I Tre
Lo stato d'animo di Kaelee non era mai stato tanto altalenante prima
che si innamorasse e che suo fratello Rudyard piombasse a Locksley.
La concomitanza delle due circostanze la portava ad essere sorridente
un momento e pessimista un attimo dopo, comprensiva ora e altamente
irritabile tra un istante. In più ce l'aveva ancora con
tutti a causa delle modalità che avevano scelto per
dimostrarle che
gli allenamenti avrebbero preso un nuovo andazzo. In cuor suo sapeva di
potersi fidare ciecamente di ognuno, ma l'arrabbiatura non ancora
sbollita la rendeva sospettosa e, come se non
bastasse, Allan era sempre dietro l'angolo tutte le volte che la
ragazza se ne
andava in giro senza Gisborne. Questo perché, come aveva
ammesso candidamente durante una riunione al Maniero, quando il
fratello
di lei aveva fatto l'infelice comparsa a Locksley, lui era assente e
ritenendolo
imperdonabile da parte sua, dal momento che aveva offerto protezione
alla ragazza, aveva deciso che non avrebbe più
permesso il verificarsi di una simile eventualità.
Allan le appariva sempre molto felice di poter trascorrere tempo extra
con lei, al di fuori delle lezioni di lettura che Kaelee ancora
prendeva, ma le stesse sensazioni non appartenevano a lei, che aveva
mille pensieri, domande e dubbi per la testa senza riuscire mai ad
avere una sola risposta certa.
Sostenere di essere sotto pressione era la sintesi della sintesi di
ciò che provava Kaelee in quel periodo e dire che Allan e
Gisborne non ne avessero combinate di tutti i colori
in passato, insieme e separatamente, era una fandonia bella e
buona, come Kaelee ben sapeva; senza contare che sapeva pure che, per
questo motivo, Much era piuttosto preoccupato e temeva che Allan
stesse rischiando grosso mettendosi tra lei e Gisborne.
«Gisborne è pur sempre Gisborne», gli
sentì
dire a Kate un pomeriggio, mentre lei si trovava al piano superiore nel
tentativo di rilassarsi con un bagno caldo. «Ed è
comunque
un uomo.
Se qualcuno facesse lo stesso con te, non la passerebbe
liscia.
Gli farei vedere io!».
Dunque Kaelee aveva avuto modo di capire che, nonostante lei avesse
parlato con Allan tempo addietro in merito ai propri sentimenti per
lui, tutti i membri della banda erano fermamente convinti che Allan non
attendesse altro che il momento più opportuno per
corteggiarla
apertamente, come se lei lo avesse mai incoraggiato in tal senso.
"Perché nessuno tiene mai in conto me?", si chiese Kaelee,
piuttosto irritata. "Sono
giovane, è vero, ma non mi sembra di aver mai dimostrato di
essere una rammollita, una ragazzina svenevole, una che si compiace
nell'avere più spasimanti. Uno solo mi basta e avanza vista
la
situazione! Possibile che non ci sia neanche uno di loro che creda in
me? Neanche Kate?", sbuffò. "Pensassero pure quel che
vogliono, io ho problemi
più grandi da affrontare ora", si disse immergendo la testa
nell'acqua per non dover sentire altro della conversazione che stava
avvenendo di sotto.
I problemi più grandi cui Kaelee doveva far fronte
riguardavano
per buona parte Gisborne, il quale era ancora l'uomo che amava con
tutta se stessa, ma che rappresentava anche la persona che
più
di ogni altra l'aveva tradita. Non avendo mai frequentato molte
persone, Kaelee non era avvezza a questo tipo di circostanze
– in
cui per l'altrui bene si mente senza malizia – e ogni sua
sensazione bruciava al pari del primo amore, della prima delusione,
della primo ginocchio sbucciato, della prima scottatura nel tentativo
di accendere il fuoco, perciò non sapeva come comportarsi
con
Guy, il quale, per sua fortuna, si rivelò un uomo molto
paziente e anche molto innamorato, senza sembrare troppo dura o troppo
superficiale. Né se la sentiva di chiedere consiglio a Kate
come
aveva fatto altre volte, perché anche lei in fin dei conti
l'aveva tradita.
Sebbene non di rado accadeva che Kaelee inveisse contro di lui o che
gli rinfacciasse
la pessima idea della farsa, non la trattò mai con
durezza, non le rispose mai male e non si arrabbiò quando la
ragazza decise di non rivolgergli la parola per tre giorni. Si sentiva
ancora in colpa anche se l'aveva fatto per lei, perciò la
espiava senza aprir bocca. Furono
comunque i tre giorni peggiori di tutta la sua vita e il fatto che
Allan ballasse sempre attorno a Kaelee non lo aiutava per niente.
Nonostante il fastidio che ne derivava, Gisborne decise di non cercare
un confronto con
l'uomo
che per un periodo era stato suo complice e traditore al tempo stesso,
doppiogiochista e opportunista dotato di un grande istinto di
conservazione, perché se per Kaelee la presenza di Allan non
era
un problema, lui ritenne di non avere il diritto di intervenire: voleva
renderla libera e indipendente del resto.
Solo perché era stato il braccio destro dello Sceriffo ai
tempi
in cui Nottingham, Locksley e i villaggi circostanti erano sotto la
tirannia di Vaisey, solo perché si era dimostrato un uomo
disposto a uccidere senza remore e a far del male al prossimo senza
ripensamenti, non significava che non avesse un cuore e che non
comprendesse i sentimenti umani, che non potesse essere altruista anche
lui. Chi
aveva avuto la pazienza di ascoltarne l'intera storia, di scendere a
fondo nella sua vita e nelle sue esperienze, sapeva che se aveva
dato alle fiamme l'abitazione di Lady Marian e Sir Edward era
principalmente
perché lei, rifiutandolo all'altare, lo aveva ferito. Si
rendeva
conto di averle voluto bene nel modo sbagliato, ma non poteva negare a
se stesso di aver provato qualcosa per lei, perciò
tutte
le volte che lei gli aveva negato una carezza, un bacio o anche solo
amicizia
e lealtà lui aveva sofferto moltissimo e anziché
reagire
chiudendosi in se stesso, sfogandosi con un amico, rassegnandosi o
tentando di conquistarla con gentilezza, aveva finito per essere
violento e
cattivo, perché questa era l'unica via che conosceva.
Nessuno
gli aveva mai riservato una carezza dopo la morte di
sua madre, perciò Guy non ricordava più cosa
volesse dire
essere amato; nessuno gli aveva insegnato ad amare e ciononostante
aveva avuto
la forza di farlo. Questo non lo
giustificava affatto, né agli occhi della popolazione di
Locksley e Nottingham, né ai suoi stessi occhi, ma lo
rendeva
meno mostro e più essere
umano; un essere umano volto a cattive azioni, ma pur sempre un essere
umano. Tra tutti, forse neanche tanto paradossalmente considerato che
si conoscevano da quando erano dei bambini, era stato Robin quello che
per
primo aveva
scelto di ascoltare il suo cuore. Dopo aver avuto diverse conversazioni
con Tuck, il quale lo aveva aiutato a tirare fuori ciò che
sentiva senza doversene vergognare, senza arrabbiarsi per le emozioni
che provava, senza il timore che qualcuno lo avrebbe preso a schiaffi e
deriso, Guy aveva deciso di raccontare la storia dal suo punto di vista
e aveva scoperto che farlo lo aiutava a comprendere meglio dove aveva
sbagliato e perché, gli era utile nella ricerca di se
stesso.
Aveva lui per primo scoperto che un conto era sentir
raccontare ciò che aveva fatto negli anni e giudicarlo,
altra
cosa era rivivere la sofferenza che c'era dietro ad
ognuno dei crimini che aveva commesso.
Ciò che molti ancora non
riuscivano
a comprendere era che Gisborne non era nato malvagio, tant'è
che dopo tutta una
serie di tragici errori e con l'aiuto dei suoi fratelli aveva infine
portato alla luce la parte buona che era in lui e si era innamorato nel
modo più giusto, mettendo da
parte tutta la negatività che lo aveva accompagnato per
anni. A
volte
sbagliava ancora, a volte tendeva ancora ad arrabbiarsi quando
era
estremamente
preoccupato per Kaelee, a volte si poneva con prepotenza quando
riteneva che lei volesse fare qualcosa di troppo ardito o pericoloso,
sostanzialmente, però,
Gisborne aveva fatto tesoro di molte lezioni, aveva ritrovato se stesso
ed una famiglia in Robin e Archer, aveva trovato una dimensione tutta
sua a Locksley e si era lentamente guadagnato la fiducia di molti.
Mentre Kaelee sceglieva di non vederlo, Gisborne provava a lasciarle
spazi e tempi aiutato da una comprensiva Kate, che di tanto in tanto
gli
passava qualche informazione, pur essendone lei stessa a corto dal momento che Kaelee quasi non le rivolgeva la parola. Aveva così appreso che per la
ragazza non era semplice stargli lontana, – visto che, a detta dell'amica, sembrava sempre che fosse irrequieta per qualcosa e si guardava attorno come se cercasse qualcuno – che a volte, di notte, sussurrava il suo nome e che se veniva a sapere di qualcosa che lo riguardava,
immediatamente un sorriso spuntava sulle sue labbra.
Quei tre giorni potevano aver messo alla prova la pazienza di entrambi,
ma non il loro amore.
Si amavano, ma lei era giovane, inesperta, istintiva e sfuggente quando
qualcosa non andava come l'aveva immaginata; lui faceva continuamente i
conti con
un passato difficile, con amori finiti sempre male e l'ombra della
paura di
sbagliare che lo seguiva ovunque andasse. Era una relazione
particolarmente difficile nei momenti di disaccordo, ma molto intensa
in ogni caso. Alla fine si attraevano come come la calamita attrae il
ferro e riuscivano sempre a
sanare ogni crepa riempiendola d'amore.
Chiesa di Locksley.
