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Autore: Holly Rosebane    21/12/2014    4 recensioni
«Ritroveremo la tua ispirazione. E sai che quando mi punto, devo riuscirci» concluse. Scossi la testa, stancamente.
«Non questa volta, riccio. Ti stai imbarcando in qualcosa di troppo grande per te».
«Yasmin, non ho altra scelta. Il mio tempo qui è limitato, e non so con esattezza quanto avrò a disposizione» disse, sedendosi sul tavolo, poggiando i gomiti sulle cosce e fissando il pavimento. «Se non ti sbrighi a scrivere la conclusione del libro e a rimandarmi nel mio mondo… morirò».

~
Pensai di avere le allucinazioni, di essere ancora nel più assurdo dei miei parti onirici.
E invece no.
Perché Harry Styles, il personaggio della storia che stavo scrivendo, era appena uscito fuori dal computer.
Letteralmente.
E mi fissava sorpreso dall’altra parte della stanza.
Iniziai a sentire le vertigini.
Genere: Commedia, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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X.
Ragione e Sentimento

 

 

 
Il mondo non è perfetto.
Scegliere come vederlo è l’unico vero potere che abbiamo.

TOREY L. HAYDEN
 

 
 
Persi la cognizione del tempo in cui rimasi nella mia camera. Seduta in terra, con la schiena appoggiata al freddo legno della porta, le mani fra i capelli, il volto solcato da amare scie salate. Per qualche attimo, il dolore fu così sordo e acuto da non permettermi di avvertire alcunché al di fuori della disgraziata solitudine in cui io stessa mi ero reclusa. Avevo perfino sentito la porta d’ingresso sbattere violentemente e la casa piombare nel silenzio più assoluto. Harry doveva essere uscito, non potendo sopportare oltre la tensione che era venuta a crearsi fra noi.
Mi sentii estremamente impotente e anche meschina. Perché non avrei mai posseduto i mezzi per legarlo accanto a me tanto a lungo da intessere un’intera esistenza al suo fianco. E inoltre, non ne avevo nemmeno il diritto. Fino a qualche settimana fa, il mio cuore era promesso ad un diverso paio di occhi, ad una voce differente, ad altri sorrisi. Parvi cominciare a capire come potesse sentirsi Niall, vedendo la persona alla quale tenesse maggiormente sfumargli via fra le dita, osservarla allontanarsi senza poter fare nulla per trattenerla. Ciò mi fece stare ancora più male. Avevo deluso ben due individui, ma prima di tutto, stavo mancando di rispetto a me stessa. Non potevo far nulla di meglio che piangermi addosso, sprofondando nel baratro e precludendomi ogni spiraglio di luce?
Mi presi qualche attimo per calmarmi, focalizzandomi sul paesaggio al di fuori dalla finestra. Potevo vedere il sole calare velocemente oltre i tetti appuntiti delle case. Osservai come il passaggio pedonale fosse trafficato: donne, uomini e adolescenti camminavano spediti, ognuno con le sue storie cucite sul cuore, ognuno con i suoi pesi addossati sulle spalle. Riuscivo perfino a sentire il vago eco di una stazione pop che trasmetteva l’ultima hit di Nicki Minaj, dall’edificio di fronte. Era buffo. Tutta la solitudine che pareva squarciarmi l’anima e lacerarmi dal profondo, il sordo dolore che m’attanagliava il petto sembravano così minimi, al confronto con il mondo esterno. La vita continuava, gli astri tramontavano, l’aria si rinfrescava, e tutto sembrava infischiarsene tanto bellamente di come io stessi. Quella fu una sorta di liberazione, per me. Un balsamo sulle ferite aperte. Perché mi assicurava che tutto, prima o poi, passava oltre. Come i fiumi che scorrevano o le risacche delle maree. Nulla restava in eterno ed era un continuo ciclo di alternanze. Ora sei triste, domani chissà.
Non potevo perdermi così tanto d’animo. Non in quel momento. Mi asciugai le lacrime con la manica della maglietta, spazzandole grossolanamente via. Cercai di relegare l’apprensione in un angolo remoto della mia mente e feci l’unica cosa che avrebbe potuto risolvere il problema alla radice: presi il portatile di Zayn e ricominciai a scrivere.
 
