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Autore: miatersicore23    31/01/2015    2 recensioni
Alternative Universe/ Tutti umani.
Damon ed Elena si conoscono da una vita. Sono cresciuti insieme, si sono amati e si sono fidanzati. Poi, come molte storie, tutto finisce, ma a sei mesi dalla loro rottura, un incidente cambierà completamente le loro vite.
Dal secondo capitolo:
Elena. Collego quel nome alla frase “è caduta tra le scale” e mi preoccupo terribilmente. Spintono circa una decina di ragazzi per ritrovarmi in prima fila nel semicerchio che circonda la fine della scale e che circonda il corpo privo di sensi di Elena. Caroline è accucciata e le accarezza preoccupata il volto. Dietro di lei, mio fratello è al telefono per chiamare il pronto soccorso.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caroline Forbes, Damon Salvatore, Elena Gilbert, Isobel Flemming, Vicki Donovan | Coppie: Damon/Elena
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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“A me la morte fa una gran paura, si lasciano troppi sorrisi, troppe mani, troppi occhi.”
Augusto Daolio
5
Accade tutto in un giorno
 
Entro in camera da letto e vedo Elena che si specchia, aggiustandosi il giacchettino dell’abito da cocktail bianco. Subito dopo, le mani passano sulla cintura nera e percorrono i motivi astratti di pizzo nero che vagano indefiniti sul vestito. Si gira a rigira la cintura finché non la mette al posto giusto, poco più su dei fianchi. Quando finisce, prende finalmente le semplici scarpe nere e le indossa, guardando la sua figura per intero.

Adesso mi nota, mentre sono dietro di lei, appoggiato sulla soglia della porta, con le braccia incrociate ed una gamba accavallata all’altra.

Lei mi guarda, mi sorride leggermente.

-Sono pronta. Il tempo di truccarmi e possiamo andare.

Si affretta a prendere il borsellino con i trucchi e a rovesciarlo sul tavolino davanti allo specchio. Afferra un pennello e se lo rigira tra le mani finché non trova il fondotinta tra le miriade di cose che ha lì.

Mi avvicino a lei e l’afferro per i fianchi dolcemente.

-Non importa. Preferisco rimanere con te da solo tutto il giorno piuttosto che stare in piedi a parlare con signore di mezza età, mentre mio padre ti rapisce per ballare un lento. Che ne dici del divano, pop-corn e un bel film d’azione? È un’ottima alternativa ad una festicciola per ricchi sfondati di Oakland.

-Festicciola? Damon è il venticinquesimo anniversario di matrimonio dei tuoi genitori, non puoi di certo ignorarlo.

No, non posso ignorarlo. In compenso ignoro le sue parole e mi accingo a baciarle dolcemente il collo mentre le sue mani si impadroniscono delle mie.

Nell’ultimo mese sono sempre stato reticente nel toccare o sfiorare Elena in un modo così intimo. La paura che lei possa risvegliarsi da questo sogno è sempre stata dietro l’angolo. Ma quando lei si avvicina e mi abbraccia e inizia a strofinare il naso sul mio collo, io impazzisco e ricambio quei gesti, ma la faccio mia solo quando me lo chiede. Ho il timore di farle del male ancora una volta. Non voglio vederla ancora una volta con gli occhi freddi come il ghiaccio a causa mia. Non voglio che io sia un perfetto sconosciuto mentre facciamo l’amore.

-Hai ragione… - le mie labbra salgono un po’ più su, mentre le mie mani rigirano il suo corpo per ritrovarmela difronte. La bacio sulla bocca, ma è lei che prendendomi il viso e portandolo più vicino a se stessa, approfondisce il bacio, passando languida la lingua sul labbro superiore. Sembra soffice velluto quando entra a contatto con le mie labbra. – Dovremmo proprio sbrigarci.

L’allontano, guardandola malizioso e rigirandomi sui tacchi per dirigermi verso la porta. Cammino lentamente, sono sicuro che sarà lei quella che spingerà sul letto.

-Cinque minuti di ritardo non fanno male a nessuno. – mi sussurra all’orecchio da dietro, gettando le braccia sul mio petto e facendomi arretrare di qualche passo.

Percepisco il suo sorriso mentre mi bacia il collo e mi mordicchia il lobo dell’orecchio, umettandolo con la punta della lingua.