Tuck stava parlando alla popolazione di Locksley, nella nuova Chiesa
che era stata ricostruita dopo l'incendio fatto appiccare dal Principe
Giovanni; stava tenendo uno dei suoi illuminanti e appassionati
discorsi a tutta la popolazione di Locksley e a chi da Nottingham aveva
voluto recarsi nel villaggio quel giorno, quando
Much capì che avrebbe dovuto chiedere la mano di Kate.
L'intuizione arrivò così, all'improvviso, senza
che ci
avesse meditato sul serio nei giorni precedenti. Mentre
Tuck
parlava, Much aveva semplicemente smesso di ascoltarlo e si
era detto
"Devo chiedere la sua mano. Lo sapevo. L'ho sempre saputo" e
proprio non riusciva più a stare seduto lì
dov'era e concentrarsi in silenzio e attentamente sulle parole del
frate, perché in lui la molla era scattata e tutto
ciò
che desiderava fare era camminare su e giù per tutta
Locksley
alla ricerca delle parole più opportune da usare, al posto
migliore in cui dichiararsi ufficialmente, all'anello che le avrebbe
regalato. "L'anello! Io non ce l'ho un anello da darle!", si disse
mentre
Kate, ignara di tutto, gli sedeva accanto, completamente presa dalla
voce potente di Fra Tuck. "Lo sapevo! Lo sapevo che qualcosa doveva
andare storto", continuò, nel suo monologo interiore fatto
di
piccoli tic nervosi.
Alcuni giorni prima.
Nottingham.
Rudyard non aveva trovato alcuna difficoltà ad ambientarsi
in
quella nuova città. Dopo la breve sosta a Scarborough e dopo
essersi liberato di un inutile peso di nome Willard, l'uomo era
ripartito alla volta di Nottingham con l'intento di non fallire di
nuovo. La consapevolezza di avere a che fare con Robin Hood e
con la sua banda di stupidi non lo spaventava affatto,
perché
per quanto quell'arciere arrivasse a minacciare, era l'unica cosa che
sapeva fare davvero dal momento che, per una ragione che a Rudyard non
interessava, aveva deciso di non uccidere più. Questo
raccontavano le storie e il fatto che Gisborne fosse vivo e parte
integrante dell'allegra compagnia di bifolchi ignoranti era la
testimonianza di quanto l'arciere fosse sciocco, ingenuo e perfino una
pessima guida. Avrebbe dovuto averla lui una banda di uomini sotto il
suo comando e allora sì che avrebbe riscosso successo e
vittorie
in tutta l'Inghilterra.
Quindi si era stabilito a Nottingham, con la
promessa di svolgere indagini su Locksley per ricavare informazioni
utili su come sua sorella e i suoi protettori impegnassero le loro
inutili giornate, e aveva anche incontrato qualche suo vecchio
amico, riuscendo in breve a trovare una sistemazione adeguata e piccoli
lavoretti
che
non lo rendessero sospetto per la comunità. Per il momento
manteneva
un basso profilo, per nulla intenzionato a far sapere a Robin Hood e ai
suoi
di essersi insediato a pochi passi dalle loro abitazioni, e curioso di
verificare quanto alte fossero le difese del gruppo. Ben presto,
però, sarebbe tornato all'attacco e possibilmente in
compagnia.
Nel frattempo si scambiava brevi missive con Willard al solo scopo di
informare la madre su eventuali novità, con la speranza di
poterle dare presto la lieta novella dell'avvenuta cattura e punizione
di Kaelee.
Presente.
Casa di Kate e Kaelee,
Locksley.
Kaelee era rimasta sola a casa quella mattina, – dopo aver
convinto a fatica Kate a recarsi in Chiesa come faceva tutti giorni
prima di andare al forno di sua madre – perché
appena sveglia
si era
sentita poco bene, cosa che aveva evidentemente allarmato Kate per
ragioni che la ragazza non riuscì a comprendere subito, ma
era
bastato mangiare
un frutto per riprendere il solito colorito, con grande sollievo di
Kate. Kaelee non
gestiva molto bene le situazioni di stress e in quel periodo era
perennemente tormentata dal pensiero che Rudyard le sarebbe apparso
davanti al naso nel momento meno opportuno, ancor meno opportuno visto
che non aveva ancora fatto davvero pace con Guy. Troppo spesso
quel fratello
le appariva in sogno per uccidere Gisborne senza che lei potesse far
nulla e questo la rendeva ansiosa e triste.
Ad appesantire il carico c'era l'addestramento, che si era
rivelato molto più duro di quanto non fosse mai stato prima,
in seguito al quale la ragazza
rincasava
spesso con qualche livido, i muscoli doloranti e una stanchezza tale
che appena si metteva a letto crollava. I risultati, però,
come
sia lei che Gisborne avevano potuto verificare,
erano notevoli: non soltanto Kaelee riusciva a gestire molto meglio i
colpi dell'avversario e i propri movimenti nello spazio, ma diventava
ogni giorno più forte,
metteva su i muscoli necessari a renderla un avversario temibile, quasi
imbattibile, al pari del suo maestro.
Ciò che testimoniava la serietà di entrambi in
merito
agli
allenamenti era che anche
quando Kaelee si era presa una pausa da lui, a nessuno dei due era
passata per la testa l'idea di interrompere le
lezioni, perché Rudyard sarebbe potuto tornare da un momento
all'altro e rinunciare alle esercitazioni avrebbe reso inutile il
teatrino messo su da Guy e Robin che, invece, aveva segnato una svolta
decisiva per la ragazza: finalmente Gisborne la trattava come un
allievo e non come una fanciulla in pericolo, finalmente Kaelee aveva
potuto constatare personalmente le ragioni per cui Gisborne aveva
ottenuto la fama di essere uno dei migliori nel suo campo. Se Robin
sapeva scagliare tre frecce alla volta senza esitazione né
imprecisioni, mantenendo il primato di più abile arciere di
tutta Nottinghamshire e forse d'Inghilterra, Gisborne era in grado di
sopportare duelli per ore intere senza patirne lo sforzo, senza
lasciarsi mai colpire nemmeno di striscio, senza perdere la
concentrazione, studiando l'avversario e affondando un unico colpo
letale, definitivo. Insieme, quei due, avrebbero potuto fronteggiare
senza difficoltà anche una ventina di guardie addestrate,
Kaelee
ne era certa.
Era affacciata alla finestra della camera da letto, al piano superiore
dell'abitazione, e stava godendosi i raggi del sole che le
accarezzavano con delicatezza il viso e il collo quando vide Guy
passare. Il primo istinto, suggerito esclusivamente dal corpo, fu
quello di
mordersi il labbro: perfino dall'alto era l'uomo più bello
che
avesse mai visto e sebbene non ne avesse incontrati poi così
tanti, sapeva che non avrebbe comunque cambiato idea.
Sospirò e
appoggiò il mento
sulle
braccia incrociate mentre lo osservava, anzi, lo contemplava come si
può contemplare un'opera d'arte o il nonno che ti racconti
una
favola o il fratello maggiore che ti riveli un magico segreto. O
la persona che si ami più di ogni altra cosa al mondo.
Lo vide incedere svelto fino alla costruzione da cui lei lo stava
guardando, poi il suo camminare si fece più incerto; si
fermò e ripartì un paio di volte, si
voltò come se
volesse tornare indietro, ma poi ci ripensò e mosse un passo
in
avanti, verso la porta d'ingresso. Kaelee trovò tenera
quell'indecisione, pur non sapendo da dove provenisse. Anche se era
ancora arrabbiata e si rifiutava di interagire con Guy al di fuori
delle esercitazioni, Kaelee non aveva smesso di volerlo accanto. Poteva
sembrare un controsenso, ma dentro di sé la ragazza sentiva
che
continuare a vederlo senza prima aver accantonato tutta la rabbia e
quel pizzico di rancore che provava nei suoi confronti, sarebbe stato
controproducente per entrambi.
Aveva ricevuto una velocissima visita da parte di Kate quel
mattino presto ed era stato messo al corrente del malore
accusato da Kaelee, cosa che, naturalmente, lo aveva allarmato subito.
La sola idea che per un qualsiasi motivo Kaelee stesse male lo faceva
impazzire. Kate, che come Guy sapeva ormai era completamente dalla loro
parte, gli aveva anche detto che sarebbe andata in Chiesa e poi ad
infornare i vasi con sua madre, quindi sarebbe rimasta fuori casa a
lungo. Il modo in cui lo aveva guardato gli aveva lasciato intendere
che, se
avesse voluto e se la fosse sentita, avrebbe potuto raggiungere Kaelee
con la sua
approvazione.
Inoltre, Gisborne si era trovato coinvolto, quella mattina, in
una
conversazione parecchio imbarazzante sia per lui che per Kate, la
quale, pensando che Kaelee avesse sminuito perché
ne
temeva la reazione, aveva
voluto accertarsi che i due non si fossero amati dal momento che il
malore al risveglio aveva fatto nascere in lei il dubbio. Era stata
così diretta che per un attimo entrambi erano avvampati ed
erano
rimasti immobili ognuno nella propria posizione, distogliendo lo
sguardo.
«È da escludersi», aveva detto infine,
schiarendosi la voce, ancora in imbarazzo.
«Molto bene. Lei è davvero strana in questo
periodo. Non
si confida più nemmeno con me e sono costretta a
interpretare. E
dato che voi due vi siete trattenuti parecchio il giorno della
lite...», aveva risposto Kate, tutto d'un fiato.
«Sì, comprendo. Ti... Ti ringrazio per la tua
premura».
«Allora io vado. Buona giornata!», aveva detto
fuggendo via come un fulmine.
