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Autore: Cathy Earnshaw    05/03/2015    1 recensioni
"Era una calda serata estiva, di quelle che restano incollate addosso con il loro profumo di fiori e di rosmarino, con il frinire delle cicale, con le risate degli amici. Tutta la popolazione della piccola cittadina di Pothien si era riunita nella piazzetta principale. La musica colorava con le note eteree dell’arpa le serate del Nord della Terra dei Tuoni, e i cantori narravano le loro storie affascinanti a chiunque le volesse ascoltare."
Non è un'introduzione, lo so..ma credetemi se vi dico che è ancora tutto troppo vago anche per me per poter scrivere un'introduzione coerente ;) Vi piaciono i racconti con maghi, elfi, duelli e lunghi viaggi in terre desolate? Benvenuti nella Terra dei Tuoni, amici!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Di guerre e cascate - La Terra dei Tuoni'
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«Sei pronta?» mormorò Debrina avvicinandosi alla sponda del piccolo lago.
Aqua si lasciò sfuggire un risolino nervoso.
«Non lo so, Dede. Mi fa strano pensare di dire addio al mio rapporto preferenziale con l'Acqua.»
Debrina rise.
«Stai per diventare immortale e ti preoccupi di queste sottigliezze?!»
Aqua arrossì.
«Non ci avevo pensato» confessò.
Le ginocchia, ora, le tremavano davvero.
«Se mi stancherò dell'eternità mi ucciderai, vero Dede?» disse affiancandosi a lei sul ciglio del laghetto.
«Spero di non dover arrivare a tanto» Debrina prese un respiro profondo. «Aqua, è un po' che devo dirtelo: credo di non essere stata capace, in questi anni, di apprezzare il tuo vero valore. Sono stata pessima nei tuoi confronti, anche se non lo meritavi.»
Con lo sguardo fisso sulla Cascata nel tentativo di celare la confusione che le parole della maga suscitavano in lei, Aqua commentò:
«Ogni tanto lo meritavo.»
«Quello che volevo dire è che… ora lo apprezzo. Insomma, in tutti questi anni non avrei mai detto che sarei stata contenta di fare questa follia insieme a te.»
Aqua alzò una mano per bloccarla. Il cuore le batteva troppo forte, e la ragazza si rifiutava di concedere a quella antipatica di Debrina un simile immeritato potere.
«Qualunque cosa tu stia pensando di aggiungere, ti prego di non farlo» disse.
«Io invece credo proprio di doverlo fare.»
La voce roca di Debrina tremava, e Aqua non poté fare a meno di sorridere del suo imbarazzo.
«Ho letto da qualche parte che la gente dice cose di cui poi finisce per pentirsi, quando crede che morirà presto. Perciò facciamo che se sopravvivremo a questa cosa prima e alla guerra poi, me lo dirai allora! Sta bene?»
Debrina le lanciò un'occhiata scontenta.
«Sta bene» mugugnò.
Poi, cogliendo Aqua totalmente di sorpresa, le afferrò un braccio e la trascinò in acqua con sé.
 
«Come avete potuto permettere una cosa simile? Sono molto deluso» dichiarò Glenndois con un tono di voce calmo e pacato che agghiacciò Oliandro più di quanto avrebbero fatto le sue urla.
Rowena si avvicinò istintivamente al fratello, rabbrividendo.
«Era la soluzione migliore» ribatté Oliandro, sperando che la sua voce risultasse regale e sdegnata almeno la metà di quella di suo padre.
«La soluzione migliore era parlarne prima con il vostro Re».
«Non c’era il tempo di parlarne al nostro Re».
Re Horlon camminava silenziosamente avanti e indietro da qualche minuto, i suoi occhi e la piega neutra delle sue labbra non tradivano alcuna emozione. Oliandro deglutì.
«Se quelle due donne diventeranno stregoni, gli elfi si troveranno in una situazione di sudditanza rispetto ai maghi, e Ruben potrà fare il bello e il cattivo tempo senza contemplare nemmeno l'ipotesi di consultarci. Avete pensato a questo quando avete dato la vostra autorizzazione?» sibilò Glenndois.
«L'abbiamo contemplata, naturalmente. Ma si dà il caso che Ruben non fosse più contento di te di questo arrangiamento. Inoltre, una delle due maghe in questione non ha mai dimostrato di apprezzare la propria sottomissione al suo capo. Non ci creeranno problemi da quel punto di vista.»
Glenndois aprì la bocca per ribattere quando il Re si fermò e si volse verso i nipoti.
«Questa conversazione non ha alcun senso» sbottò. «A meno che tu non voglia incarcerare i tuoi figli, Glenn, e processarli per alto tradimento, stiamo sprecando tempo.»
Rowena balbettò qualcosa di incomprensibile e Oliandro si sentì venir meno le forze. Glenndois era tremendamente bianco e non dava segno di potere ribattere, così Oliandro si fece coraggio e fece un passo avanti, ponendosi fra il Re e sua sorella.
