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Autore: SilverSoul    16/12/2014    4 recensioni
La vita di Maka, chiusa in un appartamento in unica compagnia dei suoi amati libri, sta per cambiare.
Riuscirà il mondo reale ad essere all'altezza di un mondo di carta, dove le alte aspettative, i grandi amori e i sogni nel cassetto sono a portata di mano?
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maka Albarn, Soul Eater Evans, Un po' tutti | Coppie: Soul/Maka
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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8)Waterloo // Soul on fire
“So how could I ever refuse,
I feel like I win when I lose”
[Abba – Waterloo]
 
<< Sooooul! >>

L’urlo di Tom risvegliò l’albino dal sogno ad occhi aperti in cui era sprofondato da quando, dopo l’ultima consegna, era rientrato nel negozio del cugino e aveva appoggiato i gomiti sul bancone, la testa fra le mani che correvano nervose e ripetitive ad arruffare la matassa argentea che si ritrovava.

Soul sbatté le palpebre, perplesso, guardandosi intorno e tornando finalmente presente a se stesso.

“Così non va”
Doveva riacquistare il suo solito contegno, il suo solito distacco, assolutamente.

Le mani scivolarono lentamente a sostenere il mento, mentre con studiata noncuranza si girava verso il cugino, scoccandogli un’occhiata appena appena interrogativa.

“Un Evans non si fa mai cogliere in fallo”. Le parole che sua madre non perdeva mai l’occasione di ripetere gli tornarono in mente, provocandogli una lieve nausea.
Un Evans non si fa mai cogliere in fallo, specialmente se sta pensando e ripensando da giorni ad uno stupido problema di cuore, facendosi viaggi mentali degni di una quindicenne alla sua prima cotta.

 Tom si schiarì rumorosamente la gola, richiamando l’attenzione dell’albino per la seconda volta in trenta secondi netti.

Negli occhi rossi di Soul lampeggiò una scintilla di consapevolezza, mentre si dava mentalmente dell’idiota per essersi fatto cogliere platealmente durante uno dei suoi voli pindarici.

Alla faccia del distacco e del contegno a cui tanto si aggrappava.

Il cugino approfittò del raro momento di lucidità dell’albino per snocciolargli un paio di frasi a tempo record, prima che Soul si incantasse ancora:
<< L’ultima spesa che hai da consegnare oggi è pronta lì, ai tuoi piedi, da minimo un quarto d’ora. Tralasciando il fatto che se i surgelati della signora Gorgon non arriveranno integri a destinazione sarai tu a pagare… col sangue >> Tom si fece sfuggire un ghigno sarcastico, prima di riprendere << Mi spieghi cosa sta succedendo? E’ più di una settimana ormai che non fai altro che sospirare, appoggiarti a qualunque mobile ti capiti a tiro e fissare il vuoto come se fossi in attesa che qualche dannato miracolo ti piombi addosso tra capo e collo… >> Il ghigno di Tom si era addolcito, fino a diventare un piccolo sorriso triste in direzione dell’albino.  << Per non parlare del fatto, poi, che il “Tom mi serve un posto per dormire, solo per stanotte davvero” si sta prolungando un po’ troppo… Non fraintendermi, è un piacere ospitarti, specie quando sei di umore così gradevole ed espansivo >> un lampo di ironia colorò lo sguardo di Tom << ma tu non avevi un appartamento? E, soprattutto, mi stai ascoltando o hai bisogno di una mia registrazione da mettere in loop così da capire finalmente cosa sto cercando di inculcarti in quel tuo cervellino così annebbiato? >>

Inutile dire che il ragazzo aveva a malapena ascoltato a stento tre frasi, prima di perdersi nuovamente nei meandri bui della sua mente, osservando le labbra del cugino muoversi sinuosamente dando vita alle parole, quasi accarezzandole mentre le lasciava librarsi nello spazio, finalmente libere.

Mentre il cugino era a metà del suo noioso borbottio, un dolce formicolio si propagò lentamente lungo la gamba destra, inducendolo a cambiare posizione.
Soul indietreggiò di qualche centimetro, del tutto incurante dello sguardo sempre più omicida di Tom sulla sua pelle, alla ricerca di qualcosa su cui crollare e riposarsi, quando il suo piede inciampò in un sacchetto di plastica posato sul pavimento.