Era stata la conversazione più imbarazzante di tutta la sua
vita
e, sebbene fosse assolutamente certo che i dubbi di Kate erano
infondati e non sospettasse affatto che Kaelee potesse averlo tradito
in tal senso, quello scambio gli aveva messo addosso una tale
agitazione che non riuscì a restare in casa. Era preoccupato
per
lei e si chiedeva se fosse il caso di consultare il medico del
villaggio, oppure attendere che quello strano malore di ignota origine
se ne andasse così come era arrivato. Mentre si chiudeva la
porta alle spalle, ripensò alle parole di Kate, la quale gli
aveva assicurato che, quando era uscita di casa, Kaelee sembrava essere
in perfetta forma e che quindi, forse, era soltanto stanca per gli
allenamenti intensivi. Si sentì subito in colpa essendo lui
responsabile del nuovo ritmo che quelle lezioni avevano preso,
nonché di tutti i lividi e i graffi che Kaelee si portava a
casa.
Eppure non riusciva a non ritenere necessari quei passaggi sebbene
avrebbe preferito molto più evitare a Kaelee tutti i danni
collaterali e renderla forte, indipendente e magnifica senza causarle
alcun tipo di sofferenza.
Prese un profondo respiro convincendosi che la cosa migliore che
potesse fare era andare a
trovarla, come del resto gli aveva velatamente suggerito Kate, ma
qualche passo più tardi una
serie di domande spuntò fuori dal nulla. "E se sta riposando
e la
disturbo? Se volesse stare
da sola? Se non vuole vedermi? Potrebbe aver mandato Kate a riferirmi
una bugia per non dirmi in faccia che ne ha abbastanza di me",
pensò volendo però chiederle almeno come si
sentiva. Arrivato a pochi metri dall'abitazione di lei, si torturava
ancora
con pensieri contrastanti mentre quella paura – di sbagliare,
di restare solo, di perdere Kaelee per
sempre, di ricadere nell'oblio di una vita senza senso – non
lo
lasciava respirare.
«Ehi, straniero», chiamò una voce
divertita, dall'alto.
Non avrebbe mai pensato che qualcuno potesse appellarlo in quel modo,
ma la voce che aveva parlato era inconfondibile nel suo suono delicato
ma pieno, vivace e colmo dell'entusiasmo dei suoi anni,
perciò
Guy sollevò lo
sguardo in direzione di lei e quando la vide gli fu inevitabile
sorriderle.
«Stavi forse pensando di venire a
trovarmi?», gli chiese.
«Forse», rispose lui reggendole il
gioco. «Mi faresti entrare se così
fosse?», domandò.
Lei rise piano, dolcemente, mentre
scompariva dietro
la finestra portando con sé quel suono che Guy adorava.
Ricomparve
poco dopo, tutta intera e incredibilmente bella, sull'uscio di casa e,
quando lo invitò ad
entrare, Gisborne si sentì l'uomo più felice del
mondo.
Agli occhi di Guy, Kaelee era di una bellezza capace di mettere
sottosopra l'anima, quel tipo di bellezza che a guardarla a lungo
sapeva far
male agli occhi, al cuore, ad ogni parte del corpo.
Non era molto alta nemmeno se non la si confrontava con lui, eppure
questo non riusciva ad essere un difetto su di lei, che era ben
proporzionata; era infatti tutta minuta, perciò
niente risultava fuori posto; aveva occhi grandi ed espressivi
di
un colore
che lo tranquillizzava e che rendeva la bellezza di lei ancor
più caratteristica; lunghe ciglia da bambina facevano da
contorno allo sguardo di caramello e sottili sopracciglia, scure come i
capelli, accompagnavano ogni sua espressione; a differenza delle sue,
le labbra
di
Kaelee erano piene perfino nel colore e, quando sorrideva, si piegavano
all'insù in un modo adorabile e per certi versi infantile
nella
loro spontaneità; Kaelee non sorrideva mai per compiacere
qualcuno, né per ammaliare qualcuno che non fosse lui; anche
il
naso, come tutto il resto, era piccolo ma non sottile quanto il suo.
Gisborne adorava il modo in cui
arrossiva per qualsiasi cosa e come abbassava lo sguardo se provava
imbarazzo. Portava i capelli piuttosto lunghi
e le onde naturali della chioma creavano un morbido volume attorno a
lei; quando poi si esponeva alla luce diretta del sole, piccoli fili
tra il castano ed il rosso le si accendevano qua e là; era
solita fissare un paio di ciocche per evitare che le ricadessero sul
volto; aveva mani piccole e dita affusolate, unghie curate e qualche
piccola lesione sui palmi per via dell'arma che maneggiava, per questo
Gisborne
intendeva regalarle un paio di guanti su misura. Kaelee non aveva forme
notevoli, ma le curve che aveva erano esattamente dove dovevano essere;
le gambe sottili e svelte che Guy aveva soltanto intravisto lo
affascinavano e accendevano senza un perché. Una volta si
era
ritrovato ad
immaginarla nuda e l'enorme imbarazzo che aveva provato nel rendersene
conto gli aveva impedito di riprovarci consciamente anche se, per
quanto
Gisborne volesse fare le cose per bene, restava un uomo fatto di carne
e
sangue e
Kaelee era pur sempre la donna che amava, perciò –
dal
momento che gli piaceva molto e sotto molti aspetti –
capitava
che
desiderasse poter andare oltre al semplice bacio, oltre alle innocue
carezze, semplicemente oltre.
La sua voce, poi, era limpida, cristallina; la pelle, infine, era molto
chiara in contrasto con la capigliatura, e liscia al tatto, morbida,
compatta e irresistibile.
Per quel che l'uomo ne sapeva, Kaelee poteva essere saltata fuori
direttamente da un dipinto tanta era la sua grazia: non riusciva a
trovare un solo motivo per non amarla.
Nemmeno le continue prese in giro da parte di Archer che gli ricordava
sempre quanto lei fosse microscopica in confronto a lui, riuscivano a
fargli cambiare idea: Archer
amava stuzzicarlo e aveva trovato uno dei suoi punti deboli,
perciò ogni volta che li definiva "il gigante e la bambina",
– il che avveniva spesso –
Guy partiva in automatico, come se suo fratello azionasse un invisibile
meccanismo, una leva che conosceva soltanto lui. Tutte le volte finiva
che entrambi necessitassero di un bel
bagno dopo essere rincasati pieni di fili d'erba e spighe infilate
ovunque, letteralmente. In tal proposito, una volta Robin aveva riso
così tanto perché Archer aveva fili d'erba
perfino dove
non batteva mai il sole, che gli erano venuti crampi talmente violenti
da costringerlo a letto per mezza giornata.
Guy e Kaelee, una volta in casa, non passarono neanche dalla cucina;
lei lo trascinò
direttamente
al piano superiore ed entrambi si accomodarono sul letto della ragazza.
Kaelee spostò il cuscino prima di sedersi,
incrociò le gambe, e se lo
sistemò in grembo, così, ai piedi del letto, Guy
assunse una posa
simile ma senza cuscino.
Sarebbero stati capaci di restare così, a guardarsi negli
occhi,
per ore intere ognuno perso in pezzi di cielo o in pozze di caramello.
Diversi giorni prima.
Edwinstowe.
Al loro ritorno, Dwight e Aric non ottennero quella che si definirebbe
una calorosa accoglienza, ma del resto nessuno dei due si aspettava un
atteggiamento diverso. La madre era furiosa
perché i
suoi figli l'avevano lasciata così, senza dirle
assolutamente
niente, era però bastato che Dwight le ordinasse di
smetterla di fingere
di non sapere dove fossero stati tutti e quattro per chiudere
definitivamente
l'argomento. Sebbene sua madre si fosse comportata per anni da despota,
sembrava temere molto il primogenito le poche volte in cui lui alzava i
toni, perciò Dwight, stanco di dover
assistere
in silenzio alle sciocche scene di una madre che tramava contro i
propri
figli, aveva deciso di assumersi la responsabilità che suo
padre
non si era mai sentito di prendersi: d'ora in poi avrebbe contrastato
attivamente sua madre, ad ogni costo.
Le posizioni dei singoli, in famiglia, erano dunque più
chiare che mai e Willard, che era rientrato a Edwinstowe prima di Aric
e Dwight ed era rimasto solo visto che Rudyard aveva realizzato per se
stesso piani diversi, evitava di incontrare i
fratelli – Dwight in modo particolare.
A qualche giorno dal loro rientro nel villaggio, Aric e Dwight avevano
sondato il terreno separatamente ed erano arrivati alla conclusione che
la loro genitrice riteneva Aric innocuo sebbene avesse seguito Dwight a
Locksley, ma, anziché arrabbiarsi, i due fratelli
sfruttarono la
cosa a proprio vantaggio, consapevoli che sottovalutare un avversario
non era mai una scelta intelligente; tanto più
perché
Aric sapeva essere una minaccia piuttosto pericolosa quando si metteva
a fare la spia.
La prima volta che Dwight aveva visto suo fratello infilarsi dentro
l'armadio qualche attimo prima che la madre e Willard facessero il loro
ingresso nella stanza, aveva pensato che le avrebbe prese, ma Aric era
tornato da lui, un'ora più tardi, con diverse informazioni
utili
e da quel momento il primogenito si era reso conto dell'enorme
potenziale del minore tra i suoi fratelli. Willard e la donna non
avrebbero avuto vita facile nel loro tramare contro
Kaelee insieme a Rudyard, perché Aric era
sempre pronto ad
intercettare conversazioni interessanti, tra le quali una gli aveva
consentito di sapere
delle missive che Willard si scambiava con Rudyard, anche se non era
ancora riuscito ad appropriarsene; perciò il
compito principale del giovane era scoprire dove Willard le
nascondesse, visto che non era
così astuto da bruciarle eliminandole per sempre e rendendo
impossibile ricavarne informazioni.
Dwight era felice di aver un fratello cerebralmente lento e pessimo
osservatore.
