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Autore: Mad_Dragon    30/03/2015    1 recensioni
La storia di un Cavaliere di Berk e del suo drago tra battaglie, giuramenti, amori e la vera conoscenza di sé e dei suoi compagni di squadra, fino alla scoperta di un terribile segreto e ciò che ne conseguirà.
Aggiornamenti irregolari, spiegazioni all'interno del capitolo XXV
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Dagur 'Lo Squilibrato', Hiccup Horrendous Haddock III, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Violenza
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- Questa storia fa parte della serie 'A dragon and a Trainer's path'
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Capitolo XXIII
- Oscura come la morte parte 1 -

Il viaggio verso l'isola in cui era stato localizzato il secondo sigillo durò più di una settimana a causa di una tempesta che aveva obbligato il gruppo inviato da Hiccup ad una sosta di tre giorni su una piccola isola dal clima decisamente invernale. I ragazzi, infatti, già abituatisi al clima nettamente più caldo di Berk, furono costretti a dar fondo ai loro risparmi per comprare delle pellicce. Karl, Matt e Merric si limitarono a comprare una giacca di pelliccia d'orso a testa. Il cappuccio della giacca era stato bordato con degli intrecci colorati; Melanie e Arcadia, invece, acquistarono rispettivamente un cappotto rosso e uno verde muschio, rinunciando alla copertura in pelliccia per ripiegare sulla più pratica ma meno affascinante lana di montone.
Karl, durante il secondo giorno di permanenza sull'isola, entrò in una bottega di un fabbro cercando qualcuno che controllasse lo stato della sua spada e dell'armatura. Mentre aspettava che il fabbro finisse il suo lavoro, il ragazzo si prese qualche minuto per esplorare il piccolo negozio che aveva trovato. Alle pareti erano appese armi di ogni tipo: scudi, alabarde, spade, scudi. "Più che una bottega, questa sembra un'armeria..." mormorò Karl tra sé e sé. L'attenzione del ragazzo venne catturata da un arco appoggiato in un angolo della costruzione. Si avvicinò e notò che l'arco era di media lunghezza e costituito principalmente da legno, anche se il corpo centrale e parte dei flettenti erano stati rinforzati con del metallo. Inoltre, le parti metalliche erano state decorate con una filigrana dorata.
"Wow..." esclamò Karl mentre accarezzava delicatamente le decorazioni dell'arco. La sua mente corse in quel momento al piccolo arco di legno di tasso di Arcadia. La ragazza era stata costretta già diverse volte a farlo riparare diverse volte e Scharacchio le aveva consigliato di comprarsene uno nuovo. Quell'arco metallico sarebbe stato un ottimo sostituto, così decise di acquistarlo. Peccato che gli fossero rimaste solo un paio di monete di bronzo e il costo dell'arma, almeno secondo il ragazzo, era di gran lunga superiore. Sconsolato, Karl rimise l'arco al suo posto giusto un attimo prima che il fabbro uscisse dalla stanza della fornace.
"Ho finito" disse il fabbro. "Ho riaffilato la spada. L'armatura era in ottime condizioni, non ho dovuto neanche lucidarla" aggiunse poi.
  Karl si allontanò dall'arco, sperando vivamente che il negoziante non l'avesse visto curiosare nelle sue cose. Il ragazzo si mise ad osservare per qualche secondo l'uomo che gli stava davanti: era basso e tarchiato, con una lunga barba rossiccia e la faccia sporca di fuliggine. "È un'arma di ottima fattura" disse il fabbro indicando con un dito la spada. "Non ha rivali in questo negozio... Se escludiamo l'arco che stavi osservando prima, ovviamente" aggiunse poi mentre porgeva l'arma rifoderata a Karl, il quale balbettò un ringraziamento.
"In paese, molti dicono che tu e quella ragazza con cui passeggi spesso stiate insieme..." disse il fabbro con fare un poco sornione.
Karl arrossì di colpo. Aveva visto alcune donne parlare fittamente e poi interrompersi bruscamente al passaggio suo e di Arcadia, ma non credeva che le voci si fossero già diffuse per tutto il villaggio. L'atteggiamento del fabbro, inoltre, faceva imbarazzare ancora di più Karl.
