Fanfic su artisti musicali > Arctic Monkeys
Ricorda la storia  |       
Autore: Christa Mason    06/01/2015    2 recensioni
Julian Casablancas (cantante degli Strokes - è anche bene sapere che gli Arctic Monkeys nascono come cover band degli Strokes) e Alex Turner si incontrano nel principale aeroporto di New York. Complicità, confessioni, intimità, una sbronza insieme e...
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alex Turner
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
I personaggi presenti nella mia storia non sono le persone a cui essi fanno riferimento, in altre parole: tutto quello che segue è falso e mai accaduto. Se non conoscete Julian Casablancas vi prego di googlarlo, non ve ne pentirete, è il cantante di un'ottima band, che sono i The Strokes. Gli Arctic Monkeys nascono proprio come cover band degli Strokes, Casablancas e Turner si sono realmente incontrati in qualche occasione! Per il resto, enjoy. 


Julian, 
  ti scrivo perchè devo assolutamente scusarmi con te. Ripenso al nostro fortuito incontro in aeroporto qualche giorno fa e mi sento un vero stupido per le cose che ho detto. Più probabilmente non avrei dovuto neanche permetterti di ascoltare la narrazione di tutti i contorti capovolgimenti della mia vita: la verità è che non ci capisco più un cazzo, né di quello che sto facendo, né di quello che dicono debba fare. Stai un po’ zitto, Alex. avresti dovuto dirmi mentre blateravo dei miei problemi, ma invece sei stato lì, con quel tuo sguardo perso che non ti avevo mai riconosciuto. Ti ringrazio per avermi ascoltato, anche se ciò che avevi da dire tu era chiaramente più importante. Oggi ti chiedo di dimenticare tutto: io sto bene, davvero. 


