Only
Hope ~
Sei disposto a metterti in gioco per qualcosa che non esiste?
Capitolo
7 – Punizione in Sala Trofei, Marzo 2022
“Dominique!
Dominique!”
Trovarsi faccia a faccia con la verità non è mai
facile. Soprattutto se quella
verità fa male come un ammasso di spilli infilati nel cuore.
“Dominique, fermati!”
Ed ora che la verità era davanti a me, troppo evidente per
far finta di non
vederla, cercavo di scappare. La vedevo, ma volevo fuggirne.
“Dominique! Ti devo chiedere scusa!”
Mi strinsi i libri al petto, per proteggere il mio cuore da quella
voce, e
continuai a camminare, ancora più veloce, sperando di
raggiungere in fretta
l’aula di Trasfigurazione. Una lacrima scese lungo la mia
guancia, ma preferii
ignorarla.
“Dominique, per favore!”
Quella voce, la sua voce, era
l’unica
che avrei voluto evitare, in quel momento. Perché , ora che
mi ritrovavo a
faccia a faccia con la verità, era impossibile per me
riuscire a guardare il
suo viso e fingere che fosse tutto normale.
Me l’avrebbe letto in faccia, James. E cosa avrebbe fatto? Mi
avrebbe sputato
addosso il suo disprezzo e il suo disgusto? Oppure mi avrebbe rifiutato
gentilmente, dimenticando per un secondo solo che io ero sua cugina?
“Dominique!”
Sentii una scossa quando James poggiò la sua mano sulla mia
spalla e mi voltai,
con le lacrime agli occhi.
Lui non parlò, vedendo il mio viso, e si limitò a
guardarmi a bocca aperta, con
la mano sulla mia spalla e un’espressione sorpresa sul volto.
“Cosa c’è?” chiesi, con voce
rotta. Fare finta era troppo difficile e io avevo
rifiutato questa opzione.
“Io...ti devo parlare” mormorò, quasi
senza voce, spostando la mano dalla mia
spalla al mio viso. Sentii che la mia guancia diventava improvvisamente
di
fuoco, sentivo il fuoco che divampava in ogni angolo del mio corpo.
“Non ti devo dire nulla” sussurrai, avvicinandomi
lentamente a lui. Eravamo
vicinissimi, il suo respiro era sul mio viso, i suoi occhi puntati nei
miei.
Il mio cuore sembrava essere tornato incredibilmente intero.
“Io sì. Ti devo chiedere scusa” E lui
chiuse gli occhi, mentre mi si avvicinava
incomprensibilmente. Incomprensibilmente perché non doveva
andare così, perché
James avrebbe dovuto allontanarmi, perché eravamo cugini e
perché...non
ricordavo nessun’altra ragione, mentre James mi stringeva
dolcemente a me e
faceva per chinarsi sul mio viso.
“Potter! Weasley!”
Ci staccammo immediatamente, stupiti da noi stessi e da quella voce
improvvisa.
Sentii un bruciore improvviso là, dove James aveva tolto le
sue mani. Le
rivolevo sul mio viso, sulla mia schiena. Ne avevo bisogno.
Il professor Rüf fluttuava velocemente verso di noi. Vederlo
fuori da una
classe era stranissimo, spesso non si muoveva neanche dalla sua aula.
“Professore, stavamo andando in classe, ci
perdo...” cercò di giustificarsi
James, indicando me e lui e l’aula di Trasfigurazione a pochi
metri da noi, ma
il fantasma non lo ascoltò nemmeno.
“Siete stati voi?” chiese, arrabbiato. Lo guardammo
confusi, mentre James
prendeva la sua mano fra le mie e l’accarezzava, dolcemente,
senza farsi notare
dal professore.
“A fare che, professore?” chiese lui,
innocentemente, ma l’ectoplasma lo fissò
come se avesse voluto incenerirlo.
“Le Caccabombe, maledetti!
Caccabombe
contro la mia aula, gli studenti del primo sono tutti spaventati. Ma
che vi
salta in mente?”
Fummo costretti lì per una buona mezz’ora, durante
la quale il professore
continuò a farci la predica per qualcosa che non avevamo
assolutamente fatto e
James continuò a tracciare disegni immaginari sulla mia
pelle, procurandomi
brividi continui.
“Punizione, Sala Trofei, alle otto”
borbottò infine l’ectoplasma, voltandoci le
spalle con aria furiosa.