Il viaggio a Locksley e l'incontro con Robin Hood avevano risvegliato
Dwight dalla depressione che minacciava di distruggerlo lentamente da
quando la sua donna lo aveva abbandonato per sempre, per questo motivo,
insieme ad Aric e all'amico di lui che aveva fatto da messaggero, aveva
deciso di operare a Edwinstowe come Robin e i suoi uomini avevano fatto
a Locksley e dintorni quando lo Sceriffo aveva reso loro la vita
impossibile. A Edwinstowe non c'era uno Sceriffo crudele a tassarli,
appartenendo il villaggio alla Contea di Nottingham esattamente come
Locksley, ma
le cose non andavano comunque bene quanto al villaggio di Robin Hood
per via dei pochi
ricchi che giocavano a fare i prepotenti con tutti gli altri. Era un
mestiere pericoloso, ma tutti e tre lo facevano più che
volentieri regalando speranza ai concittadini, spronandoli a reagire ai
soprusi.
Presente.
Chiesa di Locksley.
Tuck aveva appena dato la propria benedizione ai presenti e Much era
letteralmente saltato in piedi come se avesse le molle sotto al sedere.
Aveva preso per mano Kate e l'aveva trascinata all'esterno, tutto
concentrato sulla frase più giusta da usare per farle la
proposta anche se non aveva ancora un anello, ma essendo consapevole di
essere molto più bravo con la cucina che con le
parole, ritenne che forse sarebbe stato più saggio chiedere
consiglio a
Robin, salvo poi ricordarsi di un piccolo dettaglio.
"Ma quanto sei
stupido, Much?!", si domandò retorico. "Proprio a Robin vuoi
chiederlo?", continuò
mentre
prendeva tempo accompagnando Kate da Rebecca, sua madre. "E poi forse,
in fin dei conti, è anche troppo presto. Non voglio che
pensi
male di me, che creda che voglio sposarla solo per averla...
Aspetterò. E se poi mi lascia? Però potrebbe
anche
rifiutare se glielo chiedo ora...", rifletté desiderando
ardentemente grattarsi la testa per scacciare almeno uno di quei
fastidiosi punti interrogativi.
«Much, ma che ti prende?», intervenne
Kate interrompendo i suoi ragionamenti e anche il suo incedere.
La guardò per un
istante, serio, poi le si parò davanti e le
poggiò le
mani sulle spalle, prese un respiro profondo.
«Io... Ho una cosa da dirti»,
cominciò.
Kate sollevò un
sopracciglio mentre un venticello fresco le scompigliava leggermente i
capelli chiarissimi facendole finire una ciocca davanti agli occhi.
Much provò l'istinto di scostargliela, ma lei lo
anticipò
portandosela dietro l'orecchio e lui rimase lì con
l'intenzione
di sollevare la mano e con parole che non avevano voglia di aiutarlo.
«Da... Da chiederti», si corresse.
L'emozione gli giocava scherzi bruttissimi, lo sapeva.
Kate, che non aveva la più pallida idea di cosa stesse
passando
per la testa dell'uomo, continuò a guardarlo con l'aria di
chi
è ad un passo dal preoccuparsi seriamente. Sebbene avessero
trascorso diverso tempo insieme, prima come fuorilegge e poi da liberi
cittadini, ed in particolar modo nell'ultimo periodo, Much aveva ancora
qualcosa di indecifrabile per Kate; era un uomo che prendeva le cose
molto seriamente e che diceva sempre tutto ciò che gli
passava
per la testa, solo che spesso lo esprimeva in un modo così
imbrogliato che alla fine neanche lui riusciva più a
capirsi; era un uomo molto dolce e affettuoso, leale nei confronti di
chi
riteneva suo amico, fedele nei confronti di Robin Hood e tendeva a
marcare gelosamente il proprio territorio. Lo
ammirava molto per come si era comportato quando gli aveva detto di
essere interessata più a Robin che a lui, mettendosi da
parte per il bene che voleva ad entrambi. Much aveva una
forza
interiore non indifferente ed era mosso sempre dalle migliori
intenzioni, difficilmente esprimeva disappunto verso qualcuno senza
prima averlo studiato un po', a meno che questo qualcuno si
mettesse ad infamare le persone a lui care; in quel caso aveva perfino
la freccia facile.
Da quando aveva capito di poter ricambiare il sentimento di Much,
aveva anche scoperto che i motivi per cui lui l'aveva corteggiata
così a lungo erano più nobili di quanto avesse
creduto: non aveva mai osato sfiorarla più del lecito, aveva
sempre
condiviso baci molto casti e non si appartava mai con lei
nemmeno quando si addentravano nella foresta per raccogliere bacche o
anche solo per una passeggiata. Le doti che avevano fatto innamorare
Much andavano oltre alla sua bellezza fisica e Kate ne era lusingata e
felice.
Much era lì che la
guardava in tutta la sua bellezza e più le
cercava, meno le trovava le parole più adatte alla
situazione,
così alla fine si arrese.
«Ecco io... Avevo pensato che se ti va potresti
venire da me a pranzo!», improvvisò sorridendole
imbarazzato.
Si stava mentalmente maledicendo per la propria ignoranza e stava
cercando intanto di capire con chi avrebbe dovuto parlare visto che
l'unica persona con cui avrebbe voluto farlo non era la più
indicata. "Little John si metterebbe a borbottare qualcosa in merito
all'inutilità di certe romanticherie, Archer farebbe qualche
battuta sconcia e poi dovrei rincorrerlo per tutto il villaggio
intimandogli un po' di rispetto, Allan mi consiglierebbe qualcosa che
non farei mai, quindi a chi devo rivolgermi?", si domandò
desiderando di nuovo di potersi grattare la testa. "Robin resta il
solo, ma come faccio a domandare consiglio proprio a lui che ha avuto
una relazione con Kate seppur breve? Sarebbe di cattivo gusto da parte
mia... Ah, per tutte le erbe di Sherwood!".
Sentì Kate tirare un sospiro di
sollievo, ma non ebbe il tempo di interrogarsi riguardo la ragione di
quella reazione perché lei gli accarezzò una
guancia e
Much non capì più nulla, definitivamente.
«Non
rinuncerei ad uno dei tuoi manicaretti per niente al mondo»,
gli
disse alzandosi sulla punta dei piedi per reclamare un bacio.
Much stava ancora sorridendo quando le labbra della donna raggiunsero
le sue.
Nottingham.
Rudyard si era svegliato con comodo, senza alcuna fretta, e con il
proposito di rovinare la giornata a sua sorella.
Aveva iniziato a prendere informazioni e, avendo saputo che Kaelee era
molto
amica della donna bionda che era presente quando era arrivato a
Locksley, aveva deciso di indagare anche su di lei. Per essere una
volgare popolana era nient'affatto male, secondo i suoi gusti
personali, dettaglio che l'aveva già indotto a prendere in
considerazione l'idea di
divertirsi un po' con lei prima o poi e magari, chissà,
sarebbe
pure riuscito a corromperla e farsi consegnare Kaelee senza troppa
fatica, sebbene non avesse intenzione semplicemente di prelevare sua
sorella e riportarla all'ovile: aveva bisogno di generare
sofferenza, voleva sentire le urla di qualcuno e voleva essere lui a
provocarle.
La sua raccolta di informazioni lo aveva portato a conoscenza della
convivenza di sua sorella proprio con quella sua amica bionda; inoltre
aveva saputo che Kaelee si teneva impegnata svolgendo diversi lavori
durante la giornata – stando alle voci dei pettegoli, sua
sorella
lavorava sia al forno di un vecchio panettiere che al forno di una
certa Rebecca che creava del vasellame, oltre che a coltivare l'orto di
questo o di quell'altro.
"Insomma, è scappata da una casa in cui non si sentiva
libera,
ma fa ugualmente da serva a questi luridi ignoranti", pensò
l'uomo quando una vecchia contadina gli aveva parlato di questa ragazza
"bassina e piccina, uno scricciolo", così l'aveva definita,
che
l'aveva tanto aiutata quando era stata poco bene un mese addietro. Se
c'era una cosa che non cambiava mai di
città in città e di villaggio in villaggio, era
il vizio
di spettegolare: ovunque si andasse, si riusciva sempre a trovare un
essere umano pronto a cedere o vendere informazioni.
Dal momento che gli abitanti di Nottingham provenivano per la maggiore
da Locksley, che li aveva ospitati durante la ricostruzione della
città, molti di loro conoscevano abbastanza bene Kaelee da
possedere qualche utile dettaglio sulla sua vita nel ridente villaggio
– un vero e proprio colpo di fortuna per Rudyard, il quale,
naturalmente, aveva mentito sulla propria identità,
dichiarando sì di chiamarsi Rudyard, ma di provenire da
Scarborough, Yorkshire; il che era una mezza verità in fin
dei
conti; e
stava molto attento quando chiedeva informazioni, facendolo sempre
velatamente, gestendo le conversazioni in modo da non sembrare un
impiccione o un uomo losco.
Evidentemente, da quando lo Sceriffo era morto insieme ai suoi uomini,
c'era molta
meno diffidenza in giro e questo giocava a favore dell'uomo, che poteva
muoversi liberamente senza destare il minimo sospetto. Rudyard aveva,
inoltre, avuto conferma del sentimento che legava sua sorella a
Gisborne
ed era proprio su questo che intendeva fare leva.
Stando alle informazioni che aveva, avrebbe trovato facilmente Kaelee
al lavoro con i vasi creati da quella tale Rebecca, quindi si mise
addosso abiti leggeri, un cappuccio in testa, prese il cavallo e
partì alla volta di Locksley.
Casa di Kate e Kaelee,
Locksley.
Gisborne non aveva idea di quanto tempo fosse passato da quando era
salito in camera di Kaelee e non aveva comunque alcuna voglia di
tornare alla vita di tutti i giorni, perciò fu lieto di
sapere
che anche alla ragazza faceva piacere semplicemente starsene
lì
dov'erano, a non fare nulla di particolare se non guardarsi e parlare
come facevano di solito. Infine sembrava che Kaelee lo avesse perdonato
per la messinscena della lite e se ne rallegrò.