Mentre la raccoglieva, l’albino la degnò a malapena di uno sguardo, giusto quello necessario a mettere a fuoco l’indirizzo, per poi caricarsela in spalla.

Soul prese a muoversi lentamente verso la porta del negozio sotto lo sguardo penetrante di Tom, i cui occhi ormai ridotti a due fessure sembravano in attesa di una risposta.

Soul lo fissò interrogativo a sua volta, non capendo cosa volesse.

Aveva finito il discorso, no? Le sue labbra erano imbronciate ma chiuse, e il mormorio di fondo aveva smesso da un pezzo di esserci.
Per un attimo, lo sguardo di Soul vacillò, sorpreso, registrando improvvisamente quel pesante silenzio carico d’attesa che si stava addensando tra loro.

 Il ragazzo scrollò le spalle, stringendo la presa sulla busta di plastica, per poi farla dondolare docilmente davanti al naso del cugino borbottando uno “Sto andando, sto andando!” mentre gli sfilava sotto il naso per uscire.

Mentre Soul scompariva alla sua vista, Tom dovette faticare per non spalancare la sua bocca in una “o” basita: quel citrullo di suo cugino non aveva ascoltato mezza parola di quello che aveva detto!

“E’ come se qualcosa si fosse spento in lui… Sembra un disco rotto… si incanta ogni tre secondi!”

Incredulo, stava ancora scuotendo la testa quando sentì dei forti tonfi provenire dalle scale di ingresso al negozio.

Era la quarta volta, e solo quella settimana.

Ormai rassegnato, si affacciò appena alle tromba della scale per poi urlare:
<< E sta attento, Soul! Almeno sulle scale e mentre attraversi la strada, cerca di non essere uno zombie senza cervello! >>

Appena il giorno prima il ragazzo stava anche per essere investito da un bus turistico pieno di occidentali mentre, sulle strisce pedonali, passeggiava con la stessa attenzione con cui Heidi saltellava di fiore in fiore nei suoi pascoli di montagna.

Tom fece per tornare al lavoro ma poi, ripensandoci, sporse di nuovo il capo per urlare:
<< E ricordati che non siamo una Onlus! Cerca di farti pagare la spesa, almeno stavolta! >>
 
***
 
Erano le tre e cinquantasei del pomeriggio, e Soul era appena rientrato a casa dall’ultimo giro di consegne.

Appena, poi, per modo di dire: erano ben ventisei minuti e trentotto secondi che l’albino era sdraiato sul letto, lo sguardo fisso sulla sveglia digitale, intento nell’arduo compito di controllare che l’aggeggio non sbagliasse il conto dei secondi.

“A casa di Tom” precisò l’albino tra sé e sé, pensieroso, socchiudendo gli occhi “Casa mia è a tre isolati da qui, in un palazzo di lusso dove ho lasciato-“ Soul avrebbe voluto terminare il pensiero con parole come “vestiti”, “averi”, ma quelle che premevano ai confini della sua mente per palesarsi puntavano ad altri significati, come “dignità”, “coraggio” e “cuore” – termini che avevano lo stesso sapore delle labbra rosse di Maka.

Un sapore dolceamaro, che lo aveva stregato nel lento trascorrere di un unico istante come mai gli era capitato prima, che lo aveva sommerso di sensazioni travolgenti e sconosciute anche a lui, che non si riteneva certo un novellino in fatto di relazioni amorose - “O forse dovrei dire di sesso”.

Un sapore che sapeva contemporaneamente di sconfitta dolce come miele e vittoria amara come fiele, di gloria e viltà, di esaltazione e di umiltà.

Quel bacio era stato quello che, per Napoleone, era stata Waterloo: l’arrendersi a forze inarrestabili col sorriso sulle labbra, certi di essere vincitori, anche nella sconfitta.

Soul sospirò, stringendo gli occhi, ma non consentendo al suo corpo di rilassarsi: rimaneva là, teso, le braccia incrociate sotto la nuca, a fissare il tempo che scorre con lentezza e pigrizia, quasi a prendersi gioco di lui.

