Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Illidan    12/12/2008    4 recensioni
La terra di Laimoth è in relativa pace da trecento anni, ma fantasmi di un passato lontano stanno arrivando per distruggere la fragile tregua... Questa è la prima storia seria che faccio. Mi raccomando, ditemi se ci sono plagi di altre storie, se ci sono cose che non vi convincono!
Genere: Generale, Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 5 - Viaggio attraverso gli alberi

Capitolo 5 - Viaggio attraverso gli alberi

 

Per qualche attimo Arellon dovette continuare a tenere gli occhi completamente chiusi. Fece qualche tentativo di aprirli, ma ogni volta da fuori una luce potentissima glieli abbagliava così forte da fargli male. Non sentiva più la terra sotto i suoi piedi. Pensò che forse stava volando. Ma si rese conto di non percipire assolutamente nessun vento nè una minima brezza sul volto. Provò a muovere la mano destra che impugnava il bastone in modo da portarsela davanti al viso in modo da farsi un po’ di ombra sugli occhi. Per qualche strana ragione però non ci riuscì. Non solo la luce accecante continuava a impedirgli di aprire gli occhi, ma nemmeno gli sembrava di aver mosso o di poter muovere il braccio e la mano. Peggio ancora, non si sentiva più la mano. In effetti, si accorse di non avere la benchè minima sensazione da nessuna parte del corpo. Nemmeno dalla mano sinistra, con la quale doveva stringere la mano della driade. Arellon ebbe paura, temeva di aver sbagliato qualcosa, di aver commesso uno sbaglio involontario senza accorgersene. Cercò di aprire gli occhi di nuovo. Stavolta gli risultò più semplice. La luce non faceva più tanto male. All’inizio non vedeva quasi niente, per via della grande luminosità. Ma anche dopo che gli occhi vi si abituarono, la visione che ebbe non fu chiara. Era tutto luce. Variava dai toni del giallo più chiaro quasi bianco a quelli del verde. E non c’era niente altro. Almeno, agli occhi di Arellon sembrava non ci fosse nulla. In effetti non vedeva neanche sè stesso, nonostante muovesse la testa (o almeno gli sembrasse di farlo) per guardarsi intorno. Abbassando lo sguardo non vedeva nè il suo busto nè le sue gambe. Esitò ad alzarlo: non voleva che i suoi timori diventassero realtà.

Ma, visto che a quanto pare la vista era l’unica capacità di percezione rimastagli, guardò. Non c’era nulla, a eccezione della luce. La sua mente fu attraversata da mille pensieri e nessuno rassicurante. Perchè non sentiva più il suo corpo? Peggio ancora, perchè non era più visibile? Cos’era successo? Dov’era la driade? Aveva lasciato la sua mano? No, non gli sembrava di averlo fatto. Allora cosa aveva sbagliato? Perchè doveva aver sbagliato qualcosa, altrimenti non si spiegava come mai si trovasse in quella situazione.

Oppure poteva essere che la driade lo avesse lasciato intenzionalmente. Il suo errore sarebbe stato quello di fidarsi, allora. No, ma perchè mai Mahallonie avrebbe dovuto fargli questo? Se voleva farlo morire, tanto valeva lasciarlo nella radura in balia degli elfi.

“No, sono sicuro che lei non avrebbe ragioni per abbandonarmi qua a morire.” pensò sicuro “Ma comunque non capisco cosa stia succedendo. Dov’è? Dove sono? Questo abisso di luce... cosa significa?”

“La verità è talmente evidente e chiara. Ma chi non ha occhi per vedere non può coglierla.” sussurrò la voce della driade nella testa di Arellon. Il mezzelfo ebbe un sussulto. Provò a parlare, ma gli risultò impossibile, era come se non avesse più la bocca per farlo.

“Mahallonie?” pensò allora domandando speranzoso.

“Sì, sono io. Non sforzarti a parlare: qui possiamo comunicare solo attraverso i pensieri. Scusami se ti ho fatto spaventare, ma per me è tutto così naturale...”