 
 
Rividi mio fratello in serata, poco prima dell’ora di cena. Aprì piano la porta della camera, sporgendo il capo all’interno, con un’espressione incuriosita.
«Allora sei qui» disse, attendendo che sollevassi gli occhi dallo schermo, degnandolo della giusta attenzione.
«Perché?» Domandai, senza sfilarmi gli occhiali e smettendo di picchiettare sulla tastiera, mentre lui apriva completamente l’infisso per entrare. Si fece strada verso il letto, lasciandosi cadere sul materasso e molleggiando per alcuni istanti.
«Non saprei, sono circa dieci minuti che parlo da solo in salotto. Pensavo che mi avessi sentito entrare», commentò, incrociando prima i piedi e successivamente le mani, dietro la testa. Scossi la testa, senza parlare. Rimanemmo in silenzio per alcuni istanti, in cui avvertivo una nuova ondata di nostalgia molestarmi dall’interno, e lottai per mandarla via. Spesso anche Harry aveva l’usanza di entrare quando voleva e comportarsi come se la stanza fosse effettivamente sua.
«Tutto bene, Yasmin?» S’interessò Zayn, con un tono di voce volutamente casuale. «Ti vedo un po’ provata». Se n’era accorto. Mi strinsi le spalle, provando a dissimulare quanto più potessi.
«Harry ed io abbiamo discusso», minimizzai.
«E per quale ragione?» Indagò. Sospirai, sfilandomi gli occhiali e massaggiandomi i solchi che i naselli mi avevano impresso sulla pelle alla radice del naso. Chiusi anche il laptop, azionando automaticamente la modalità stand-by. Non avrei sopportato altre menzogne, altri castelli in aria. Capitolai, raccontandogli ogni cosa. Dei problemi con Niall, dell’affetto che avevo sviluppato per quello strambo ragazzo di carta, delle sue ancor più assurde richieste, del dolore. Crollai di nuovo in lacrime, e Zayn mi tenne stretta al suo fianco, cullandomi gentilmente, finché non mi fui calmata abbastanza da non singhiozzare più. Anche quello fu estremamente liberatorio. Parlare a ruota libera, lasciando fluire oltre il proprio corpo anche le parole che non si sarebbero mai immaginate di esternare. Non risparmiai una sola sillaba e piansi fino all’ultima lacrima. Proprio come quando ero bambina e cadevo in terra sbucciandomi un ginocchio. Oltre a mia madre, Zayn era l’unico che aveva sempre avuto il potere di sopportare i miei eccessi emotivi. Era la mia cassa di risonanza personale. Non gli sarei mai stata abbastanza grata per il suo supporto.
«Credo che l’unica cosa che tu possa fare, Yasmin, è completare quel libro prima possibile. Posso ben capire che tu e il “cugino del Maine”» sottolineò, mimando delle virgolette con le dita, «abbiate stretto un rapporto molto particolare d’amicizia. Ma la sua vita qui ha un countdown che si sta pericolosamente avvicinando alla fine. Non sarebbe una cattiva idea rispedirlo da dove arriva prima che la bomba esploda, non so se mi sia spiegato a sufficienza».
«Cristallino», convenni. «Eppure…» rimostrai, ancorandomi egoisticamente ad un affetto che mi era proibito in ogni modo e da cui non riuscivo a distaccarmi.
«Vedila in questo modo, sorellina» aggiunse Zayn. «Se davvero tieni a lui, è arrivato il momento di fare qualcosa di determinante per la sua vita. Convincilo che rimanere sulla Terra non è la giusta opzione».
«Se ami qualcuno, lascialo libero» recitai, a malincuore. Vidi mio fratello sorridere gentilmente, annuendo.
«Proprio così».
 
