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Autore: lovingbooks    26/04/2015    1 recensioni
[Modern!AU Highschool setting | Jarida | Già conclusa]
A Merida non è mai importato nulla di quello che gli altri pensavano di lei, fino a quando Jack Frost, uno tra i ragazzi più popolari della sua scuola, non le dice che tutti la considerano la DUFF (Designated Ugly Fat Friend) di Rapunzel, la sua migliore amica e una tra le ragazze più popolari della scuola. Cosa può succedere quando la persona che odi di più al mondo, è l’unica che può aiutarti?
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jack Frost, Merida
Note: OOC | Avvertimenti: Triangolo
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Capitolo 1. Nuove scoperte, nuove parole e nuove alleanze
 
Mi ricordo la prima volta che parlammo.
 
Rapunzel, una ragazza dai lunghi capelli biondi e gli occhi verdi, anche conosciuta come la mia migliore amica, mi stava trascinando ad una festa, assicurandomi che sarebbe stata fantastica.
 
Continuava a dire: “Merida, Merida devi muoverti! Sarà bellissimo, te lo assicuro! Ci saranno anche un sacco di ragazzi!”.
 
Quando entrammo nella casa dove si teneva la festa, tutti ci salutarono. E, dopo lunghe conversazioni su scarpe e trucchi e alcuni balli con dei ragazzi molto ubriachi, decisi che era ora di abbandonare la bionda per il tavolo delle bevande.
Fu la scelta peggiore che potessi fare, o la migliore, dipende dai punti di vista. Mentre mi versavo dell’acqua nel bicchiere sentì qualcuno che sussurrava il mio nome, con aria divertita. Mi girai e lo vidi: era bellissimo e sfrontato. I suoi capelli, bianchi come la neve, gli ricadevano davanti agli occhi, che erano di un azzurro intenso, messi in risalto dalla maglietta blu che portava.
 
“Frost, non pensavo sapessi il mio nome, che grandissimo onore!” gli dissi, con aria di sfida.
 
“Sei la DUFF di Rapunzel, ti conoscono tutti” rise lui.
 
Inizialmente, non capii. Tutt’altro: ero molto confusa e la sua risata non faceva altro che indurmi a rovesciargli la bottiglia d’acqua in testa.
Ma, nonostante ciò, chiesi spiegazioni.
 
“E DUFF sarebbe la tua nuova parola per…?”.
 
Lui mi guardò sorpreso, ma poi disse: “L’amica brutta che rende più bella l’altra amica, tutti ne hanno una. E tu sei quella di Rapunzel”.
 
Chiusi gli occhi e cercai di mantenere la calma, di pensare ai prati in fiore, ai cavalli, al tiro con l’arco.
Pensai ai biscotti, alle passeggiate nei boschi, alla montagna e alla neve.
Ma poi li riaprii e vidi il suo fastidioso sorriso e feci ciò che ogni altra ragazza avrebbe fatto: gli rovesciai la brocca di birra in testa, seguita a ruota dalla ciotola dei pop corn e me ne andai, sorridendo.
Fu una bella vittoria.
Non badai a nessuno, nemmeno alla mia migliore amica, e corsi a casa.
 
Quella notte feci fatica ad addormentarmi, continuavo a pensare a tutte le mie uscite con Rapunzel, al modo in cui la gente la guardava, ignorandomi completamente.
E allora mi chiesi: e se Jack avesse ragione? E se fossi solo una DUFF?
Le mie domande avevano bisogno di risposte che solo una persona poteva darmi.
E, sapendo già cosa avrei fatto l’indomani mattina, chiusi i miei occhi per le poche ore di sonno che mi rimanevano.
La mattina corsi a scuola e quando entrai, mio malgrado, mi diressi verso la palestra.
E lì lo trovai: Jack si allenava ogni mattina prima dell’inizio delle lezioni e quel giorno, fortunatamente, era solo.
Presi una palla da basket e, mettendomi esattamente al centro del campo, senza attirare la sua attenzione, la tirai, facendo canestro: il tiro con l’arco, perlomeno, ti serviva per migliorare la mira.
Jack si girò, sopracciglia aggrottate ed espressione stupita: non se lo aspettava.
 
“Mi piace stupirti, Frost” gli dissi con tono beffardo.