  La tempesta newyorkese ci aveva fottuto. Il tour degli Arctic Monkeys era stato inevitabilmente interrotto, dopo che si era rivelato impossibile viaggiare con qualsiasi mezzo coperto da un’assicurazione ragionevole. Già, perchè non si parla altro che si assicurazioni ultimamente. Dobbiamo assicurare quello, quest’altro, dobbiamo farti una bella assicurazione sulla vita, Alex, perchè il tourbus potrebbe schiantarsi e tu potresti morire. Sai che c’è? Firma qui, così ti togli il pensiero. Ogni tanto penso che sarebbe meglio se morissi davvero, che tutte le scimmie morissero davvero e che i nostri strumenti affondassero romanticamente nell’oceano. Con tutte quelle assicurazioni qualcuno si farebbe un po’ di soldi, e il mondo avrebbe un problema in meno. Ogni giorno penso di lasciare gli Arctic Monkeys, poi non lo faccio, perchè in realtà amo essere negli Arctic Monkeys. Sta di fatto, che lo scorso trenta dicembre la neve di New York ci aveva fottuto, e non ci rimaneva che festeggiare il Capodanno nella caotica metropoli, coperta di neve e di tassisti arrabbiati. All’inizio accettai, anzi invece di dire il solito Fate voi, non me ne frega un cazzo, contribuii alla scelta del locale per passare la notte: qualcosa di discreto, un posto pettinato con grandi jazzisti e belle ragazze. Poi però pensai che sarebbe stato molto meglio tornare a Sheffield, a casa. Di stare a New York e vedere la fine di un altro anno, proprio non me ne importava niente. Sarei finito completamente ubriaco in qualche stretto bagno, con qualcuno che bussa alla porta, Alex, Alex stai bene?. Quando comunicai di volermene andare, tutti si allarmarono. Pensavano giustamente che avrei preso un aereo per l’Inghilterra, nel mezzo del tour (momentaneamente interrotto dalla neve newyorkese) senza più tornare, Questo se ne torna a casa, e poi non torna più a finire il tour, è sicuramente questo il piano dello stronzo, e ammetto che per un attimo è stata quella la mia idea. Dopo un po’ di raccomandazioni e rassicurazioni mi lasciarono andare, rassicurati dal fatto che comprai anche un biglietto per il ritorno. 
  Per questo mi trovasti lì, imbronciato e triste, con in mano una copia di Trappola per topi che avevo trovato in albergo e che non avevo davvero intenzione di leggere. Tu sembravi al tuo meglio, spavaldo e felice, con i tuoi occhiali da sole e la custodia rigida di una chitarra che sbattevi a destra e a sinistra senza controllo. Ci guardammo per un momento, senza riconoscerci, due belve che si studiano prima di staccarsi le orecchie a morsi. Quando comprendemmo chi avevamo di fronte, ci rilassammo. Tuttavia ammetto che, nella mia disperata voglia di solitudine, sperai non ti sedessi vicino a me, so bene che avrei cominciando a sproloquiare sullo schifo che mi cadeva addosso, ed ero il primo che non aveva voglia di ascoltarsi. Invece ti sfilasti gli occhiali e ti lasciasti cadere al mio fianco. Alex, sospirasti, quasi non riconoscevo il tuo brutto muso. Lasciasti cadere la tua chitarra mentre ti sedevi vicino a me, la quale sbattè a terra sonoramente: non capivo la briga di compilare moduli su moduli per farla passare come bagaglio a mano per poi trattarla in quella indelicata maniera. 
  - Ciao, Julian. - dissi io. 
  - Cos’è quella roba che stai leggendo? - 
Non aspettasti neanche la mia risposta, semplicemente mi strappasti dalle mani il volume di Trappola per topi e lo guardasti facendo un sorriso. Fosse successo al liceo, tu saresti stato quello che mi avrebbe preso in giro per almeno una settimana per una lettura del genere. Noi siamo persone di quelle troppo cool per leggere Agatha Christie, nonostante a suo tempo anche lei fosse stata una britannica molto cool. Se avessi saputo del nostro incontro avrei speso qualche dollaro per un anonimo thriller, di quelli che ci si aspetterebbe nel nostro bagaglio durante un viaggio, allora mi avresti strappato di mano un libro che avresti apprezzato e avresti annuito compiaciuto. 
  - L’ho trovato in albergo. - mi giustificai. Non capii perchè, ma ero terribilmente in imbarazzo. Fu probabilmente allora che compresi che dovevo fare una bella impressione su di te, perchè quel senso di imbarazzo provocato dall’avere tra le mani una consunta copia di Trappola per topi, libro poco macho e più adatto a casalinghe annoiate, mi aveva fatto capire quanto la tua opinione contasse, quanto sarebbe stato bello che tu avessi potuto dire Ho incontrato Alex Turner in aeroporto, non sapete che tosto sia quel ragazzo! Cazzo se è uno tosto!
  - Che ci fai qui, Alex? - mi hai restituito il libro, senza fare commenti. 
  - Beh… Devo prendere un aereo. - mi pareva piuttosto ovvio. 
  - Voglio dire… Cosa fai qua, solo? Voi scimmie non siete in tour? - 
  - Oh sì, siamo in tour. Ma sai, la neve ha mandato tutto a puttane, siamo bloccati a New York per i prossimi tre giorni almeno, e ho deciso di tornare a casa… - gesticolavo come uno scemo. 
  - Senza più tornare, magari. - 
Perchè eravate tutti convinti che non sarei tornato?
  - No, credo che dovrò tornare, alla fine. - 
  - Non hai pensato che con questa neve nessun aereo sarebbe riuscito a partire? - 
  - Beh… - ammetto di non averci neanche minimamente pensato, e nonostante i numerosi avvisi che venivano lanciati a intervalli costanti (avvisi che a quanto pare ignorai del tutto), prima di incontrarti l’idea di essere bloccato in aeroporto non mi aveva minimamente sfiorato. Mi voltai per dare un’occhiata al catastrofico cartellone delle partenze. Cazzo
  - Neanche io ci avevo pensato. - mi consolasti tu. 
  - Ma a New York non sono abituati, non sono attrezzati per queste situazioni? - 
  - Rassegnati ad almeno un paio d’ore di ritardo, amico. Il tuo è quello per Londra? - 
  - Sì, quello per Londra. - non so perchè non ti chiesi subito dove saresti andato tu. Il tuo chiamarmi amico mi disorientò. So che gli americani chiamano amico chiunque gli capiti sotto tiro, ma quella tua confidenza democratica mi stava stretta, sapevo che avrei dovuto essere anche io simpatico, disponibile, americano quanto lo eri tu. Sapevo anche che non ci sarei mai riuscito. Osservai il tuo viso, che si piegava in sorrisi gentili, di quelli che sembrano psicoanalizzarti, largamente usati dagli psicologi di tutto il mondo. Avanti, Alex, parlami dei tuoi problemi, dimmi cosa ti affligge. Problemi, problemi, voglio sapere tutti i tuoi problemi. Dico davvero, amico, sembravi davvero uno con cui era possibile parlare di tutto, e che anzi, voleva sentirsi raccontare tutto. Notai che tenevi una sigaretta tra le mani, che picchiettavi dalla parte del filtro sul ginocchio, nervosamente; l’astinenza dalla nicotina tradiva il tuo approccio da amico
  - C’è un’area fumatori da qualche parte, Julian. - ti dissi, sicuro che avresti risposto con l’entusiasmo di un drogato che si appresta a farsi un’altra dose. Perdona l’infelice metafora, ma mi aspettavo davvero che tu scattassi in piedi. Dove? Dove l’ha vista? Dove sta l’area fumatori? 
  - Ah no, odio le aeree fumatori. Sto cercando di smettere, tra l’altro. - fu la tua composta risposta.
  - Capisco. - 
Rimanemmo qualche attimo in silenzio, senza guardarci in faccia, contemplando l’uno le mani dell’altro. Tu fremevi, nonostante la sala d’aspetto fosse eccessivamente riscaldata, fremevi come stessi congelando. Avrei dovuto chiederti se c’era qualcosa che non andava, ma mi anticipasti.
  - Cosa ti affligge, Alex? - 
  - Niente, voglio solo andare a casa. - 
  - C’è qualcosa che ti aspetta a casa che non può aspettare la fine del tour? - 
  - No… - non lo sai, ma quella domanda mi diede davvero da pensare, perchè compresi che non era quello che c’era a casa che volevo, ma quello che non c’era. - No, solo casa. - 
 
  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Arctic Monkeys / Vai alla pagina dell'autore: Christa Mason