«Se qualcuno dovrà pagare per questa decisione, lo farò io. Rowena non ha colpa e non merita alcun tipo di reprimenda» dichiarò.
Rowena singhiozzò e si avvinghiò al braccio di suo fratello.
Glenndois fissava suo figlio con gli occhi sgranati e la bocca aperta in una smorfia di orrore.
Re Horlon scosse la testa con un cipiglio scontento.
«Smettetela di fare sceneggiate, abbiamo cose più urgenti di cui discutere! Siete proprio padre e figlio! Glenn, riprenditi!» esclamò dando una pacca sulla spalla al Governatore. «Non voglio che nessuno sia processato, meno di tutti i miei nipoti, era solo per dire!»
Glenndois farfugliò delle scuse sconnesse e Oliandro si rese conto di aver trattenuto il respiro. Una goccia di sudore gelido gli corse giù per la schiena. Rowena lasciò andare il braccio a cui si era tenuta aggrappata e si lasciò scappare una risatina nervosa.
«Che cosa facciamo adesso?» domandò cautamente Oliandro.
Horlon sospirò.
«Quello che abbiamo fatto finora. Continuiamo ad onorare l'accordo stretto con Ruben. Se le sue maghe avranno successo alla Cascata, faremo in modo di tenercele care. Dopotutto, siamo stati proprio noi a condurre Nastomer al Canyon, e il suo aiuto ci è stato prezioso anche dopo la fine della guerra. Se riusciremo a tenerle accanto a noi, confido che non ci daranno problemi.»
Oliandro si sforzò di sorridere. Per sua fortuna, ancora una volta il Re aveva dimostrato di essere più ragionevole di suo fratello.
 
Aqua riemerse dalle acque cristalline della Cascata del Potere e buttò indietro i capelli, faticando a trovare respiro. Tuffarsi nel lago era stato come lanciarsi in una vasca di ghiaccio, tutto il suo corpo sembrava essere stato trafitto da centinaia di spilli. Nuotò fino alla sponda e si issò, rabbrividendo. Notò distrattamente Debrina che riemergeva a sua volta e la seguiva, perché la sua attenzione era stata calamitata dalla strana reazione che le goccioline di acqua magica stavano avendo a contatto con l'aria: man mano che il suo corpo usciva dalla polla, l'acqua le scivolava via di dosso, lasciando la sua pelle, i suoi vestiti, i suoi capelli perfettamente asciutti. Come se la linfa magica della Cascata non potesse - o non volesse - abbandonare il suo posto. Una volta sulla riva, la ragazza tese la mano a Debrina. Poi si protesse gli occhi dal sole abbagliante e si guardò attorno. Per qualche strana ragione, ogni dettaglio le appariva più definito, ogni colore più vivido; riusciva a percepire con estrema chiarezza le auree magiche dei suoi compagni; captava il pulsare di tutti e quattro gli elementi, come fossero tutti parte di lei.
«Come state?» balbettò Hailie avvicinandosi con circospezione.
Aqua mosse le dita, sollevando un leggero soffio di vento caldo.
«A meraviglia!» rispose con un sorriso.
Timothy sgranò gli occhi e le si avvicinò di più.
«Come fai a farlo? È difficile? Ti senti diversa? Sai anche volare?»
Aqua scoppiò a ridere e lo scrollò per le spalle.
«Riprenditi, Tim! Come faccio a risponderti se mi fai mille domande in una volta?»
«Dobbiamo tornare a Cyanor» intervenne Debrina, che stava a sua volta sperimentando su piccola scala i suoi nuovi poteri.
«Non credi che dovremmo prima avere la certezza di essere capaci di tornarci?» domandò Aqua.
«Vi portiamo noi!» disse Timothy.
Aqua scosse il capo.
«Non vi siete ancora ripresi dal viaggio di andata, e io non ho intenzione di sfinirti se lo posso evitare.»
Debrina annuì e accennò con il capo alla Cascata.
«Sei ancora intenzionata a distruggerla?»
Aqua guardò a sua volta quelle acque limpide che precipitavano nella polla immota, poi spostò lo sguardo sulla sirena, che  ancora le fissava dal suo scoglio.
«Ora che la vedo e che ne percepisco il potere, mi rendo conto che Rowena aveva ragione: non è possibile distruggerla…» sospirò. «E poi che cosa ne sarebbe di lei se facessimo una cosa simile?»
La sirena ricambiò il suo sguardo con la testa inclinata.
«Non ci riuscireste» decretò. «E, d'altra parte, non credo nemmeno che a questo punto lo vogliate.»
«Sapevi che avevamo intenzione di farlo?» domandò sorpresa Debrina.
La sirena le lanciò un'occhiata indulgente.
«Ma naturalmente! Comunque, se posso darvi il mio parere, la ragazzina ha ragione. Dovreste provare a fare un po' di pratica prima di tornarvene alla vostra guerra…»
Aqua arrossì e si volse ad Hailie.