“Eh?” chiesi, scostandomi un po’ da James
e sporgendomi verso il professore.
“Ho detto che siete in punizione, Weasley. Punizione, questa
sera alle otto. In
Sala Trofei. Tutti e due”
Sospirai.
Perché la prospettiva di rimanere sola con lui mi faceva
fremere dall’emozione?
~♥~
Arrivammo
tardi alla lezione di Trasfigurazione e la
McGranitt ci fissò con il suo tipico sguardo truce che
– se gli sguardi
avessero potuto uccidere – io e James ci saremmo ritrovati
stecchiti
all’ingresso dell’aula.
“Ci scusi” borbottai, prima di sedermi al mio posto
accanto a Dorian, in fondo
all’aula. James
si sedette dall’altra parte
e mi fece un sorrisetto di scuse, mentre io alzai le spalle. Dorian mo
guardò a
lungo con un sopracciglio inarcato, poi scosse la testa e
strappò un pezzo di
pergamena.
Dopo
mi
spiegherai assolutamente tutto.
Sorrisi,
mentre accartocciavo il foglietto e Dorian mi
guardava allibito. Ancora oggi non saprei dire se fosse per il mio
sorriso o
per il poco rispetto portato nei confronti del suo foglietto.
~♥~
Durante
la lezione di Storia della Magia – così come in
tutto il resto della giornata, d’altronde – la mia
mente si distrasse al primo
minuto e iniziò a vagare per chissà dove.
Un luogo preciso, a dire il vero, ce l’aveva ed era la Sala
Trofei. E con una
precisa compagnia: quella di James.
La sua figura era seduta qualche banco più in là,
assieme a Dorian, e
parlottavano fitto. I suoi capelli erano spettinati come al solito, il
suo viso
disteso in un sorriso che non vedevo da tempo.
Mi chiesi a cosa stesse pensando per essere così felice e mi
augurai che fosse
quello che stavo pensando io.
Non riuscivo a credere che la cosa che più temevo e, allo
stesso tempo, quella
in cui più speravo sarebbero potute accadere lì,
in quel corridoio vuoto e
nessuno sarebbe venuto a saperlo. Io e James avremmo fatto tardi alla
lezione e
nessuno si sarebbe chiesto cosa ci fosse successo, tranne Dorian, che
avrebbe
un po’ sorriso e un po’ trattenuto le lacrime.
No – mi dissi. Non poteva
andare
così. Era tutto sbagliato, non poteva andare così.
Un conto era il mio errore, quel veleno che mi inquinava il cuore, ma
un altro
era che anche James stesse facendo quell’errore.
Così non mi scoraggiava
affatto, come invece avrebbe dovuto fare.
Dovevamo attenerci alle regole e quelle dicevano che le sue labbra non
potevano
sfiorare le mie come avrebbero fatto se il professore non fosse
intervenuto.
Mi voltai verso di lui e vidi che aveva gli occhi puntati su di me, un
sorriso
troppo felice sulle belle labbra.
A cosa stava pensando?
Vuoi
rischiare, James? Sei pronto a non tornare più indietro, a
sacrificare tutta la
tua vita, a farti odiare dal tuo migliore amico e disprezzare da chi ti
circonda?
Vuoi rischiare tutto, metterti in gioco per qualcosa che non
esisterà mai? Vuoi
sacrificare te stesso per questa assurda storia?
Sei pronto sul serio?
Lui
sorrise e mi riconsegnò il bigliettino sul quale, senza
neanche rendermi conto, avevo messo me stessa, bianco su nero, dolore
su euforia.
Guardai il foglietto. C’era scritta una sola parola.
Sì.
~♥~
La
Sala Trofei era una sorta vortice spazio temporale nel
quale sapevi quando entravi, ma non avevi idea di quando saresti
uscito. Zia
Hermione diceva che era una sorta di Narnia – ma non ho mai
capito cosa volesse
dire.
Non me l’ero inventata, assolutamente.
La Sala Trofei era un mondo parallelo per tre buone ragioni.
Punto primo, non esisteva una dimensione temporale in quella sala. Ore,
minuti,
secoli – che impiegavi
per pulire i
maledetti trofei -smettevano di
esistere. Puff! Sparivano! E tu non potevi sapere quanto tempo avresti
impiegato per lucidare i dannatissimi trofei.