"G-grazie..." balbettò Karl. "Ma non posso accettare, non ho abbastanza soldi per pagarglielo" aggiunse poi mentre arrossiva ancor di più.
"Prendila comunque" insistette il fabbro mentre recuperava da quell'angolo polveroso l'arma. "Questo arco è troppo bello ed è sprecato in questo posto. Nessuno dei paesani avrà mai né i soldi per comprarlo né il desiderio di farlo" La voce dell'uomo si incrinò leggermente, come se gli costasse troppo pronunciare quelle parole.
A primo acchito, Karl aveva pensato che quell'uomo gli avesse fatto quella proposta solo per rimpinguare le sue tasche, ma quell'ultima frase, anzi, il tono di voce che il fabbro aveva usato lo avevano fatto ricredere: si vedeva che il fulvo era molto affezionato a quell'arco e che, molto probabilmente, era stato molto legato al precedente possessore. E ora era disposto a separarsene. Un moto di curiosità crebbe dentro Karl e il ragazzo sentiva forte l'impulso di sviscerare quella questione ma si tenne a freno per paura di riaprire ferite non ancora rimarginate del tutto e per non sembrare un viscido pettegolo agli occhi di una persona così cortese.
Il fabbro avvolse l'arco in un largo panno di cotone su cui era stato ricamato il marchio della bottega, presente anche sullo stipite dell'edificio, e lo porse a Karl, il quale lo strinse al petto, quasi come se fosse un bambino così piccolo da proteggere ad ogni costo, e uscì, cercando di non rovinando il prezioso regalo. Poco prima di chiudere la porta, Karl rivolse al fabbro uno sguardo di muto ringraziamento.
Una volta che Karl si era allontanato abbastanza, il bottegaio si avvicinò ad una tavoletta di legno levigata e dipinta nascosta da un piccolo scudo di bronzo. Prese il ritratto e si soffermò ad osservarlo per diversi lunghi istanti: esso rappresentava due persone, un uomo e una donna, sorridenti. I due giovani avevano vent'anni o poco più; l'uomo, posizionato sulla sinistra, sembrava la versione più giovane del fabbro, solo che la barba era molto più curata. Il suo braccio sinistro cingeva la schiena della donna, posizionata sulla parte destra della tavoletta. Ella aveva dei lunghi capelli lunghi fino a metà della schiena prematuramente argentei, superava di alcuni centimetri l'uomo e teneva saldamente in mano lo stesso arco ora in possesso di Karl. Inoltre, entrambi avevano un piccolo cerchio di metallo all'anulare, segno inequivocabile del grande amore che li legava.
"Li hai visti, vita mia?" disse il fabbro con la voce incrinata. Diverse lacrime gli solcavano le guance come navi in preda ai venti del mare. Odiava piangere, odiava la sensazione di rimpianto che esse portavano con sé. Odiava sé stesso più di ogni altra cosa. Prima di proseguire il dialogo con il ritratto, il fulvo si asciugò le lacrime con un gesto sbrigativo. "Quei due ragazzi mi ricordano molto noi quando avevamo la loro stessa età" disse mentre riponeva il piccolo ritratto al suo posto.
Si avvicinò alla porta che portava nella fornace. "Speriamo che gli déi riservino loro un destino migliore del nostro" sussurrò l'uomo prima di chiudere la porta che separava le due stanze.

***

I gemelli erano stati incaricati personalmente da Hiccup di occuparsi della questione riguardante il padre di Arcadia. Nessuno dei due sapeva con esattezza i motivi che avevano spinto il loro amico a compiere quella scelta, ma entrambi, con sorpresa di tutti, avevano accettato di buon grado. Decisero che per quella missione non avrebbero utilizzato Rutt e Vomito, troppo ingombrante per occuparsi di un falco messaggero. Optarono per la squadra di Incubi Orrendi che avevano appena finito di addestrare.
"Sei sicuro che funzioni?" disse Testabruta mentre posizionava a terra la gabbia contenente i sei draghi che avevano scelto apposta.
