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Autore: PriorIncantatio    07/04/2015    5 recensioni
"Un mese dopo la battaglia di hogwarts, il nuovo primo ministro deve ricostruire una comunità. Gli orrori della guerra pesano tutti sulle spalle dei colpevoli o dei presunti tali che sono sottoposti a processo. Fra questi, vi sono i Malfoy, vittime dei pregiudizi della comunità magica e prigionieri degli errori passati. Cosa può fare Hermione Granger per Draco Malfoy? E cosa sarebbe disposta a perdere per Malfoy, una volta messe da parte i propri pregiudizi? Si può risorgere dalle ceneri o, per farlo, bisogna rendere tali tutti i sacrifici del proprio passato?"
-PriorIncantatio
"Bisognava risorgere, dalle ceneri come le fenici, era doveroso e necessario per non dare nuova linfa al male e lasciare loro la possibilità di riprendersi quello per il quale in tanti hanno dato la propria vita: la libertà."
Genere: Fluff, Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Famiglia Malfoy, Mangiamorte, Nuovo personaggio, Ordine della Fenice, Un po' tutti | Coppie: Albus Silente/Minerva McGranitt, Draco/Hermione, Harry/Ginny, Lucius/Narcissa, Ron/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Più contesti
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SALVO COMPLICAZIONI



Cyberuomo: Tu sei la prova.
Dottore: Di cosa?
Cyberuomo: Che le emozioni distruggono.
Dottore: Si, è vero.
 
Doctor Who – Seconda Stagione – L’esercito dei fantasmi (II)
 

Cos’è il destino?
Perché in ogni singolo momento, io ogni luogo di questa terra, in tutte le lingue del mondo, qualcuno sta parlando del destino?
Ne staranno parlando ora, magari.
Si staranno domandando perché e in che modo lo si conosce, si staranno inoltre chiedendo, se fa male, se esiste, e se tutto accade per caso.
Ci si ritrova a parlare di eventi sincronistici, ovvero avvenimenti che accadono e che cambiano irrimediabilmente noi stessi e il nostro modo di vedere e capire il mondo.
Ma è possibile che anche nei momenti più bui e desolati della nostra vita possa accadere un evento sincronistico?
Può questo evento risollevarci, e trasformare quest’oscurità in rinascita, e ricordare a noi stessi chi siamo realmente?
Ora prestate bene attenzione, perché questo mio lungo sproloquio non è un tentativo per negarmi alla domanda circa il destino, ma è un mondo per rendervi la vita più facile.
Forse.
Credi nel destino?
Sì, parlo direttamente a te.
Bene, perché se ci credi, puoi credere in te stesso.
Noi siamo un caso, un futile avvenimento all’interno dell’ingombrante macchina della vita: il mondo.
Se noi siamo un caso, lo è anche il destino, e questa personale affermazione non è un postulato filosofico; tutto ciò che accade, tutte le persone che incontriamo sono frutti di un caso a noi ignoto.
La prova, la sfida, è affrontarlo: il destino.
Giorno per giorno, attimo per attimo, senza concedere nulla, senza abbassare la guardia.
 
 
 
«Draco?», sussurrò tiepidamente Narcissa a suo figlio, allungando la mano verso la sua.
«Scusa, mamma. Riflettevo», rispose lui.
«Lo so, posso solo immaginare il turbamento che stai subendo, Draco...», si intromise Kingsley.
«No. Lei non lo sa. E la smetta. La smetta di far sembrare tutto così semplice e banale.»
«Senti, Draco, se credi che io sia qui per prenderti in giro, ti sbagli di grosso. Non ritengo tutta questa situazione un patetico gioco di ruoli, dove io sono lo stratega, e tu devi divertirti a superare gli ostacoli da me architettati...»
«Hermione Granger non le sembra un ostacolo?», domandò con cattiveria.
«Rimangia subito ciò che hai detto.»
Non aveva parlato il Primo Ministro, bensì sua madre.
«Tu ti sei fatta già influenzare, vero?»
«Cosa vuol dire farsi influenzare? Smettila di comportarti come un bambino. I tuoi capricci non ci tireranno fuori da questa posizione, Draco!», gli rispose sua madre infervorata.
«Certo che no! Perché credi che questo fantoccio possa aiutarci?», domandò ironicamente.
«Bada a come parli, ragazzo», comandò Kingsley, mantenendo a stento la calma.
«Altrimenti? Mi sbatti ad Azkaban? Non ce n’è bisogno. Lì c’è già una cella con il mio nome.»
«Ora basta! E ti prego, Kingsley, non dargli corda per l’amor del cielo!», sbottò infuriata la donna.