«Nell'immediato è di riuscire a spostarci che abbiamo bisogno. Credi che sareste capaci di spiegarci come fare?»
Hailie esitò, poi guardò Timothy ed entrambi annuirono.
Debrina si rimboccò le maniche.
«Allora mettiamoci al lavoro.»
 
Dopo aver portato a termine il compito affidatogli da Alec del Fuoco, Liam aveva cercato Jonna e l'aveva trovata nella sua tenda, intenta a rovistare tra i pochi bagagli che aveva portato con sé.
«Che stai facendo?» domandò il mago, sforzandosi di non suonare troppo apprensivo.
«Mi preparo a partire» rispose Jonna senza degnarlo di uno sguardo.
Per un momento Liam si domandò se non si fosse sognato tutto quanto era successo quella notte e si passò le mani sul viso, assalito dalla vertigine.
«Forse dovresti aspettare ancora qualche ora» suggerì con un filo di voce.
«Perché?»
Il mago esitò e la ragazza interruppe la sua febbrile attività per avvicinarglisi.
«Che cosa hai combinato questa volta? Oh, Liam, tu non sei un mago, sei una calamità naturale!» sbottò.
Liam sorrise.
«C'è la possibilità che Alec convinca tuo padre ad entrare in città.»
Jonna sgranò gli occhi.
«Non mi sembra il momento di scherzare.»
«C'è un motivo particolare per cui nessuno mi prende mai sul serio?!»
La ragazza gli si accostò tanto che i loro nasi si sfiorarono e Liam riusciva a percepire il calore innaturale che emanava.
«Vi siete bevuti il cervello?» sussurrò.
«È bello sapere che i miei sforzi di restarti accanto vengono apprezzati…»
Jonna gli scoccò un bacio poi tornò a guardarlo storto.
«Ecco, ora li ho apprezzati, ma è ugualmente una pessima idea. Vi farete ammazzare prima del tempo.»
«Se stanotte non ci fossi stata tu a fare da scudo ai nani, avemmo potuto fare colazione con una bella grigliata di carne. Se tu te ne vai, le nostre speranze di sopravvivenza si dimezzano comunque.»
Jonna sbuffò, e aprì la bocca per ribattere, ma il suo sguardo si fece vacuo.
«Li'…» mormorò dopo un lungo momento.
Liam la scrollò.
«Che ti prende?» domandò allarmato.
«Djalmat è arrabbiato. Molto, molto, molto arrabbiato. Furioso…» gemette portandosi le mani alla testa.
«Perché? Che cosa è successo?» incalzò Liam.
«Non lo so, ma dobbiamo prepararci.»
 
Quando le porte della decadente città di Cyanor si aprirono di nuovo tra mille scricchiolii, la schiera di Micael era pronta. I rinforzi non erano ancora arrivati, però, e nonostante Alec fosse riuscito a convincere il loro capo dell'opportunità di spostare i combattimenti all'interno delle mura, era impensabile agire senza il sostegno degli alleati.
Liam impugnò la spada domandandosi se Djalmat avrebbe corso il rischio di mandare uno dei suoi draghi contro di loro nonostante la presenza di Jonna.
Dalle fila di orchi emerse una figura umana. Liam strinse gli occhi per mettere a fuoco il naso aquilino di Rafik. Scambiò un'occhiata perplessa con Jonna, accanto a lui: uno stregone da solo non se la sarebbe passata bene contro un esercito di maghi. Deglutì a vuoto, aspettandosi di veder comparire Caleb, oppure Abigail. Sarebbe riuscito a combattere Abby, qualora se ne fosse presentata la necessità? Certo, perché lei non si sarebbe fatta alcun riguardo nei suoi confronti.
«Alec, Ophelia e Joan: con me sullo stregone!» berciò Micael. «Gli altri pensino agli orchi. Se arriva un drago, Liam, Malik e Pierre, occupatevene voi, Jonna in copertura. Se arrivano gli altri stregoni, invece, Liam e Malik su Abigail, Pierre e Rayhana su Caleb. Se arrivano altri draghi, si tengano pronti tutti gli altri. Se arrivano sia gli altri stregoni che gli altri draghi, allora pregate i vostri Dei.»
«E Lukas?» domandò Malik.
«Non è ancora tempo. Siamo troppo lontani da Ruben» rispose Micael.
Dalle mura risuonò il rullo di un tamburo e i maghi alzarono lo sguardo. Un ululato si levò dalla schiera di orchi, che caricò.
Liam vide Micael, Alec, Ophelia e Joan scattare per farsi largo tra le fila nemiche e raggiungere Rafik a ridosso delle mura. Sarebbero stati a portata di freccia, ma la cosa non sembrava impensierirli. Forse, Micael confidava nell'intervento della propria maga di elemento Aria per tenersi al riparo.
