sbaglio, quando vivevo ancora a Milano, mi capitò sotto mano un libro del quale non avrei mai dovuto nemmeno conoscere l’esistenza».
« Dove successe di preciso?».
«Nella biblioteca di una chiesetta dove facevo la chierichetta. No, non sono cristiana» precisò vedendo Elsa molto stupita «ma bisognava mantenere le apparenze, far finta di essere umani, e così… beh, hai capito».
La ragazza annuì: ricordava fin troppo bene la reticenza nell’accettare i sacramenti cristiani, anche lei come tutti i coetanei aveva dovuto sopportare quei riti.
«Beh, tornando al libro… era scritto a mano ed emanava una strana energia; appena lo presi, venni invasa dall’angoscia, ma mi intestardii di leggerlo e così feci. Dopo poche pagine, il prete mi scoprì e diventò prima pallido come la neve e poi rosso come un pomodoro. Si mise a urlare qualcosa e me lo strappò di mano».
«Come mai?».
«Quel prete faceva l’esorcista, e quel libro era di un indemoniato. Ci mise dieci anni ad esorcizzarlo, e ci riuscì solo perché aveva scoperto qualcosa di orribile contenuto in quel libro».
«Allora come mai l’ha tenuto?» domandò «Perché non l’ha distrutto?».
«Penso per non attirare su di sé o su altri l’ira del demone che l’aveva scritto».
Per un pelo ad Elsa non cadde il mento per terra: un libro scritto interamente da un demone?
«Sefora, se davvero l’aveva scritto un demone, quel prete ti ha salvata da un grave pericolo!» esclamò alzando un po’ la voce.
«Shhhh! Parla sottovoce».
«Scusa. È solo che il Necronomicon è stato scritto solo in minima parta da demoni ed è il volume più pericoloso del mondo».
«Lo so, per questo l’energia negativa di quel libro era così intensa».
«Comunque, cosa sei riuscita a leggere?».
«Non ricordo, nulla di importante, almeno nelle prime pagine. Tuttavia ricordo che il Necronomicon veniva nominato spesso».
Le spiegò che forse c’entrava qualcosa con il rito per rievocare i morti o indicava qualche particolare essenziale, ma che non sapeva dove fosse ora.
«I mannari non hanno scoperto ancora nulla, perché anche se sono riusciti ad estrapolarmi questi ricordi, io non so davvero niente».
«Se non conosci il segreto che cercano, per loro sei inutile, e se non servi più…».
«Lo so, ci avevo già pensato» rispose sospirando. Si morse l’interno della guancia per non piangere, ma non riuscì a impedire alla propria bocca di assumere una smorfia di tristezza.
«Però non ho ancora capita una cosa» disse Elsa per distrarla, avendo intuito il suo stato d’animo «come mai sanno di te?».
«Perché rubarono i ricordi del sacerdote».
Elsa capì che la faccenda era molto più contorta di quel che sembrava quando arrivò il mal di testa. All’inizio era solo un leggero fastidio, facilmente trascurabile, ma con il passare dei minuti e dello sforzo mentale per restare lucida, si era fatto più intenso.
«Rubarono i ricordi del prete?».
«Sì».
Sefora non si era accorta del malessere della licantropa e andò avanti a raccontare.
Pochi giorni dopo aver trovato il libro, il prete era stato trovato morto nel suo letto. Il medico diede la colpa ad un ictus, ma un cercatore che lavorava all’obitorio dell’ospedale di Milano capì subito che c’entravano i vampiri. Il cervello del poveretto presentava segni di stress prolungato e conservava ancora la scia energetica dei non morti.
All’epoca Sefora aveva circa undici anni, e misteriosamente l’attività vampira si era intensificata nella città di Milano. Lei non ci aveva fatto molto caso, anche perché i cercatori adulti non immischiavano i bambini in queste faccende.
Quando vennero chiamati a vivere dalle parti di Vicenza, aveva sentito parlare dell’aumento dei mannari e dei vampiri, ma volle fare lo stesso un giro notturno nel bosco, senza badare troppo alla luna piena.
«Ma come ha fatto il mannaro a riconoscerti?» obiettò Elsa «Sembrava giovane e inesperto».
«Lo era. I vampiri hanno passato a tutte le new entry una parte dei ricordi del prete».
«E ti ha riconosciuta».
«Già».
Elsa si portò una mano alla tempia. Sefora lo notò e le spiegò da cosa fossero causate:
«Argento luciferino».
«Eh? Che vuol dire?».
«Ti hanno cucito un minuscolo pezzo d’argento sottopelle, così come a me ne hanno messo uno di piombo magico».
La licantropa subito non volle crederle, ma toccandosi la testa con più attenzione, si accorse di una protuberanza calda e dolorante. Pulsava come se fosse infetta, e non riusciva a percepire le cuciture della ferita.
«Non le senti perché non ci sono» disse la maga «Hanno rimarginato la ferita con la magia».
Elsa sbuffò sonoramente: per fuggire da lì doveva essere nel pieno delle sue forze, e quella scheggia d’argento le toglieva le energie.
Avrebbe dovuto toglierla, e se non c’erano cuciture da aprire, significava solo che avrebbe dovuto ferirsi ed estrarla.
«Sefora, dobbiamo trovare un modo per andarcene».
«Sì ma-».
«Ma niente» l’interruppe «tra i licantropi c’è un bastardo traditore che vuole uccidermi. Più restiamo qua, prima ci fanno la pelle».
La maga sospirò.
«Sai almeno chi è?».
«No, però so che mi vuole morta».
Una mano delicata le si posò sul viso caldo e ancora un po’ dolorante.
«Elsa, a causa del metallo che ci hanno impiantato, i nostri poteri sono ridotti» sussurrò con occhi lucidi «io non riesco a fare molto».
La licantropa le prese la mano piccola e fredda tra le sue, scaldandola. Intrecciò le dita minute tra le sue, notando con dispiacere dei graffi sul dorso. Baciò una ad una le nocche, venerandole in silenzio.
Era da troppo tempo che aspettava di dichiararsi alla cercatrice, e adesso che l’aveva fatto, non poteva permettere che dei pulciosi mannari rovinassero tutto: sarebbero scappate, e con tutti i licantropi e i cercatori li avrebbero polverizzati.
In quel momento il suo corpo le inviava mille segnali di dolore e di stanchezza, ma li ignorò; guardò Sefora negli occhi, verdi e cristallini, trasferendole una determinazione mai provata prima.
«Ce la faremo» sussurrò stringendole le mani «ti porterò fuori di qui».
 
 
 




Angolo dell'autrice:
Ehm... allora... tanto per cominciare, mi scuso per tutto il tempo trascorso senza aggiornare questa storia: mi è venuto il blocco dello scrittore e pur sapendo come mandare avanti il racconto, non riuscivo a metterlo per iscritto.
Lasciando un attimo da parte questo piccolo dettaglio, passiamo alle cose importanti: Elsa e Sefora, finalmente, scoprono cosa provano l'una per l'altra. peccato però che il tutto non avvenga romanticamente accanto ad un ciliegio in fiore o sotto il vischio, ma dentro una cella :/
Beh, non si può avere tutto dalla vita.

Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che possiate perdonare questo ritardo.
Alla prossima,

Ignis_eye
 
  
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