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Autore: Sassanders    01/03/2015    1 recensioni
Dal capitolo I:
Mentre sto per tirare la maniglia, la porta si apre e un uomo di cui non riesco a vedere il viso mi urta, facendomi strillare e versare il liquido sulla camicia bianca, ritirata ieri dalla tintoria.
Urlo come impazzita, imprecando e alzando lo sguardo. Davanti a me ho un ragazzo di venticinque anni circa, con i capelli corvini sparati in aria, due occhi castani, delle labbra sottili e un piercing alla narice sinistra.
-Sei un fottuto idiota!- esclamo, infuriata.
-Sei stata tu a finirmi addosso! Guarda dove cammini!- mi risponde, alzando un sopracciglio. Devo trattenermi dal prenderlo a pugni.
-Sei tu che non guardi dove vai!-
-Senti, dolcezza, scusa per la camicia, ma non ho tempo da perdere.- replica, sorridendo beffardo.
A quelle parole perdo letteralmente le staffe. Mi ha urtato, mi ha fatto macchiare la camicia pulita da poco, e fa anche lo strafottente?
-Sai che ti dico, tesoro?- dico, sottolineando il nomignolo. -Vaffanculo!- esclamo, con un sorrisetto e mollandogli un pugno abbastanza forte sul naso.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Synyster Gates, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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           EVERY BREAKING WAVE.

                               Capitolo 13

BRIAN’S POV.