Punto secondo, La Sala Trofei era, in sé, la sala delle
punizioni. Chiunque
venisse punito, stai certo che sarebbe andato lì. Quindi, ci
si poteva
aspettare che i Trofei fossero minimamente puliti, no? Sbagliato,
perché i
trofei erano sempre, perennemente, impolverati come se non vedessero
una pulita
da almeno due secoli. Forse qualcuno si era divertito a gettare un
incantesimo
di Polvere Eterna per punire in eterno i poveri studenti –
che non avevano
fatto niente, nel mio caso.
Punto terzo, la Sala Trofei era completamente e inevitabilmente
isolata.
Nessuno ci sarebbe mai passato, stanne certo. A volte sospettavo che
gli unici
che andassero in questa sala fossero gli studenti puniti.
“Potter,
Weasley, voglio tutto lucido. Lucido, chiaro?”
strepitò il professore. Era strano sentire urlare Ruf, era
come se...come se
Lucy fosse tornata al colore naturale dei suoi capelli.
“Sì, professore” pigolai, stringendomi
nelle spalle e guardando James, che
sorrideva, con un sorriso che non gli vedevo da troppo tempo.
Il professore non ci degnò di una risposta e
fluttuò attraverso il muro,
lasciando me e James soli.
Soli. Soli.
Nonostante me la ripetessi, quella parola, mi sembrava incomprensibile,
dopo
due mesi vissuti nella sua assenza.
“Ci conviene iniziare” borbottai, prendendo uno
strofinaccio e iniziando a
lucidare a caso un trofeo. Ero talmente agitata che le mani mi
tremavano e James
se ne accorse appena in tempo, per impedirmi di lasciar cadere il
trofeo a
terra. Lo afferrò lui, con quel sorrisetto inspiegabile
sulle labbra.
“Scusa” mormorò, posando il trofeo sullo
scaffale dietro di sé e posandomi una
mano sulla guancia. La sua mano era bollente, bruciava sulla mia pelle,
ma quel
contatto non faceva male. Era piacevole.
“James, non ne voglio parlare” sussurrai, alzandomi
in punta di piedi e
avvicinando i nostri volti.
Già, non volevo parlare di quel buio, che aveva avvolto due
lunghissimi mesi
della mia vita di cui non ricordavo assolutamente nulla, se non
disperazione e
dolore.
James si allontanò dolcemente da me e mi fece un sorriso
rassegnato.
“Ti ho fatto del male e non me lo posso perdonare”
mormorò, sfiorando ancora la
mia guancia con la punta delle sue dita. Lo sapevo che non era giusto,
dannazione,
lo sapevo. Eppure non riuscivo a staccare lo sguardo dai suoi
bellissimi e
ipnotizzanti occhi castani.
“E’ tutto finito, ora” dissi, alzando le
spalle e cercando inutilmente di guardare
altrove.
“Non è finito niente. Devo chiederti
scusa”
Distolsi lo sguardo, cercando di calmare i battiti accelerati del mio
cuore
impazzito.
“Non c’è ragione di chiedermi
scusa” dissi, torturandomi le mani. Lui prese il
mio volto con entrambe le mani e mi costrinse a voltarmi verso di lui.
Aveva
sul volto un sorrisetto rassegnato, amaro, quasi le parole che avessi
detto lo
avessero ferito.
“Sono stato orribile. Ti ho abbandonata così,
senza neanche spiegartelo e tu
che fai? Non mi permetti neanche di chiederti scusa” Mi fece una carezza sul
volto, così leggera
che sembrava avesse paura di sfiorarmi davvero,quasi temesse la mia
pelle.
Eppure, quella carezza, mi toccò il cuore. “Non
credevo fossi così”
“Così come?” mi sporsi
impercettibilmente verso di lui, senza neanche
rendermene conto. Lui sospirò e mi allontanò
ancora.
“Troppo comprensiva. Pur
di avermi
accanto sei disposta a mettere da parte tutto il dolore che ti ho
causato?”
“E io non pensavo che fossi così”
replicai, incrociando le braccia al petto e
fissandolo male.
“Così come?” chiese lui, curioso,
inarcando un sopracciglio e sorridendomi
ironico.
“Con una bassissima opinione di te stesso” dissi,
mentre lui rideva, divertito
e attirandomi a sé. Sentivo il mio corpo rabbrividire a
quella vicinanza inaspettata.