Vorrei non poter uscire di casa veramente. Vorrei non rischiare di rovinare quello che lentamente stiamo costruendo, di nuovo. È u nuovo muro, una nuova casa. È mattone su mattone e ho paura di sbagliare qualcosa, di non averci messo delle fondamenta solide a questa casa. Una folata di vento e tutto viene spazzato via.

 Non vorrei che lei pensi che io stia fingendo solo per pietà. Solo perché devo assecondare una che ha perso la memoria.

No, non è così. Non lo farei solo per pietà. Avrei rifiutato all’istante l’idea di Caroline se fosse stato per qualcun’altra. E per questo che ho lasciato Vicki, perché se ci fosse stata lei al posto di Elena, probabilmente non avrei accettato. Probabilmente non avrei resistito più di tanto. Probabilmente l’avrei abbandonata al suo destino. Perché? Perché sono il peggiore degli egoisti. Perché senza Elena io non ci so stare; perché manderei al diavolo le altre persone e mi terrei stretta al cuore solo lei e da egoista non voglio soffrire. Se penso ai momento, ai giorni, ai mesi passati senza di lei… il mio cuore mi picchierebbe per l’idiozia che ho fatto.

Mi urlerebbe se ne avesse l’occasione e mi direbbe: “Che cazzo hai combinato, Damon? Siamo stati costretti a vivere per mesi in una dolorosa e miserabile vita senza veri sentimenti. E solo perché quella sera avevi bevuto. Forse dovresti smetterla di bere.”

Davvero, dovrei farlo. Il mio cuore ha ragione. L’alcol ha innescato in me quelle reazioni e adesso ogni volta che bevo della birra o del Bourbon, quando quei liquidi scendono in gola, essa brucia. Sono come il fuoco che arde lentamente e brucia la legna. Sono un promemoria. Mi ricordano che una volta ho perso totalmente il controllo, che non sono stato io.

No, non posso essere stato veramente io. Non mi accetterei mai.

-Va bene. – mi fermo qualche secondo dopo, notando lo sguardo dispiaciuto nei sui occhi ed il piccolo broncio che ha messo su – Andiamo.

Le porgo il mio braccio piegato e lei fa scivolare elegantemente la mano nell’incavo del mio gomito, sorridendomi e baciando la mia spalla coperta dalla giacca nera.

E come avevo previsto, la festa è un mortorio. Gli unici momenti di conforto e di serenità sono i momenti passati con Elena. Quando lei, mentre balla con mio padre, mi guarda oltre la sua spalla e mi sorride ed io ricambio, facendole l’occhiolino. O quando finalmente, mi si avvicina e le sue mani, delicate e dolci mani, mi accarezzano il petto.

Lei lo sa, che quando mi si avvicina, io non riesco a fermare il mio cuore che accelera. Lo sa e le piace sentirlo. Sentire il ritmo incessante dei suoi battiti. Una volta mi ha sussurrato che mi amava proprio per questo. Perché il ritmo del mio cuore combaciava perfettamente con il suo. Io all’inizio non capii, poi compresi che era il suo modo per dirmi che eravamo fatti l’uno per l’altra.

Adesso, ogni volta che poggia la testa o mi sfiora il petto con la mano, so che è il suo modo per dirmi che qualcosa ci legherà per sempre. Per sempre.

Per sempre.

Ma quanto dura per sempre? Forse nemmeno esiste un per sempre. Mi sembra poco il tempo insieme a lei e ho come l’impressione che non sarà mai abbastanza. Mai abbastanza sarà il tempo per rimediare i miei errori. Mai abbastanza per vivere con lei.

Ed è uno strano calore quello che percepisco nascere nel mio cuore, quando lei mi è così vicina. Lei. La donna della mia vita. Lei. Quella che vorrei che fosse la madre dei miei figli. I miei figli… Dio, sto pensando a dei figli con Elena e mi sembra così surreale, ma è così che mi sento. È così che vorrei che fosse. Dovrebbe essere così. Così sereno, così magico. Io voglio così. Lei vorrebbe così. Potrebbe essere tutto perfetto. Ma non lo è e io continuo a mentirle, a sentire questo enorme fardello che ho paura porterò per il resto dei miei giorni.

Quando lei si allontana ancora una volta, al posto suo ritrovo mio fratello che sorregge due bicchieri di Champagne. Me ne porge uno, ma non lo tocco. Oggi non sono in vena.