"Ovvio, li ho addestrati" replicò il gemello con un finto tono modesto.
"Allora falliranno di sicuro"
"Ehi!"
"Smettetela!" esclamò Gambedipesce infilandosi nella conversazione. Il biondo era stato inviato come terzo elemento della squadra solo per supervisionare i due e per evitare che liti come quella che stava scoppiando mandassero in malora la missione. Gambedipesce era stato avvisato degli effetti collaterali che ciò avrebbero comportato, perciò si frappose tra i due gemelli.
"Gambe, togliti da lì" gli ordinò Testaditufo.
"Calmati, Tufo, abbiamo del lavoro da fare" replicò il diretto interessato con un tono calmo.
"Non dirmi quello che devo fare. Io non prendo ordini da una femminuccia come te"
A quelle parole, Gambedipesce perse il controllo e, afferrato saldamente il colletto della giubba di Testaditufo, sbatté contro una delle rocce il povero gemello. "Ascoltami bene" disse Gambe guardando dritto negli occhi il biondino. "Se per colpa tua, o per colpa di tua sorella, questo incarico non va nel verso giusto, una famiglia collasserà su sé stessa. E se questo succederà, io verrò a prenderti e ti farò rimpiangere di essere così stupido" Gambedipesce avvicinò il suo volto a quello di Testaditufo fino a che non sentì il respiro spaventato dell'altro sulla  propria pelle. "Ci siamo capiti?" Quelle parole furono accompagnate da un altro sguardo minaccioso e Testaditufo non poté far altro che annuire.
Testabruta rimase a guardare quella scena in silenzio: sembrava che i ruoli si fossero ribaltati,che Gambe fosse il cattivo e Tufo l'indifeso. La bionda era preoccupata per quella minaccia poco velata rivolta al fratello, ma allo stesso tempo era consapevole che egli se l'era meritata. Testabruta rimase stupita anche dalla rabbia, se così vogliamo chiamarla, di Gambedipesce e, per un momento, temette di non aver mai conosciuto veramente quel ragazzo all'apparenza fragile, ma che sapeva tirar fuori gli artigli quando era necessario. Appena lo vide avvicinarsi, Testabruta arretrò quasi istintivamente, nello stesso modo in cui ci si allontana da un essere pericoloso o potenzialmente tale, ma subito ritornò sui suoi passi.
"Scusami, penso di aver esagerato" disse Gambedipesce poco prima di sedersi su un grande masso. "Il falco dovrebbe passare di qui tra poco, ci conviene liberare gli Incubi Orrendi" aggiunse poi.
Come previsto da Gambe, il falco messaggero utilizzato dal padre di Arcadia passò dopo alcuni minuti dopo e Testabruta si affrettò a liberare i sei Incubi Orrendi e Testa di Tufo ordinò loro di recuperare il carico di quel falco.
I sei piccoli draghi ci misero molto poco a recuperare il falco, aiutati anche dal fatto che erano stati addestrati apposta per combattere in aria e per sopraffare i loro avversari con la forza del numero. Appena atterrati, i sei draghetti si avventarono su Testa di Tufo per estorcergli la loro ricompensa mentre Testabruta e Gambedipesce recuperavano il rotolo di pergamena.
"Torna dai tuoi padroni" disse Gambedipesce mentre lasciava spiccare nuovamente il volo al volatile.
"Ma non dovevamo riportarlo a Berk?" chiese Testa di Tufo mentre lottava contro due Incubi Orrendi restii a rientrare nella gabbia.
"Abbiamo la missiva, il messaggero che la portava non è necessario" rispose Gambedipesce. "E poi..." aggiunse mentre un sorriso sornione gli si dipingeva sul volto. "Mi sono permesso di mandargli un piccolo scherzo"
Detto questo, i tre montarono sui propri draghi e fecero rotta per Berk.

***

La sera era scesa sul piccolo villaggio che ospitava la squadra di Karl e il freddo avvolse nelle sue spire tutto. Karl rientrò nella locanda in cui alloggiava un'ora esatta dopo che il Sole era tramontato e per poco non rischiò di morire congelato.