Entrambi tacquero, e capirono che il clima si era oltre ogni misura surriscaldato.

«Draco... so che è difficile concepirlo, e nonostante io ci abbia già messo la faccia in questa situazione, sono disposto a fare ancora qualcos’altro per avere la tua fiducia...»
«Kingsley, lo hai detto tu stesso che hai già fatto fin troppo, pertan-», ma Narcissa fu prontamente interrotta da suo figlio.
«In che modo?», domandò interessato.
«Draco, suvvia, non essere opportunista», esclamò sconsolata Narcissa.
«Offrimi una condizione», suggerì velocemente il Ministro.
«Mio padre.»
«Draco», disse immediatamente in un filo di voce sua madre, spingendosi verso di lui, «cosa vuoi fare? Draco, non intrometterti; quell’uomo ormai non fa più parte delle nostre vite.»
«Invece sì, mamma. Finché sarà vivo», tagliò corto freddamente lui.
«In che senso, Draco? Cosa c’entra tuo padre?», domandò Kingsley, stanco per quella estenuante conversazione.
«Non merita la libertà, ma nemmeno Azkaban. Non merita nulla. Non merita la vita.»
«Come puoi dire una cosa del genere?», chiese disgustata Narcissa.
«Tu non sei un dio, Draco. Non puoi decidere per qualcun altro; la vita e la morte non sarebbero mai in tuo potere. Una volta catturato tuo padre, avrà il giusto processo, e la giusta condanna. Nient’altro.»

Narcissa mise una mano sulla sua bocca per reprimere un moto di paura.
«Non mi sta venendo incontro, Ministro.»
«Neanche tu, Draco. Quello che mi hai chiesto è disumano, e va contro le regole del Ministero, contro le regole della natura. Tu non hai alcun poter, tu non dovesti neanche qui a patteggiare, quindi smettila di trovare dei protesti per liberarti una volta per tutte di tuo padre; comportati da uomo e non più da codardo.»
«Codardo?», chiese retoricamente il ragazzo, «ci ho fatto l’abitudine ad essere considerato un vigliacco, e detto da lei non fa alcuna differenza.»

«Cosa ti sta succedendo, Draco! Avevamo scelto insieme questa strada, eravamo d’accordo! Sapevamo che era in salita e che ci sarebbero stati degli “ostacoli”, ma questo è troppo!
Non agire secondo la paura che provi, Draco», allorché sua madre lo costrinse a girarsi, «guardami.»
Le iridi grigie e fredde del ragazzo si persero in quelle altrettanto scure e gelide di sua madre.
Entrambi sembravano non mostrare emozioni, come se fossero consapevoli di essere attori pronti a comunicare solo indirettamente: con il pensiero, con lo sguardo vuoto, quasi bieco.
«Non te lo permetterò. Non ti permetterò di buttare al vento l’unica vera possibilità per riavere la tua vita. E se questa possibilità si chiama Hermione Granger: ben venga.
Dimostrami di essere l’uomo che speravo tu fossi, dimostrami di essere migliore di tuo padre.
Dimostrami, dopo tutto ciò che hai subito, che nel tuo corpo, nella tua mente, nel tuo cuore, sia rimasta la forza necessaria per affrontare tutto questo; perché so che non ammetterai mai la sconfitta, che non accetterai mai di essere considerato più vile di tuo padre.
Quindi alza la testa. Mostrati per quello che sei realmente.
È ora, Draco. È ora di combattere.»
 
 
 
«Pronta? Bob, di chi stiamo parlando?», domandò Hermione stufata per il discorso criptato di Ogden.
L’uomo cadde in un tombale silenzio, cingendosi le mani e pesando le parole che di lì a poco avrebbe dovuto dire.
«Inizia a stancarmi, e faccio sul serio, Bob.»
«Hai mai pensato che sia difficile per me dirti questa cosa?», domandò più a se stesso che a Hermione.
«Bene, allora fai in fretta, okay? »
Fece un profondo respiro e si buttò in quello che sarebbe stato un completo flusso travolgente piena di parole.
«Hermione, dicono che se un uomo nel corso della sua vita non affrontato mai una grande sfida, non è realizzato, che ha fatto poco, che non ha lasciato un segno», cominciò lui.
«Ciò che starai per fronteggiare... Dio, Granger... l’uomo che devi difendere lo conosci molto bene, forse fin troppo...»
«Chi diavolo è, Bob?!»
«Draco Malfoy.»

