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Autore: Tabheta    22/02/2015    3 recensioni
AU!/SoMa (più altre coppie di contorno)
I nostri ragazzi saranno alle prese con la gestione di un bar. Tra incidenti, disastri e concorrenza, troveranno anche il tempo per divertirsi e perché no, innamorarsi. Dal testo:
|“Mi scusi, ma i clienti non possono toccare il pianoforte” gli disse, negli occhi una scintilla di curiosità per quel ragazzo albino che sembrava più a suo agio con uno strumento che con le persone.
“Io non sono un semplice cliente” si sentì rispondere, un ghigno dipinto su quella faccia da schiaffi che aveva appena inquadrato ma già sentiva di detestare.
“Io sono Soul Eater.”|
-Momentaneamente sospesa a causa ottusità dell'autrice, che sembra interessata a tutto tranne che a continuare la long, singh-
Genere: Commedia, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Soul/Maka
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Si era svegliata tardi. Lei non sia alzava mai tardi, aveva inciso a fuoco nel codice morale della sua testa che l’arrivare in ritardo al lavoro - ma anche ai più generici appuntamenti, era un atto immorale e pertanto degno della pena capitale. Invece aveva tradito i suoi principi, si dichiarava colpevole di alto tradimento.
Correndo per le vie gli riecheggiavano in mente le parole di Tsubaki della sera prima. Dopo che era tornata a casa dal lavoro avevano avuto una lunga chiacchierata al telefono, l’aveva chiamata lei, per sfogarsi dell’ennesima scappatella di suo padre, ed erano finite a parlare di quello che ormai definiva ‘l’ottavo uomo’, il tale in realtà aveva un nome normale solo che non l’aveva colpita più di tanto e l’aveva già dimenticato, come tutte le cose irrilevanti.
Tsubaki le aveva detto che non lo conosceva direttamente, era il migliore amico di Black*Star – premessa che aveva fatto perdere a Maka tutte le aspettative positive che aveva avuto nei suoi confronti, e che era stato via per un po’ a studiare in una prestigiosa scuola oltreoceano. Perfetto, un altro figlio di papà, sperava solo che non avesse anche lui una qualche strana ossessione.
Per un attimo durante la sua folle corsa si chiese perché si scaldasse tanto, dopotutto al locale non ci sarebbe di certo stato un afflusso di clienti tale da rendere necessaria anche la sua presenza. Questo pensiero la rattristò incredibilmente. Non contava di passare tutta la sua vita a lavorare come barista, questo era certo, ma non era ancora pronta per dire addio a quell’impiego che, nonostante fosse l’opposto di quello che si sarebbe aspettata di fare, le dava non poche soddisfazioni.
Da quando era stata costretta a lasciare gli studi a seguito della disastrosa situazione economica in cui quel dissoluto di suo padre li aveva precipitati, il lavoro al Death Café le aveva restituito il sorriso e una parvenza di serenità. I suoi amici avevano bisogno di lei ora più che mai, ma le sarebbe piaciuto tornare a scuola quanto prima.
Le sue elucubrazioni mentali sarebbero continuate se, ad un passo dall’arrivare al locale, non avesse visto un secchio volare in fondo alla strada, guarda caso proprio dalla porta di quel vecchio palazzotto che tanto le era familiare.