Lui scosse la testa, come per riprendersi dallo stupore, e sorrise.
 
“Merida, che piacere! Sei qui per tirarmi in testa i pesi da cento chili?” mi chiese, senza nascondere la sua ironia, con un pizzico di risentimento nella voce.
 
Purtroppo, aveva ragione. E se volevo avere delle risposte, avrei dovuto fare la cosa peggiore di tutte: scusarmi con lui.
Ci misi un po’ a formulare una frase di senso compiuto, ma lui non disse niente, mi aspettò e la cosa mi rese solo più nervosa. Prima di parlare ad alta voce, presi un lungo respiro e abbassai la testa, facendo ricadere i miei lunghi capelli rossi davanti al viso.
 
“Senti, Frost, volevo chiederti scusa. Ieri sera ti ho umiliato, e mi dispiace, ma tu mi hai fatto andare fuori di testa e, precisiamo, non nel senso buono” per tutto il tempo tenni lo sguardo sul pavimento, poi delle scarpe comparirono nel mio campo visivo: si era avvicinato.
 
Alzai lo sguardo, titubante, e mi ritrovai faccia a faccia con lui e con la sua espressione da vincente. Avevo la tentazione di tirargli uno schiaffo in pieno viso, ma dovetti calmare la mia rabbia, perché, odiavo ammetterlo, avevo bisogno di lui.
 
“Sei perdonata, rossa” disse, con un sorriso in volto.

E rimanemmo a fissarci negli occhi a lungo, mentre l’aria si caricava di tensione.
Infine, decisi di fare quello per cui mi ero scusata: fare delle domande, per avere delle risposte.
 
“Frost, sono davvero la DUFF di Rapunzel?”
 
“Tutti dicono così, rossa. Ma, alla fine, a chi importa?” rispose lui, aggrottando le sopracciglia, con aria confusa.
 
“A me importa!” gli urlai contro, cercando di trattenere la rabbia che continuava a crescere dentro di me.
 
“Be’, non dovrebbe, fidati di me” disse, e poi si girò. Se ne sarebbe andato, se non lo avessi fermato, circondandogli il polso con la mia mano.
 
“Devi aiutarmi” dissi.
 
Subito capii di aver commesso un grave errore, volevo ritirare le mie parole, sprofondare nella vergogna. Mi ero appena mostrata debole davanti alla persona che odiavo più di tutte.
Lui si girò, non sorrideva, come mi aspettavo, ma aggrottava le sopracciglia e mi era sembrato di vedere, nei suoi occhi, la voglia di aiutarmi. Era stato, però, solo un attimo, perché poi si mise a ridere, a lungo. Non riuscii a non sentirmi in imbarazzo, ero andata dalla persona sbagliata. Stavo quasi per lasciargli il braccio, tirargli un pallone da basket o due in testa ed andarmene, quando lui mi guardò: aveva smesso di ridere e sorrideva in modo beffardo.
 
“E come dovrei aiutarti?” chiese, con un tono che fingeva una sincera onestà.
 
“Voglio smettere di essere DUFF, o come vuoi chiamarmi, voglio dimostrare a tutti che non sono quella che descrivono” dissi, con fermezza.
 
Un lampo nei suoi occhi mi fece capire due cose: uno, avrebbe accettato e due, sarebbe stata una cosa dannatamente difficile.
 
“Va bene, rossa, ma a una condizione”.
 
“Quale?” chiesi io, un po’ titubante.
 
“Mi devi dare il tuo numero” disse lui, senza alcuna inclinazione nel tono di voce.
 
Rimasi impietrita per qualche secondo, ma poi acconsentii con un’alzata di spalle. Che male c’è a dargli il mio numero?, pensai. In ogni caso, le regole le faceva lui e io, per via della mia sfortuna, non potevo fare altro che accettarlo.
 

NOTA AUTRICE:

Buongiorno genteee. Allora... questa cosa mi è uscita fuori perché una mia amica aveva una bisogno di una Jarida e perché il trailer del film "the DUFF" mi aveva preso davvero troppo. Quindi mi sono chiesta: perché non fare una ff Jarida ispirata al film e rendere le cose piuttosto drammatiche e complicate?
E, dopo aver già rovinato questo fandom con una mia oneshot, eccomi qui con una ff a più capitoli. Spero davvero che vi piaccia!
  
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