Il volto di Hermione divenne tutto ad un tratto inespressivo; rilassò i muscoli e sollevo lentamente le labbra.
Nessuna parola echeggiò nell’ufficio, soltanto un banale ronzio di una mosca.
Nessuno dei due sembrava voler fare la prima mossa, e rimasero a guardarsi per un paio di minuti, lasciando che i loro pensieri e i loro stati d’animo facessero il loro corso, senza inutili forzature.
«Se è uno scherzo, Bob, meglio smetterla. Subito», rispose finalmente Hermione, però con aria assolutamente turbata.
«Vorrei pensare anch’io che questo sia uno scherzo, lo vorrei per te. Ma non lo è, ragazza mia: è la realtà dei fatti. Kingsley ti ha designata per difendere il ragazzo.»
«D’accordo, ma perché proprio io? Perché proprio lui?», domandò infuriata Hermione, «ci sono tantissimi avvocati migliori di me, che hanno un briciolo d’esperienza in questo campo, e per una situazione complicata come quella di Malfoy, sarebbe la scelta più ovvia.»
«Conosci la situazione del signor Malfoy?», domandò curioso Ogden.
Hermione lo fissò cercando di capire dove volesse giungere l’uomo con quella supposizione, «avendo affrontato Voldemort ho conosciuto anche i suoi seguaci, pertanto sì, conosco anche se limitatamente la situazione di Malfoy, e non credo ci sia altro da aggiungere, Bob», concluse volgendo il viso dall’altra parte, per non entrare in contatto con lo sguardo penetrante di Ogden.
L’uomo posizionò le sue mani davanti alla bocca, formando un triangolo, guardando oltre la ragazza posta di fronte, e corrucciando la fronte interrogò di nuovo Hermione.
«Cos’ hai intenzione di fare? Ti tirerai indietro?»
Lei scoraggiata abbassò la testa e la cinse tra le mani.
Le morbide dita erano diventate un tutt’uno con i crespi capelli castani della ragazza, e per la prima volta Ogden vide il suo corpo fronteggiare una seria difficoltà.
Gli sembrava più umana.
«Hermione...», iniziò lui.
«S-sto bene», dopodiché alzò il capo e fisso l’uomo negli occhi con nuova forza e rinnovato coraggio.
«Non credo possa tirarmi indietro, perché facendolo rinnegherei i tuoi insegnamento, no?»
L’uomo accennò un timido sorriso, a testimonianza che quella ragazza sarebbe stata perfetta per quel ruolo, e per quanto odiasse ammetterlo, Kingsley ci aveva visto bene.
«No, non puoi. Però devo informarti di un’altra cosa, Granger.»
«Cielo... quando finirà questa giornata?»
«Non a breve, credo. Quello che voglio dirti Granger, è che non devi limitarti a difenderlo. Il tuo lavoro va ben oltre.»
«Non capisco, Bob. I-i-io non capisco fin dove devo spingermi; cosa vuol dire “ben oltre”?»
«Devi conoscerlo, molto più approfonditamente. Devi conoscere le sue paure, le sue debolezze, il suo passato, i suoi segreti. Hermione, devi entrare nella sua vita», concluse una volta per tutte Ogden.
«Non pensarci nemmeno, Bob! Io non mi intrometterò nella vita di Malfoy, non ho la minima intenzione di farlo, e mai lo farò! Ho preso coscienza del fatto che devo essere il suo avvocato, ma entrare nella sua vita... non se ne parla affatto. Non sarò né sua confidente né sua amica. Abbiamo passato l’intera vita a farci la guerra a vicenda, e dubito del fatto che lui si fidi di me, e credo che non voglia neanche accettare la mia protezione...»
«Gli è stato imposto. Accetterà. Come ti è stato imposto di dover fare questo lavoro in tutte le sue frange. Hermione, devi entrare nella sua vita.»
«Mai.»
«La situazione si complica. Più del dovuto.»
«Più del dovuto? Smettila, Bob, qui l’unica che ci sta rimettendo sono io.»
«Granger, vuoi capire che hai le mani legate! Kingsley sta facendo pressione da un mese a questa parte, e ha fin dall’inizio disegnato questo progetto, e non permetterò che questo vada a farsi benedire!», sbottò Ogden, infuriato per l’ostentazione di Hermione.
«Ho le mani legate? Ti faccio vedere subito chi avrà la meglio!», urlò letteralmente la ragazza.