Esco da casa di Sophie, sbattendo la porta alle mie spalle e scacciando una lacrima scesa sulla guancia. Com’è possibile che io stia piangendo? Non mi capitava da anni, e di certo non ho mai pianto per una donna.
La cosa che al momento mi distrugge di più è sentirla urlare e piangere dall’interno dell’appartamento. Mi sta letteralmente facendo a pezzettini il cuore, rendendomi sempre più debole. Ma non posso tornare, per ora. Ho bisogno di riflettere e di sapere perché  mi ha mentito, anche se me l’ha già spiegato. E’ stata una mancanza di fiducia nei miei confronti, non parlarmene. E anche provando ad immedesimarmi in lei, mi sarei comunque comportato diversamente.
Non lo capisco, cazzo. Mi dirigo a passo svelto verso la mia auto, parcheggiata nel vialetto e, appena salito nell’abitacolo, metto in moto.
-Cazzo cazzo cazzo!- urlo, imprecando e sbattendo i pugni contro il volante. Respiro profondamente e faccio retromarcia, uscendo a gran velocità dal vialetto in cui mi trovo. Nel tragitto fino alla casa che ho qui a LA, penso a tutto quello che sta succedendo e la velocità con cui sta accadendo. Non credo di aver mai provato qualcosa di forte per qualcuna, nemmeno per la mia ex, che mi tradiva da chissà quanto. In quella circostanza, ad esempio, non me ne è fregato nulla: mi sono semplicemente tolto la soddisfazione di picchiare quel cretino con cui se la faceva. Di certo non avevo sofferto come sto facendo in questo momento, anche se è difficilissimo da ammettere. Voglio dire, ho una reputazione e un orgoglio da tenere alto e, raramente mi capita di mostrare i miei sentimenti e cosa realmente provo. Sophie stava facendo cambiare qualcosa in me, che ancora non so come identificare. Arrivo nel garage di casa mia, e parcheggio in fretta. Prendo le chiavi dalla tasca dei jeans e apro la porta di casa, chiudendola successivamente alle mie spalle, e lanciando il mazzo di chiavi sul tavolo. Prendo una birra ghiacciata dal frigo e mi sfilo le scarpe con velocità, stendendomi poi sul divano. Tracanno il liquido freddo che da una sensazione di sollievo assurda sia al mio corpo, che alla mia mente. Chiudo gli occhi e lascio che pian piano la mia mente sovraccarica si svuoti. Tutte le preoccupazioni vanno via, ne rimane solo una, ed ha il nome della ragazza in grado di farmi cambiare in poco tempo.
Non so di preciso dopo quanto tempo chiamo Jimmy, ma non deve essere passato molto.
-Pronto Jim, sono Brian.-
-Oh, ciao stronzo. Non l’avevo capito, sai?-
-Jim, per favore. Non è il momento di scherzare.-
-E’ successo qualcosa?-
-E’ una storia troppo lunga e non posso raccontartela per telefono. Puoi semplicemente venire qui a casa mia e ne parliamo di persona?-
-Va bene, devo avvertire gli altri?-
-No, saranno per cazzi loro.-
-Okay, come vuoi. Sono lì tra una mezz’oretta.-
Chiudo la chiamata senza nemmeno salutarlo, ma ha sicuramente compreso che c’è qualcosa che mi turba. Mi passo una mano nei capelli e sul viso, sbadigliando. Vado in bagno, alzandomi dal divano, per darmi una sistemata.
Fisso il mio riflesso nello specchio, e ciò che vedo, mi fa rimanere allibito: ho delle occhiaie violacee, probabilmente a causa della notte insonne, e gli occhi sono rossi. Mi sciacquo rapidamente il volto, asciugandolo poi con un panno morbido. Dopo non molto, sento il campanello suonare e dei colpi alla porta. Corro verso l’entrata e sull’uscio mi ritrovo un Jimmy con i suoi soliti capelli scompigliati e un’aria un po’ preoccupata. Quando mi guarda, fa un piccolo balzo all’indietro. Mi scosto per lasciarlo passare senza dire una parola, mentre mi butto a peso morto sul divano.
-Bri, mi spieghi che cazzo hai fatto?-
Sospiro pesantemente.
-Ieri sera ero a casa di Sophie e lei ha bevuto un po’ troppo. Mentre la mettevo a dormire, mi ha confessato di ricordarsi la sera in cui è finita all’ospedale e di ricordarsi anche che il suo aggressore è stato Logan, il suo ex. Lei, ovviamente, non me ne ha parlato per paura della mia reazione o non so per quale altro cazzo di motivo, così stamattina abbiamo litigato e me ne sono andato da casa sua, sentendola anche piangere a dirotto, da bravo coglione che sono.- sputo tutto d’un fiato, sentendo gli occhi pizzicare.
Vedo Jimmy cambiare espressione e colorito per ogni frase da me pronunciata. Alla fine, quando realizza tutto, sbianca e sgrana i grandi occhi azzurri.
-Cazzo, amico, mi dispiace…- dice, sedendosi di fianco a me. -Ma perché quello stronzo l’ha picchiata?- aggiunge.
-Probabilmente perché pensava che io e lei stessimo insieme in contemporanea con la loro relazione. Quando poi quel bastardo se la faceva con il suo capo.- sbotto, stringendo i pugni.
Rimane qualche minuto in silenzio, il batterista. Forse si sente a disagio, o forse non sa cosa dire, anche se noto chiaramente i suoi occhi leggermente cupi all’apprendere della notizia.
-La cosa che mi ha fatto più incazzare, e alla fine il motivo per cui me ne sono andato, è stato il fatto che non mi ha detto nulla fin dal principio, e mi ha anche mentito, nonostante stessimo praticamente insieme. Pensa te, avevo tirato fuori le palle quella mattina, e l’avevo invitata a cena fuori, se non fosse per tutto ciò che è avvenuto dopo.- sospiro, guardando dritto di fronte a me.
-Ascoltami bene, Bri. Si vede lontano un miglio che stai male, e che stai soffrendo. Ti dico solo una cosa: tutto questo, non è mai successo con la tua ex, nemmeno quando l’hai scoperta a letto con quello lì.- si ferma per prendere fiato. -Questo vuol dire che alla rossa, ci tieni davvero. Ti avverto solamente di non fare cazzate. Prenditi tutto il tempo che ti serve, rifletti. Ma non combinare stronzate.- afferma, scandendo bene l’ultima frase. Annuisco e lui mi posa una mano sulla spalla.
-Che poi, su cosa dovresti riflettere?- mi domanda.
-A dire la verità non lo so nemmeno io con precisione. So che devo pensare a tutto ciò che è successo, e prendere una decisione: lasciarla, e di conseguenza continuare a stare male per il resto dei miei giorni e provare a dimenticarla; oppure tornarci insieme, risolvere questi fottuti problemi e fanculo tutto.- dico, sospirando ancora una volta.
-Cosa vuoi che faccia io? Hai bisogno di qualcosa in particolare?- mi chiede, premuroso.
-Avevo in mente una cosuccia…- mormoro, facendo il vago.
-Ovvero?-
-Beh, sai che sono un amante della vendetta e…- inizio, ma il mio migliore amico mi interrompe.
-Bri, so già cosa vuoi fare. Non te lo consiglio, ti metteresti solo in dei casini grossi quanto una casa.- risponde.
Mi limito a guardarlo e a sollevare un angolo della bocca. Lui sbuffa, alzando gli occhi al cielo.
-Secondo me stai progettando una gigantesca puttanata, ma se è ciò che vuoi, ti aiuterò quanto più possibile.- cede, grattandosi il mento.
-Grazie James, sei un amico.- dico, abbracciandolo. Mi lascia alcune pacche sulla schiena e, quando si stacca, comincio a raccontare ciò che mi è venuto in mente durante il tragitto in auto e mentre bevevo la mia amata birretta ghiacciata.
 