“Mi sei mancata, Dominique” sussurrò,
con il volto a pochi centimetri dal mio,
con aria rapita, i suoi occhi fissi sul mio viso.
“Anche tu” sussurrai, posando il mio volto sul
petto di lui, stringendolo a me.
Mi resi conto di quanto mi era mancato solo quando sentii il suo
respiro sul
mio viso. Quanto mi erano mancati i suoi sorrisi, le sue risate e
l’aura di
tranquillità che lo circondava.
“Scusami”
Alzai gli occhi al cielo, mentre lui sorrideva, con un sorriso
colpevole che
gli illuminava il volto.
“Perché?” gli chiesi, allontanandomi
leggermente da lui per vederlo in volto.
Lui sfuggì al mio sguardo e fissò a lungo un
angolo remoto della stanza prima
di aprire bocca.
“Io ti ho ferita, lo so. E non me lo perdonerò
mai, Dominique, perché sapere
che ti ho fatto del male, a te, Dominique, fa male anche a me. Ogni
cosa che ti
ferisce, Dominique, ferisce me, perché io non posso
sopportare il tuo dolore.
Tu sei tutto ciò che ho al mondo. Non mio padre, la mia
famiglia, i miei
migliori amici. Tu. E vederti
soffrire è terribile”
E mi diede un
buffetto amichevole sulla guancia, quasi a voler alleggerire la
situazione che
si era venuta a creare con la sua dichiarazione.
Tu sei tutto ciò che ho al mondo.
Suonava decisamente bene, forse troppo.
“Quando ti ho detto di dare una possibilità a
Dorian ero convinto che dovessi
farlo sul serio. Volevo che tu uscissi con Dorian, volevo farti capire
che lui
è un bravo ragazzo. Però...mentre tu ci
riflettevi, è cambiato tutto. Vedi, per
me non eri più Dominique Weasley, eri la mia
Dominique. Non sapevo cosa significasse con esattezza, però
sapevo che Dorian
non avrebbe dovuto toccarti. Assolutamente, in alcun modo. E quando mi
disse
che sarebbe uscito con te...non ci ho visto più. Non sapevo
cosa stavo facendo,
ma tu eri mia, Dominique. Mia”
Le sue
dita mi sfiorarono la pelle del viso mentre mi parlava con
un’insolita dolcezza
nella voce, nonostante quella furia, quel senso di possesso che
traspariva
dalle sue parole.
“Io non volevo dirti quelle parole, ad Hogsmeade. Non volevo
ferirti, ma non
sapevo cosa dirti, Dominique. Ero spaventato da quei sentimenti che
stavano
nascendo dentro di me nei tuoi confronti. Cosa avresti fatto tu, se mi
avessi
sentito dire la verità? Mi avresti sputato il tuo disgusto
contro e saresti
tornata con Dorian. Perché mi ero reso conto che tu, con
Dorian, stavi bene. E
mi faceva male, ma sapevo che quello era il tuo posto. E sono trascorsi
due
mesi, Dominique. Mi sono illuso di poter dimenticare, di poter andare
oltre, ma
non ci riesco. Tu sei la mia vita, lo sai. Sei tutto ciò che
voglio e non posso
ignorarti”
Lo guardai a bocca aperta, con il viso fra le sue mani e le mie, di
mani,
posate sul suo petto.
“E non fare quella faccia!” mi
rimproverò, con aria divertita. Sospirai, poi spostai
le mani dal suo petto e le lasciai cadere lungo i miei fianchi, inerti. Mi sentivo stranamente
senza forze.
“Io...non so che dire, James” mormorai, mentre lui
mi scostava un ricciolo
dalla fronte e mi sorrideva, con quel sorriso spavaldo che amavo tanto.
“Tu...mi hai lasciata senza parole”
“Non c’è bisogno di parlare,
Dominique” sussurrò, abbracciandomi e facendomi
posare nuovamente il mio capo sul suo petto. Mi sentivo così
al sicuro, lì,
abbracciata a lui, con la testa sul suo cuore, a sentirlo battere
freneticamente. “A me basta sentirti così,
vicina”
Sospirai e chiusi gli occhi. Sì, decisamente, mi bastava
quello.
E poi, quando alzai gli occhi, rimasi senza fiato. Sapevo che quello
che stava
per succedere fra noi non sarebbe mai dovuto accadere, lo sapevo,
dannazione.