Hermione uscì a passo svelto dall’ufficio con un’unica destinazione in mente.
Entrata nell’ascensore, pigiò il pulsante che l’avrebbe trasportata sino al Livello Uno.
La metallica voce femminile annunciò l’arrivo al piano stabilito ed Hermione si lanciò verso l’ufficio più importante del Ministero.
Superò un affollato ed ampio salone circondato da innumerevoli uffici; uomini e donne scorrazzavano da un lato all’altro avendo tra le braccia cospicue pile di fogli e cartelle.
Per un attimo dimenticò il fine della sua presenza lì, e fu sopraffatta da quella massa ma, dopo un involontario urto con una donna minuta dalla bionda chioma, rinsavì e continuò la sua strada verso l’ufficiò di Kingsley.
Non appena arrivata nelle vicinanze dell’ufficio della più alta carica notò il cambio di atmosfera: non c’era più il trambusto di poco prima, ma solo il suo debole eco.
Gli uffici dei dipendenti erano spariti per dare spazio ad un salone rivestito interamente da legno, che conferivano all’ambiente un calore non indifferente.
Le finestre elargivano la sufficiente quantità di luce e nelle penombre, lunghe lampade irradiavano una luce candida e soffusa.
Sembrava uno di quegli eleganti bistrò francesi nei quali Hermione molto volentieri mangiava con i suoi genitori durante le sue vacanze estive.

Una targa metallica color bronzo indicava la via per l’ufficio del Primo Ministro, ed Hermione svoltò in un corridoio alla sua sinistra.
Terminato l’andito, giunse in un’ampia sala d’aspetto, simile a quella di un normale ospedale babbano.
Non c’era nessun presente, e questo la rincuorò, ma dall’altra parte della sala vi era una donna, probabilmente la segretaria di Kingsley.
Hermione le si avvicinò con passo sicuro, senza mostrare né rabbia né insicurezza.
La segretaria vestiva con un tailleur grigio fumé; sotto la giacca la donna indossa una graziosa camicia bianca e un diamante impreziosiva il suo petto, i capelli neri come il carbone erano chiusi in un elegante chignon ed Hermione ricordò a se stessa come lei fosse dannatamente trasandata.
«Ehm ehm», ghignò lei, somigliando vagamente a quella megera di Dolores Umbridge.
«Salve, cosa posso fare per lei?», domandò cordialmente la donna.
«Devo parlare con il Ministro, è urgente.»
«Mi dispiace, signorina, ma in questo momento è fortemente occupato e mi ha proibito categoricamente di far accedere qualcuno, chiunque esso sia. Devo aspettare finché non si libera.»
«Bene. Non posso, mi faccia entrare e la questione si risolve subito», rispose Hermione che sembrava non aver sentito una parola della donna.
«Signorina Granger, apprezziamo tutto ciò che ha fatto di bene per il nostro mondo, ma questo non le dà la il diritto di violare un codice ministeriale, quindi le chiedo gentilmente di accomodarsi», rispose stizzita la donna.
«Senta», cominciò Hermione, che si inchinò leggermente per notare la targhetta informatrice che mostrava il nome della segretaria,«Samantha Bassett, non sono venuta qui per aprire una discussione con lei, ma per affrontare uno spinoso caso con il Ministro, non sarei qui se non fosse di vitale importanza.»
«Allora mi dispiace, ma questo non cambia le cose. Mi è stato comandato di non far entrare nessuno, e lei non è un’eccezione.»
«Mi rincresce, ma deve sapere che una mia famosa qualità è la determinazione, quindi entrerò in quel dannato ufficio.»
«Non mi costringa a chiamare la sicurezza», intimò meccanicamente la donna.
Hermione appoggiò lentamente le mani sulla chiara scrivania in ciliegio e avvicinò il suo volto a quello di lei.

«Esattamente un paio di mesi fa sono entrata furtivamente in questo Ministero con due ricercati, Potter e Weasley. Le guardie non ci fecero neanche un graffio, e ne uscimmo con ciò che desideravamo. Faccia anche venire le sue guardie, se preferisce, ma io entrerò in quell’ufficio, perché l’uomo che siede comodamente dietro quella scrivania deve pagare caramente per avermi messo in una situazione delicata, che non sono qui neanche a spigarle.»
La segretaria sembrò sorriderle beffardamente  e parlò, ma non ad Hermione.
«Sicurezza, abbiamo un problema.»

«Lo ha voluto lei», rispose con forza, sputando le parole con tutta la rabbia che aveva represso fino a quel momento.
Hermione tirò fuori la bacchetta dalla sua borsa e notò lo sguardo apprensivo di Samantha, che si ritirò all’indietro con la sedia tirando un cassetto della scrivania, e agguantando la sua bacchetta.
«Non ti conviene, sul serio; ora entrerò in quell’ufficio e tu non ti intrometterai. Se tu fossi stata nei miei panni, agiresti allo stesso modo...»
«Non so cosa stia accadendo tra te e il Ministro, e non so perché si sia rintanato nell’ufficio da ore senza ma uscire, ma io ho il dovere e il compito di oppormi. Non passerai.»