“No, perdonami tu se ho dubitato di te. Sono stato un ingrato.”

“Va tutto bene. Non avevo pensato che non sapessi nulla di questo, del vero mondo di noi driadi. D’altronde Lasdel stessa aveva fatto questa esperienza...” Arellon fu un po’ contrariato da questa affermazione: sua nonna aveva deliberatamente omesso di dirgli anche questo. “Ma con che parole potrebbe descriverla uno di voi?” proseguì la driade come per calmarlo.

“Uno di noi?” domandò telepaticamente incuriosito.

“Un aeilaasom. Lo siete tutti, mezzelfi, elfi, centauri, uomini, nani e tutte le altre razze di Laimoth. Mortali o immortali non fa differenza. Siete costituiti tutti da anima e corpo. E finchè vive il corpo la vostra anima è legata ad esso inscindibilmente. Per questo vivete nel mondo dei sensi e solo raramente alcuni di voi riescono ad allontanarsene. Tramite le visioni o altri vostri incantesimi cercate di astrarvi dal mondo e percepire ciò che i sensi non possono.”

“Sì, questo lo so. Io stesso ho provato qualche giorno fa a entrare in comunione con l’ambiente.”

“Ah, sei stato tu! Ecco chi era che avevano sentito Raolaonie e Terassonie!”

Arellon fu sorpreso. “Sono state loro due a...?”

“Minacciarti e rassicurarti? Sì, è una cosa molto triste. Un tempo erano tanto amiche, la driade della quercia e del platano. Sempre le prime a danzare per ogni primavera. Ma ora... Ora hanno preso strade diverse. Una prova tanto odio, l’altra vorrebbe che tutto questo finisse. Purtroppo Terassonie non è mai stata la più forte delle due...” Seguì un attimo di silenzio.

“Comunque” continuò la driade “noi dobbiamo prendere la forma di un corpo per entrare nel vostro mondo perchè in realtà siamo ciò che voi definite spiriti. Non abbiamo sempre un corpo, ma ci serve solo venire ad ammirare la Natura dall’esterno. Noi viviamo qui, dentro.”

“Quindi io non vedo niente perchè...”

“Non hai gli occhi adatti. La tua anima non è ancora in grado di percepire con chiarezza e davvero raramente accade che una delle vostre anime lo diventi. Anche il tuo incantesimo di comunione, in realtà, è sì un’astrazione dal corpo, ma solo per poter avere conoscenze comunque inerenti ai cinque sensi. In realtà non ti sei allontananto così tanto. Forse Raolaonie avrebbe voluto che lo facessi: in quel caso non credo che saresti sopravvissuto a lungo.”

“Per questo allora non vedo nemmeno te che sei più vicina. Ma perchè non sento più il mio corpo?”

“Tu non puoi sentirlo. Non ce l’hai più.”

“Cosa?”

“Non ti spaventare. Vedi, tu non sei più nel tuo mondo, ora sei nel mondo delle driadi e niente non può entrare qui appesantito dal corpo.”

“Che significa? Il mio corpo è ancora nella radura?”

“No, questo non è un incantesimo di divinazione o di comunione con la natura, come quelli che vi dilettate a fare, te l’ho già detto. Tu sei proprio entrato nell’albero. Solo che qui non si può stare se non in forma di spirito. Riacquisterai il tuo corpo quando usciremo, come facciamo noi driadi. Ma stai attento: non dimenticarti chi e cosa sei, altrimenti non potrai più uscire! Tu non puoi crearti un nuovo corpo ogni volta come noi, perciò devi mantenere il ricordo.”

“Ma questo mondo... Cos’è?”

“Questa grande luce è quello che Olidos definiva come ‘ineffabile e magnifica visione, che ti porta ad abbandonare la spoglia mortale e a unirti ad essa, perchè così arriverai a un passo dal comprendere cosa sia la luminosa sorgente di vita’.

“Allora... La luce... Come posso dire? È...”