Quando l'orda di orchi lo raggiunse, Liam impugnò più saldamente la spada. L'impatto fu doloroso e assordante: le armi cozzavano con violenza, e così gli scudi, gli elmi e le armature dei nani, attrezzati di tutto punto per la battaglia. Gli orchi non avevano molto criterio nel combattimento, si disse il mago. Si lanciavano sui loro avversari senza preoccuparsi di studiare una strategia d'attacco, senza pensare di difendere i propri punti più esposti. Si affidavano unicamente alla forza e alla portata delle loro braccia, più nerborute e più lunghe di quelle umane. Sarebbe stato un gioco da ragazzi batterli se solo non fossero stati così tanti! Liam schivò un colpo d'ascia, girò su sé stesso e conficcò la propria lama di punta nel fianco scoperto dell'orco che l'aveva attaccato. La ritrasse coperta di colloso sangue nero mentre il suo avversario, ferito e infuriato, roteava di nuovo la propria arma. Il mago evitò il colpo e attaccò di nuovo, ferendo l'orco al braccio destro. Ma quello non lasciò cadere l'ascia, come Liam aveva sperato, bensì la passò nella mano sinistra e colpì con quella. Il mago balzò indietro e lanciò un incantesimo che centrò il nemico in pieno petto e lo scaraventò lontano. Con il fiato grosso si volse all'avversario successivo. Evitando di un soffio una daga che calava su di lui, Liam lanciò un'occhiata alla porta Est: a ridosso delle mura c'era fermento, si vedevano lampi di luce e scintille, e i boati degli incantesimi sovrastavano il frastuono della battaglia. Una scia di fuoco gli sfrecciò accanto inducendolo a voltarsi, per scoprire che il proprietario della daga che aveva rischiato di staccargli un orecchio giaceva bocconi con la cotta di cuoio mezza carbonizzata. Jonna scagliò un altro incantesimo e si accostò a Liam, che nel mentre abbatté un nuovo orchetto con un solo colpo di spada.
«Che stai facendo? Ti godi il panorama?!» gridò la ragazza. «Ti avevo visto morto!»
Liam intercettò un incantesimo vagante e lo deviò sull'orco che si stava avvicinando a Jonna.
«A buon rendere, bellezza!»
Una serie di boati obbligando i due a guardare di nuovo in direzione di Rafik. Un esplosione di luce e l'eco di un'onda di energia strapparono a Liam un'imprecazione.
«Conosco lo stile: questo è Caleb. Vieni con me!»
I due maghi si fecero largo tra la calca, fino a ridosso delle mura dove Caleb e Rafik combattevano schiena contro schiena.
Lasciando orchi e orchetti ai nani e ai primi alleati che stavano giungendo sul campo di battaglia, tutti i maghi dello schieramento di Micael si stavano concentrando attorno ai due stregoni, che si coprivano le spalle a vicenda e sembravano inscalfibili.
Jonna si aggrappò al braccio di Liam e lo trascinò indietro.
«Non mi piace, Li', non ha senso! Perché dovrebbero esporsi così agli attacchi di tutti noi messi assieme? E dov'è Abigail?»
Liam si bloccò, allarmato. Se Jonna aveva ragione e quei due stavano solo attirando la loro attenzione, allora doveva esserci una grossa fregatura da qualche parte. Cercando di dare un senso a quella situazione, Liam si allontanò dalle mura in compagnia di Jonna.
«Vedi qualcosa di strano? Di sospetto?» le domandò osservando l'orizzonte.
Da Sud, il grosso delle truppe alleate stava giungendo sul campo di battaglia a portare aiuto.
«Laggiù! Orchi! Ci stanno circondando!» gridò Jonna saltellando con il braccio teso nella direzione degli alleati.
Liam impiegò qualche secondo a comprendere a che cosa si riferisse: in lontananza, dietro alla schiera di soldati, si stava facendo avanti un altro fronte di orchi e di orchetti. La retroguardia delle truppe alleate stava già combattendo per permettere ai compagni di giungere a destinazione.
«Dobbiamo avvisare Mik!» esclamò Jonna.
«Sta combattendo contro due stregoni contemporaneamente, scommetto quello che vuoi che non gliene può fregare di meno, in questo momento.»
Liam si fermò a riflettere.
«Al momento credo ci sia più bisogno qui, a meno che…»
Strinse gli occhi per mettere a fuoco meglio. In lontananza temeva di avere visto esplodere un incantesimo. Attese una conferma, trattenendo il respiro. Quando individuò un nuovo lampo di luce sobbalzò e Jonna imprecò a fior di labbra.
«Scommetto che non ci sono maghi tra gli alleati…»
La ragazza scosse il capo.
«Deve essere Abigail» disse. «Li massacrerà.»
Liam annuì.
«Mi sa che l'idea era proprio questa. Io vado là!»
«Vengo con te!»
"Sempre che riusciamo ad arrivarci" si disse il mago osservando il campo di battaglia attorno a loro.
