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Autore: Shepard85    26/01/2015    0 recensioni
L'amore è sicuramente uno dei sentimenti più potenti che un essere umano può provare. Ma chi lo dice che lo si deve provare per forza nei confronti di un'altra persona?
Genere: Introspettivo, Malinconico, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non è un angelo
 
“Situato sulla cima della Mole Antonelliana a più di 300 metri di altezza è visibile da ogni angolo della città anche grazie a dei potenti riflettori posti ai suoi piedi. Con un’altezza di 6 metri ed un apertura alare dalla medesima dimensione, il Genio Alato è la statua più grande che ci sia sul suolo torinese. Il suo sguardo è diretto verso il Duomo dove è custodita la sacra sindone di Gesù Cristo e ciò non è un caso”. Tutti erano completamente stregati dalle sue parole. La storia di uno dei personaggi più famosi di Torino era paradossalmente poco conosciuta. Questo non poteva far altro che incuriosire ulteriormente i compagni. “Infatti, per via del suo aspetto fisico, simile in tutto e per tutto ad un angelo, si dice che Dio Onnipotente in persona abbia creato la statua per poi darle l’obiettivo di controllare la sacra sindone di Cristo protetta nel Duomo di Torino. La leggenda dice che il Genio Alato abbia la capacità di prender vita così da raggiungere Dio per informarlo direttamente delle condizioni riguardanti il sacro velo. Gli archivi storici però raccontano le origini della statua da un punto di vista più concreto e meno spirituale. Fu scoperta negli abissi del Mar di Sardegna a pochi chilometri di distanza dalla località di Alghero dove era in corso una ricerca subacquea volta a verificare la salinità del mare. Le ricerche erano finanziate dal gruppo torinese Martinetti che di fronte alla scoperta inaspettata, decise di donare il ritrovamento al museo delle opere di Torino. In seguito fu presa la decisione di spostare la statua in cima alla Mole. Il Genio Alato divenne così il protettore della città. Ma nonostante il grande valore culturale attribuitogli, vi è il pericolo che la statua possa andare perduta. Il motivo è la tanta discussa demolizione della Mole Antonelliana per far posto ad un centro commerciale fortemente voluto dai residenti del quartiere. Motivo che ha diviso la città di Torino in due parti”. L’insegnante fece cenno col capo continuando a tenere le braccia conserte. “Sebbene il conto alla rovescia sia già iniziato, è ancora possibile che tutto ciò non avvenga. A rallentare i piani è l’insistenza dovuta ad una moltitudine di cittadini tra cui la sottoscritta che nutre ancora la speranza di una possibile svolta a favore della permanenza della Mole. Tutti attendono la decisione finale del sindaco. Nel caso cambiasse idea, dimostrerebbe di avere un minimo di buon senso che in questo mondo pare sia diventato qualcosa di molto raro. Un’ultima precisazione vorrei fare. Non chiamatelo angelo solo perché ha un paio d’ali. Lui è un genio, e per la precisione è il Genio Alato della Mole Antonelliana”.
La ragazza finì di leggere proprio nel momento in cui la campanella dell’intervallo suonò. I suoi compagni anziché alzarsi per uscire dalla classe non poterono non farle i complimenti con un meritato applauso. Lei ne fu stupita.
Poi la classe cominciò l’intervallo.
<< Erika, vieni qui per favore >> chiese la professoressa entusiasta. << Il tuo tema è davvero interessante. Persino io alcuni particolari non li conoscevo. Allora è proprio vero che ti piace il Genio Alato >>. La ragazza sorrise annuendo. << Vado ai piedi della statua appena ho tempo libero e se solo non fossi così impegnata con lo studio ci andrei ogni giorno >>. L’insegnante sorrise dicendo di non esagerare. << Tu conosci la leggenda del Genio Alato ma forse ignori quella della Mole Antonelliana. Si dice che chi entri dentro la pancia della Mole per poi andare fino in cima, sia destinato a non concludere mai gli studi! >>. Erika si mise a ridere sostenendo che si trattava proprio di una leggenda. In effetti lei andava sulla cima della Mole da molto tempo e di certo i suoi studi non ne risentivano anzi erano persino migliorati. << Nonostante sia una statua, io sento che è in grado di comprendere ogni nostro sentimento umano. Quanto vorrei che prendesse vita! >>.
 
Il pomeriggio passò in fretta e ben presto la campanella suonò la fine delle lezioni. Erika uscì con passo veloce da scuola. Ad aspettarla c’era la sua migliore amica Marika che lei chiamava Mari.
<< Tutto pronto? >> chiese mettendosi sull’attenti con fare ironico. Erika le diede una spinta sorridendo ed insieme percorsero Viale Giuseppe Verdi in direzione della Mole. Il traffico a quell’ora della giornata era insopportabile. Auto, moto e camion intasavano Piazza Castello. Le due ragazze passeggiavano sotto i portici alla ricerca di qualche abito invernale. Mari scrutava ogni minimo ed inutile particolare di qualsiasi vestito mentre la sua migliore amica controllava di continuo l’orologio. << Dai che facciamo tardi! Sbrigati >>. La ragazza si voltò e con fare stupito rispose: << Gioia mia stiamo andando a trovare una statua. Non preoccuparti che anche se si tratta di un angelo, di certo non vola via >>. Erika sbuffò battendo i piedi con fare nervoso: << Non è un angelo! E’ un Genio Alato >>.
 
