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26 Febbraio 2015, Washington DC
Beh,
eccoci qua. Niente, un amico, Tom per la precisione, uno
che studia psicologia, è molto bravo a capire le persone si,
proprio tanto
comunque quello che stavo dicendo è che Tom mi ha
consigliato di cominciare a
scrivere qualcosa. Mi ha consigliato di buttare giù due
righe al giorno per
liberarmi di una parte dello stress che mi tormenta. Insomma, credo che
si
sentissero così le persone che vivevano prima delle guerre
mondiali no? Te lo
senti, è l’istinto di sopravvivenza, te lo senti
nel sangue che qualcosa di
molto brutto sta per succedere, è abbastanza pesante come
sensazione no? Panico
paura fuga, il nostro cervello è programmato geneticamente
per pararci il culo
senza farci perdere tempo a pensare al dafarsi1.
E’ ovvio che in
alcuni è più spiccato e in altri meno, ma credo
che l’evidenza dei fatti non
possa essere trascurata. Eppure lei ha deciso
cosi. Tra tre giorni parte e io non posso farci niente. Ha
sempre avuto
questa spiccata passione per aiutare gli altri, è sempre
stata generosa e
amorevole con il prossimo. E devo ammettere che questa cosa un
po’ mi rende
geloso. Si lo so, sono una persona brutta. Ma lei…lei
è la persona più bella
che esista, e faccio fatica ad accettare che non possa essere soltanto
mia. Io
la amo con tutto me stesso, ma a July questo non basterà
mai. Lei mi ama, lo so
che mi ama, certo che mi ama, voglio dire la sua voce, il suo sorriso e
il modo
in cui mi guarda, sono perso si ma certe cose non si possono fingere.
Non così
bene. Diversamente perché farlo? Non sono ricco, non ho una
grossa eredità che
mi aspetta e non sono neanche tanto intelligente. Il mio naso riescono
a
vederlo anche quelli che stanno nell’Oregon da qui. Non sono
il prototipo del
ragazzo perfetto. Eppure lei me lo dice spesso, che sono perfetto. No,
non lo
sono. Perché dirlo se non lo pensa? Lo pensa eccome ma
allora perché parte?
Perché deva andare a ficcarsi in mezzo alle bombe e alle
pallottole? Perché
deve andare a rischiare la sua vita? Il suo futuro? Il MIO FUTURO. Lei
è
l’unica cosa che davvero conti nella mia vita. Cosa
farò quando se ne sarà
andata? Cosa farò se non dovesse tornare.
“Parti
con me” si dai, “parti con me” mi ha
detto.
Sono
un
maledetto codardo. E poi ho il coraggio di dire che la seguirei anche
all’inferno. “Parti con me”. Come glie lo
dico che alla fine non mi hanno
voluto?
“Saresti
d’intralcio”. Lei è laureata in
medicina, è una che ci sa fare. Loro hanno
bisogno di lei. Ma non di me. “Siamo
già
a posto, magari con la prossima spedizione eh?”
Eccerto.
Maledizione, se solo mi fossi deciso prima. Non importa, ormai
è andata. Ora
lei partirà.
Al
confine
tra Siria e Iraq. “Ti chiamerò col satellitare
tutti i giorni”. “Mi mancherai”.
Non mi aveva mai baciato così.
Ho…tanta
voglia di prendere a pugni il muro. Non lo faccio solo
perché non posso
rompermi le mani senza averla accarezzata un’ultima volta
prima che vada.
1
Marzo 2015, Washington DC
E’
andata.
Stamattina alle cinque l’ho accompagnata
all’aeroporto. Il loro aereo sarà atterrato
più o meno adesso, alle otto di sera. Alloggeranno una notte
in hotel li in
Turchia e domani partiranno in autobus e attraverseranno tutta la Syria
fino ad
Abu Kamal, al confine con l’Iraq. Altre sedici ore di viaggio
in autobus. Un
massacro solo il viaggio, ma era l’unico modo. Alcune forze
ribelli avevano
reso impossibile l’atterraggio di qualunque aereo sul suolo
siriano.