"Mi dia un bicchiere di qualcosa di caldo" disse Karl al locandiere poco prima di sprofondare sulla sedia più vicina al camino. Il ragazzo stringeva ancora nelle braccia il pacchetto donatogli dal fabbro.
"Karl, sei tornato!" esclamò Arcadia mentre scendeva le scale. Il locandiere la evitò per puro miracolo e la ragazza, per scusarsi, si offrì di portare lei stessa il bicchiere al suo ragazzo.
"Tieni" disse mentre chiudeva le mani intorpidite di Karl attorno al bicchiere. Mentre beveva, Karl osservò l'abbigliamento di Arcadia: la ragazza indossava un paio di brache in parte nascoste da una gonna che le arrivava alle ginocchia; una blusa a maniche lunghe, rigorosamente dello stesso colore della notte, le faceva risaltare i seni piccoli ma sodi. Karl sentì una strana sensazione calda, in parte dovuta al sidro appena ingurgitato e in parte alla presenza così vicina di Arcadia.
"Quell'uomo laggiù sta osservando me e Melanie da quando siamo entrate qui" disse Arcadia. La corvina si avvicinò all'orecchio di Karl e gli sussurrò:"Ha degli occhi da lupo..."
"Non preoccuparti" disse Karl mentre prendeva la testa di Arcadia tra le sue mani. "Ci sono qua io" disse prima di baciarla teneramente.
Le labbra di Arcadia avevano lo stesso sapore del bicchiere che Karl aveva appena finito di bere. Il ragazzo non sapeva se Arcadia avesse bevuto ma non ebbe neanche il tempo di chiederglielo perché Arcadia notò il pacco che Karl aveva abbandonato momentaneamente di fianco al focolare ad una distanza tale per cui non potesse essere rovinato dalle fiamme.
"Che cos'è?" Chiese Arcadia mentre abbandonava le ginocchia di Karl.
"Un regalo" replicò il ragazzo mentre recuperava l'arco giusto un attimo prima che Arcadia riuscisse ad agguantarlo. "Ed è per una persona mooolto speciale" aggiunse poi il moro con un tono sornione.
"Oh... La conosco questa ragazza?"
"Certo." Karl si avvicinò alla ragazza e, cercando di imitare un gesto cavalleresco che poco si addiceva al luogo, si inginocchiò allungando allo stesso tempo le braccia verso Arcadia, la quale disfò il pacco con poche e rapide mosse.
Quando vide l'arco, la corvina rimase completamente meravigliata. Lo prese in mano e lo soppesò, poi tese la corda puntando per scherzo l'arma contro il locandiere. Alla vista della faccia stranita del locandiere, Arcadia scoppiò in una risata cristallina e si voltò verso Karl. Si avvicinò al ragazzo e, dopo aver cinto la schiena con le sue braccia, lo strinse a sé. Karl ricambiò il gesto e permise alla ragazza di affondare il volto nell'incavo della sua spalla. A sua volta, Karl ne approfittò per riempirsi i polmoni del profumo di Arcadia, quel profumo che sapeva di lavanda e di quei fiori variopinti che arrivavano sporadicamente a Berk grazie alle navi dei mercanti. Il moro si abbandonò ad una fantasia: s'immaginò più vecchio di una decina d'anni, con Arcadia al suo fianco e, perché no, un paio di marmocchi pestiferi. Sarebbe stato bello se la storia con Arcadia fosse durata così a lungo. La sua attenzione si focalizzò sui due bambini: gli sarebbe piaciuto avere un maschio e una femmina; gli sarebbe piaciuto che il maschio assomigliasse un po' a lui o anche a suo padre e che la femmina fosse bella quanto se non più della madre. La realtà, però, piombò come una falce su quella fantasia ricordando a Karl che una minaccia grande come quella che stavano affrontando avrebbe potuto disintegrare quella fantasia in quel momento. O che, più in generale, non era conveniente fare progetti a lungo termine.
La voce un poco storpiata di Arcadia fece dissolvere quella nube di pensieri che circondava Karl, il quale si affrettò a sciogliere l'abbraccio e a chiedere alla ragazza cosa volesse.