Tuttavia, nonostante l'atmosfera sembrava essere tornata quella di
sempre, preferì non raccontare a Kaelee ciò che
gli
aveva
chiesto
Kate, troppo imbarazzato per ripetere il contenuto di quella
conversazione senza balbettare, avvampare o desiderare di sparire sotto
metri e metri di terra, e assolutamente certo che il dubbio di Kate
fosse
infondato, ma diverse volte le chiese come si sentisse e se avesse
bisogno di qualcosa, qualunque cosa. L'idea di chiamare un medico non
lo
entusiasmava, non perché fosse egoisticamente geloso, ma
perché, per un ragionamento dettato dai sentimenti
più che
dalla logica, era convinto che farla visitare da un dottore avrebbe
fatto di
Kaelee una donna malata. In sostanza era preoccupato per lei e la paura
di perderla lo assaliva, rischiando di farlo apparire iperprotettivo e
invadente, ragion per cui cercava di manteneva la calma per non
turbare l'amata e il nuovo equilibrio che avevano appena raggiunto in
quella stanza. Lei gli rispose tutte le volte, con estrema dolcezza, di
sentirsi molto
meglio e che quello che era successo non poteva essere niente di grave.
«Sarò solo stanca», gli rispose.
«Oppure forse
ho preso una botta in testa e non me lo ricordo»,
scherzò.
In prima battuta, prima di capire che si trattava di una burla,
Gisborne aveva sentito il proprio cuore accelerare istantaneamente, e
soltanto quando Kaelee si era messa a ridere aveva compreso che lo
stava prendendo in giro; quindi scosse il capo e rise anche lui,
sollevato.
«Per quanto ancora ti vendicherai?», le chiese.
«Oh, questo non è niente»,
mormorò,
stabilendo poi, evidentemente, che la distanza tra loro era
troppa; la ragazza lasciò perdere il cuscino e
cercò un
cantuccio
tra le sue
gambe, accoccolandosi infine con la testa sul petto.
Non poté e non volle far altro che accoglierla con gioia
spontanea e un po' di sorpresa.
Gisborne, infatti, non si aspettava mai che qualcuno gli riservasse un
gesto
d'affetto, che qualcuno desiderasse la sua compagnia, un contatto
fisico, e non si era ancora abituato all'amore che Kaelee provava per
lui, quindi tutte le volte che lei gli accarezzava il viso o lo cercava
per un bacio era una gradita sorpresa.
Con la ragazza tra le braccia parte del timore che lo attanagliava
scomparve e Guy sospirò, le
baciò i capelli chinandosi leggermente e poi prese ad
accarezzarle lentamente il viso disegnandone i contorni con le dita.
Quando lei
abbassò le palpebre, rilassata, lui vi passò
sopra l'indice facendola sorridere e sospirare.
Gisborne non ricordava di essere mai stato tanto felice in
età
adulta come lo era da quando aveva incontrato Kaelee; nella sua mente
erano transitati una quantità
infinita
di pensieri dal momento in cui aveva abbandonato Nottingham, il
Castello, il denaro ed il potere per cercare Archer
insieme a Robin, molte riflessioni erano scaturite dal suo pensare da
quando era quasi morto nell'ultima battaglia contro
Vaisey e molte volte si era chiesto come sarebbe proseguita la sua
vita,
cosa questa gli avrebbe riservato e se sarebbe davvero riuscito ad
essere un uomo buono, degno della fiducia di Robin Hood e dei suoi,
degno di vivere a Locksley in mezzo alla gente che un tempo
aveva tassato e maltrattato senza ritegno; tante volte si era domandato
se avrebbe infine trovato qualcuno che fosse riuscito ad amarlo e se
sarebbe
lui stesso riuscito ad amare di nuovo dopo Marian e Meg, entrambe morte
a causa sua anche se con modalità del tutto differenti: la
prima
uccisa da lui, la seconda uccisa per salvargli la vita. L'amore per Meg
non aveva nemmeno avuto il tempo di sbocciare il lui, ma lo aveva
mutato
così profondamente che non poteva semplicemente
dimenticarla dopo aver
pianto la sua morte per settimane e settimane. Eppure, tra
questi pensieri e tra mille previsioni di un incerto futuro, non c'era
mai stata traccia, nemmeno blanda, delle sensazioni che stava vivendo
insieme a Kaelee, perché neanche
nella più positiva ipotesi di felicità Gisborne
si era
proiettato in tanta dolcezza, in una così disarmante
tenerezza, mai avrebbe pensato di poter essere lui stesso
così
delicato
con
una donna, perciò tutto era per lui completamente nuovo e
questa
consapevolezza lo rilassava in merito alla sua continua paura di
sbagliare: era come se fosse un giovane adolescente alle prese con il
primo amore.
Dal canto suo, Kaelee adorava trascorrere il suo tempo con Guy, anche
se avrebbe dovuto mostrarsi più dura nel periodo di
riappacificazione, perché non voleva che Gisborne credesse
di
poter fare qualunque cosa con lei ottenendo sempre il perdono sa parte
sua; non era così che Kaelee voleva funzionasse, ma non se
la
sentiva neanche di punirlo troppo severamente perché lo
amava
totalmente e senza condizioni. Con il senno di poi era riuscita a
comprendere il punto di vista di Guy e Robin e anche se non avrebbe mai
approvato la loro scelta, comprendeva che era stato un modo molto
efficace di convincerla del reale mutamento: se Guy fosse andato da lei
per informarla riguardo la necessità di intensificare le
esercitazioni, a lei sarebbe sempre rimasto il dubbio che lui si
trattenesse, fosse anche in minima parte, mentre avendo duellato con
lui senza alcun imbroglio, quel giorno, era certa ora che lui
utilizzasse tutta la sua forza in ogni scontro. In fin dei conti tre
giorni potevano bastare come punizione e poi, avendolo davanti a
sé, non aveva potuto resistere alla tentazione di cercare un
contatto con lui.
Adorava essere stretta dalle sue braccia forti, muscolose e
rassicuranti, adorava che il suo petto ampio la contenesse
perfettamente, proteggendola dal mondo intero e adorava sentire il suo
respiro leggero sulla pelle; sebbene non avesse alcuna esperienza
sull'amore, quando era in compagnia di Gisborne ogni cosa le sembrava
del tutto naturale e appropriata, perfino i suoi slanci –
ultimo
dei quali l'essersi portata le mani di Guy sulle proprie cosce, in
aperta campagna –
non le sembravano troppo irriverenti, sfacciati o sconci.
Probabilmente, se Gisborne non fosse stato prudente e rispettoso nei
suoi riguardi, presa dall'impeto del desiderio, gli si
sarebbe concessa già da tempo, forse per poi pentirsi di
averlo
fatto tanto in fretta.
Stava imparando a sue spese quanto difficile fosse controllare
l'istinto che la spingeva tra le braccia dell'uomo con una tale forza
che resistere era quasi impossibile, perciò era felice che
Guy
la comprendesse e ragionasse per entrambi; in quel momento, ad esempio,
mentre se ne stava con la testa appoggiata al petto di lui, dopo
avergli consentito di accarezzarle dolcemente il viso, gli prese la
mano e se la portò sul ventre, vibrando e sospirando a quel
tocco: Kaelee aveva costantemente disogno di un contatto fisico con lui.
Prima di arrivare a Locksley, aveva vissuto una vita quasi
completamente priva di affetto, non ricordava di aver mai ricevuto una
carezza sul capo da parte di sua madre, né una parola di
conforto, perciò quando era fuggita via da Edwinstowe,
benché desiderasse che la sua vita subisse un cambiamento
anche
in tal senso, non aveva messo in conto di trovare il vero amore. Aveva
preso in considerazione, certo,
diversi scenari possibili e nel migliore tra questi sperava di potersi
unire
agli uomini di Robin Hood, mentre, nel peggiore, avrebbe continuato a
scappare per tutta la vita. Quando la prima condizione, la
più
rosea, si era verificata, Kaelee non pretendeva di trovare altro in
quel villaggio, perciò l'amicizia con Kate, l'aver
incontrato
Gisborne, essersi innamorata di lui e
aver scoperto che il sentimento era ricambiato, aver imparato
tanti mestieri, a leggere e a maneggiare un'arma, aver trovato tanti
amici leali e sinceri erano un'aggiunta per
cui Kaelee ringraziava ad ogni suo risveglio.
Forno di Rebecca, Locksley.
Kate stava parlando con sua madre di ciò che aveva detto
Tuck e rifletteva sul potere che le parole di quell'uomo avevano sulle
persone, sul
carisma che gli apparteneva per natura e su quanto Tuck rappresentasse
per tutti una solida roccia cui affidare la propria anima durante le
tempeste. La donna non sapeva come il
frate ci riuscisse, come potesse trovare in ogni occasione la cosa
giusta da dire; vedeva la pace interiore di Tuck riflessa sul suo volto
e si interrogava su come un uomo potesse possedere tanta pazienza
nell'ascoltare gli altri senza mai parlare con nessuno dei propri
problemi o drammi interiori; lo guardava stare tra la gente, tra i
bambini, e vedeva il sorriso sulle loro labbra e la speranza nello
sguardo.
Tuck sapeva indubbiamente smuovere le coscienze e, per la fortuna di
tutti gli abitanti di Locksley, era
dalla parte del bene, dalla parte dei giusti, dalla parte dei meno
fortunati e dalla parte di chi, in ogni caso, volesse dargli la propria
fiducia, volesse affidarsi a lui. Come aveva fatto Gisborne, ad
esempio.
Il sermone di quella mattina era un invito a non additare mai il
prossimo a priori, senza conoscerne la storia, senza essere prima scesi
a fondo nei sentimenti e nelle emozioni; Tuck aveva parlato di quanto
sbagliare fosse una costante comune a tutti gli uomini, di quanto
sbagliare potesse essere l'inizio di una presa di coscienza che avrebbe
condotto
alla saggezza; aveva sostenuto con convinzione che chiunque avrebbe
potuto imparare dai propri errori e che nessuno meriterebbe mai di
essere
condannato per uno sbaglio. A quelle parole, Kate aveva visto molti dei
presenti chinare il capo, certamente
immersi ognuno in intime considerazioni, immedesimandosi, ripercorrendo
il proprio passato, alla ricerca di risposte o anche solo di nuove vie
da
percorrere, ed era rimasta molto affascinata dall'atmosfera serena che
l'aveva avvolta all'interno della Chiesa.