Suonarono troppo tardi le parole della segretaria di Shacklbolt.
La sua bacchetta volò dietro di lei, sbattendo contro la parete esterna dell’ufficio del Ministro.
Il suo volto era scarlatto per la rabbia.
«Questo non doveva farlo!»
«Mi dispiace, davvero», le rispose Hermione, che con la sua forse apparente calma, riusciva a far aumentare ancora di più l’ira della donna.
Dopodiché Hermione evitò il suo sguardo torvo e punto gli occhi in direzione dell’ufficio.
Sollevò la bacchetta e con un gesto veloce ed elegante essa si spalancò.
La ragazza intravide una flebile luce che irradiava la stanza, che proveniva dalla finestra collocata di fronte a lei.

«Che diavolo è successo?», domandò infuriato Kingsley.
Hermione sentì la sua voce cupe, e si pentì di ciò che aveva appena fatto. Non lo aveva mai sentito gridare, e appuntò nella sua testa che non gli avrebbe concesso un’altra occasione per farlo.
Avanzò con passo deciso, orami non aveva nulla da perdere.
Sentì dell’agitazione nella stanza e capì che il Primo Ministro non era solo.
Arrivata all’uscio si dovette prontamente bloccare: l’impetuosa corporatura di Kingsley per poco non si scontrò con il corpo di lei.
Appena vide il suo viso, Hermione notò un grande allarmismo.
«Hermione, cosa avevi in mente di fare? E desidererei avere una risposta immediatamente dato che ho un sacco di lavoro da sbrigare e non ho nessuna intenzione di discutere, quindi ti prego, illuminami», tagliò corto infine l’uomo.
«Stavo cercando soltanto di entrare, dato che ho trovato l’opposizione di Samantha, pertanto ho dovuto usare la forza. Ora se non le dispiace, Ministro, ma vorrei gentilmente entrare.»
«Questo non è possibile», rispose lui senza dilungarsi.
«Scusi?», domandò la ragazza.
«In questo momento non posso ricevere nessuno, come ti ho ben detto prima, adesso sono stracolmo di lavoro, e a breve ho un impegno improrogabile.»
«Ministro, devo farla accompagnare fuori?», domandò Samantha, che comparve alle spalle di Hermione.
«Non ce ne sarà bisogno, io e la signorina abbiamo concluso, vero?», chiese lui.
«No.»
«Ho chiamato le guardie, Ministro», si limitò ad aggiungere la segretaria.
«Per l’amor del cielo, Samantha! Richiamale subito, non ce n’è bisogno», poi continuò rivolgendosi ad Hermione, «dannazione, Granger! Cosa devo fare per te?», domandò esausto lui.

«Draco Malfoy.»

Kingsley deglutì rumorosamente, mentre Samantha spalancò gli occhi non capendo il perché di quel nome.
«Molto bene, Granger...», disse con un filo di voce in modo da far sentire le sue parole solo ad Hermione, poi alzò il volto e si rivolse alla segretaria, «grazie, Samantha. Per oggi puoi andare. Quello che è successo oggi deve rimanere fra noi tre, intesi?»
«Certo, Ministro... tolgo il disturbo», rispose la donna, accennando ad un saluto rivolto principalmente all’uomo.
«Non credo correrà buon sangue tra voi due», scherzò l’uomo.
«Mi hai messo tu in questa situazione, e davvero sto reprimendo un bel po’ di rabbia; non solo devo risolvere delle questioni personali... e ora anche questo.»
L’uomo allungò le sue mani sulle spalle di lei e cercò di penetrare i suoi imperscrutabili occhi.
«Devo chiederti di tranquillizzarti, devo chiederti di promettermi che tutto ciò che succederà e che verrà detto in quell’ufficiò rimarrà tra noi, devo chiederti la massima segretezza; ne sei capace?»
Hermione a quel punto si avvicinò all’uomo, sentiva il suo fiato arrivarle fino al volto, lo guardò con piglio deciso, di chi non ha paura, di chi ha affrontato di peggio: «se ne sono capace? Mi hai chiesto di difendere Malfoy!», esclamò lei.
«Se varcherai questa soglia... cambierà tutto», disse l’uomo indietreggiando, poi continuò «nulla resterà come prima per te, stravolgeremo tutto.»
Era abituata orami da anni a prendere decisioni difficili, Hermione Granger.
Aveva sempre pensato di essere cresciuta troppo in fretta, e ringraziò se stessa per averlo fatto.
Aveva la testa sulle spalle, le dicevano.
Era intelligente, le dicevano.
Coraggiosa, le dicevano.
Ed ora era lì, alla soglia della porta del Primo Ministro, che ha volutamente scelto lei per un compito delicato.
Lei. Nessun’altro.
Ricordò in quel precise istante una frase detta da Harry durante il viaggio per la distruzione degli Horcruxes, e ricordò che prima di lui la disse Albus Silente.