Rinunciando a risparmiare le energie, Liam e Jonna si fecero strada a colpi di magia tra gli orchi e gli orchetti, apostrofati dalle imprecazioni dei nani che non capivano per quale motivo due dei loro maghi più potenti stessero cercando di allontanarsi dal campo di battaglia. Deviarono verso Sud-Ovest, intenzionati a tenersi abbastanza vicini alle mura di Cyanor da restare ai margini dei combattimenti, ma anche abbastanza lontani da non essere a portata di freccia.
«È sempre stata così distante la porta Sud?» ansimò Jonna.
Liam annuì, arrancando.
Quando finalmente raggiunsero il nuovo fronte di combattimento, Liam individuò Abigail grazie alle esplosioni dei suoi incantesimi e alle grida dei soldati. Il mago si bloccò e deglutì a vuoto, con la gola completamente asciutta.
«Jonna» gemette.
La ragazza lo guardò.
«Se ti provoca - e lo farà - non lasciarti fregare. Qualunque cosa ti racconti, non crederle. Tenterà di approfittare della tua distrazione.»
Jonna annuì con poca convinzione.
Prima che Liam potesse aggiungere ulteriori raccomandazioni, tre soldati saltarono in aria, volando in tre direzioni diverse. Rimasta sola al centro di uno spazio vuoto costellato di cadaveri, Abby si volse verso di loro e sorrise. I soldati che cercavano di tenerle testa seguirono il suo sguardo e, individuati i due maghi, si aprirono in due ali per lasciarli passare. Percorrendo la breve distanza che li separava, Liam si rese conto di quanto fosse già stanco a quell'ora del mattino. Aveva combattuto tutta la notte, buona parte della mattinata, aveva dovuto attraversare di corsa metà della Piana di Thann… se non avesse avuto accanto Jonna sarebbe scappato a gambe levate.
«Sei davvero sciocco, Li'. Avresti potuto startene ad ammazzare orchi in relativa sicurezza, invece vieni a cercarmi per costringermi ad ammazzarti. Ora capisco da chi ha preso Irthen» disse Abby.
Liam sentì la pelle accapponarglisi a quelle parole.
«…Perché di certo saprai che è qui anche lui» aggiunse.
«L'avevo immaginato» rispose il mago stringendo la spada.
Jonna gli si affiancò, impugnando la propria lama, lunga e sottile come un fioretto.
Abby inclinò la testa, scrutandola.
«Jonna del Fuoco, la nuova fiamma di Liam, perdonate il gioco di parole. Per la cronaca, non mi sei mancato nelle ultime settimane…»
Liam ghignò, cercando di sopprimere impietosamente il senso di nausea dettato dall'urgenza di conoscere  le condizioni di salute di Irthen.
«Nemmeno ti rispondo!»
Jonna si  mosse, a disagio.
Abby alzò Dente di Cobra e la puntò verso di loro, il braccio teso davanti a sé.
«Di nuovo due contro uno, sì?» sospirò. «Voi maghi non avete un minimo di senso dell'onore…coraggio, fatevi avanti!»
Jonna non se lo fece ripetere e attaccò, lasciando a Liam solo la fugace visione della lama sottile avvolta da spire di fuoco. Investito in pieno dalla consapevolezza della propria inutilità, il mago cercò di inserirsi a sua volta nel combattimento, ma Jonna ed Abby si muovevano troppo velocemente. Dente di Cobra mandava scintille azzurre ogni volta che intercettava la spada di Jonna. Ad uno sguardo meno disincantato, il duello sarebbe sembrato equilibrato, ma agli occhi di Liam era evidente come Jonna si stesse giocando il tutto per tutto e come, di contro, il respiro di Abigail fosse ancora regolare. Doveva intervenire, doveva farlo prima che lo stregone riuscisse a sfinirla. Si avvicinò di più, cercando di sincronizzarsi con i movimenti delle due donne, e fintò un attacco al fianco di Abigail. Quella balzò indietro e gli lanciò un'occhiata sospettosa. Liam attaccò e Abby fu costretta a concentrare la propria attenzione su di lui, e finalmente la smise di giocare per combattere seriamente. Rimpiangendo la pigrizia che aveva drammaticamente inciso sulla sua forma fisica, Liam teneva faticosamente testa allo stregone, che pure cominciava ad ansimare.
«Attento sulla sinistra!» gridò Jonna.
Liam scivolò di lato e schivò l'attacco di Abigail, che indietreggiò di un passo per riprendere fiato.
«Avresti dovuto insegnare a tuo fratello come si combatte» ansimò.
«L'ho fatto» ribatté Liam.
«Allora non ti sei impegnato abbastanza, sì?»
Liam imprecò, sperando di poter seppellire la preoccupazione sotto alle bestemmie. Non poteva aver fatto del male ad Irthen, lo stava soltanto ubriacando di parole per fargli abbassare la guardia, proprio come si era aspettato.