Eppure, quando lui mi si avvicinò con aria terribilmente
seria, mi sentii quasi
mancare. E quando il suo viso fu ad un centimetro dal mio le gambe
cedettero e
mi ritrovai aggrappata alle le sue spalle, incapace di reggermi in
piedi.
Lui non sogghignava come mi sarei aspettata, ma fissava le mie labbra
con aria
così rapita che mi vennero i brividi.
“Dominique...” sussurrò, portando una
sua mano sul mio viso. Bruciava, quella
mano. Bruciava come il fuoco che divampava in me in quel momento.
“James....” si chinò leggermente su di
me e mi sollevò un po’ da terra. Non gli
costava nulla spostarmi, leggera com’ero. “James,
per favore...”
Lo volevo, volevo le sue labbra sulle mie, ma avevo paura. Sentivo che
avrebbe
cambiato tutto, definitivamente.
Lui non mi ascoltò e posò le sue labbra sulle
mie. Sentivo il fuoco. Fino ad
allora aveva bruciato le parti a contatto con il suo corpo, ma ora era
ovunque:
nel mio cuore, nelle mie mani, nei miei occhi di ghiaccio, nei miei
boccoli
biondi.
Non era doloroso,
era un fuoco
piacevole. Un fuoco che, bruciando, mi riscaldava l’anima di
ghiaccio, che me
la scioglieva e mi faceva rendere conto che non c’era nulla
di bello nel vivere
nel freddo. Era un calore perfetto.
Le sue labbra si muovevano sulle mie con dolcezza, almeno inizialmente,
ma
sapevo fin troppo bene che James non era capace di trattenere il fuoco
che,
sapevo, bruciava anche la sua anima.
Mi aggrappai a lui, come in cerca di un sostegno. Sapevo di poter
contare su di
lui.
In quel disordine di sentimenti, di parole e pensieri, sapevo che lui
– oltre
ad essere la causa di quel disordine – era anche
l’unico appiglio della mia
vita.
Le sue mani scivolarono lungo la mia schiena e mi fecero aderire
completamente
al suo corpo. Sentivo il suo corpo bruciare, lo sentivo nelle sue mani
che mi
stringevano la schiena e la rendevano incandescente, lo sentivo nelle
sue
labbra che si muovevano veloci sulle mie, impazienti. Sentivo quel
fuoco in
ogni cellula del mio e del suo corpo.
E quando, infine, si staccò da me, non lo lasciai andare e
rimasi stretta al
suo petto, senza fiato, ascoltando il suono del suo respiro.
“Ti amo” sussurrò, portandomi un boccolo
biondo dietro l’orecchio e
accarezzandomi il volto.
“Non dirlo, per favore” mormorai, scostandomi un
po’ da lui per guardarlo in
viso e perdermi nei suoi occhi fin troppo sei. Non avevo mai visto i
suoi occhi
così. “Sembra una condanna”
Lui rise, divertito, e mi scompigliò i capelli con aria
spavalda.
“Ti amo” ripeté, stringendomi di
più al suo corpo e lasciandomi senza fiato.
Risi anche io e mi alzai in punta di piedi per posare un leggero bacio
sulle
sue labbra.
“Ti amo” sussurrai. Lui sorrise sulle mie labbra.
...
“Ma
non dovremmo pulire i Trofei?”
Angolo
Autrice
Lo
so che questo capitolo è molto lungo, ma non avevo il
cuore di tagliarlo. Mi piaceva così
com’è e spero che anche a voi piaccia.
Ah, perdonatemi per il ritardo.
Ringraziamenti
Emily
Doyle {Grazie,
spero che anche questo capitolo ti piaccia}, lilyluna_4e {Grazie
davvero, sono felice che ti piaccia. Attendo il tuo parere anche su
questo
capitolo * me fa gli occhioni da cucciolo *} lasaralin {Grazie,
lo so
che questa storia è deprimente, ma non posso farci nulla.
Questo capitolo è un
po’ meno deprimente – almeno spero – e
spero che ti piaccia} kikka_1990 {Lucy
Weasley è la seconda figlia di Percy – Sorella di
Molly Weasley, la prima figlia
– e di Audrey, di cui non si sa il cognome. Ti ringrazio per
i complimenti e
spero continuerai a seguirmi, nonostante questo incredibile ritardo} Madox
{Sono
molto felice che ti piaccia e ti ringrazio per i complimenti}