"Ti va di bere qualcosa?"
"Arcadia, domani dobbiamo ripartire e non credo che ubriacarci sia una buona..."
La corvina si affrettò a zittire il ragazzo posando delicatamente un dito sulle sue labbra. "Karl, non pensarci. Facciamo finta per una notte che il destino del mondo gravi sulle spalle di qualcun'altro e comportiamoci come ragazzi della nostra età" disse Arcadia mentre prendeva una mano di Karl e si incamminava su per la rampa di scale che separava le camere dal pian terreno della locanda, chiedendo con un gesto al locandiere di portare al piano superiore alcuni boccali.
Karl si lasciò convincere dalla frase di Arcadia e per una notte di lasciare fuori dalla porta della locanda tutti i suoi problemi. Sfruttando il suo legame telepatico con Rubyn, esortò il suo drago a fare lo stesso e di convincere gli altri draghi a far un piccolo volo notturno.

***

Il resto del viaggio non fu ricco di avvenimenti interessanti, a parte un paio di deviazioni obbligate dovute all'avvistamento di alcune navi sospette. Karl e Arcadia parlarono spesso di quello che era accaduto, non tanto per rivivere quelle emozioni ancora fresche ma per cercare di rimettere insieme un puzzle dai contorni sfuocati e di dimensioni piuttosto ragguardevoli. Merric si rifiutava di dir loro quello che era accaduto poiché, almeno a suo dire, "sarebbe stato troppo traumatizzante"; Matt e Melanie erano messi peggio visto che i due avevano bevuto anche il boccale di Merric.
"Karl, posso dirti una cosa" disse Arcadia mentre spronava Camaleo ad avvicinarsi a Rubyn. "La prossima volta che ti dico di dimenticare le preoccupazioni che ci affliggono, assicurati che non ci sia di mezzo nessun boccale" aggiunse mentre si posava una mano sulla testa.
"Concordo" disse Karl mentre dava il cambio ad Arcadia come guida del gruppo.
L'isola su cui era stato localizzato il tempio si rivelò essere una landa desolata quasi completamente ricoperta da uno strato di ghiaccio permanente. Dall'altro, il gruppo di Cavalieri riuscì ad apprezzare le varie forme che le montagne di ghiaccio avevano assunto e i riflessi di luce che il Sole calante provocava colpendo con i suoi raggi arancioni la superficie levigata del ghiaccio. I sei notarono anche una specie di sentiero che attraversava da un capo all'altro l'isola, collegando così le due estremità al tempio che sorgeva esattamente al centro di quel mucchio di ghiaccio. Del fumo si levava da una piccola zona situata nei pressi di una spiaggia la cui forma ricordava vagamente quella di una falce di Luna. Merric fu insospettito da quel fumo, ma decise di non provare ad ispezionare quella zona poiché aveva sentito dire che alcune popolazioni erano solite usare le isole più a nord come zone di sosta durante i loro lunghi periodi in mare.
I cinque decisero di atterrare in un piccolo spiazzo di terra brulla, miracolosamente non ancora ricoperta dal ghiaccio. Costruirono un accampamento di fortuna e, grazie al fuoco dei loro draghi, i ragazzi riuscirono a scaldarsi un po'. La notte, però, scese repentina su di loro, cogliendoli di sorpresa e obbligandoli a scegliere tra addentrarsi nell'entroterra e rimanere all'accampamento, rischiando però di morire assiderati.
"Io dico di rimanere qui" disse Merric. "È pericoloso aggirarsi di notte per un'isola a noi completamente sconosciuta. Inoltre non avremmo comunque la possibilità di scaldarci a sufficienza" argomentò il ragazzo.
Karl annuì pensieroso. Merric aveva esposto dei problemi a cui era difficile trovare una soluzione che non comprendesse l'utilizzo delle fiamme dei draghi.
"Un modo ci sarebbe..." mormorò Matt, richiamando così l'attenzione su di sé.
"Spiegati meglio" lo incalzò Arcadia.