«Avresti dovuto dirgli di proteggere meglio il fianco sinistro» aggiunse Abigail con un'occhiata penetrante.
Liam vacillò, assalito dalla vertigine.
Percepì uno spostamento d'aria e in una frazione di secondo Abby gli fu addosso. Il mago ebbe la nitida visione di una spada azzurra che calava su di lui dall'alto con una lentezza estenuante, come se il tempo si fosse dilatato. Le braccia erano troppo pesanti per poter sperare di parare il colpo, ma qualcosa di lungo e sottile si interpose tra il mago e Dente di Cobra, fermando la corsa di quest'ultima con un clangore metallico, e riportando lo scorrere del tempo alla velocità normale.
Jonna digrignava i denti, sforzandosi di reggere l'impeto dell'assalto di Abigail.
«Cosa dicevi, biondino? Di non crederle?» sbuffò.
Liam si riscosse.
«A buon rendere anche questo» disse aggirando Abby per colpirla alle spalle.
Abigail si liberò e balzò di lato, volgendosi a parare l'attacco di Liam, e in contemporanea lanciò una scarica di energia verso la maga, che tentò di scartare ma non riuscì ad evitare del tutto il colpo, che la ferì alla spalla sinistra. Liam lanciò un grido e concentrò tutta la sua magia nella propria lama, che colpì Dente di Cobra di taglio. Il contraccolpo respinse Abby, catapultandola indietro. Approfittando dell'attimo di distrazione, Liam lanciò un incantesimo che colpì lo stregone al fianco, gettandola al suolo. Con un ruggito, Abby si rimise in piedi e si premette una mano sul fianco: la camicia, un tempo bianca, si stava velocemente inzuppando di sangue.
Abigail sgranò gli occhi si Liam, che la fissava a sua volta sbalordito. Barcollò, rinfoderò la sua spada e con una smorfia si dissolse in un soffio di vento.
Liam rimase per un momento a fissare il punto in cui fino ad un attimo prima si trovava Abby, poi si precipitò su Jonna. Si rendeva conto solo in quel momento che gli alleati avevano fatto scudo tra loro e gli orchi.
«Porca puttana» gemette la ragazza traendosi in piedi.
Liam sorrise della caduta di stile.
«Ti senti bene?» domandò.
«Circa. Per fortuna è il sinistro» disse cercando di ruotare il braccio e rinunciando immediatamente.  «Fa un male cane. Abigail? È…?»
Liam scosse il capo.
«Ci vuole ben altro, ma per il momento non ci darà più fastidio. Le servirà tempo per riprendersi» strinse i denti, cercando di ricacciare indietro quel dolore quasi fisico che gli aveva procurato la vista del sangue di Abby. Il pensiero di averla quasi uccisa dopo tutto quello che avevano passato insieme gli dava la nausea. Anche se sapeva che non c'era alternativa.
«Vieni, Jo» disse, passando un braccio attorno alla vita della ragazza. «Cerchiamo di tornare alla porta Est.»
 
Aiutati da un manipolo di soldati di Lenada, Liam e Jonna raggiunsero la Porta Est, dove ancora Rafik e Caleb dettavano legge. I maghi di Micael si erano dimezzati e Liam non osò nemmeno domandarsi che fine avessero fatto, ad esempio, Ophelia e Rayhana. Anche i nani combattevano ancora, e il terreno era coperto dai corpi degli orchetti che questi avevano abbattuto. Facendosi faticosamente largo nella calca, raggiunsero il gruppo di maghi, dal quale emerse Micael. Aveva una ferita sulla fronte.
«Dove eravate finiti?» latrò.
I suoi occhi si posarono sulla spalla di sua figlia e un'ombra di apprensione gli attraversò il viso.
«Abigail ha guidato un contingente di orchi proveniente dalla porta Sud per accerchiare le truppe alleate. Abbiamo combattuto con lei, e Liam l'ha ferita» spiegò Jonna.
«Ora dov'è?» domandò Micael.
Jonna si strinse nelle spalle e gemette.
«Scomparsa!»
Micael guardò i due stregoni, e altrettanto fece Liam. Rafik era ferito al braccio destro ma non sembrava risentire dei rivoli di sangue che gli inzuppavano gli abiti, Caleb era coperto di graffi.
«Torna all'accampamento, Jo, e cerca Lia. Sta aiutando Rayhana e Pierre con…» esitò. «Joan è stata ferita. Molto ferita» farfugliò.
Liam deglutì a vuoto, sordo alle proteste di Jonna. Per un secondo indugiò sulla visione offertagli dalla sua mente del corpo ferito e insanguinato di Joan, rabbrividì e prese il viso di Jonna tra le mani.
«Tuo padre ha ragione, non puoi combattere con quella spalla.»
«Ma sei impazzito, Liam?!» balbettò quella sgranando gli occhi.
Liam la abbracciò, facendo attenzione a non stringerle la spalla ferita.