Ho paura.
In quei milleduecento chilometri potrebbe succedere qualunque cosa. Ma
non
voglio pensare al peggio. Lei tornerà. Tra sei mesi
tornerà da me. Lei me lo ha
promesso. MI ha lasciato il suo anello con una promessa.
“Quando
torni mi sposi”
“Ti
sposo?”
“Si, mi
sposi”
“E se non
ti amassi?”
“Mi
sposerai lo stesso”
“Perché?”
“Perché
io
amo te”.
Così
ha
detto. Perché. Io. Amo. Te.
“Allora
resta” le ho detto. Le ho detto “resta”.
Lei mi ha baciato. Stiamo insieme da
quando avevamo diciannove anni. Alla fine dell’anno io ne
compirò ventotto. Ma
quello di ieri sera è stato il bacio più bello di
tutta la mia vita. E poi le
nostre bocche hanno smesso di parlare, e l’hanno fatto per
noi i nostri corpi.
Abbiamo fatto l’amore.
Un amore
magico, meraviglioso, di baci e carezze, di lacrime e sorrisi. Un amore
nostalgico, giovane, fresco, puro. Immortale. Il linguaggio di coloro
che per
davvero si amano. Ho potuto baciare tutto il suo splendido e candido
corpo, la
pelle chiara e pura. Così liscia e morbida, perfetta come
seta. Ho baciato i
suoi seni perfetti e sinuosi e il suo sesso umido e caldo. Lei ha
baciato il
mio corpo ruvido e spinoso, ha passato le sue mani piccole e delicate
tra i
miei capelli disordinati, ha accolto il mio sesso dentro di se.
L’ho lasciata
guidare, stringendola a me, ho lasciato che fosse lei a guidare quella
danza
poetica per poterne godere ogni singolo istante. Arrivammo
all’apice della
nostra danza con le orecchie riempite di una musica straordinariamente
impetuosa, che caricava sempre di più fino a raggiungere il
suo culmine nel
bacio morbido che mi diede sul collo. Non ci fu bisogno di altre parole
quella
sera. Lei scivolò nel letto, di fianco a me. Si strinse a me
e mi baciò le
guance per tutta la notte. Nessuno dei due chiuse occhio.
La
stretta
che mi ha devastato il cuore mentre la vedevo scomparire tra la folla,
è stata
direttamente proporzionale al piacere e all’amore che me
l’aveva invaso qualche
ora prima.
4
Marzo 2015, Washington DC
Negli
ultimi giorni ho avuto poco tempo di mettermi a scrivere, Tom non me ne
vorrà.
Ho cominciato a lavorare come barista in una caffetteria a un paio di
isolati
da qui. Cerco di prendermi turni più lunghi che posso, il
lavoro mi distrae dai
miei pensieri.
Julie l’ho
sentita solo due volte dopo la sua partenza. Ha detto che sta bene,
anche se è
rimasta un po’ turbata. Ha detto che le cose sono peggio di
quel che pensava.
Mentre attraversavano la Syria sono stati scortati da alcuni soldati
americani
perché c’erano stati diversi kamikaze che si erano
fatti saltare in aria
proprio in quei giorni. Però il viaggio è andato
bene. Ha detto che ci sono
tanti bambini orfani, tanti mutilati, tanta gente che soffre la fame.
Ha detto
che sono al sicuro li, che ci sono dei soldati a presidiare il campo.
Mi ha
chiesto di stare tranquillo. Mi ha ricordato la nostra promessa. Un
paio di
chiamate di breve durata. Giusto qualche secondo per sentire la sua
voce.
Sapere che è viva per me è sufficiente. Resisti
amore mio, devi resistere.
10
Marzo 2015, Washington DC
In
casa c’è
parecchia confusione. Con la scusa che non verrà nessuno a
trovarmi, rimando
sempre a “domani” il rimettere a posto le cose.
Così in pochi giorni ho
trasformato questa casa in un letamaio pur standoci solo 3-4 ore al
giorno. In
tutto quel casino non ritrovavo il diario. Alla fine, ho scoperto che
era
finito nel letto, l’ultima volta devo essermi addormentato
mentre scrivevo e al
mattino l’ho dimenticato.