 
SOPHIE’S POV.
-Allora, tesoro, ho preso una bella vaschetta di gelato, che te ne pare?- mi domanda Julie, entrando in casa con delle busta della spesa.
Le faccio un piccolo sorriso, mormoro un ‘grazie’ che probabilmente non ha neppure sentito. Sta facendo così tanto per me, che non saprei proprio come ricambiare questa sorta di favore. Sono passati due giorni da quando Brian se n’è andato da questa casa e da quando abbiamo discusso. Non mi ha cercato, proprio come ho fatto anche io. Aveva detto che doveva riflettere, e quindi lo sto lasciando in pace, in un certo senso. Julie fa di tutto per farmi risollevare il morale, ma io non ne voglio sapere proprio niente. Probabilmente si sta anche stufando di me, visto che fa degli sforzi incredibili per farmi mangiare o comunque per farmi divagare un po’. Tutto ciò che sto mangiando, è del gelato, che puntualmente la mia amica si preoccupa di comprare. Mi piazzo circa due volte al giorno davanti alla tivù, sul divano e me ne sto lì a pensare, mentre gusto del gelato al cioccolato. Questo succede più o meno due volte al giorno: la mattina e la sera. Il resto del tempo lo trascorro al letto o comunque sul divano, rannicchiata con le gambe al petto. In questi due giorni ho avuto due forti attacchi di panico, tutto a causa della scena che frequentemente mi si presenta in mente: Logan che mi picchia. Julie mi ha sempre aiutata e fatta calmare.
Mi distoglie dal flusso di pensieri, sedendosi accanto a me e aprendo la vaschetta del gelato al cioccolato. Mi volto verso di lei, ma vedo che non ha un cucchiaio in mano per me, questa volta. Ne ha solo uno per lei e noto che si sta già rimpinzando.
-Allora, tesoro. Sono due giorni che quel cazzone se n’è andato e devi decisamente smetterla di comportarti così. Capisco tutte le ragioni di questo mondo, ma non puoi passare il resto della tua vita buttata su questo divano a deprimerti e a mangiare unicamente del gelato. So che tutto ciò che hai passato è difficile da superare, ma devi trovare un modo per andare avanti e non buttarti giù. Sei caduta, o meglio, ti hanno fatta cadere? Bene, rialzati e continua il tuo percorso. La vita deve necessariamente continuare.- dice, con un tono di voce e uno sguardo terribilmente seri. Sospiro profondamente e mi passo una mano sul viso.
-Ora tu alzi questo culo e vai a fare una doccia e a metterti qualcosa di decente, altrimenti sarò costretta a farlo io.- aggiunge, mostrando un sorriso innocente. Ridacchio un po’ e poi decido di andare in bagno per darmi una sistemata: ho due occhiaie spaventose e un colorito cadaverico, a causa delle due notti insonni trascorse a pensare e a piangere come una stupida. Julie ha ragione, in fin dei conti. Non posso continuare in questa maniera, rinchiudendomi  nella mia bolla personale e perdendo ogni tipo di contatto con il mondo esterno. Sarà difficoltoso, forse impossibile, ma devo provarci. Devo farlo per la mia migliore amica, che anche in questi momenti, mi sostiene. Credo che non potrò mai ringraziarla abbastanza per tutto ciò che sta facendo per la sottoscritta.
Riempio la vasca con acqua e bagnoschiuma, vedendo delle bolle cominciare a formarsi. Mi levo i vestiti e la biancheria, li metto nella cesta del bucato ed entro nella vasca. Il calore mi avvolge e immediatamente tutto il mio corpo, a partire dai muscoli, fino alla mente, si rilassano. Passo forse quasi un’ora nel silenzio totale, circondata dall’acqua e dalle bolle, a non pensare a niente. Quando esco dalla vasca, mi infilo l’accappatoio e avvolgo i capelli in un asciugamano blu, massaggiando il cuoio capelluto. Mi rivesto, ed in circa mezz’ora sono pronta e ho decisamente un aspetto migliore: i capelli in ordine, il viso leggermente più riposato e indosso vestiti puliti, anziché l’ampio pigiama e dei calzettoni. Scendo in cucina e quando Julie mi nota, mi rivolge un sorriso radioso. Ricambio, anche se con fatica, alzando semplicemente un angolo della bocca. Sono riuscita ad esternare per più o meno un’ora i problemi dalla mia mente, ma ora tornano ad affollarla, pronti a rendermi debole ancora una volta.