«A causa tua e di Irthen nelle ultime settimane sono invecchiato di dieci anni…consentimi di essere almeno un po' apprensivo.»
Jonna trattenne il respiro. Quando Liam la lasciò andare, notò che le sue guance avevano preso un po' di colore.
«Sta bene» capitolò. «Ma solo perché in queste condizioni non posso affrontare Djalmat.»
Quando la ragazza si fu allontanata, Liam si volse a Micael.
«Quanto è grave la situazione?» domandò.
Micael sospirò.
«Abbastanza…»
 
All'ennesimo passaggio del drago sul campo di battaglia, Irthen smise anche di coprirsi la testa. Aveva già smesso di abbassarsi da un pezzo, ma certi istinti erano duri da sopire. Aqua, Debrina, Timothy e Hailie erano partiti da poco quando l'inferno era ricominciato. La porta Nord aveva ricominciato ad eruttare orchi e orchetti, e non aveva tardato ad arrivare il drago. Per il momento l'azione combinata di Ruben, di Eetan e di Gedeone era riuscita a limitare i danni, ma non era incoraggiante che non si riuscisse nemmeno a scalfirlo.
Colpendo l'ennesimo orchetto allo stomaco, il ragazzo si passò un braccio sulla fronte. Doveva decidersi a tagliarli quei capelli, iniziava a non vederci più fuori. Scuotendo la spada per cercare di liberarla dello schifoso sangue nero degli orchi si domandò, una volta di più, se Liam fosse ancora vivo. Amina gli sfrecciò accanto lanciando incantesimi in tutte le direzioni.
«Mina!» chiamò Irthen.
La maga si guardò attorno e quando lo individuò gli corse in contro.
«Tutto bene, Ir?» domandò squadrandolo velocemente alla ricerca di eventuali lesioni.
Irthen annuì.
«Tu?»
«Anch'io» disse Amina.
«Ci sono novità delle ragazze?»
La maga scosse il capo.
«Ancora nulla. Ma ormai dovrebbero tornare, in un modo o nell'altro. Hai visto Horlon?»
Il ragazzo scosse il capo. Aveva perso di vista il Re degli elfi all'inizio della battaglia, quando la sua falange di guerrieri si era infranta nell'impatto con lo schieramento nemico.
«Devo andare, Ir. Se ti capita di vederlo, digli che lo sto cercando!»
Irthen annuì e la guardò scomparire nel caos dei combattimenti, immaginandosi ad adescare il Re nel pieno degli scontri picchiettandogli sulla spalla. Trattenne a stento una risata. Nonostante la stanchezza, combattere, ora, gli risultava più semplice. Forse perché era sceso sul campo consapevole di quello che ci avrebbe trovato, o forse perché l'aver affrontato Abby l'aveva scosso abbastanza da togliergli di dosso quel fastidioso senso di inadeguatezza. Probabilmente non sarebbe mai stato preciso ed elegante come un elfo, o potente come un mago, ma poteva ugualmente dare il proprio contributo: ora lo sapeva.
Da qualche parte, nelle retrovie, un esplosione scosse la Piana di Thann. Qualcuno gridava mentre il drago scendeva in picchiata sputando fuoco. Irthen allungò il collo cercando di capire che cosa stese succedendo. Il mostro alato virò all'ultimo momento ed evitò di un soffio un raggio magico. Incuriosito, Irthen si fece largo tra la folla di combattenti, e quando raggiunse le retrovie si bloccò, incapace di trattenere un sorriso entusiasta: al centro di uno spiazzo, circondate da un cordone di elfi e maghi, c'erano Aqua e Debrina. Sembravano in tutto e per tutto le stesse persone che avevano lasciato l'accampamento, salvo che loro due da sole stavano tenendo in scacco un drago. Aqua alzò le mani e dai suoi palmi scaturì una fontana di scintille argentate. Il drago cambiò di nuovo traiettoria e puntò sulla città.
«Sta cercando di scappare, Dede! Fallo ora!» gridò Aqua.
Debrina non se lo fece ripetere due volte: il suo incantesimo, potente e preciso, lacerò le membrane delle ali del drago, che, incapace di volare, fu costretto ad atterrare nel mezzo del campo di battaglia. Rapidamente circondato dai maghi, il drago ruggì ed eruttò fuoco, ma Eetan e Debrina riuscirono ad arginarlo ancora una volta. Con un gesto secco della mano, Aqua lanciò una freccia luminosa che fendette l'aria e si conficcò nell'occhio della creatura. Il drago ruggì di nuovo, e Debrina approfittò delle fauci spalancate per colpirlo direttamente in gola, dove era più vulnerabile. Nell'esplosione che seguì, Irthen perse l'orientamento per qualche momento. Le orecchie gli fischiavano e la testa gli girava. Quando si sentì di nuovo stabile tornò ad osservare la scena: l'immenso corpo del drago giaceva sul fianco in una pozza di sangue scuro e gli orchi fuggivano terrorizzati. Una piccola folla di maghi stava circondando i due nuovi stregoni, mentre gli elfi si tenevano a distanza di sicurezza. Irthen deglutì, indeciso su quale delle due linee abbracciare. Da un lato era affascinato dal potere immenso che conferiva la Cascata del Potere, dall'altro si rendeva conto fin troppo bene che quando aveva deciso di partire per il suo viaggio non aveva in realtà la minima idea di quello che avrebbe potuto diventare. Perché il cambiamento era già evidentissimo per quelle due, che già erano maghe, figuriamoci quanto sarebbe stato sproporzionato su un comune ragazzo di quindici anni. Ancora indeciso sul da farsi, Irthen notò un elfo in piedi accanto a lui. Aveva i capelli neri e gli occhi blu, ed assomigliava tremendamente a Rowena.