Dietro a quello un tornado azzurro, colpito da un nugolo di spazzole e saponette che volavano fuori dall’entrata neanche fossero uno sciame, si precipitò fuori nel tentativo di recuperarlo. Il primo giorno di Black*Star. Era arrivata tardi il primo giorno di lavoro di Black*Star. Il suo tempismo era stato fatale.
Ad accoglierla trovò il caos più totale. Kid veniva tenuto fermo a fatica da Patty e Liz che cercava di evitare con la diplomazia che Black*Star facesse altre mansioni, chiudeva il quadretto un terrorizzato Chrona che giaceva in posizione fetale sotto al bancone, nel blando tentativo di proteggersi.
“Dimmi cosa deve fare ora l’illustre sottoscritto, Liz!” una risata esagitata accompagnò quelle parole.
“Che sta succedendo?”
Maka preferì fermarsi davanti all’entrata del locale piuttosto che procedere oltre, vista l’instabilità della situazione.
“Maka finalmente!”
La sua entrata in scene fece trarre un sospiro sollevato a metà dei presenti, Liz sembrava addirittura commossa, ma non servì a placare la furia omicida che animava lo Shinigami, che cercava di liberarsi dalla stretta di ferro della minore delle sorelle Thompson. Poteva sembrare innocua, ma Patty aveva una forza davvero incredibile, non a caso l’aveva conosciuta al corso di Judo organizzato dal signor Franken Stein, amico molto stretto di suo padre – se così si poteva definire il fatto che avesse cercato di dissezionarlo più volte (aveva il pallino per le ricerche), nonché suo padrino.
“Quel vandalo sta distruggendo il locale!” disse un Kid che si divincolava come un’ anguilla tra le braccia di Patty.
“Non ascoltarlo Maka, Black*Star ha soltanto preso un po’ di materiale dallo sgabuzzino e Kid è andato fuori di testa urlando qualcosa sulla ‘distruzione dell’ordine cromatico’.”
“Ho visto un secchio volare.”
“Non ti preoccupare ci vuole ben altro per ferire un big come me!” Black*Star alzò il pollice verso di lei in segno che stava bene. In realtà non era particolarmente preoccupata per la sua salute fisica, ma questo ritenne fosse meglio non dirglielo.
“Patty lascialo andare” si rivolse Maka alla Thompson più giovane, riferendosi a Kid che ancora scalpitava.
Maka gli si parò davanti immediatamente in modo da evitare qualsiasi sua mossa azzardata. Non voleva che quei due scatenassero una rissa in negozio, non potevano né pagare ulteriori spese, né spaventare i pochi clienti rimasti.
“Senti Kid, sai bene che non possiamo permetterci di fare idiozie, quindi cerca di essere il più tollerante possibile e di non fare il matto, inoltre…” aggiunse questa volta a bassa voce “l’abbiamo promesso a Tsubaki.”
Lo Shinigami parve calmarsi, riacquistando il suo solito contegno, poi si rivolse a Black*Star.
“Non credere che ti dia campo libero! Tutto quello che toccherai d’ora in poi verrà scrupolosamente messo in ordine da me!” disse Kid, l’indice puntato sull’azzurro.
Black*Star, che aveva passato gli ultimi minuti a ridacchiare concitato, si bloccò.
“Fidati di me, rimetterò in sesto questa baracca!” gli rispose, per poi riprendere a ridere più fragorosamente di prima. La mano le si mosse da sola sulla fronte e le sfuggì un sospiro esasperato, la guerra era solo iniziata.
 