“Non credo esista la parola giusta a definirla. Almeno non in una lingua che tu possa sentire. Chiamala Natura, Essenza della vita, ciò che fa sì che ogni cosa nasca. Ma è luce indistinta solo per te. Tu sei abbagliato dall’immensità e dalla grandezza che ti si spalanca davanti, io ne sono la figlia. Ma, come ti ho detto, nessuna parola potrà mai farti cogliere anche solo una parte di ciò che vedo. L’aeilaasom che può vedere è il più fortunato fra tutti gli esseri che mai nacquero. Ed è lui che, avendo visto cosa sia la vita e quanto essa sia al di sopra di ogni bene, può veramente e a buon diritto comandare su tutti gli altri. I saggi re del bosco lo potevano vedere. Ma questo non ha impedito loro di morire tutti per mano di coloro che non sanno e perciò odiano la vita.” Ad Arellon parve quasi di percepire un goccia sfiorarlo.

“Rammenta quello che hai sentito, ti servirà. Tra non molto arriveremo a destinazione, ti lascerò fuori dalla Foresta, in un boschetto proprio sul confine che gli elfi hanno tracciato della loro terra. Ma non abbassare la guardia nel frattempo, perfino questo luogo non è più sicuro.”

 

Il centauro entrò nella radura un attimo dopo. I suoi possenti zoccoli scavalcarono cespugli e fiori con un solo balzo. Nella parte inferiore del corpo aveva le fattezze di un cavallo bianco con la coda bruna, mentre sopra le zampe anteriori partiva un busto umano. Aveva possenti pettorali e muscoli anche nelle braccia che stringevano un’ascia bipenne. Si guardò intorno muovendo la lunga chioma bruna come la coda. Un smorfia di rabbia gli attraversò il volto dalla chiara carnagione.

Non c’era più. Il viaggiatore che aveva visto chiaramente intrappolato dagli alberi due giorni prima era sparito.

-Che significa questo, Traxian?- gridò un’irata voce femminile alle sue spalle -Dov’è lo zacrul? Dov’è l’intruso?-

Ai margini della radura comparvero una quindicina di elfi, altri tre centauri e due driadi. Gli elfi, sia maschi che femmine tutti dalla pelle molto chiara, indossavano vestiti leggeri verdi scuri, nessuna armatura, e portavano tutti un arco e una faretra di frecce in spalla, ma qualcuno aveva anche una spada nel fodero legato alla cintura.

A parlare era stata un’elfa davanti a tutti gli altri. I suoi capelli biondi erano tagliati cortissimi, in modo da mettere in risalto il suo viso leggermente allungato e le orecchie a punta. La sua espressione era feroce nonostante le dolci fattezze femminili, che gli abiti nascondevano completamente, e le mani stringevano le else di due spade ricurve che portava ai fianchi, impaziente di sguainarle per mietere vittime.   

-Dov’è l’intruso, Traxian?- ripetè fissando furiosa il centauro con i suoi occhi dalle pupille blu.

-Non lo so, Iselia! L’abbiamo catturato qui due giorni fa grazie all’aiuto della quercia e del pino. Ma ora...-

-Ora è sparito! Siete degli incapaci!- gridò rivolta anche agli elfi alle sue spalle -Non riuscite neanche a tenere imprigionato un miserabile uomo per due soli giorni!-

-Nessuno è mai riuscito a liberarsi dagli alberi!- protestò Traxian.

-Non potevamo sapere che questo zacrul ci sarebbe riuscito!- gli fece eco un elfo.

-Ma potevate almeno lasciare una sentinella a controllare che non fuggisse!-

-Gli alberi sono le migliori sentinelle!- gridò un’elfa.

-Perchè non l’hanno fermato? Perchè l’hanno lasciato andare?- domandò un altro dei centauri.