“Momenti bui e difficili ci attendono. Presto dovremo affrontare la scelta fra ciò che è giusto e ciò che è facile.”

Hermione però era convinta di essere uscita una volta per tutte da momenti bui e difficili, e non aveva preso neanche lontanamente in considerazione il dover scegliere di nuovo.
Affrontare una nuova ed estenuante sfida, come se la vita non le avesse già riservato ostacoli e dolori.
E allora eccola, cos’è giusto? Cos’è facile?
La sua scelta era vicina, le labbra non più serrate stavano per lasciar andar via un fiume in piena, ma tutto ciò fu represso da una figura.

Draco Malfoy era comparso alle spalle di Kingsley, con sguardo torvo, fisso su di lei.
Le iridi ghiacciate si soffermavano soltanto sul suo volto, pronte a cogliere il primo segno di cedimento, che Hermione però non mostrò.
«Granger», esclamò Draco, con un tono rauco non propriamente suo.
«Malfoy», rispose lei senza emozione, però ricordando a se stessa quanto tempo fosse passato dall’ultima volta che aveva pronunciato quel cognome davanti a lui.
«Entra», sussurrò Kingsely, che si lasciò superare da Hermione.

Ella si trovava a pochi metri dal ragazzo; lo vide cambiato, la pelle ancora più chiara, forse troppo pallida, il tipico colorito malsano di chi non stava facendo una bella vita.
Le sue iridi ancora indagavano il corpo della ragazza, come a scovare mutamenti avvenuti nel giro di qualche mese.
Nessuno dei due osò esprimersi per primo, e tra di loro si frappose solo il lento e monotono ticchettio del grande ed elegante orologio di mogano affisso alla parete.
Quell’innocuo rumore fu interrotto dalla voce di Narcissa Malfoy, che intanto Hermione non aveva ancora notato, poiché era ancora seduta davanti alla scrivania del Ministro.
«Salve, signorina Granger, mi dispiace per questa situazione che si è venuta a creare, e come ho ben capito, lei ha tutte le giustificate intenzioni di chiarire.»

«Allora siamo davvero tutti», rispose ironica Hermione.
«Avrei preferito parlare singolarmente con tutti voi con più calma, però sì, siamo tutti», rispose Kingsley, che sembrava non aver percepito la vena sarcastica.
«Hermione, vuoi accomodarti?», domandò cortese l’uomo che con la mano indicò verso la sedia posta di fronte alla sua postazione.
«Credo», cominciò a rispondere lei, «che la sedia sia occupata da qualcun altro, o mi sbaglio?», concluse spostando lo sguardo davanti a lei, in direzione di Draco.
«No, non sbagli», limitò a risponderle, e dopo di ciò si sedette accanto alla madre.
Mentre Malfoy si stava accomodando, Hermione non poté evitare di notare lo sguardo arcigno di Kingsley che sospirando profondamente, fece comparire un’altra sedia, al lato di Narcissa.
Hermione non poté discutere quella scelta.