"Quando siamo stati obbligati a fermarci su quell'isola, sono incappato in uno strano globo di luce rossa. L'uomo che lo teneva in mano, avendo notato il mio sguardo perplesso, mi spiegò che quello era un piccolo trucco alchemico" spiegò Matt. "Me ne ha regalati una decina. Durano più o meno un'ora ciascuno, quindi penso che ci bastino sia per l'andata che per il ritorno" disse Matt mentre giocherellava con alcune di quelle piccole sfere.
"Una domanda: perché non le hai tirate fuori prima?" chiese Melanie non nascondendo una punta di sarcasmo.
"Ehm... Me ne ero dimenticato e..." Matt non riuscì a finire la frase poiché Melanie gli rifilò uno scappellotto, provocando le risate degli altri membri del gruppo.
"Merric, pensi che possano funzionare?" chiese Karl.
"Sei tu il capo della spedizione Karl, devi decidere tu" replicò Merric.
"Ma tu sei la persona più informata di noi. E mi fa piacere ricevere il tuo parere" disse Karl.
Merric, a quelle parole, rimase in silenzio per diversi minuti. "L'alchimia" disse interrompendo quel silenzio che si era formato "è un'arte molto capricciosa: nella maggior parte dei casi si comporta come dovrebbe, in altri fa un po' quello che le pare" aggiunse poi mentre si avvicinava a Matt. Prese una delle sfere e la soppesò. "Mi è stato riferito un paio di anni fa che queste, ehm, "cose" dovrebbero funzionare sempre correttamente. Io dico che dovremmo dar loro una chance" disse Merric mentre restituiva la pagliuzza al suo proprietario.
"Grazie Mer" disse Karl. "Ragazzi, non perdiamo tempo: prima arriviamo a quel tempio, prima possiamo tornare a casa" aggiunse poi rivolto a tutto il gruppo.

***

I sei ragazzi impiegarono un paio d'ore per ritrovare il sentiero ghiacciato che avevano avvistato dall'alto e altre due per raggiungere il tempio, il quale non si rivelò altro che una struttura molto simile alla precedente con l'unica differenza che questo era stato invaso dal ghiaccio, seppur in misura minore rispetto al paesaggio circostante. A dir la verità, da due delle quattro facciate spuntavano delle torri culminanti con una specie balconata. Per Karl, quel tempio era stato abitato da qualcuno in tempi molto lontani.
"Non vedo segni della presenza di altre persone" disse Melanie.
"Non dovremmo escludere la possibilità che ci sia un'altra entrata" disse Merric assumendo un'aria pensierosa. "Non vorrei che, una volta entrati nel tempio, spuntino fuori degli Esiliati o dei Berserkers" aggiunse mentre si avvicinava al tempio.
Appena il ragazzo arrivò a qualche metro dal tempio, lo strato di ghiaccio iniziò a tremare. Dalle crepe formatesi spuntarono fuori delle strane creature umanoide i cui corpi erano ricoperti da enormi spuntoni di roccia. Il peso di quegli spuntoni faceva incurvare le creature, le quali erano anche dotate di artigli e di zanne piuttosto acuminati. Merric si lasciò sfuggire un acuto urlo di spavento e tornò indietro a gran velocità.
"Noi siamo i Guardiani di questo posto" sibilò una di quelle creature. Prima di continuare il suo discorso, il Guardiano si avvicinò al gruppo e annusò l'aria. "Non sono stati loro ad uccidere i nostri fratelli" disse rivolto al resto dei suoi simili.
Dal gruppo di Guardiani ne emerse uno che superava gli altri sia per quantità di spuntoni che per dimensioni. Il Guardiano guardò Karl dritto negli occhi e disse:"L'accesso al tempio è disponibile solo al prescelto"
Fece una pausa che aumentò la tensione sia in Karl sia nel resto del gruppo. La creatura spostò il suo sguardo e indicò una persona con una mano artigliata. "Lei è la prescelta" disse risoluto prima di voltarsi e di ritornare tra le fila dei suoi simili, i quali si erano divisi in due schiere con un foro al centro.
Il cuore di Arcadia mancò un battito nell'esatto momento in cui la ragazza si rese conto che quella creatura la stava indicando. Non poteva essere lei la prescelta. La ragazza armata di arco, quella che preferiva star lontana dai campi di battaglia. "Non posso essere io..." sussurrò a Melanie.