-Basta!- ordinò Iselia troncando sul nascere ogni discussione -È scappato. Questo è un fatto certo e per ora è tutto ciò che dobbiamo sapere. Mi avete detto che probabilmente andava verso il paese dei nostri cugini traditori e scellerati. Dunque dobbiamo seguirlo in fretta. Cercate delle tracce.-

Obbedienti all’ordine, tutti gli elfi cominciarono a osservare attentamente il suolo della radura. La stessa Iselia si chinò a terra in cerca di orme. Quelle dell’intruso erano molto evidenti. “Calpesta il terreno tanto forte che sarà un giochetto seguirlo e catturarlo.” pensò Iselia con un sorriso, pregustando già la lenta morte dello zacrul. Poi notò che accanto alle sue tracce ce n’erano delle altre, ma quasi invisibili perfino ai suoi occhi. Dovevano essere state lasciate da una creatura molto leggera, scalza e dal passo saltellante. Erano anche piuttosto confuse, perchè andavano avanti per poi tornare indietro. Ma terminavano tutte, insieme a quelle dell’intruso, davanti a una piccola betulla.

-Fedhagonie, Raolaonie! Venite qua!- Le due driadi le si avvicinarono veloci. Erano simili a Mahallonie per il colore della pelle e degli occhi, ma le somiglianze finivano lì. La prima era più alta, superava Iselia di due spanne, ed aveva una veste di un marrone abbastanza scuro, mentre i lunghi capelli erano verdi, ma anche questo era di una tonalità più scura rispetto a quelli verde foglia della driade della betulla. La seconda invece, più bassa, anche se comunque di un’altezza considerevole, visto che era sempre più alta di Iselia, aveva capelli più corti di una tonalità di verde ancora  più scuro, mentre la veste era uguale a quella dell’altra.

-Guardate queste orme.- disse Iselia indicando a terra. Le due driadi osservarono accuratamente le tracce, poi passarono a controllare la betulla.

-Per la sacra quercia!- esclamò dopo un po’ Raolaonie.

-Che c’è? Cos’hai scoperto?- chiese l’elfa impaziente. Nel frattempo tutti gli altri avevano smesso di cercare e si erano radunati lì intorno.

-Nostra sorella Mahallonie è stata qui poco fa. E ha aiutato l’intruso! L’ha liberato dalla morsa degli alberi e... e l’ha fatto fuggire con sè!- gridò la driade furibonda. Al suo urlo si unirono quelli di elfi e centauri.

-Non posso credere che Mahallonie abbia potuto fare una cosa simile...- mormorò Fedhagonie.

-Non c’è altra spiegazione, sorella! Le tracce dei suoi piedi non lasciano dubbi.-

-Ma perchè? Perchè avrebbe dovuto aiutare un uomo? Perchè avrebbe voluto infrangere il tabù mostrandogli il nostro mondo? E soprattutto perchè mai tradire così la memoria di Olidos?-

-Non è il momento di cercare una spiegazione! Se stanno davvero viaggiando dentro gli alberi, allora non c’è tempo da perdere! Inseguiteli e portatemi lo zacrul vivo!- ordinò severa Iselia -Della driade della betulla fate quel che vi pare, non è di mia competenza il suo tradimento. E ora andate! Nel nome di Olidos e della vendetta!!- L’elfa alzò entrambe le braccia e tutti imitarono il suo gesto urlando, sfogando momentaneamente la loro rabbia, una rabbia vecchia di secoli per alcuni di loro. Le due driadi si accostarono l’una a un pino, l’altra alla quercia, appoggiarono una mano alla corteccia, la sollevarono leggermente e ci si infilarono dentro svanendo.

 

Mahallonie percepì subito delle nuove presenze. Ma non ci fece caso. Erano sorelle driadi di certo, ma non era detto che potessero rappresentare una minaccia. Questa sua convinzione andò diminuendo a mano a mano che le sentiva sempre più vicine. Cercò di affrettarsi, non mancava molto. Poi arrivò chiaro e forte: l’odio e la rabbia erano così forti che quasi la stordirono.

“Traditrice! Come hai osato liberare lo zacrul? Perchè l’hai condotto nella nostra dimora, maledetta traditrice?” La voce così forte che risuonò nella sua mente non le lasciò alcun dubbio: Raolaonie.