-È sempre bella, non è vero?

Mi domanda, sapendo già la risposta. Non rispondo. Mi limito a sorridere, guardandola da lontano e vedendola ridere e scherzare.

-Lo so, che stai soffrendo anche tu, Damon. So che a te fa male…

-No, Stefan. A lei fa male. Io le ho fatto così tanto male che riesco a sopportare un  po’ di dolore.

-Andiamo non è solo un po’. C’è qualcosa che ti tormenta, lo vedo. C’è qualcosa che ti intrappola, di cui ti vorresti liberare.

-Il senso di colpa, immagino.

Interviene una voce esterna a me, ma fin troppo conosciuta. Isobel.

Cara, dolce, Isobel. Lei è l’esatto opposto di sua figlia.

-Non ti arrenderai mai…

Affermo sconsolato. Lei mi odia, io non la sopporto molto. Quindi il sentimento è reciproco.

-Non fino a quando non scoprirò la verità. Tutto per il bene della mia bambina. So che nessuno dei due è disposto a dirmela, ma prima o poi accadrà, in un modo o nell’altro… con permesso.

E si allontana. Lasciandoci quel solito suo sorrisetto di circostanza e dirigendosi verso la figlia.

-Non lo vedi? – fa mio fratello – Se non torni come prima, non avrai la forza di affrontare la tua cara e tanto simpatica suocera.

-Non chiamarla così, mi fa rabbrividire.

Ridiamo entrambi, ma subito dopo lui si fa di nuovo serio.

-Dico sul serio, fratello, riprenditi. Vedrai che passerà tutto.

E se ne va anche lui. Se ne va e io mi metto all’angolo della sala chiedendomi che ci faccia qui, sembrando un banalissimo ragazzo da parete, che osserva il mondo e se ne sta in disparte, rimuginando su tutto il resto. Io non sono così. Ma in questo momento mi manca l’aria e non capisco perché. C’è questa strana sensazione che non so spiegare. Fa male. No, non fa male. Opprime solo il cuore, come se fosse tra due lastre d’acciaio che si avvicinano tra di loro fino ad unirsi. È così che mi sento oggi. Schiacciato da qualcosa.

Qualcuno. Un altro Damon. Un’altra vita. Un sogno che sento sta per finire, ma non so che tipo di fine sarà.

Chissà se questa storia finirà bene.

Mi allontano per riprendere aria. Esco fuori dalla sala, sentendo già la mancanza del resto. Ed ogni passo, ogni metro più lontano è un pezzo di cuore che si stacca e perde vita. Come lasciare una scia di sangue e addormentarsi pian piano. Che ti prende Damon? Che ti succede? Questa mattina eri felice con la meravigliosa donna che ami e adesso sei solo un mucchio di rimpianti e carne.

Attraverso la strada vuota e solo adesso mi rendo conto che ho ancora il bicchiere di Champagne pieno in mano.

Sono solo un mucchio di rimpianti.

Svuoto lentamente il contenuto facendo scontrare le gocce frizzantine sull’asfalto.

Sono solo Damon. Damon Salvatore. Un uomo comune, con una vita comune. Più o meno.

La strada è vuota e io sono al centro. Le strisce pedonali sono a cinquanta metri da me. Forse avrei dovuto attraversare da lì.

Sono Damon Salvatore. Sono un mucchio di carne ed ossa. E rimpianti. Forse ho anche un’anima.

Guardo il colore del cielo. È grigio. È un giorno triste ed ho come l’impressione che ance esso oggi mi stia dicendo qualcosa.

Sono un anima. Un’anima legata ad un’altra. O sono solo un mucchi di carne ed ossa?

E poi eccola che arriva, come un fulmine a ciel sereno. Invece sono mesi che me lo aspetto, oggi me lo aspettavo. Una macchina sbuca da dietro il grattacielo e sgomma a gran velocità. Vengo travolto.

Sono solo un mucchio di carne ed ossa. Ma c’è un’anima che mi aspetta. Elena.






-No, mamma. Non è vero quello che mi stai dicendo. Loro non possono avermi mentito. Tu non mi puoi aver mentito.

-Invece è così piccola mia, ma lo abbiamo fatto per il tuo bene. L’amnesia può essere traumatica, ma io non ce la faccio a vederti accanto a lui, sapendo quello che ti ha fatto.
-Ma tu non lo sai, mamma. Non sai quello che mi ha fatto.