~

Nonostante l’inizio disastroso la giornata lavorativa procedette per il meglio, non contando l’esiguo numero di clienti.
Kid era riuscito a mantenere un certo contegno, anche se il modo in cui seguiva spasmodicamente ogni mossa di Black*Star cominciava a risultare asfissiante, fortunatamente l’azzurro non ci badava più di tanto, felice di avere un ammiratore tanto entusiasta.
Alla fine avevano capito di non potergli affidare nessun compito concreto e visto che ad ogni sua mossa lo Shinigami rimetteva immediatamente in ordine ciò che toccava – ma soprattutto rompeva, risultava praticamente inutile. Così Tsubaki per farlo contento lo aveva nominato ‘uomo delle pulizie onorario’ e non ne avevano parlato più.
Quella sera toccava a Maka chiudere il locale e, sebbene non ne fosse particolarmente entusiasta, contare l’incasso. Avrebbero dovuto trovare alla svelta una soluzione, perché di questo passo non sarebbero riusciti a pagare nemmeno i loro stessi salari e la sua situazione economica era troppo disastrosa per poterle permettere di lavorare in bianco. Così mentre quelle vandale delle streghe si arricchivano, loro si riducevano a fare la fame.
Dalla vetrina del Death Café riusciva a vedere perfettamente la lunga fila per entrare al Chupa Cabras e i sorrisi soddisfatti di quelle spudorate delle ingressiste, i cui vestitini sembravano diventare ogni giorno più corti. Oltre al danno anche la beffa.
Ogni passante sembrava calamitato da quella coppia di ragazze, la più piccola, che aveva dei buffi capelli rosa, si esibiva in un sorriso talmente interessato che poteva avvertire le banconote uscirle dal portafoglio anche da qui, mentre l’altra, mora, stava facendo un profondo inchino al cliente. Si aggiravano per i dintorni del locale ad invitare quanta più gente possibile, Maka aveva notato che avevano persino convinto un paio di ragazzi che stavano venendo al loro locale a seguirle, lasciandoli a bocca asciutta con quelle loro cortissime uniformi. Non lasciavano scampo a nessuno. Maka si chiedeva se avrebbe potuto fare causa al Chupa Cabras per la loro politica di lavoro invasiva nei confronti dei clienti, anche se a quella manica di pervertiti non sembrava affatto dispiacere.
Aveva visto solo un ragazzo fino al quel momento declinare le loro avances, uno strano tipo dai capelli bianchi, ma ciò non gli aveva impedito di dare comunque una bella guardata alla mercanzia audacemente esposta dalle due.
Gli dava però una sensazione diversa, rispetta a quella degli altri pervertiti che si fiondavano al locale come se non avessero mai visto una donna in vita loro, sembrava non fosse nuovo a quel genere di spettacoli, ma Maka aveva anche notato quello sguardo diffidente che rivolgeva a chiunque gli si facesse un troppo vicino.
A dispetto di quanto credeva, il ragazzo si diresse proprio verso il Death Café, in cui le uniche anime viventi erano lei e il giovane Mifune, impiegato delle poste a tempo pieno, che al termine del suo turno era venuto a prendersi un tè.
Il ragazzo entrò con nonchalance, aprendo talmente delicatamente la porta da non far fare al campanellino attaccato all'estremità più di un unico trillo.
Non degnò Maka di uno sguardo, andando a sedersi al tavolo più lontano dal bancone. Per un attimo le venne in mente che l'avesse fatto apposta, per indispettirla e costringerla a fare più strada del previsto per prendere la sua ordinazione. Si costrinse a scuotere violentemente la testa per scacciare quel pensiero tanto assurdo.
Mentre si avvicinava col block notes sentiva lo sguardo dell’albino che la squadrava, per la prima volta da quando era entrato al locale. Una vota arrivatagli vicino le rivolse un sorriso aguzzo, segno che aveva terminato la sua scansione.
“Cosa le porto signore?” esordì Maka sorridendogli cordiale, la testa piegata da un lato le fece inclinare anche le codine.
“Avete del succo mango e pesca?”
“Come?” Maka non sapeva neanche che esistesse una simile qualità di succo.
“Ho detto un succo mango e pesca, suppongo sappia cosa sono” le sorrise sarcastico, riferendosi ai frutti.
“Credo che l’abbiamo finito” Maka usò la prima scusa che le venne in mente, cercando di mantenersi garbata il più possibile, ma gli avrebbe volentieri aperto la testa in due con un bel Maka-chop. Chi si credeva di essere, visto che era tanto esperto poteva benissimo togliersi il grembiule e lavorare lui al suo posto, Mr. Pescalmango.
“Allora un semplice caffè.”
Il suo cervello le disse che anche quella del succo era stata una scusa per indispettirla, ma stavolta quest’ipotesi non le sembrava tanto surreale. Tornata al bancone comincio a macinare il caffè per l’infusione.
Nel frattempo il ragazzo si era alzato e si aggirava per il locale, a suo agio come se fosse a casa sua. Esitò davanti al pianoforte a coda, lucido come quando era stato acquistato anni prima. Una mano affusolata ne accarezzò il profilo, fino ad alzare il copri tastiera e posare le dita sui tasti, che sembrava si fondessero con essi per quanto erano pallide.
“Scusi, i clienti non possono toccare il pianoforte” gli disse, negli occhi una scintilla di curiosità per quel ragazzo albino che sembrava più a suo agio con uno strumento che con le persone.
“Io non sono un semplice cliente” si sentì rispondere, un ghigno dipinto su quella faccia da schiaffi che aveva appena inquadrato ma già sentiva di detestare.
“Io sono Soul Eater.”
 
 ~
 
Note: Questo capitolo è arrivato più in fretta del previsto, per farmi perdonare della povertà dello scorso, spero apprezziate, finalmente si è fatto vivo anche il nostro caro Soul e Black*Star ha cominciato a seminare il panico ahahah ;)
In caso aveste delle curiosità o delle domande da pormi (no spoiler) riguardo alla storia, ho aggiunto alla mia pagina autore il link di ask, potete rivolgermi i vostri interrogativi lì, giuro che non mordo non sempre <3
  
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