“Sorella, perchè l’hai fatto?” mormorò dopo più supplichevole Fedhagonie.

“Lui non è un uomo! È un mezzelfo!” rispose Mahallonie senza voltarsi aumentando la sua velocità.     

“Razza di sciocca! Sarà uno stregone, ti avrà incantata con le sue malizie!”

“Ti prego, sorella adorata, consegnacelo. Iselia vuole solo lui. Tu non subirai alcun male!”

“No, mai! Mi stupisco di voi! Avete dimenticato ogni cosa? Noi siamo le figlie della vita e vorreste chiedermi di portare alla morte un essere vivente?”

“Mahallonie, è un uomo! Noi non avevamo mai fatto nulla di male alla sua razza, ma loro fin da subito hanno affilato le scuri e colpito gli alberi. Sono malvagi! Olidos si fidava e loro cosa gli hanno fatto?”

“No, lui è un mezzelfo e deve...”

“Un mezzelfo? E anche se fosse, cosa significa? Loro hanno attirato la sciagura su di noi! Sono degli ibridi grotteschi: nelle loro vene scorre il sangue degli abbattitori di alberi e della stirpe del maledetto assassino! Non sono meglio, non meritano la vita!”

“Non vuoi ascoltarmi, Raolaonie! Il mezzelfo è discendente di Lasdel! Deve andare a Falesalai perchè...”

“Visto? Cosa dicevo? Deve andare dal popolo del massacratore! No, per il tuo bene, Mahallonie, devo fermarti!”

Arellon ebbe una strana sensazione, come se si fossero fermati. Era strano perchè in effetti non è che durante il movimento sentisse qualcosa di molto diverso. Intorno a lui c’era sempre e comunque solo luce uguale. Eppure gli sembrava che per qualche motivo Mahallonie non si muovesse più.

Non poteva sapere nulla di quello che era accaduto, perchè non aveva sentito nulla. Infatti le tre driadi avevano parlato nella loro lingua, assolutamente impronunciabile e inudibile nel mondo esterno. Ad Arellon non era giunto nessun suono, continuava a esserci assoluto silenzio. Ma quella sensazione non se ne voleva andare e perciò decise di togliersi il dubbio.

“Mahallonie” pensò cercando di mettersi in contatto con la driade “cosa succede? Va tutto bene?”

“Arellon! Ascoltami: non allentare la presa, tieni bene a mente chi sei! Hai capito? Ricordati chi e cosa sei!” Queste parole piene di preoccupazione e paura giunsero veloci al mezzelfo e gli fecero immediatamente capire che c’era qualcosa che non andava.

“Ma cosa sta succedendo?”

“Non dimenticare! Ricorda chi sei e non abbandonare la mia mano!” gridò la driade col pensiero per poi tornare alla sua lotta disperata. Raolaonie l’aveva attaccata. Stava cercando di spezzare il legame spirituale tra lei e il mezzelfo. Mahallonie faceva del suo meglio per contrastare il suo attacco, ma la driade della quercia era molto più forte di lei. Il suo era stato un colpo a doppio taglio: mentre la indeboliva cercava di rompere le difese mentali del mezzelfo, per dividerlo da lei e poterlo portare via.

Nel suo mondo Arellon era un bravo mago e si sarebbe saputo difendere bene, ma ora, in un terreno che avvantaggiava il nemico e per di più lo nascondeva totalmente ai suoi occhi, non era in grado di contrastare efficacemente un qualunque attacco.

Sentì come uno strano torpore. Mahallonie gli gridò ancora qualcosa, ma non comprese quasi nulla. Con un grande sforzo, cercò di evocare una barriera che lo proteggesse.

“Aesf! Aesf Osfìl!”

Per quanto ripetesse mentalmente la formula della magia difensiva, sembrava non servisse a niente. Il senso di torpore e sonno aumentavano.