Harry tornò giusto in tempo per la cena, ma non aprì bocca con nessuno, filando direttamente nello studiolo in perfetto silenzio. Quando la stanza di Zayn era occupata ed io non potevo accoglierlo nella mia, quello era il suo rifugio preferito. Impiegava il suo tempo leggendo, ascoltando musica dal mio vecchio iPod e scrivendo canzoni. Generalmente era sempre molto socievole quando rientrava in casa da un’uscita nei dintorni, ma non quella sera.
Sospirai, cercando di non risentirmi troppo. Avrei potuto aspettarmelo, dopo il diverbio di quel pomeriggio. E le cose non fecero che peggiorare. Non scese nemmeno per cena, così che Zayn ed io consumammo un tardo pasto insipido in completa solitudine.
«L’ha presa direttamente sul personale» commentò mio fratello, allontanando il piatto ormai vuoto e indicando con un cenno della testa il piano superiore. Scossi il capo, sconsolata.
«Non avrei potuto fare diversamente» aggiunsi senza enfasi.
«Già», convenne lui sospirando. Proprio mentre riponeva le stoviglie sporche nel lavello, sentimmo suonare il campanello di casa. Guardammo entrambi l’orologio appeso al muro segnare le dieci e un quarto.
«Chi accidenti può essere, a quest’ora?» Si domandò Zayn, asciugandosi le mani in uno strofinaccio e andando ad aprire.
«Indovina chi è stato richiesto al Cinderella, domani sera?» Sentii annunciare una voce limpida, squillante e sovreccitata. Successivamente, Louis Tomlinson, Liam Payne e Niall Horan si riversarono nell’ingresso rumoreggiando ed esultando insieme al mio ancora incredulo fratello. Il quale, riavendosi dalla sorpresa e rabbrividendo per lo spiffero gelido penetrato dentro dall’esterno, si affrettò a richiudere la porta di casa.
«Non mi state prendendo per il culo, vero?» Chiese, ancora sospettoso.
«Te lo giuro sul mio onore, fratello. Il gestore del locale ha chiamato questo biondone qui, un quarto d’ora fa, per richiedere la nostra partecipazione alla Rassegna delle Band. Il 7 Novembre. E cioè domani!» Spiegò Louis, terminando il suo contributo con un nuovo giro di esclamazioni ed allegre scene da stadio.
«Dov’è Harry, Zayn? Qualcuno deve avvertirlo» disse Liam, appendendo il cappotto all’omino nell’ingresso, imitato dai suoi amici.
«Accidenti, lo farò io!» Si offrì Tomlinson, senza nemmeno sfilarsi il soprabito e precipitandosi a rompicollo di sopra, nello studiolo. Ormai conosceva la casa come fosse sua. Intanto, gli altri notarono la mia presenza, rivolgendomi chi degli affettuosi saluti a gran voce, chi dei freddi sorrisi di cortesia. Niall fece del suo meglio per tollerarmi lo stretto necessario, accomodandosi sulla poltrona che mi dava le spalle, dalla mia posizione al tavolo della cucina. Avvertii il peso della sua falsa indifferenza gravarmi sul cuore, inchiodandomi dov’ero e spingendomi ad armeggiare con i piatti sporchi per azzerare al massimo la mia presenza.
Dalla nuova ondata di frastuono che andava facendosi sempre più chiara di scalino in scalino, intuii che Louis aveva fatto ritorno con il suo fido compagno di sventure, il quale esultava con un po’ meno impeto di lui. Li sentii discutere concitati dei dettagli, dei pezzi e delle prove. Appena finii di lavare le stoviglie, decisi di eclissarmi al piano di sopra, chiudendomi nella mia stanza. Era inutile rimanere in un luogo dove almeno due persone avrebbero volentieri lasciato i propri posti a sedere, piuttosto che condividere i loro spazi con me. Inutile dire che anche ciò mi provocò l’ennesima ondata di pizzicore al naso e alle palpebre, ma mi costrinsi stoicamente a ricacciare indietro tutto, non permettendo all’emotività di lasciarmi abbattere.
Quando fui sola, sfilai un testo dalla mia libreria, accomodandomi sul letto e fingendo che tutto andasse bene. Provai ad immergermi nella lettura, sperando che potesse distrarmi dalla spinosa situazione nella quale ero finita a mia discolpa. Tuttavia, dopo un quarto d’ora, sentii i cardini della mia porta ruotare su loro stessi, rivelando la figura alta e distinta di Niall, dallo spiraglio. Indugiò qualche istante sulla soglia, prima di entrare, cercando di sentirsi a suo agio.
«Cosa leggi?» Chiese, lievemente impacciato, mentre si sedeva sul letto accanto a me.