«Draco, di certo questi comportamenti muteranno con il passare del tempo, vero?», domandò retoricamente il Ministro ancora alzato e che sormontava le figure postegli davanti.
«Di certo c’è meglio da fare che parlare di inutili galanterie», tagliò corto lui.
Kingsley continuò a reprimere moti irrefrenabili stringendo i pugni, chissà se di lì a poco sarebbe scoppiato.
Però almeno per quel momento si trattenne e si rivolse ad Hermione.
«Allora, Ogden è stato esaustivo?
«Riguardo a cosa?», domandò immediatamente lei.
«Riguardo tutto, Granger», rispose lui deciso.
«Sa com’è Ministro, dire “tutto” è limitatamente eccessivo, e mi scusi l’ossimoro. Però se sta parlando del fatto che io sto per iniziare una carriera con almeno un anno e mezzo di anticipo, o del fatto che non saprei neanche da dove cominciare, o del fatto che il Primo Ministro in persona si sia occupato della mia situazione... beh, come dimenticare del fatto che dovrei difendere Draco Malfoy davanti a tutta la corte del Wiznegamot come se avesse soltanto rubato una caramella da Mielandia, ah, no... giusto non è finita, perché non devo soltanto fare i suoi interessi perché suo avvocato, ma devo per sino condividere con lui gran parte delle mie giornate, della mia vita! Che ne dice, ho racchiuso il concetto di “tutto”?»
A questo punto sbottò anche Malfoy per completare l’idilliaco quadro.
«Senti, Granger, non mi stai facendo un favore, anzi! Quindi se non ti sta bene alza il culo e va via, mi faresti davvero un piacere, dato che quello che ha un piede ad Azkaban non sei tu!»
«Non sono stata io a volere il marchio nero, Malfoy, e ascolta, non ti sto dicendo che te la sei cercata, ma sto semplicemente cercando di dirti, che se sei nella merda è anche un po’ colpa tua, e fare la parte dell’egoista e del gradasso non ti fa acquistare punti», ripose piccata Hermione.
«Cosa vuoi, Granger, che ti restituisca la sedia? Che ti lustri le scarpe? O devo inneggiare qualcosa per la salvatrice del mondo magico?»
«Se lo ritieni opportuno...»
«Ora basta! Vuoi due volete smetterla di comportarvi come bambini? Dove avete lasciato il senno? Draco, tua madre mi ha detto un po’ di tempo addietro che stavi cambiando, che tutto il male che ti ha circondato per tutto questo tempo ti ha lentamente cambiando, ma in meglio. Non credo che lei abbia voluto mentirmi deliberatamente. E tu, Hermione! Santo cielo, non ti sto riconoscendo. Ho scelto te perché hai la testa sulle spalle, perché so che sei in grado di perdonare, e non tollero questi attacchi gratuiti. Credo che tutte le belle parole che Ogden mi ha dato sul tuo conto devono essere rimangiate», disse concludendo Kingsley, che sapeva di aver toccato Hermione in un luogo molto prezioso alla ragazza, ovvero l’orgoglio.
«Kingsley, non posso permetterti di  parlare in questo modo di me, perché se Bob ha detto qualcosa è perché lo pensava, e io sono comunque conscia del fatto che ho dato il massimo e se ho... accettato questo lavoro, è perché conosco le mie qualità e so fin dove posso spingermi.»
«Kinglsey...», iniziò Narcissa, che fino a quel momento era stata in silenzio a lasciare che i due ragazzi si attaccassero a vicenda, «con tutto il dovuto rispetto nei tuoi confronti, ma alla signorina Granger non l’è imputabile nulla... credo che la sua ultima esternazione sia soltanto frutto della maleducazione e dell’egocentrismo di Draco.
Quindi a meno che lui si scusi, il che è improbabile...»
«Scusarmi? Mamma, davvero credi in ciò che hai appena detto? Per quale motivo dovrei scusarmi? Non solo la qui presente Granger entra ed inizia a sputare sentenze contro di me, ma crede che in pochi secondi si possa fare una predica come una cappellano da quattro zellini. Non merita alcuna scusa.»
Kingsley si massaggiò forsennatamente la fronte, e disse come se non avesse più forza a sufficienza «così non andiamo da nessuna parte».
«Draco», cominciò sua madre, ancora cordiale e generosa con lui, sollevandogli il viso con la sua morbida mano, «tra le tante cose che la signorina Granger ha detto, ve n’è una fondamentale: ha detto che accettava l’incarico affidatole. Mi sbaglio, signorina Granger?», domandò infine senza voltarsi verso la ragazza.
Hermione, anch’essa col volto abbassato pronunciò un flebile “sì”; «quindi Draco, ora sta a te dimostrare di essere all’altezza della situazione.»
«Una situazione che io non ho di certo voluto», rispose lui con tono basso e monocorde.
«Ma noi scegliamo di vivere la vita che ci siamo costruiti, che lo vogliamo o no. Draco, sappiamo entrambi che non volevi essere marchiato dal Signore Oscuro, sappiamo che quella notte non sei stato tu ad uccidere Albus Silente... Draco io conosco mio figlio, e so che è una persona buona, e che sa andare al di là di alcune situazioni delicate. La signorina Granger è disposta, e col tempo anche lei sarà meno restia con te, se tu glielo permetterai.
Ricorda, Draco, lei è la tua ultima possibilità», concluse serafica la madre.