“Aesf! Sallon Aesf Osfìl! Sallon Aesf Osfìl! Sallon Aesf O...” Arellon si accorse atterrito di non riuscire più a ricordare come finisse l’ultima parola.

“Ricordati il tuo nome!” Queste parole sembrarono provenire da molto lontano, come una bassissima eco di qualcosa gridato a voce molto alta. Il mezzelfo, visto che anche la parola base dell’incantesimo gli era svanita dalla memoria, decise di seguire l’ordine alla lettera. Cominciò a ripetersi mentalmente il suo nome, quello dei suoi parenti più stretti ed amici, la sua razza e la sua missione. Ma inesorabilmente anche questi svanivano. Uno ad uno venivano falciati da un mietitore invisibile e inarrestabile.

“No... non posso permetterlo... io sono Arellon... figlio di Erotlon e Arila... fratello di Darila... nipote di... di...” Contemporaneamente gli sembrava che tutto si oscurasse, come se la luce infinita si stesse spegnendo lentamente e con essa sparisse ogni suo ricordo. Il torpore e il senso di sonno crescevano. Il mezzelfo lottava disperatamente per contrastarli, ma alla fine dimenticò anche il suo nome. No, non poteva essere quella la sua fine. “Io... non morirò così... l’ha predetto... l’ha predetto... L... La... l’ha predetto mia nonna... No... io sono... sono...” Un ricordo gli riaffiorò nella mente: di quando sua madre, il giorno del suo quindicesimo compleanno, gli aveva spiegato il significato del suo nome. -La mia saggia madre- aveva detto -ha ordinato di chiamarti così, perchè tu, dopo tanti secoli, sarai colui che infrangerà la promessa e porrà fine alla discordia.- “Sì” pensò nuovamente “io sono Arellon!” Improvvisamente l’attacco si smorzò e l’oscurità diminuì. Ma non era tempo di festeggiare: Raolaonie era ancora più furiosa di prima. Lo zacrul resisteva bene e ciò era intollerabile.

“Mahallonie, per l’ultima volta, consegnacelo!” sbraitò colpendola nuovamente. I suoi attacchi erano totalmente invisibili, l’unica cosa che si poteva scorgere era solo un piccolo fascio di luce che splendeva leggermente più del resto. Ma ciò non significava che non fossero potenti. Colpivano direttamente lo spirito, sgretolandolo lentamente. La driade della betulla, nonostante fosse molto ferita, non demordeva dalla sua fuga.

“Mai! Non lo avrai mai, stupida pazza accecata dall’odio!” rispose con rabbia.

“Allora mi costringi a qualcosa che non avrei voluto fare. Mi dispiace, ma non mi lasci altra scelta.” Raolaonie preparò il suo colpo più terribile contro Mahallonie. Ma non l’avrebbe uccisa, le avrebbe solo fatto perdere totalmente conoscenza di sè. Così la driade della betulla non sarebbe più potuta uscire dal loro mondo, se non per sempre, per molto tempo, almeno finchè non avesse riacquistato la sua memoria e con essa il ricordo della sua forma spirituale e sensibile.

“No! Sorella, non farlo!” gridò Fedhagonie trattenendola.

“Lasciami, stupida! Vuoi farlo scappare anche tu?”

“Io... Io non voglio che succeda ancora!”

“Di cosa parli?” domandò la driade della quercia sempre più infuriata.

“Lo sai bene: di Terassonie!”

“Non parlarmi di lei! Era debole, sciocca! Ha avuto ciò che si meritava!”

“No, non si meritava di diventare ciò che è ora! L’hai vista? Hai visto come l’hai ridotta? Vaga alla cieca, senza meta, ripetendo parole senza senso! Si sta lasciando appassire!”

“Fa parte del ciclo della vita che un fragile arbusto che non attecchisce debba lasciare il posto a un più forte albero.”

“No, non è naturale, non fa parte del ciclo della vita che una di noi sollevi le mani contro una sorella!”

“Basta, taci!”

“Io non ti permetterò di farlo nuovamente!”

“Mi hai stancato! Levati!”