«Ivanhoe», lessi, volgendo la copertina verso di me e poi alzando gli occhi sul suo volto.
«Ah, prodi cavalieri medievali e belle donzelle», commentò, assumendo un’aria da menestrello di corte. Gli sorrisi, annuendo.
«Come mai non sei di sotto a discutere del vostro super concerto di domani?» Domandai, ostentando una casualità che non avevo. Lo vidi stringersi piano nelle spalle, fissando il pavimento.
«La conversazione è degenerata sugli abiti e la passione per gli anni ottanta di Louis».
«Tipico», ribattei, reprimendo uno stanco sorriso.
«Ascolta, è successo qualcosa con tuo cugino?» S’interessò, senza alcun tono d’accusa nella sua voce.
«Perché?» Chiesi a mia volta, piegando un angolo della pagina e abbandonando il tomo sul comodino.
«Quando sei salita, ti ha seguita con lo sguardo e poi la sua espressione è cambiata da spavalda a smarrita, triste… quasi addolorata, per un attimo. Tanto che Louis ha dovuto chiedergli se andasse tutto bene», spiegò. «Domanda che io ora rivolgo a te».
«Senti, Niall…» esordii, già stanca in partenza di dovergli un resoconto dettagliato che non avevo nessuna voglia di fornirgli. Ma lui m’interruppe sul nascere, sollevando un indice e chiedendo il silenzio.
«Non te lo sto chiedendo perché la gelosia mi brucia dentro come una fiamma», precisò. «Voglio solo sapere come stai tu, mi sto preoccupando di te. Sono giorni che ti vedo quasi abbattuta e non parliamo seriamente da troppo tempo». Le sue parole mi colpirono tanto quanto i suoi occhi. Erano sinceri, apprensivi. La sua unica priorità era veramente sapere soltanto come stesse andando la mia vita. Non scorgevo alcun secondo fine in quei due pezzi cerulei di cielo estivo. Erano limpidi e pieni di quell’apprensione che solo l’amore può seminare in uno sguardo. Battei le palpebre, radunando le idee.
«È un periodo molto particolare, Niall. Molte cose non vanno come dovrebbero e fra di esse c’è anche la nostra relazione. Io non so come comportarmi in questo momento, ho così tanti pensieri che mi turbinano nella mente, mi sento pericolosa come una mina sotterrata in una strada. Alla benché minima pressione, potrei saltare in aria».
«Vorrei poterti aiutare», disse, «ma sento che nessuno potrebbe farlo veramente» concluse, con sincerità. «Ti conosco, non sei la tipa da farsi trascinare fuori dalla tempesta. Devi uscirne da sola, con le tue stesse forze, così come ci sei entrata».
Lo guardai, senza rispondere. Aveva ragione, in tanti anni di convivenza fortuita, aveva imparato a leggere la storia della mia vita prim’ancora che io stessa potessi interpretarne i codici.
«Credo che il detto “se ami qualcuno lascialo libero”, possa applicarsi a questa situazione in modo fin troppo giusto», seguitò. Che buffo. Era la seconda volta in una giornata che udivo quella frase. «Vorrei solo che tenessi a mente che liberare, non vuol dire abbandonare. Quando il vento è troppo forte, perfino gli alberi più tenaci hanno bisogno degli arbusti vicini per sostenersi a vicenda» aggiunse, sfiorandomi le dita e poi stringendomi la mano.
La sua presa era calda e rassicurante, avvolgente e benevola. Contrastava a meraviglia con il gelo del mio palmo. Non potei far altro che annuire, mentre lui depositava un bacio leggero come il battito delle ali di una farfalla sulle mie nocche e lasciava la stanza, sparendo oltre la porta. Il mio cuore lo seguì lungo tutta la rampa di scale, fino a quando l’eco del suo passo sicuro e fermo non fu più alla portata del mio orecchio e rimasi nuovamente sola con me stessa. 





Nota: ci siamo quasi, people! Chiedo perdono per l'allegria immensa del capitolo, ma mi è servito per prepararvi a ciò che arriverà dopo...!! Quest'oggi sarò breve (ma intensa)! E quindi passo subito ai ringraziamenti dovuti a chi mi segue con costanza e chi legge di passaggio! Ho notato che vi state orientando anche verso la mia altra long e Wattpad, il che mi rende estremamente felice! Di sotto vi allego i links, per chi ancora non vi avesse fatto un salto! Mi raccomando, stay tuned e... tante tante cioccolate calde per voi! 



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