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Autore: Ciccioliina    10/04/2015    0 recensioni
...A questo punto la sua mano strisciava dal mio sedere al mio seno; era una morbida carezza che, al ritmo del mio cuore, mi faceva tremare. Tremavo, non respiravo, e sentivo che niente avrebbe potuto rovinare quel momento, momento così perfetto da non capire più nulla. Ho chiuso gli occhi, pensavo a chi potesse essere quell'uomo, a come mai non lo avevo ancora incontrato e perché quella sera, aveva scelto me.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Incompiuta
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Il ballo latino americano è in questo momento la miglior musica. Quindi alla prima canzone di questo tipo, Lui mi invita a ballare. La sua mano tocca la mia, appoggio la mia testa sulla sua spalla. Siamo tanto vicini che sento il suo petto battere, faccio si che il mio cuore sia in sintonia con il suo. Appoggia la mia mano sul suo cuore, e la tiene li, stretta, come se volesse che io lo prendessi e lo portassi via con me. La musica finisce e la mia mano vorrebbe rimanere li, ma non riesce e scappa. Torno dal mio migliore amico. E gli chiedo chi è Lui. Non sa dirmi nulla, solo che gli piace divertirsi, che ama andare in giro e bere. E come ultima cosa ha un figlio. Quando me lo ha detto sono quasi svenuta. Un figlio. Bene. Beh tutto ciò che avevo capito di Lui era.. nulla. Non avevo capito nulla. Quando ero con lui il mio cuore si fermava, i miei occhi si chiudevano e le sue mani passavano sul mio corpo come le onde fanno sul mare, anzi con il mare. Ecco, era come se le sue mani entravano a far parte del mio corpo. Quindi il mio tutto si fermava, anche solo per riuscire a far sembrare di più il tempo che passavamo insieme. Invece il tutto durava pochi minuti, minuti che però non ho ancora dimenticato. Dun tratto mi accorgo che c’è un’amica che non vedevo da una vita, stavo per andare a salutarla, quando mi prende e mi porta attraverso tutta la sala verso la porta. Usciamo di nuovo e ci sediamo dietro una pianta, dove nessuno può vederci. Nel tragitto penso a tutte le cose che prima di partire ogni sera mi dicono i miei genitori: “fa attenzione”, “non fidarti di nessuno”, “sii prudente!”, e penso che forse non dovrei essere li, non dovevo farmi trascinare in questa cosa, che neanche sapevo cos’era, e che il giorno dopo non avrei saputo neanche il suo nome. Eravamo seduti sotto un cielo stellato, che illuminava il suo viso e intravvedevo finalmente il colore scuro dei suoi occhi, non vedevo alcuna paura in lui, era sicuro di se stesso e di quello che faceva, non si preoccupava di quello che io pensavo e di quello che avrei voluto. Vedevo che però non diceva nulla, forse non sapeva cosa dire, o forse sapeva che dicendo qualcosa avrebbe rovinato tutto. Ricordavo la sua voce e speravo che mi parlasse, ma non l’avrebbe fatto. Non quella sera almeno. Infatti dopo pochi minuti la sua mano prese la mia e restammo per un po’ accoccolati sotto quell’albero. Poi guardai l’orologio, e mi accorsi che in quel momento avrei dovuto andare. Ed è quello che feci. Andai via senza dire nulla. Sul bus ripensai alla mia serata, e per tutto il viaggio non riuscivo a fare altro. Avrei almeno potuto chiedergli il nome, ma non riuscivo. Sapevo che la settimana dopo lo avrei rivisto e ci avrei pensato per tutto questo tempo. Nel corso della settimana non ero concentrata, i compiti a casa non li fecevo e le lezioni non passavano mai. Tutto era vuoto ed era nero. Vedevo il colore dei suoi occhi ovunque e le sue labbra mordersi il labbro inferiore come facevano quando mi toccava sui fianchi. Prima di girarmi speravo che lo avrei visto, ma una volta dall’altra parte Lui non c’era mai. Il venerdì di quella settimana ero agitatissima e non riuscivo a mangiare. Pregavo e speravo che la sera dopo lo avrei rivisto. Sentivo il cuore a pezzi, sentivo che mi desiderava ma ancora non riuscivo a crederci. Non lo potevo fare. Ma tutti i miei dubbi scomparvero quando mi arrivò un suo messaggio su Facebook. “Ciao bellissima…”
   
 
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