Quando non
lavoro, vado a passeggiare al parco. Era una delle attività
preferite mie e di
Julie. Lo facevamo sempre quando c’era il sole. Uscivamo a
passeggiare,
facevamo per ore intere lo stesso identico giro senza stancarci mai.
Senza
smettere di trovare interessantissimi argomenti di cui parlare. Senza
mutare
mai il nostro sguardo amorevole.
Mi manca
ogni secondo in cui non c’è.
Duecentotrentatreoresediciminutiquarantasettesecondi.2
Non
dormo
per davvero dal giorno prima della notizia che sarebbe partita. Mi sono
appisolato una decina di minuti in qualche caso, preso dalla
stanchezza. Ma non
c’è verso di prender sonno.
Non dormirò
di nuovo fin quando non la potrò stringere al mio petto e
baciare sulla fronte.
Man mano
che andiamo avanti le telefonate si fanno sempre più rade.
“C’è
tanto
da fare”
“Lo
so”
“Mi stai
aspettando?”
“Certo”
“Se non
tornassi…io”
“E’
successo qualcosa?”
“Oggi
è
entrato un tizio armato, ha puntato la pistola contro
nonmiricordoilnome e gli
ha detto che se non lo curava lo ammazzava”
“Cristo
santo…che è successo poi? Tu stai bene?”
“Si..i
soldati gli hanno sparato prima che potesse muoversi. Ma ho
paura”
“Lo
so”
“Se dovesse
succedermi qualcosa…io voglio che…”
Stava
piangendo. A singhiozzi.
“Se
qualcuno mai si permetterà di torcerti un capello io
verrò li e gli darò la
caccia fino a quando non potrò ucciderlo con queste mie
mani”
Sapevo che
avrebbe riso.
“Ti
amo”
m’ha detto ridendo.
“Ti amo” le
ho risposto. Poi ha chiuso.
Questo
quattro giorni fa. Poi più niente. Ho davvero tanta paura.
Ho paura che non
torni. Oggi ho visto una trasmissione alla televisione mentre ero al
bar.
Alcuni giornalisti hanno parlato di un possibile teatro di scontro tra
le forze
americane ed alcuni terroristi islamici proprio in Syria. Il presidente
ha
detto di stare tranquilli, che l’America non ha intenzione di
rientrare in
guerra e ha smentito le notizie.
Ma io
non
le credo. Lei si è sempre dichiarata pacifista. Ma le nostre
truppe sono
rimaste dov’erano. A combattere. A morire. Quindi o
è falsa, o non comanda un
cazzo di niente.
UN.
CAZZO.
DI NIENTE.
FINE
CAPITOLO
* *
*
1. Non
è un errore di battitura. Ho deliberatamente scelto di
inserire delle parole che rafforzino il senso discorsivo del testo.
Insomma,
credo che faciliti la trasmissione dello stato d’animo di
Simon. Gradirei i
vostri feedback e le vostre impressioni a riguardo
2. Il tempo
trascorso tra le 6 del mattino del 10 marzo alle
23.16 del 10 marzo (rispettivamente l’orario della partenza
dell’aereo di Julie
e l’orario in cui Simon scrive questa pagina di diario)
Angolo
dell’autore
Ebbene, questo è il
secondo capitolo. Introduco una nuova
informazione riguardo il mio stile di scrittura: ho intenzione di
realizzare
capitoli brevi e poco prolissi, almeno all’inizio, per
concentrarmi più sulle
emozioni del personaggio che sulle sue azioni, che almeno per adesso
sono di
secondaria importanza. Detto questo spero che il capitolo vi sia
piaciuto. E’
un capitolo descrittivo dell’amore di questi due giovani,
è IL capitolo che da
un senso all’impostazione “genere
romantico”. Spero che sia di vostro
gradimento. Nel prossimo capitolo ci sarà una svolta, quindi
mi raccomando non
ve lo perdete :D