Perché sì, l’anima di Soul era un ricettacolo di energia inespressa, pronta ad esplodere.

E il ragazzo avrebbe anche saputo come sfogare quell’energia in modo piacevolmente produttivo, soprattutto per i suoi sensi, ad esempio con quella amministratrice ninfomane con cui aveva un conto in sospeso o con una ragazza a caso, rimorchiata nel primo bar… Era quello che faceva prima, per rilassarsi e ridurre in una quieta brace dormiente quel fuoco che ora gli divampava dentro, specchio dei suoi occhi.

Prima, infatti.
Ecco la chiave dell’arcano.

Quello su cui da giorni Soul rifletteva, perdendoci la testa.

Perché non aveva voglia di andare con chicchessia, per sfogarsi?

Perché questa volta era diverso? Aveva baciato un sacco di ragazze, e si era spinto molto più in là del semplice bacio con ancora più donne, allora perché ora non riusciva più a provare desiderio verso alcuna di quelle?

Uno dei primi giorni in cui si era sentito così scombussolato, rimestato nel profondo, era entrato in uno dei tanti pub sotto casa, pronto a catturare all’amo una delle tante prede che di solito si offrivano a lui spontaneamente, senza neanche costringerlo a scomodarsi.

Il tempo di buttare giù due drink, e si era ritrovato nel retro del locale con uno schianto di mora tutta curve che lo baciava appassionatamente mentre lui trafficava prima con le sua cintura, poi con l’intimo di lei, cercando contemporaneamente di reggerne il peso quando le lunghe gambe affusolate della donna gli avevano circondato il bacino, attirandolo a sé.

Soul la prese lì, su quel muro, le mani inchiodate ai lati di quei lunghi capelli d’ebano, i respiri e i gemiti che si confondevano ed aumentavano, mentre il ragazzo accelerava il ritmo delle spinte, gli occhi rossi fissi e persi al ricordo di un altro bacio, di un altro paio di occhi, questa volta verde prato, che lo guardavano imbarazzati e tentatori da sotto le lunghe ciglia che ornavano  un volto in fiamme.

Fiamme che lui aveva provocato.

Fiamme che divamparono in lui quando la sua mente si perse nel ricordo di un altro paio di gambe, messe bellamente in mostra in un corridoio vuoto, quella che ormai doveva essere una vita fa.

E Soul venne, al termine di quello che, alla fine, si era rivelato un mero gesto meccanico, una misera opera riproduttiva messa in atto a causa degli effluvi dell’alcol che gli inondavano le vene e che puntava unicamente a soffocare quelle braci interne al ragazzo che ora, invece, divampavano alte, avvolgendo in calde lingue di fuoco la sua anima.

E Soul aveva capito.

La risposta ai suoi innumerevoli perché era unica, semplice, candida.

“Maka”
 
***
 
Da quell’episodio, il nome di Maka gli rimbalzava in testa continuamente, ossessionandolo.

Maka, pronunciato come una ringhiosa imprecazione e al tempo stesso caritatevole preghiera.
Maka, l’orgoglio, il coraggio e la testardaggine.
Maka, la gentilezza, la comprensione, l’accettazione.
Maka, l’indole gentile murata dietro quella fortezza di acciaio temprato.
Maka, le gambe eleganti e slanciate, gli occhi sinceri e il sorriso ironico e un po’ malizioso.
Maka, la mancanza.

Quel continuo rimbombo interiore lo portava a incantarsi sempre più spesso, a riflettere sempre di più, cercando disperatamente una via di uscita da quella gabbia dorata come i capelli della ragazza.
Ma la via di uscita non c’era, Soul aveva vagliato ogni singolo angolo di quella risplendente prigione, ma non aveva trovato né brecce né cedimenti né crepe.
“Un po’ come il suo carattere”
E Soul aveva capito che era inutile fuggire da sé stesso o negare l’evidenza.

L’albino poteva non sapeva chi era Wilde, ma una frase  del celebre poeta ormai l’aveva compresa a fondo: “L’unico modo per liberarsi di una tentazione è cedervi”.
 