"Invece penso proprio di sì" disse Melanie.
"Mel, seriamente, non ho la forza per entrare là dentro né per prendere qualunque cosa il tempio custodisca"
"Arcadia, qui l'unica poco seria sei tu: in un ambiente come questo hai tantissimi posti dove nasconderti e molte postazioni per lanciare indisturbata le tue frecce" replicò Melanie mentre stringeva la mano alla sua amica. "E poi ci siamo qui noi, Se non torni indietro entro un'ora, noi verremo a prenderti" aggiunse cercando di rassicurarla.
Arcadia deglutì; le parole rassicuranti di Melanie risvegliarono in lei un po' di coraggio, abbastanza da lasciare la presa sulla mano dell'amica e da incamminarsi in direzione dell'entrata del tempio. Appena si avvicinò a Karl, il ragazzo le rivolse uno sguardo di incoraggiamento, lo stesso che lei gli aveva rivolto un paio di mesi prima. Il ragazzo le infilò con un gesto fulmineo un paio di quelle sfere luminose nelle tasche del suo mantello. Arcadia non se ne accorse e proseguì il suo cammino.
Una volta che la ragazza ebbe sorpassato il blocco dei Guardiani, la creatura che l'aveva identificata come la prescelta bloccò il passaggio. Arcadia strinse con forza l'arco e, con un passo deciso, entrò nel tempio. Un vento freddo soffiò in quel momento, facendo tremare Karl. In quel momento, il ragazzo non seppe veramente dire se quel brivido fosse dovuto al freddo o se fosse dovuto ad un funesto presagio.

***

L'interno del tempio si rivelò un susseguirsi di stanze e corridoi tutti uguali. Arcadia non seppe dire quanto tempo ci impiegò per raggiungere una stanza che, almeno ai suoi occhi, sembrava essere quella principale. Le pareti erano ricoperte da uno strato di ghiaccio spesso quasi come quello che ricopriva l'esterno del tempio e che sembrava esser stato appena levigato. Al centro della stanza c'erano tre stalagmiti che brillavano di una soffice luce bluastra. Arcadia si avvicinò alle stalagmiti e notò che esse erano state disposte in modo tale da formare un triangolo. Inoltre, sulle stalagmiti erano state incise delle strane lune. La corvina non riuscì ad analizzarle poiché un raggio di luce lunare proveniente da un foro nel soffitto colpì una delle stalagmiti. Il raggio poi si divise in altri due fasci di luce collegando così tutte e tre le punte e formando una specie di portale magico da cui uscì fuori un globo di luce accecante.
Arcadia fu costretta a retrocedere di alcuni passi. Dal globo di luce emerse una figura femminile dall'aspetto leggiadro, quasi etereo.  Ella era avvolta in una veste candida come la neve che le lasciava scoperte le braccia, parte delle gambe e gran parte del seno. La pelle, leggermente più scura della veste, era attraversata da diverse linee color pervinca che si intrecciavano tra di loro e che terminavano vicino all'attaccatura dei lunghi capelli corvini. Dai capelli emergevano due piccole corna biforcute. Arcadia si ricordò della descrizione fattale da Karl dello spirito che gli era apparso prima della sua prova e, grazie ad essa, la ragazza si rese conto di essere al cospetto dello spirito della sua prova. Ora non poteva più tornare indietro. I dubbi l'assalirono, ma la ragazza li scacciò via quasi subito. Non poteva lasciarsi distruggere da quei pensieri, non ora che stava veramente iniziando a fare sul serio.
"Ben trovata, prescelta" disse lo spirito mentre si avvicinava. Arcadia notò che al suo passaggio il pavimento veniva ricoperto da una leggera patina di ghiaccio.
"Io sono Dainn, guardiana del secondo sigillo" disse dopo essere arrivata a pochi passi da Arcadia, la quale assunse una posizione d'attacco e mise mano alla cocca di una delle sue frecce.