Parlandone con Rebecca, aveva pensato tanto a Guy quanto a Kaelee
ed era proprio su di loro che aveva infine spostato l'argomento,
condividendo con sua madre il malore che Kaelee aveva accusato quel
mattino e la conversazione avuta con Gisborne.
Intanto, sistemando i vasi per l'asciugatura, Kate poté
vedere,
non molto lontano del forno, un uomo che scendeva dal proprio
cavallo e si dirigeva verso il pozzo. A giudicare dal cappuccio che gli
copriva il capo doveva essere un viaggiatore giunto a Locksley per una
sosta, o forse, più probabilmente, un mercante che aveva
Nottingham come meta.
Con fare discreto, giunto a Locksley, Rudyard finse di riposarsi dopo
un'immaginaria
cavalcata molto lunga e, per rendersi ancora più credibile,
decise
di sciacquarsi il viso, potendo così sondare il terreno.
Nessun
passante lo guardava sospettoso, nessuno lo stava tenendo
d'occhio e nessuno lo avrebbe riconosciuto, a patto, però,
che
si tenesse a debita distanza dalla bionda e da tutti gli uomini di
Robin Hood che lo avevano visto quando era arrivato la prima volta in
quel villaggio. Sebbene stesse lavorando sul proprio aspetto per
camuffarsi, non era ancora saggio mostrarsi apertamente e sfidare
scioccamente la sorte.
Con la scusa del viaggiatore stanco, trovò ristoro sedendosi
non
molto lontano dal
forno in cui Rebecca, la bionda amica di sua sorella e molti altri
stavano lavorando non senza scambiarsi chiacchiere vivaci e rumorose,
che gli consentirono – insieme ai pettegoli passanti
– di
ottenere diverse informazioni utili.
Tanto per cominciare, fare il lascivo con una giovinetta dai capelli
castani che non aveva niente di attraente se non la capigliatura, gli
era servito per sapere che il nome dell'eccitante biondina era Kate.
"Un nome piuttosto banale per uno sguardo focoso come quello. Scommetto
che sarebbe capace di stendere perfino uno come me, tra le lenzuola,
anche se non ha niente a che vedere, in quanto a bellezza, con la mia
Maude. La conquisterò prima o poi, o non mi chiamo Rudyard",
pensò mentre osservava con attenzione.
Quella Kate aveva una voce molto alta, stridula a tratti, per nulla
piacevole per le sue orecchie anche se in quel frangente si era
rivelata per lui una dote impagabile: poco importava quanto
scortese fosse ascoltare le altrui conversazioni, perciò non
si
fece alcun problema morale a concentrarsi sullo scambio che Kate stava
avendo con sua madre Rebecca. Scoprì in questo modo che quel
mattino Gisborne era insieme a
Kaelee, con ogni probabilità a casa di lei. "Si
starà
dando da fare", pensò maliziosamente. Inoltre seppe che la
bionda non sarebbe rientrata per
il
pranzo, perché un certo Much – che secondo i
ragionamenti
dell'uomo doveva essere il cagnolino fedele di Hood – l'aveva
invitata a consumare un pasto insieme, e forse pure qualcos'altro, il
che implicava la possibilità che Kaelee restasse
ulteriormente
sola nell'abitazione della donna bionda – dettaglio, questo,
parecchio interessante per lui: se gli uomini di quell'arciere da
quattro soldi erano così sciocchi da lasciare la preda in
bella
vista, allora il suo piano di far del male a Kaelee si sarebbe rivelato
molto più semplice del previsto. Interrogando innocentemente
alcuni giovani apprendisti artigiani, Rudyard riuscì ad
intuire che sua sorella conduceva una vita molto regolare, rispondeva
con serietà agli impegni che si prendeva, si esercitava con
Gisborne e di rado si prendeva un momento libero per sé
stessa,
evitando di frequentare la locanda di sera, il che significava che
Kaelee non lasciava quasi mai la casa durante la notte
e questo poteva voler dire soltanto che Gisborne dormiva altrove e
completamente
solo, dal momento che non aveva voluto serve in casa e che non
risiedeva
al Maniero. Molte donne poco raccomandabili che lavoravano a Nottingham
gli avevano assicurato che sebbene alcune di loro avessero diverse
volte offerto i loro servigi al "bel tenebroso" –
così
l'avevano definito – egli aveva sempre declinato,
così
come aveva rifiutato la proposta di alloggiare con i suoi fratellastri.
Rudyard era venuto a conoscenza della veridicità di
quell'assurda storia di amanti, tradimenti e figli illegittimi proprio
in quei giorni e ne aveva riso per diverse ore, facendosi intimamente
beffe tanto di Gisborne quanto di Hood.
Dopo una ventina di minuti trascorsi comodamente seduto a farsi gli
affari degli altri,
l'uomo finse di voler fare un'innocente passeggiata per Locksley con
l'intento, invece, di scoprire dove risiedesse esattamente Gisborne.
Ignari di ogni cosa, Kate e Much pranzarono insieme. Guy e Kaelee si
fecero compagnia per tutto il giorno e dal momento che Gisborne non
volle farla stancare con gli allenamenti, lesse per lei alcune storie.
Tuck si dedicò alle coltivazioni. Archer si mise a fare la
corte
ad una ragazza del villaggio mentre Allan dava spettacolo nella taverna
con il gioco dei tre bicchierini. Little John era come sempre
meditabondo e Robin parlò a lungo con diversi abitanti del
villaggio, raccogliendo idee e proposte per l'amministrazione dei beni
e delle merci.
Piena notte.
Casa di Guy, Locksley.
Gisborne non aveva lasciato sola Kaelee se non quando Kate era
rincasata, non sentendosela di rischiare che la ragazza si sentisse
nuovamente male senza che nessuno fosse lì a prestarle
soccorso; si rendeva conto di essere fin troppo protettivo nei suoi
riguardi, dal momento che se era stata in grado di affrontare da sola
il viaggio da Edwinstowe a Locksley sicuramente era anche capace di
cercare aiuto se necessario, ma non poteva farne a meno, mosso
dall'amore che provava nei suoi confronti.
Sebbene Kate lo avesse invitato a restare per la cena e nonostante gli
avrebbe fatto molto piacere trascorrere dell'altro tempo insieme a
Kaelee,
rifiutò educatamente sostenendo di aver approfittato anche
troppo della sua ospitalità e di dover rientrare per
occuparsi di alcune mansioni che non aveva svolto durante la giornata.
Lui e Kate, dopo che lei lo aveva soccorso in seguito alla ferita
causatagli da Rudyard, erano riusciti a legare maggiormente. Era da
diverso tempo che Guy faceva piccoli tentativi con lei, desiderando che
potesse perdonarlo e guardarlo con occhi diversi anche se aveva ucciso
suo fratello a sangue freddo, ma sapeva bene che finché la
volontà di avvicinarsi fosse stata soltanto sua, non ci
sarebbero stati molti progressi in tale direzione, perciò il
gesto di Kate, il giorno dell'inaugurazione di Nottingham, era stato
determinante. La donna aveva mosso un passo verso di lui e questo aveva
accresciuto la reciproca fiducia permettendo loro di interagire con
molta più scioltezza. Questo, comunque, – Guy ne
era cosciente – non vooleva dire che ogni ferita era sanata,
perciò l'uomo preferiva
andarci ugualmente con i piedi di piombo, non tirare troppo la corda,
non approfittare della gentilezza di lei.
In questo percorso, in ogni caso, Kaelee stava rivestendo un ruolo
fondamentale costituendo un importante punto d'incontro per entrambi, e
Gisborne ne era felice, sia perché il fatto che Kaelee
avesse un'amica come Kate lo rassicurava e sia perché era
anche grazie a lei se Kate non cambiava strada appena lo vedeva in
lontananza, dal momento che Kaelee spesso la coinvolgeva in brevi
scambi in piazza o vicino al pozzo o al forno di Rebecca.
Lasciata la casa di Kate, Gisborne era passato da Robin per una
chiacchierata tra fratelli – abitudine, questa, che lo
rilassava e rallegrava come mai avrebbe creduto un anno prima
– e aveva infine cenato insieme a lui ed
Archer, il quale li aveva intrattenuti con l'interessante avventura di
come
aveva quasi conquistato la giovanissima Nettie.
Ciò che rendeva Archer un bersaglio fin troppo facile per le
battute dei fratelli maggiori era la spudoratezza con cui mentiva,
credendo di poter sempre fregare i suoi interlocutori anche quando
questi erano del calibro di Robin e Guy, i quali ormai avevano imparato
a conoscerlo.
Archer raccontava sì cose realmente accadute, ma
aveva poi il vizio
di
infiorettarle eccessivamente rendendole, così, poco
credibili e
più insisteva, più Guy e Robin si divertivano a
prenderlo
in giro, finché Archer iniziava a rispondere per le rime.
Uno
degli sfottò ricorrenti riguardava la differenza di altezza
tra
Guy e Kaelee, sottolineata sempre in modo molto colorito da Archer, il
quale riteneva anche che la ragazza fosse troppo delicata e dolce per
un bruto arrogante quale era Gisborne – non lo era
più in effetti,
ragion
per cui era concesso scherzarci sopra liberamente.
A quel punto, di solito, Gisborne rispondeva che il suo essere un
impostore cronico, nonché donnaiolo privo di controllo, lo
avrebbe
condotto alla forca se lui e Robin non fossero intervenuti per tirarlo
fuori dai guai, a York.
Poi era il turno di Robin che si autodescriveva come il fratello senza
peccato, quello buono, giusto e – con molta modestia
– assolutamente
perfetto.