***

Ore quattro e quarantasette: Soul era ormai sdraiato da un po’, in attesa di racimolare dal fondo dei suoi visceri quel po’ di coraggio che gli avrebbe permesso di fare quello che era in attesa di fare da più di una settimana.

“Tornare a casa”

A casa, sì, dove c’erano i suoi vestiti, Maka, i suoi spazi da riconquistare, gli occhi verdi di Maka, il poster che non aveva mai appeso, le gote rosse di Maka, i suoi cd e vinili, i capelli biondi di Maka, le sue abitudini da riprendere, le labbra di Maka, il suo soffice letto, dove sarebbe di certo stato più comodo con Maka…

“Okay, ora basta! Qui siamo al limite del ridicolo!” Soul alzò di scatto il busto, insieme rassegnato ed euforico per aver intrapreso il primo piccolo ma definitivo passo che l’avrebbe portato dalla ragazza.

Ora stava lì, il ragazzo dai capelli di luna, in sospeso sul ciglio del letto, consapevole che l’appoggiare un piede sul pavimento avrebbe messo fine alla sua eterna attesa, che l’avrebbe portato finalmente a qualcosa di concreto.
Se solo avesse avuto un altro briciolo di coraggio per superare quell’ultimo ostacolo… ma non era di certo Maka, così avventata e intrepida!

Soul sbuffò al solo pensiero di essersi appena paragonato alla ragazza, e senza pensarci oltre corse a cambiarsi e a racimolare le quattro cose che avrebbe dovuto riportare nella sua “tana”.
 
***

Il ragazzo inchiodò, ritrovandosi con il fiatone davanti alla porta di casa sua.

“Finalmente”

 Il sorriso di Soul si estendeva da un orecchio all’altro, felice come non lo era da un pezzo e trepidante come una sposina la notte prima del grande giorno.
Lungo il tragitto fino al suo appartamento, aveva deciso che si sarebbe sistemato con calma nel suo alloggio, e solo l’indomani, sempre con calma, avrebbe rivisto Maka.

La strategia del comportamento da tenere nei confronti della ragazza sarebbe stata decisa al momento, in base alle impressioni che avrebbe ricavato dal colloquio.

“Anche perché” aveva pensato l’albino mentre si torturava le labbra con i denti “non ho ancora preso in considerazione quello che Maka prova al riguardo.

Si sarebbe dato un libro in testa da solo, per quanto era stato stupido.

Era stato così impegnato a fuggire e poi a chiarirsi con sé stesso, che non aveva minimamente pensato che anche Maka doveva essersi interrogata riguardo al loro –ehm- “piccolo incidente”, e che magari lei era giunta a conclusioni diverse dalle sue e forse non voleva più avere niente a che fare con lui e probabilmente lo avrebbe pestato a sangue per poi dirgli che non lo voleva più vedere….

Soul si ritrovò impalato davanti alla porta di casa sua, mentre la sua mano destra stritolava la maniglia dell’entrata in preda a spasmi nervosi dovuti ai suoi pensieri macabri  e insicuri.

Che cosa strana, per un ragazzo cool come lui, con i movimenti sempre perfettamente studiati e non un’espressione lasciata al caso, non sapere cosa aspettarsi né come comportarsi.
Soul sorrise al pensiero, mentre allentava la presa e faceva scattare la serratura, entrando nel buio del suo appartamento.
“Ci penserò domani. Per oggi, è già tanto che sono qui”

I pensieri per una volta in linea con quello che realmente provava il giovane e non con il personaggio che ogni giorno si sentiva costretto a cucirsi addosso vennero interrotti bruscamente quando Soul accese la luce del salotto con uno scatto del polso, rivelando una figura accucciata sul divano, semisommersa dalle felpe che Soul vi aveva lasciato quelli che sembravano anni prima.

Soul si avvicinò lentamente, la bocca socchiusa dalla sorpresa.
<< Maka… >> Il morbido mormorio di Soul fece muovere la ragazza, che però non si svegliò.

La ragazza dormiva serena, i capelli biondi sciolti e sparsi, le ciglia lunghe che sfioravano le gote che tanto Soul aveva agognato.
Indeciso sul da farsi, l’albino continuò la sua avanzata, ritrovandosi ad un certo punto con Maka, addormentata e avvolta in una sua felpa, in braccio.