«Signore…Sire?» mormorò, domandandosi quale fosse il titolo con cui appellarsi al Re degli elfi.
Horlon spostò gli occhi su di lui.
«Il fratellino di Liam» commentò.
A disagio, Irthen sperò che sotto tutta quella polvere e quello schifo che doveva avere in faccia non si notasse che era arrossito.
«Amina ti sta cercando» disse.
Il Re annuì.
«Lo so, grazie, la sto evitando accuratamente.»
Irthen tacque. Non aveva la minima idea di cosa rispondere. Chiedere perché la stesse evitando sarebbe stato irrispettoso, ma ignorare completamente il commento non gli sembrava gentile.
«Non mi chiedi spiegazioni perché sei intimorito oppure perché sei educato?» domandò il Re sorridendo della sua esitazione.
«Entrambe le cose, credo.»
Horlon sospirò.
«Che cosa vedi laggiù?» disse ancora, puntando la spada sguainata verso il corpo senza vita del drago.
Irthen guardò, confuso.
«Un drago» rispose.
«Sbagliato, quello è un cadavere, caro ragazzo… Un drago è quello che ci sputava fuoco sulla testa fino a pochi minuti fa.»
Irthen si grattò la testa.
«Sono…sono la stessa cosa, sì?» farfugliò.
Horlon scosse il capo, contrariato.
«Beata gioventù! Quindi tu credi che tra una creatura viva e una morta non passi alcuna differenza, ho capito bene?»
Irthen arrossì ancora di più.
«Non ho mai detto una sciocchezza simile!» sbottò. «È evidente che c'è una differenza abissale tra un drago vivo e un drago morto, ma pur sempre un drago rimane!»
Horlon volse lentamente il capo e lo squadrò con gli occhi sgranati.
«Chiedo scusa…» mormorò il ragazzo.
Horlon sospirò di nuovo.
«Amina mi cerca perché spera che io convinca Ruben a non uccidere i draghi, perché sono rimasti soltanto in otto - anzi, ormai in sette - e se li uccidessimo tutti la specie si estinguerebbe.»
«Ma se non li uccidiamo, sono loro a uccidere noi…» commentò Irthen.
«Per quanto la cosa mi ripugni enormemente, temo che nelle attuali condizioni tu abbia ragione. Ora perdonami, ragazzo, ma Amina sta venendo qui e io non ho nessuna intenzione di farmi scovare!»
Irthen sbuffò. Quegli elfi riuscivano ad essere peggio dei bambini, quando volevano. Amina aveva ragione ad essere arrabbiata: aveva lasciato suo marito perché questi voleva uccidere i draghi, sacrificando tutto per un ideale che Ruben ora rinnegava.
Un'imprecazione richiamò Irthen dai propri pensieri. Aqua stava discutendo con Ruben, ma il ragazzo aveva la netta sensazione che stessero facendo più scena che altro. Una volta tanto, dopotutto, sembravano d'accordo.
Aqua pestò i piedi.
«Io non lo lascio Stan là con Caleb e con Djalmat! Ora me lo posso permettere: andrò in città e lo andrò a riprendere!»
«Sfonderesti le resistenze degli orchi sulle mura e attraverseresti tutta la città con l'esercito?!» esclamò il Maestro, enfatizzando l'incredulità.
Aqua annuì sporgendo il mento con fare ostinato.
«OK. Ci sto» capitolò improvvisamente Ruben.
Aqua spalancò la bocca e Irthen scoppiò a ridere.
Giurò a sé stesso che se avesse avuto la fortuna di invecchiare avrebbe fatto il bardo. Con tutte le assurdità che aveva sentito nell'ultimo periodo avrebbe avuto storie per decenni!



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L'avreste mai detto? Due aggiornamenti in 15 giorni? ^____^
Perdonate l'autocitazione, ma la Clessidra è quasi vuota, ormai (fuor di metafora, siamo agli ultimi capitoli, anche se non riesco ancora a quantificare)... è inutile che vi dica che mi sta salendo l'ansia da prestazione!

Alla prossima gente!
Baciiiii
   
 
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