-Vederti nel tuo dolore per sei mesi mi è bastato per capire cosa può esserti successo.

-No, non è vero. Ti sbagli perché quello che è successo è stato per scelta di entrambi. Non è solo colpa sua.

Perché mia madre mi sta facendo questo? Perché durante il ricevimento è venuta da me, dicendomi di volermi parlare e mi ha detto questa cosa? Dio, non vorrei crederci, ma le sue parole mi sembrano così famigliari. Forse, in cuor mio so che sono così vere.

Ma io… io non voglio parlare con lei. Io voglio parlare con Damon. Voglio chiedere a lui la verità. Voglio ucciderlo, voglio rimproverarlo. Voglio schiaffeggiarlo. Che cavolo gli è venuto in testa? Mentirmi per tutto questo tempo.

Da lontano scorgo la figura di Caroline. Mia madre ha fatto anche il suo nome e voglio delle spiegazioni anche da lei, ma mentre sto per fare il suo nome, sentiamo due urli. Due donne fuori dalla sala. E molti accorrono per prestare soccorso. Caroline si ritrova tra la folla ed io la seguo, senza rendermi conto di finire fuori anche io.

Tanta gente si è fermata a cerchio in mezzo alla strada.

Poi un altro urlo.
Uno più forte. Ed un altro. Un altro ancora. Un pianto. Una voce che riconosco.

Sull’orlo del cerchio scorgo Stefan  e la sua figura ferma ed immobile. Prima non capisco, ma l’attimo dopo un dubbio mi assale.

Mi faccio spazio fra la gente. Intanto spero, prego che non sia qualcuno che conosco. Quando supero tutti la madre di Stefan è rannicchiata su un corpo. Il volto non lo vedo, ma quel corpo.

E quando la sua voce sussurra in lacrime “figlio mio”, il mio cuore si spezza, per sempre.

Non riesco a muovermi, a parlare, a respirare.

Solo quando Stefan mi nota e mi chiama, sconvolto, ferito, ucciso anche lui dagli stessi dolori che uccidono me, mi getto a terra e vedo il suo volto.

No. No, no, no, no, no, no, no.

No. Lui… il mio… no.

-Damon.

Sussurro. Ho un cuore. Perché ce l’ho? Non dovrei averlo. Perché fa malissimo.

-Damon. – lo chiamo – Andiamo… rispondi. Sono io. La tua Elena.

Ma lui non risponde. Non risponde per niente.

-Damon. Sono qui. Qui Damon. Rispondi.

Le lacrime scendono e io non me ne accorgo. Le lacrime. Mi fa male. Male.

-Dam… cazzo rispondimi.

Ma la sua pelle è fredda ed è più bianca del solito. Lui è immobile. Non respira. Non respira. Vorrei non respirare pure io, adesso.

-Ti prego, amore mio. – sussurro a lui – ti prego, amore mio. Non puoi… essere… no, non lo sei. Amore mio.

Sento due mani posarsi sulle spalle.

-Lasciatemi, cazzo. Ti perdono, ti perdono, amore mio. Scusami, scusami, scusa.

Mi sembra di ripetere parole sconnesse tra di loro, senza senso. Ma mi sembra impossibile tutte questo. Non può essere così.

Avvicino una mano al suo volto e non lo sento respirare. Non c’è aria. Lui… non respira. Non c’è.

Sento delle voci da lontano, eppure la gente è così vicina a me. Sento che è stato investito. Ma come lo fanno a capire? Ho gli occhi che pizzicano, la vista appannata e solo quando metto bene a fuoco, noto che perde sangue dalla testa. Ha dei graffi e dei lividi. Un braccio sembra rotto e la camicia bianca si è macchiata di altro sangue. Sempre suo.

-Svegliati.

Non risponde. Sua madre mi lascia dello spazio e viene accolta tra le braccia di suo marito. Mi avvicino ancora di più a lui e davanti a me noto Stefan che viene consolato da Caroline e prova ad avvicinarsi, ma non ci riesce.

Che consolerà me adesso? Lui era la mia unica consolazione. Lui… lui è morto.

-Amore mio, svegliati. Ti amo

Ripeto isterica. Gli sollevo la testa e lo tengo tra le mie braccia. Gli bacio la fronte, il naso, le labbra. Lascio che le mie lacrime cadano e scorrano sul suo volto freddo.