"Non ho intenzione di farti del male" disse lo spirito mentre continuava ad avvicinarsi noncurante dell'arma puntatale contro. "Abbassa l'arma, Arcadia, così potrò spiegarti cosa devi fare" aggiunse dopo essere arrivata di a pochi centimetri dalla ragazza.
"Come fai a sapere il mio nome?" chiese la ragazza mentre teneva in mano ancora l'arco.
"Conosco molte cose, posso conoscere il tuo passato e il tuo futuro... È il mio potere" replicò lo spirito. La donna mosse una mano e l'aria si raffreddò, trasformandosi in una sottile nebbia che prese la forma di un lungo pendente. Esso ricordava vagamente un fiocco di neve; la parte centrale custodiva una pietra quasi trasparente mentre i bordi del pendente era neri, quasi oscuri.
"Questo è il Sigillo" mormorò Dainn. "È custodito in un labirinto ghiacciato. L'altra contendente è già a buon punto. Non disperare, mia cara, io non voglio che il Sigillo cada nelle mani di un'assassina, perciò ti aiuterò" aggiunse la donna assumendo un atteggiamento iroso.
"Come?" chiese timorosa Arcadia. Diffidava di quell'essere soprannaturale e, anche se si stava dimostrando disponibile ad aiutarla, Arcadia sentiva che qualcosa sarebbe andato storto. Cercò di scansare quel presagio ma esso continuava a tornare sempre più forte, sempre più opprimente.
Dainn, con un ampio gesto semicircolare, distese il braccio. Dal palmo della sua mano scaturì un piccolo fascio di energia che colpì il muro alla destra dello spirito. Il raggio creò un varco nel muro, rivelando un corridoio le cui pareti non erano state ancora toccate dal ghiaccio.
"Quel passaggio ti porterà direttamente alla stanza precedente a quella in cui è custodito il Sigillo" disse lo spirito. "Purtroppo, non posso fare nient'altro... Buona fortuna, giovane prescelta" aggiunse pochi secondi prima di sparire in un lampo di luce fredda.
Arcadia non fece in tempo a ringraziarla. In quello stesso momento, le tre stalagmiti all'interno della stanza brillarono di una luce più intensa che scemò quasi subito, facendo cadere un buio profondo sulla stanza. Quel buio sembrò penetrare nella carne di Arcadia, facendosi strada nelle vene della ragazza e raggiungendo in poco tempo la sua mente. La corvina cadde a terra e alcune lacrime iniziarono a rigarle le guance. Arcadia si sentiva sola, attorniata da misteri di cui non comprendeva il senso, da mostri che attentavano alla sua vita e a quella dei suoi cari. I singhiozzi rimbombavano in quella stanza e parevano alla ragazza pesanti come condanne, pesanti come i segreti che l'avevano divorata dall'interno, pesanti come il desiderio di andarsene da quel luogo. Le sue mani scivolarono nelle tasche del cappotto e le sue dita incontrarono qualcosa di caldo. Arcadia afferrò quel qualcosa e tirò fuori la mano dalla tasca.
"La sfera di fuoco..." mormorò al buio la ragazza.
La piccola sfera sprigionò un calore potente, così forte che risvegliò in Arcadia i momenti felici che aveva vissuto insieme ai suoi amici. La gioia di quei ricordi fece sorridere la corvina e scacciò dalla sua mente quell'oscurità. Strinse l'arco con forza e iniziò a correre lungo il corridoio di pietra illuminato dalla luce della sfera. Arcadia era speranzosa, ma non sapeva una cosa, una cosa che Dainn avrebbe dovuto riferirle. A volte, cara Arcadia, la verità si nasconde nelle menzogne...
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+ Angolo di uno scrittore in erba +
Salve... No, non sono morto, non ancora almeno. Avete aspettato due mesi per questo capitolo, ma, capitemi, ho avuto un blocco non indifferente e, come penso di avervi già detto, la scuola e gli impegni della vita vera sono più importanti delle ff. Almeno, siate contenti, ho portato un capitolo di ben dieci pagine, e la vicenda non è ancora finita. Ci vediamo presto, o almeno lo spero...
Un saluto \0-0/
Rovo
 
  
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