Il cielo era diventato color blu cobalto mentre le prime stelle cominciavano ad essere visibili.
Finalmente Erika e Mari erano giunte ai piedi della Mole. Le sue dimensioni erano immense. Costruita su base quadrata, il lato misurava 130 metri. Era fatta interamente di marmo bianco proveniente da Carrara e da Gravellona Toce: le stesse cave dove fu prelevato il marmo utilizzato per costruire il Duomo di Milano. Il cantiere venne diretto per 60 anni dall’ingegnere Alessandro Antonelli e dopo la sua morte i lavori furono ultimati dal figlio per un totale di 103 anni di fatica. La struttura della Mole era divisa in tre parti: l’Edificio, che includeva l’enorme cupola sulla quale all’esterno era impressa per mezzo di neon rossi la celebre sequenza di Fibonacci, la Camera dove vi era il punto d’incontro tra i due ascensori ed infine la Guglia, che inclusa la statua del Genio Alato, portava la Mole Antonelliana ad un’altezza complessiva di 333,33 metri, 3 metri in più della francese Torre Eiffel. Al suo interno, la pancia della Mole era vuota mentre ai lati di essa vi era un museo del cinema disposto su due piani che però da anni non riscuoteva più successo. L’ascensore che portava alla cosiddetta Camera, era fatto interamente di cristallo ed era posto al centro della struttura dando a chi non era abituato a salirci vertigini e capogiro. Man mano che si saliva, la pancia si restringeva ed il soffitto della Mole caratterizzato da motivi geometrici bizzarri, dava l’impressione di catapultare il visitatore in un’altra dimensione.
Erika era sempre più impaziente di raggiungere la destinazione mentre l’amica Mari era meno interessata e continuava a mandare sms col cellulare ad una velocità preoccupante. Uscite dall’ascensore, cominciarono a salire le scale che portavano al secondo ascensore, quello che giungeva fino alla cima del terzo livello.
Una volta arrivati a destinazione, un vento gelido accolse i visitatori. Infine, dopo aver percorso una scala a chiocciola arrivarono ai piedi dell’enorme statua dorata.
Lo spettacolo era come sempre suggestivo: una distesa di luci e palazzi si perdeva all’orizzonte.
Le ragazze percorsero un intero giro intorno alla base del Genio Alato. Poi diressero lo sguardo sulla città illuminata. << Solo se si guarda dall’alto si ha una vaga idea di quanto noi esseri umani siamo così piccoli rispetto a tutto quello che ci circonda >> esclamò Mari guardando in direzione del Monviso, il monte a piramide. Un aereo in fase di atterraggio attraversò l’intera città andando verso l’aeroporto di Caselle.
<< Prima o poi lo faccio >> disse a bassa voce Erika. La sua migliore amica si voltò chiedendo cosa.
<< Mi arrampico fino alla testa della statua e mi fai una foto! >>. Ci fu uno scambio di sguardi finché Mari non scoppiò in una risata isterica. Poi continuò a guardarla e notò che negli occhi di Erika non vi era alcun cenno d’ironia. << Tu sei pazza! Stai parlando seriamente? Ma per caso ti sei innamorata di questa statua? >>. A questo punto fu Erika a ridere a più non posso attirando a sé gli sguardi dei visitatori. Poi volse il suo sguardo al Genio Alato. In quel preciso momento le era parso di vedere gli occhi della statua batter le ciglia. Rimase immobile per qualche secondo ma poi si strofinò gli occhi pensando che non poteva aver visto ciò che credeva.
 
Era passata un’ora da quando erano salite sulla cima della Mole. Era tempo di tornare a casa ma Erika pareva più contraria del solito. << Che ti prende? >> chiese l’amica << Ci torniamo settimana prossima come abbiamo sempre fatto >>. Ma lei rimase immobile. << E’ possibile che tra una settimana la Mole Antonelliana venga distrutta ed il Genio Alato faccia una brutta fine >>. Mari le diede una pacca sulla spalla incoraggiandola. << Nessuno farà una brutta fine. Sicuramente porteranno la statua in qualche museo della città >>. Erika ebbe uno scatto d’ira. << Ma quale museo! Lui non merita nessun museo. Deve stare sul punto più alto della città per proteggerci. E’ il nostro guardiano. Possibile che solo io veda la realtà delle cose? >>. I suoi occhi verdi erano lucidi mentre cominciò a respirare affannosamente.
 << E’ possibile. Purtroppo agli occhi delle altre persone è solo una statua. Ma come mai per te ha un inestimabile valore? >>. Fu una domanda fatta e rifatta inutilmente. Erika non rispose facendo capire che il segreto di quell’amore platonico verso il Genio Alato sarebbe rimasto un mistero. 
   
 
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