“No!” gridò la driade del pino ponendosi di fronte a Raolaonie. La driade della quercia vide che Mahallonie ne stava approfittando per allontanarsi.

“Stupida!” sbraitò colpendo Fedhagonie.

Intanto la driade della betulla era quasi arrivata a destinazione.

“Arellon!” lo chiamò con il pensiero “Tra poco ti farò uscire. Tieniti pronto: rammenta bene chi sei.”

Il mezzelfo vide una specie di buco che si apriva, un’apertura su una zona buia. Fece appena in tempo ad accorgersene, che subito dopo ci fu scaraventato dentro. Precipitò verso l’oscurità cercando di gridare senza riuscirci. Poi sentì la sua voce. Percepì l’aria che gli entrava in gola e la dolce e fresca brezza della notte che gli passava sulle guance e sui capelli. E subito dopo il duro contatto col suolo coperto da poca erba secca. Alzò subito il viso da terra e si sfregò gli occhi. Si guardò attorno. Sì, era di nuovo nel suo mondo. Per la precisione era in un boschetto di notte. Poi osservò se stesso, le sue mani, i suoi abiti, il suo bastone. Aveva riacquistato il suo corpo. La gioia per lo scampato pericolo durò appena un attimo però. Si alzò in piedi e si voltò immediatamente verso la betulla alle sue spalle. La corteccia era ancora scostata e ne usciva una forte luce, in mezzo alla quale era possibile scorgere il viso di Mahallonie.

-Addio, nipote di Lasdel! Vai, porta a termine la tua missione. Forse finalmente tornerà la Primavera...- disse la driade sorridendo.

-Mahallonie!- gridò Arellon notando due braccia che uscivano dietro di lei dall’albero. Le mani verde chiaro la afferrarono e la trascinarono dentro. -No! Mahallonie!- Il mezzelfo corse verso l’albero, ma la corteccia ormai si era richiusa. Battè dei pugni sul tronco e lo colpì col bastone, chiamando il nome della driade ancora per un po’. Ma era inutile, se n’era andata. Arellon non sapeva chi o cosa li avesse attaccati e ora la avesse catturata. Di certo nulla di buono. Se solo le driadi avevano accesso a quel mondo, allora doveva essere stata una di loro. Ma quanta rabbia doveva provare per attaccare una della sua stessa razza?

“Moltissima, ma non contro la gentile Mahallonie. Contro di me. O meglio, contro l’uomo che doveva pensare che fossi.” pensò tristemente il mezzelfo appoggiandosi all’albero “E lei si è sacrificata per me. Lei è un’altra che ha subito e che ora subirà terribili patimenti per causa mia! Come tanti amici e parenti...” Arellon si sollevò e scacciò quei tristi ricordi. “Ma se non voglio che il loro sacrificio sia vano, non devo più esitare!” Deciso, sollevò lo sguardo al cielo che si intravedeva fra gli alberi. La stella di Laila brillava molto luminosa quella notte d’estate senza nuvole. Indicava la via per il Nord, per il ritorno. Ma anche quella di Atascal era particolarmente lucente, dalla parte opposta rispetto alla prima. Guidava verso il Sud, verso la meta.

Arellon, dopo aver dato un ultimo triste sguardo alla betulla, si mise in cammino seguendo la seconda stella.

 

 

Incredibile ma vero, ho deciso di aggiornare! Spero che non siate furiosi con me per il ritardo, cari lettori.

Ringraziamenti:

 

@Suikotsu: Non te preocupe, mi impegnerò a leggerlo!

 

@giodan: I draghi sì. Comunque, devo proprio ringraziarti: avevo qualche dubbio su come intitolare il capitolo e il tuo commento mi ha aiutato. Grazie! E spero che il capitolo non ti sia sembrato banale!

 

@CaMbAbOy: Beh, sei molto gentile. Continua a commentare, perchè ti sei fermato al terzo cap?

 

@Rakyr il Solitario: Non esagerare con le lodi o potrei montarmi la testa...

   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Illidan