Chiunque li avesse conosciuti separatamente non avrebbe creduto ai
propri occhi guardandoli così affiatati, così in
sintonia, e Guy sapeva quanto ancora alcuni abitanti del villaggio non
riuscissero a credere a ciò che vedevano: in fin dei conti,
per i più adulti, Robin Hood era il salvatore, l'eroe, il
buono, mentre Guy di Gisborne era l'assassino, l'esattore delle tasse,
il cattivo. Eppure, ormai, gli azzuffamenti dei tre uomini
erano diventati quasi proverbiali a Locksley, che lentamente si stava
abituando alla nuova situazione, tant'è che quando dei
ragazzini litigavano per la strada, gli adulti a volte commentavano
dicendo "Ma guardateli! Se continuano su questa via, finiranno come i
Tre".
Per tutti coloro che avevano infine accettato la presenza di Gisborne,
vedendo in lui una persona divera da quella che li aveva tormentati per
anni insieme allo Sceriffo, lui, Robin e Archer erano semplicemente "I
Tre", perché erano sì
fratelli,
ma lo erano in un modo così articolato che ognuno di loro
aveva
titoli e provenienze diverse, perciò si era deciso di
sintetizzare così, quando si parlava di ciò che
facevano
per il villaggio e a Gisborne questo non dispiaceva per niente
sentendosi lui davvero parte integrante della sua nuova famiglia.
Alla fine dell'ennesima piccola zuffa che aveva animato il Maniero,
Robin gli propose di fermarsi per la notte e prolungare
così il loro tempo insieme, ma la stanchezza aveva iniziato
a
farsi sentire e Guy, sostenendo di non poter essere per nulla di buona
compagnia, riuscì a defilarsi. Era, infatti, già
nel cortile quando fu costretto ad arrestarsi, visto che Archer aveva
deciso di uscirsene con un'altra delle sue.
«Qualcosa mi dice che ha
appuntamento con la sua bella», disse con una vocetta
maliziosa che gli fece venire la pelle d'oca, soprattutto
perché gli ci voleva poco a scatenare quei pensieri che
tanto difficilmente conteneva, nel rispetto di lei.
Se Kaelee fosse stata presente, Guy non sarebbe
semplicemente arrossito, ma avvampato a quella insinuazione: non era
affatto come Archer pensava, perché lui non era
più quel tipo di uomo che bada solo al piacere fisico e se
non lo era più era perché aveva conosciuto
l'amore ed era disposto ad aspettare anche anni, prima di condividere
un momento intimo con Kaelee. Preso da quei pensieri, – e da
altri più caldi, che vedevano la giovane donna in tutto il
suo splendore, pronta a concederglisi senza condizioni –
Gisborne decise di stare al gioco, si
voltò nuovamente in direzione dei fratelli e rivolse ad
Archer
uno dei sorrisi sghembi che ricordavano il Sir Guy di qualche tempo
prima.
«Geloso perché la tua Nettie non ha
ceduto?», domandò lasciando visibilmente Archer di
sasso.
«Non dici veramente!»,
esclamò sconvolto. «Non ti credo»,
aggiunse guardando poi Robin, che si godeva la scena
ridacchiando.
Gisborne fece spallucce, senza
smettere di sorridere all'espressione stupita di suo fratello.
«Io non ho detto niente», rispose infine con tono
innocente.
Archer,
che infine dovette aver capito il gioco, gli lanciò contro
una piccola
pietra e
tutti e tre risero di gusto ancora per qualche minuto prima di
salutarsi definitivamente,
con un sincero abbraccio.
Una volta rincasato, Guy si era preparato un bagno rilassante e poi si
era messo a letto, pensando a Kaelee.
Nonostante la stanchezza non si era addormentato subito.
I sedici anni di età che stavano tra lui e la ragazza
avevano
scatenato un forte senso di responsabilità da parte sua nei
confronti
di lei, tanto più perché aveva promesso a Dwight
che se ne sarebbe preso cura con tutto se stesso. Non che prima di
quello scambio con il maggiore trai i fratelli di Kaelee le sue
intenzioni con lei fossero diverse, naturalmente, ma l'aver conosciuto
una parte della famiglia della donna che amava, aveva reso tutto molto
più reale, concreto, quasi che l'aver dialogato di lei con
Dwight avesse ufficializzato in qualche modo la loro relazione. In cuor
suo Guy sperava che Kaelee fosse la donna giusta, quella con la quale
avrebbe condiviso il tempo che gli restava su quella terra, pertanto
l'istinto di proteggerla sempre e comunque, ad ogni costo, era del
tutto naturale in lui; il fatto, poi, che
Rudyard le desse la caccia, lo rendeva ancora più vigile e
nel
contempo preoccupato. Se da un lato aveva il vantaggio di aver
conosciuto Rudyard in passato, dall'altro non sapeva abbastanza di lui
per capire fino a che punto quell'uomo fosse disposto ad arrivare e la
preoccupazione stava diventando un elemento onnipresente nelle sue
giornate, tant'è che aveva anche pensato di chiedere a
Kaelee di trasferirsi da lui, in modo che potesse starle accanto ad
ogni ora
del giorno e della notte. Non era ancora riuscito a proporglielo
però, anche perché temeva che in questo modo il
loro rapporto sarebbe andato incontro ad un progressivo
logorìo, temeva che lei si sentisse oppressa dovendo
condividere per cause di forza maggiore uno spazio con lui. Eppure una
parte di lui credeva che quella potesse essere una buona soluzione per
limitare i rischi.
Il pensiero che potesse accettare, però, lo
riportò con la mente alle parole di suo fratello Archer,
anzi, all'allusione che l'uomo aveva fatto e inevitabilmente Guy
tornò a immaginare Kaelee tra le sue braccia, coperta solo
da una sottile veste che gli avrebbe lasciato intravedere forme
bellissime, completamente abbandonata a lui. Come avrebbe reagito se
avesse provato ad accarezzarle un fianco? Cosa gli avebbe detto se
avesse spinto le dita oltre la veste, sfiorandole la coscia, l'addome e
poi più giù? Era giusto un approccio di questo
tipo, in attesa di qualcosa di più intimo?
Immerso nelle tante domande e nei molteplici dubbi, infine
crollò senza accorgersene.
Nascosto nel buio della notte, Rudyard era pronto a mettere in atto il
suo piano.
Era rimasto in incognito a Locksley per tutto il giorno
anziché rientrare a Nottingham a metà giornata,
come aveva pensato di fare quando aveva raggiunto il villaggio quella
stessa mattina, aveva raccolto informazioni utili, aveva aspettato che
Gisborne rientrasse e, anche se per un momento aveva creduto che quello
sciocco si fosse fermato chissà dove per divertirsi un po',
appena lo vide mettere piede nell'abitazione sentì un calore
invadergli tutto il corpo. Dare la caccia ad un preda pensante e in
grado di contrastarlo realmente, infatti, lo eccitava oltre ogni dire,
quasi quanto la soddisfazione di vedere il sangue della sua vittima
scorrergli attorno agli stivali e sicuramente molto più di
una donnaccia disposta ad aprirsi a lui senza tanti convenevoli. Rudyard
ne aveva conosciute di donne come quelle e, dopo la breve ossessione
maturata in seguito alle prime esperienze, se ne era facilmente stufato
preferendo invece attirare a sé giovani ragazze ancora
vergini, per rovinarle definitivamente con il loro consenso; trovava
divertente giocare con i sentimenti delle sue giovani amanti,
convincerle che le avrebbe amate davvero, approfittare della loro
fiducia e poi sparire nel nulla. "Ma con Maude sarà
diverso", si diceva sempre.
Da una postazione favorevole aveva
osservato il rientro a casa del proprio avversario, sapendo che era
solo
questione di tempo, e quando fu certo di avere campo libero,
lasciò il proprio nascondiglio per introdursi
nell'abitazione di
Gisborne. Decise che tentare di entrare dall'ingresso principale non
era la più brillante delle idee, né la
più eccitante in effetti, quindi pensò a qualcosa
di più coinvolgente e pericoloso, che gli desse quella
carica che tanto gli piaceva. Quindi, dopo averci ragionato un po', non
fu così complicato trovare il modo per arrampicarsi ed
entrare direttamente dalla finestra al piano superiore.
Rudyard ebbe conferma, con grande entusiasmo e nonostante il buio, di
trovarsi proprio nella
camera
da letto dell'uomo; non riusciva a distinguere i contorni di
ciò che aveva attorno, così rimase immobile in
attesa che gli occhi si abituassero alla quasi totale assenza di luce e
nel mentre iniziò a valutare vari scenari: aggredire
Gisborne, semplicemente spaventarlo, oppure attentare direttamente alla
sua vita?
Non aveva con sé né spada,
né
arco, entrambi troppo ingombranti per portarseli dietro senza destare
sospetti nei panni di innocuo e affabile mercante, ma si era portato
dietro un fedele
coltello, che estrasse dal fodero, regalatogli da suo padre molti anni
prima e da cui non si separava mai.
"Che atroce dilemma! Se mi limito ad una burla, rischio di scoppiare a
ridere senza potermi trattenere, ma se lo ferisco e basta non
andrò via di qui pienamente soddisfatto. Quindi forse dovrei
ucciderlo, anche se così renderei le cose troppo semplici
alla mia cara sorellina, privandola in fretta del suo amore. Dovrei dar
loro almeno il tempo di accoppiarsi più di un paio di
volte... Magari Gisborne la mettesse incinta! Che soddisfazione sarebbe
uccidere Kaelee e il bambino non ancora nato sotto gli occhi di questo
sciocco nobile che ha rinunciato al potere! Sebbene anche uccidere lui
dinanzi a Kaelee e all'infante non sarebbe così male...