Hermione vide quel discorso da spettatrice molto interessata, e notò con quanta dedizione Narcissa stava spiegando a suo figlio quale fosse la situazione, e non si meravigliò al ripensare a quella sera che la signora Malfoy salvò la vita ad Harry.
Le sue parole non serbavano odio, né rancore.
Era una madre, e suo figlio era in bilico tra la libertà ed Azkaban, ed aveva ragione: lei era l’unica persona che poteva fare qualcosa, che poteva salvarlo.
Numerosi pensieri si affacciarono nella sua mente, partendo dal fatto che avrebbe dovuto comunicarlo a Ron, Harry e Ginny.
Come l’avrebbero presa?
E soprattutto Ron come si sarebbe comportato di conseguenza?
Hermione stessa tentava di rinsavire, ma il suo flusso di coscienza, di emozioni e di pensieri era un fiume in piena, e lei ne era stata soprafatta.
Sapere di un suo stretto contatto con il suo peggior nemico lo avrebbe fatto infuriare, nonostante la guerra avesse tolto tanto a tutti.
Forse soprattutto questo la spaventava; sarebbe stato capace di incolpare Draco della morte di suo fratello  Fred.
E lei? Sarebbe stata inerme in mezzo a loro due?
Come avrebbe fatto? E di chi avrebbe preso le parti?
Accettare quell’incarico significava accollarsi dei pesi che avrebbe dovuto portare per molto tempo, significava essere centro di calunnie, di pregiudizi, di offese gratuite.
Sarebbe stata dipinta come la traditrice del “Golden Trio” che aveva affidato la sua fedeltà e il suo tempo ad un (forse) ex Mangiamorte, di cui il padre era il più famoso sostenitore di Vodemort ed era uno dei pochi fuggiaschi ancora a piede libero.

«Granger? Granger! Che cazzo, Granger rispondi!», esclamò Malfoy che la squadrava con sguardo torvo.
Hermione rinsavì, con quelle che erano le sue ponderate paure ed insicurezze.
«Malfoy, vorresti rivolgerti in questo modo con me per il resto dei tuoi giorni?»
«Prima di tutto io non avrò a che fare con te per il resto dei miei giorni, perché se dovesse accadere puoi fidarti che mi toglierò la vita il prima possibile, e sia chiaro che se ti sto concedendo la mia attenzione voglio che tu faccia altrettanto. Pertanto, non so se hai ascoltato ciò che ho detto precedentemente...», ma non ebbe modo di concludere.
«No, illuminami, Malfoy», rispose seccata la ragazza per i modi bruschi del ragazzo.
Draco storse il naso in segno di insofferenza, ma dopo continuò «ho semplicemente espresso la mia volontà», si limitò a rispondere.
«Hermione», si intromise a quel punto Kingsley, «Draco ti sta cercando di dire...», ma anch’egli venne zittito, questa volta dal ragazzo.
«Ministro, tra le poche cose che mi sono rimaste, la facoltà di essere in grado di formulare una frase, è una di quelle. Granger ti sto dicendo che almeno per adesso questa situazione, seppur al limite consentito, è tollerabile.
Questo non significa che mi abbandono nelle tue mani. Tutt’altro.
Mi fido più di un Troll di montagna.»
«Oh sì Malfoy, ricordo la tua faccia spaventata quando girò voce che n’era entrato uno nei sotterranei», rispose ironica Hermione, che sapeva di aver colpito il ragazzo.
Dopodiché la ragazzo salutò il Ministro e accennò ad un segno di saluto verso Narcissa, che era stata a suo modo di vedere una buona sorpresa, soprattutto per i suoi maturi atteggiamenti.
 

«Non è andata così male, vero?»


NOTE DELL'AUTORE
Eccomi qui dopo un bel po' di tempo, però come si suol dire "meglio tardi che mai".
Diciamo che sono stato molto indaffarato per questioni scolastiche soprattutto, ma anche per le ormai passate feste pasquali.
Ma parliamo un momento della storia.
Questo capitolo è particolarmente dialogico, e come poteva non esserlo, dato che è il primo vero incontro tra Draco ed Hermione.
Data quindi la narrazione molto dialogica, il capitolo non risulta molto pesante anche se un po' lunghetto.
Ovviamente tra i due non vi è mai stato buon sangue, e di certo le cose non sono cambiate, anzi, vedo entrambi molto più agguerriti.
Come una nuova guerra tra di loro.
Vedo un Kingsley però un po' sottotono, no? E il giornale che Hermione aveva letto nel capitolo precedente evidenziava anche il malcontento della popolazione per l'operato del Primo Ministro.
Quindi credo che anche lui debba fare qualche mossa... come dire... più estrema.
Narcissa sembra un personaggio votato unicamente alla benevolenza e alla ragione... però sembra troppo perfetta, vero? Sembra non serbare davvero rancore, dopotutto con Hermione ha avuto un duello a villa Malfoy.
Quindi chisssà quale sarà l'evoluzione del personaggio.
Ho inoltre citato una frase tratta da "Harry Potter e il calice di Fuoco", e la citazione ad inizio capitolo come avete anche voi ben letto è tratta dalla bellissima e nota serie TV "Doctor Who".
Non credo ci sia molto altro da dire, vi chiedo ora di avere solo un po' di pazienza per il prossimo aggiornamento!

Vostro, PriorIncantatio
  
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