Mentre si dirigeva in camera sua per riportare la ragazza nel suo appartamento, Soul si ritrovò a sorridere, inspirando profondamente il profumo della chioma d’oro della ragazza.

“Casa, finalmente”
 
***
 
Maka sapeva di stare sognando.
Correva in un prato rosso sangue, inseguita da una luna di ghiaccio, l’espressione sanguinosa dell’astro congelata dal freddo.
Correva, ma non era impaurita né ansiosa, era come… fiduciosa, che quel che doveva accadere sarebbe accaduto di certo di lì a breve.
 
Qualcosa di caldo la sfiora, dietro il collo e sotto le ginocchia,
e un dolce rollio la spinge ancora più a fondo nel sogno.
Maka sospira, serena, e le labbra imbronciate si distendono.
 
Una grande esplosione, e Maka viene colpita da una potente folata di aria calda, che trasforma il prato rosso sangue in un campo di papaveri che ondeggiano pigri al vento.
La ragazza continua a correre, spensierata, e mentre getta uno sguardo all’indietro vede che la luna di ghiaccio è esplosa, liberando il piccolo sole che era al suo interno.
Maka ride, e la sua risata cristallina si riverbera nell’aria, provocando la risposta da parte di delicati uccelletti nascosti chissà dove.

Maka viene sballottata in avanti,
percepisce il freddo di una parete sui piedi e sulle gambe.
Presto il freddo svanisce, mentre il corpo della ragazza viene attirato verso un petto caldo e forte,
e mani altrettanto calde passano lungo le sue gambe,
accertandosi che non si sia ferita.
 
All’improvviso alberi, alberi ovunque, e Maka si ritrova circondata, in piedi al centro di una graziosa radura.
La ragazza si guarda intorno, raggiante, e mentre gira su se stessa da ogni papavero sbocciano gigli e violette e dalie e viole e margherite, inondando l’aria con i loro profumi.
Maka si sdraia sul terreno freddo che piano piano si riscalda, mentre lei si raggomitola sotto una foglia di palma, sentendosi al sicuro.
 
Maka viene posata sul suo letto,
le braccia che l’hanno condotta fin lì la abbandonano per un istante,
prima che le mani si spostino sulla sua tempia, sfiorandola lievi.
 
Una brezza leggera e calda si alza nella radura, spazzando via i mille profumi dei fiori, lasciando al loro posto una dolce fragranza di menta.
E’ piacevole, il venticello, e le accarezza piano il volto, gentile.

E’ così tenue e impalpabile che Maka teme quasi di immaginare le parole che lo sbuffo d’aria le sussurra all’orecchio:
<< Dormi serena, ora, piccola Maka: non me ne andrò più. >>
 
 





 
 
 
 
                                                                                                                                                            ALOHA
Hi everyone! I’m back :)
Ho solo un appunto da fare (le mie scuse per il ritardo sono implicite e rinnovate fino alla fine della storia, quindi sorvolo): in teoria questo capitolo è spezzato in due, quindi il filo (narrativo) che è stato tranciato bruscamente alla fine di questo cap verrà riannodato all’inizio del prossimo.
In pratica, doveva essere un capitolo più denso di avvenimenti e dialoghi, ma una volta che mi sono messa a scrivere di Soul mi sono persa tra i suoi sentimenti e mi sarei sentita morire a non concedergli lo spazio necessario: chiedo scusa se mi sono dilungata o vi siete annoiati, ma mi sentivo di fare così ;)
Se per caso l’”ossessione/attrazione” (chiamiamola così) di Soul per Maka non fosse chiara (ossia non si capisse dove, perché, come l’ha tirata fuori in così breve tempo) ditemelo che questo  è importante che io lo descriva meglio.

Detto ciò, ascoltatevi la song degli Abba (che adoro e trovo molto ricca di sfumature, se ci si ragiona su).

Un bacio a tutti, e grazie infinite a tutti quelli che leggono/recensiscono/seguono/preferiscono/etc , davvero grazie mille!
XOXO SilverSoul :)
 
   
  
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