-Dopo domani torni a lavoro o mi sbaglio?- mi domanda.
-Non ti sbagli, purtroppo.- rispondo.
-Almeno tornerai alla vita normale e il lavoro ti distrarrà un po’.- mi incoraggia.
Annuisco, perché non ho voglia di parlarne. Probabilmente lei non ricorda che ho ancora un’intervista in corso con gli Avenged Sevenfold e che forse dovranno ripassare in sede tra qualche giorno, prima della pubblicazione dell’articolo. Bisogna sempre ricontrollare le intervista, verificare di non scrivere baggianate mai pronunciate dagli artisti in questione; ultimi documenti per vari motivi tra cui la privacy e tante altre scartoffie.
Alzo lo sguardo verso l’orologio a muro, posto sopra il televisore e capisco, con grande stupore, che sono le tre del pomeriggio. Mi siedo sul divano, poggiando i piedi sul tavolino e prendendo una sigaretta dal pacchetto delle mie Winston.
-Sai benissimo che se vuoi fumare, devi andare in veranda.- afferma Julie. Sbuffo e prendo l’accendino, assieme al pacchetto, ed esco al balcone. Il panorama non è niente di strabiliante, semplicemente si vede il centro di LA, da lontano. Accendo una sigaretta e aspiro il fumo, espirando poi verso l’alto.
Quando finisco, torno in casa e mi siedo nuovamente sul divano. La mia amica è al telefono, non so con chi. Sinceramente, con tutto ciò che mi passa per la testa, non mi preoccupo nemmeno di sapere con chi sta avendo una conversazione a bassa voce. Accendo il televisore e scorro i canali a caso, fin quando trovo un film che sembra decente e inizio a guardarlo: ci sono parecchi attori famosi, e la trama non è per niente male. Sono concentrata a capire come si svolge il film, ma Julie mi distoglie, sedendosi accanto a me.
-Chi era?- le chiedo, distrattamente.
Sembra rifletterci qualche attimo, poi, molto titubante e quasi balbettando, fa il nome del batterista degli Avenged Sevenfold: Jimmy. Annuisco e le faccio un sorrisetto, mentre lei abbassa lo sguardo e fissa con particolare attenzione il pavimento. Decido di lasciare cadere il discorso, soprattutto per non essere invadente o per paura di far intimidire la mia amica. Continuo a guardare il film, e fino alla fine di quest’ultimo, entrambe rimaniamo in silenzio. In realtà la vicenda non mi ha preso quanto dovrebbe, anche perché i pensieri ruotano costantemente attorno ad una persona dai capelli corvini, delle labbra sottili, della braccia leggermente muscolose e completamente tatuate e più di tutto, due occhi color cioccolato colmi di lacrime.
 

                   
 



NOTE DELL’AUTRICE:

SAAAAALVE CARISSIMI.
Chiedo umilmente venia per il ritardo con cui pubblico questo capitolo, ma sto avendo tanti problemi e compiti, che non mi lasciano nemmeno un attimo di respiro per aggiornare. *si mette in ginocchio*
Bene, capitolo di passaggio, come lo saranno i prossimi, già vi avviso.
Vado davvero di fretta perché devo terminare i compiti di latino per domani .-.
Scusate ancora per lo schifo che sarà venuto :/
Ringrazio chi segue la mia storia, chi l’ha aggiunta alle preferite e ancora chi la recensisce costantemente.
Vi amo tanto tanto, quindi me la lasciate una piccola recensione per farmi sapere cosa ne pensate di questa schifezza? *occhioni*
Beh, grazie in anticipo a chi lo farà.
Un bacione e a presto (probabilmente domenica prossima, perché il mercoledì sono super impegnata, ma vedrò che fare).
Sassanders.
   
 
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