-Damon, ti prego. Ti prego. Non puoi lasciarmi.

Non senza dirmi detto addio. Non un’altra volta. Questa è la peggiore. Voglio un’opportunità. Almeno un’altra. Voglio essere felice con lui. Per sempre. Ma quel per sempre sarebbe dovuto durare tanto tempo. Non solo un mese.

Un mese. È durato un cazzo di mese. Io sognavo gli anni con lui.

Di nuovo due mani, mi invitano ad alzarmi, ma quando mi sollevo sento il peso del mondo pesarmi sulle spalle e perdo i sensi.

Il dolore è atroce, ma è proprio il dolore che mi fa ricordare. Mi fa ricordare l’abbandono di Damon, i mesi passati lontani da lui. È come un sogno. Forse sto veramente sognando, ma non mi interessa. Vorrei chiudere gli occhi per sempre. E raggiungerlo.

Quando mi risveglio sono in un letto d’ospedale. Al mio fianco mia madre e Caroline. Quest’ultima mi tiene per mano, mentre la prima cammina avanti e indietro vicino al letto. Per un attimo non ricordo più niente. Sono solo consapevole che qui, ci dovrebbe essere un’altra persona. Perché non c’è?

-Damon.

Mormoro con la voce rauca, ma lui non mi risponde. Le altre due sì. Si avvicinano ancora di più a me e mi costringono a restare stesa quando tento di rialzarmi.
-Elena, tesoro, non sforzarti nelle tue condizioni.

-Che condizioni?

Chiedo a mia madre, confusa. Rivoglio Damon. Portatemi Damon.

-Cielo, non ditemi che non lo sa. 

Impreca Caroline, affranta e preoccupata.

-Cosa non so?

-Elena – mi chiama dolcemente mia madre – aspetti un bambino.

Un… un bambino.

-Cosa? Io e Damon aspettiamo un bambino?

Le loro facce si fanno ancor più cupe e non riesco a spiegarmelo. Poi, come una freccia che trafigge il mio cuore, ritorna il ricordo. Di me, chinata sul corpo privo di vita di…

Aspetto un bambino. Il bambino è mio e di Damon. Ma lui non c’è più. Damon è morto.

Morto.



Note finali:

Buon salve a tutti, gente. Lo so, sono imperdonabile e con questa storia non aggiorno da tipo un milione di anni. Prima di tutto vorrei scusarmi per lo scandaloso ritardo ma sto avendo moltissimi problemi, che mi sarebbe piaciuto tenerli lontani dal mondo di EFP, ma a quanto pare ha condizionato molto la mia già vacillante assiduità. Inoltre vorrei anche scusarmi per aver concluso la storia solo al quinto capitolo, ma è così che doveva andare e diciamo che non la sentivo più mia, non come Inspiegabilmente sei tu.
Spero di non avervi fatto arrabbiare alla fine. Ma è l'unica piega che poteva prendere la storia. Dopo aver scritto di quello che è accaduto realmente a Damon ed Elena in uno dei precedenti capitoli, ho pensato a lungo alle varie opzioni e mi sono resa conto che il senso di colpa di questo Damon era troppo grande, nonostante il perdono di Elena. Nonostante, la possibilità di una vita bella. Non ho voluto che Damon si suicidasse perché era anche questa era una decisione troppo estrema. Quindi ho lasciato decidere al Karma, il caro Karma che ha condotto Damon in un momento di smarrimento a trovarsi in quella strada vuota e a lasciarlo travolgere da un pirata della strada. E ciliegina sulla torna Elena aspetta un bambino (è inquietante la mia fissazione di quei due genitori), e questa volta ho lasciato la storia Incompiuta perché che altro non ci sia più niente da dire. O più che altro io non so cosa dire. Perché non potrei mai immaginare completamente il dolore che potrebbe provare Elena in un momento del genere e da vera codarda, ho deciso di non rischiare di scrivere qualcosa che non avrebbe reso l'idea o sarebbe stata troppo sul banale.
Perdonatemi anche per la brevità del capitolo e per le parole sconnesse tra di loro che pensa o dice Elena. Possono sembrare un lavoro fatto con i piedi, ma anche qui ci ho riflettuto a lungo.


Mia.
   
 
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