Bene, bene, che fare allora stanotte?", si ritrovò a pensare
mentre i contorni degli arredi iniziavano a manifestarsi più
chiaramente. Lentamente e silenziosamente si avvicinò,
quindi, al letto su cui
giaceva
Gisborne, profondamente addormentato o almeno così gli
parve, e i suoi pensieri
mentre lo osservava divennero ancor più indecenti e osceni,
oltre che violenti.
Se una parte di lui stava ancora valutando il modo migliore di agire
per causare sofferenza a Kaelee,
un'altra pensava al tempo che l'uomo trascorreva insieme a sua sorella
e si domandava se anche lei sapesse essere perversa come certe
fanciulle che lui aveva posseduto negli anni.
Illuminata dalla luce lunare che filtrava dalla finestra, la lama del
coltello scintillò nel buio della stanza e Guy
cambiò posizione.
Rudyard si bloccò per diversi minuti, respirando appena,
portandosi il coltello dietro la schiena, per evitare di commettere due
volte la stessa imprudenza, e accertandosi di non aver interrotto
irrimediabilmente il sonno di Gisborne prima ancora di poterlo
aggredire; eppure, dopo un po', quello si girò un'altra
volta di scatto, come se fosse disturbato da qualcosa che certamente
non poteva essere lui, quindi ipotizzò che stesse avendo un
incubo o qualcosa del genere.
"Oppure magari sta sognando di possedere mia sorella", pensò
rivolgendo un ghigno all'oscurità circostante.
Proteso verso il massiccio corpo di Gisborne, inerme quanto un
fanciullo, Rudyard si rese conto di non poter rischiare di essere
scoperto, quindi decise di muovere un passo alla volta appena l'uomo
sembrava essere tornato tra le braccia di Morfeo e a poco a poco, gli
fu così vicino che colpirlo sarebbe stato davvero questione
di un attimo.
Forse un sesto senso, forse una buona stella, forse solo il destino.
Attanagliato da un incubo orribile, Gisborne si svegliò di
soprassalto spaventando anche un intruso – della cui presenza
venne a conoscenza in quel momento – che
saltò all'indietro appiattendosi contro la parete. A sua
volta intimorito dall'inattesa presenza nella sua stanza, per un attimo
pensò di aver immaginato tutto sotto l'influsso del pessimo
sogno che era riuscito, per sua fortuna, ad interrompere. Nel tentativo
di placare i battiti del suo cuore e il respiro divenuto affannoso per
lo spavento, si guardò attorno e si rese conto che la stanza
era avvolta completamente dal buio, fatta eccezione per una piccola
porzione del legno del pavimento illuminata dalla luce lunare, e dal
silenzio, esattamente com'era giusto che fosse. Eppure qualcosa aveva
visto e sentito, poco prima, quando si era svegliato e infatti, mentre
cercava di raccogliere i brandelli di razionalità sparsi qua
e
là nella mente, scorse un'ombra contro la parete di fronte
a sé e gli si gelò il sangue. "Che i miei
fantasmi abbiano preso corpo adesso?", si domandò, ancora
confuso dalle immagini che il suo incoscio gli aveva propinato rendendo
quella notte agitata e terribile.
Guy proprio non riusciva
a
mettere a fuoco la situazione e non capiva che cosa mai potesse farci
un uomo in casa sua in piena notte, perciò per un momento
pensò ad
uno
scherzo di Archer, venuto a vedere se era insieme a Kaelee visto lo
scambio avuto con lui prima di rientrare, ma poi la
piccola porzione di lucidità che si era finalmente messa in
moto gli
suggerì che in tal caso si sarebbe già mostrato,
non avendo alcuna ragione di nascondersi al pari di un ladro come
faceva quell'ombra, che si ostinava a fondersi con il buio. Si
convinse, quindi, che qualcuno si era realmente introdotto nella sua
abitazione, per motivi a lui ignoti, e aguzzò la vista
mentre cercava mentalmente l'arma
più
vicina a disposizione: la spada era troppo lontana per raggiungerla
senza esporsi al pericolo e non aveva coltelli, né frecce a
portata di mano.
L'unica cosa che poté fare, quindi, fu continuare a scrutare
tra
le tenebre.
Senza preavviso udì un sibilo nell'aria seguito subito da un
rumore
sordo.
Gisborne non impiegò molto a rendersi conto che un'arma,
probabilmente un pugnale, un coltello o uno stiletto, aveva
attraversato la stanza piantandosi nella parete alle sue spalle,
mancandolo per poco più di un soffio – il che
poteva voler dire o che l'intruso avesse una pessima mira, oppure che
volesse soltanto minacciarlo o spaventarlo, o ancora che si sentisse
messo alle strette e
per questo avesse agito d'istinto, mancando il bersaglio. Comunque
stessero le cose, Gisborne pensò che il buio fosse uno
svantaggio per entrambi, così decise di rimanere immobile
per non facilitare il compito all'aggressore,
chiunque egli fosse e nel caso in cui disponesse di altre armi, e nel
frattempo pensare al da farsi.
"Almeno adesso ho un'arma a disposizione", rifletté,
valutando l'ipotesi di rilanciare al mittente la lama augurandosi di
ferirlo e scoprirne l'identità, ma fu presto libero da ogni
tipo di minaccia dal
momento che poco dopo il tentato omicidio, l'ombra si tuffò
nella finestra
e
scappò via velocissimamente.
Altrettanto celermente, Guy si affacciò a quella stessa
apertuta e poté vedere l'aggressore dileguarsi nella notte:
si trattava sicuramente di un uomo ed era evidente che, chiunque fosse,
non aveva intenzioni amichevoli, il che restringeva significativamente
il ventaglio di sospetti.
Quindi scese in fretta al piano inferiore, senza neanche preoccuparsi
di prendere il coltello, ma invece di seguire
l'intruso corse al Maniero per informare Robin e Archer dell'accaduto e
decidere con loro come fosse più opportuno comportarsi.
Fu semplice per tutti e tre far cadere i sospetti su Rudyard, ma prima
di muovere accuse infondate decisero di attendere, perché se
si
fosse trattato davvero del fratello di Kaelee, certamente non avrebbe
esitato a replicare l'assalto e se davvero era stato lui ad
intrufolarsi in casa di Guy, poteva voler dire soltanto che l'uomo si
era sistemato
nelle vicinanze.
Temendo infine che, sempre ammesso che fosse Rudyard l'ombra nella
stanza di Gisborne, l'uomo potesse presentarsi a casa di Kate e Kaelee
per minacciare anche loro,
i tre fratelli raggiunsero le donne e, senza raccontare
dell'aggressione, ma riferendo solo voci secondo cui un uomo sospetto
era
stato visto a Locksley nel pomeriggio e scusandosi per l'ora tarda,
fecero in modo che fossero al
sicuro: si decise, infatti, che abitare da sole quella casa non era
opportuno,
specialmente di notte,
quindi Kate andò a dormire da Much – al quale
Robin
raccontò la verità, chiedendogli però
di tacere
categoricamente a riguardo – mentre Kaelee e Guy si
trasferirono al
Maniero di Robin e per la prima volta condivisero un letto per una
notte intera.
Ora che i Tre erano tutti sotto lo stesso tetto, pronti a
proteggersi l'un
l'altro come era già accaduto a Nottingham contro Vaisey,
Rudyard o chi per lui non avrebbe avuto vita semplice,
perché i Tre erano un'unica, forte, entità che
né
Rudyard, né nessun altro avrebbe potuto facilmente
distruggere.
Il capitolo è stato rieditato in
data 23/12/2015.
Il lavoro non ha comportato modifiche a livello di trama ed
è invece consistito nella revisione della forma e
nell'aggiunta di qualche dettaglio e informazione.
N.d.A.
Rieccomi con le consuete precisazioni per coloro i quali hanno
scelto di leggere questa storia trattandola come un'originale.
Il riferimento ad Allan come doppiogiochista deriva direttamente dalla
serie tv – fin dai primi episodi Allan ha dimostrato di
tenere
molto alla propria vita e quando è stato costretto a
scegliere
tra morire per mano di Gisborne e collaborare con lui fornendo
informazioni sui movimenti di Robin Hood e della banda, ha scelto di
tradire; in sua difesa va detto che non ha mai rivelato la posizione di
nessuno degli accampamenti, preservando così i suoi compagni
da
cattura e
morte certa; anche quando è stato scoperto dall'arciere e
costretto a lasciare la banda, Allan alleandosi con Gisborne non ha mai
tradito per davvero, rivelando solo una parte delle informazioni a sua
disposizione e
facendo avere delle soffiate alla banda attraverso Lady Marian,
anch'essa spia nel Castello di Nottingham – perciò
ho
pensato di far emergere qui anche questa parte del suo carattere. Much,
nella serie tv ha il vizio di dire "Lo sapevo!", perciò
quando
ne ho l'occasione provo a giocarci. Anche Gisborne che appicca un
incendio a casa di Lady Marian è
un evento mostrato nella serie tv, così come lei che lo
abbandona all'altare; lo stesso vale per il destino della Chiesa di
Locksley: il Principe Giovanni le ha davvero dato fuoco, con una coppia
di sposi e relativi invitati all'interno. Il nome Maude, invece,
è preso in prestito dal Robin Hood di Alexandre Dumas, anche
se
il personaggio da lui creato non ha nulla a che fare con queste
vicende. Se ci fossero domande, sono a
disposizione.
Mi piace pensare che Guy, Robin e Archer si siano lasciati
alle spalle
il passato, che Robin abbia perdonato definitivamente Guy e che
quest'ultimo si comporti realmente da fratello maggiore sia per lui che
per Archer. Mi piace pensare che siano davvero una famiglia, che
insieme "I Tre" possano vegliare su Locksley, Nottingham, gli amici e
le persone che amano.
Chiedo scusa per l'alternanza temporale, ma mi sembrava giusto non
abbandonare i fratelli di Kaelee senza dar prima loro uno sguardo.
Spero, come sempre, di non aver scritto troppe cavolate e vi ringrazio
per il tempo che dedicate alle mie storie.
Alla prossima!