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Autore: Kira Nikolaevic    12/05/2015    3 recensioni
Ok... salve. questa è la prima storia originale che pubblico, e, nonostante sia ambientata -come si capisce dal titolo- su un galeone pirata, non vuole essere una storia tipo romanzo storico... anche se le mie ricerche le ho fatte! ;P
DAL TESTO:
"Dopo qualche ora, intorno alle sette della mattina, sentì una voce chiamarla dal ponte “Ehi! Ragazzina! Nimue!” si trattava di Steven, il braccio destro del capitano della nave, il suo luogotenente.
Si girò verso l’uomo. “Si? Che c’è Steven?” disse con quel suo leggero accento francese.
“Il capitano ti vuole nella sua cabina. Ha detto che vuole parlarti.” disse l’uomo. La benda su un occhio e il dente d’oro a luccicare mentre parlava.
“Va bene. Arrivo.”
Si rimise in piedi e percorse a ritroso il bompresso camminando veloce, mantenendo un equilibrio impeccabile, per poi saltare giù, atterrando con grazia e leggerezza sul ponte e correre veloce come il vento verso la cabina del capitano, che si trovava a poppa. Steven rimase lì ad osservarla quasi come incantato dai movimenti della ragazza. Accidenti! Più cresce, più diventa bella... pensò tra sé e sé grattandosi la barba ormai grigia."
bene... spero vi abbia incuriosito... quindi, buona lettura! Kira
Genere: Avventura, Fluff, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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Massalve! Quanto tempo, eh? Lo so... chiedo scusa per l’enormissimo ritardo... ho avuto dei ‘problemini’ con questo capitolo, che a dirvela tutta, è stato un parto scriverlo. Ma vi lascio al terzo ed attesissimo (?) capitolo delle avventure di Nimue! Ci vediamo giù! Un baciooo!! ;*
 
 
TRE
-
Londra.
 
 
Fu un fastidiosissimo raggio di sole sugli occhi a svegliarla.
Aprì gli occhi lentamente, facendo entrare con cautela la luce nel suo campo visivo. Sbatté un paio di volte le palpebre per potersi abituare a quella luce molto forte e riconobbe a stento il luogo in cui si trovava. Era la sua camera. Nella casa a Londra del padre.
“Nim! Grazie al Cielo ti sei svegliata” quella voce.
Perché lui era a casa sua? A Londra, tra l’altro.
“S...Simon?” disse con voce confusa e impastata dal sonno.
“Dimmi Nim”
“Perché diamine siamo a Londra, nella casa di mio padre e non a bordo della Regina?”
“Non ricordi nulla?”
La ragazza negò, sempre più confusa da quella situazione.
“Ti ricordi quando, l’altro giorno, sei venuta qui a Londra per l’anniversario della morte di tua madre?” Nimue annuì. Era una delle poche cose che ricordava.
“Si... mi ricordo di tutto ciò che è accaduto fino a quando non è arrivato mio padre, poi... credo di avere un vuoto tra i miei ricordi... cos’è successo, Simon?”
“Sei svenuta tra le braccia di tuo padre... avevi la febbre molto alta. Ti abbiamo portato di corsa qui a Londra, nella casa di tuo padre e lui ha fatto immediatamente venire un dottore. Hai dormito per tre giorni” disse quasi tutto d’un fiato Simon, con la voce carica d’apprensione.
Nimue arrossì e nel medesimo tempo sorrise. Le faceva piacere sentire che Simon si fosse preoccupato per lei.
“Steven?” chiese, notando che l’uomo, sempre al fianco del suo capitano, non fosse presente.
“L’ho mandato dagli altri, prima di venire velocemente qui a Londra”. Nimue annuì.
“E mio padre?”
“All’inizio ha ringraziato me e Steven, per esserci presi cura di te in questi anni, poi, quando ti ha sentito la fronte calda, quasi ustionante, ci ha urlato contro chiedendoci come avevamo potuto non accorgerci che avevi la febbre, così alta, poi. E che non avremmo mai dovuto permetterti di venire a Londra da sola...”
“Hm. Capisco... e durante il tragitto dalla baia fino a Londra, di cosa avete parlato?” a quella domanda, Nimue vide il volto di Simon, colorarsi leggermente di rosso, mentre lui si muoveva a disagio sulla sedia in legno accanto al letto su cui lei era sdraiata. Poi lui si schiarì la voce, per mandare giù il groppo che gli si era formato in gola.
“Di niente... Guillaume, tuo padre, nonostante ce l’avesse a morte con me per averti lasciata andare in giro da sola, a novembre, con questo freddo, mi ha detto che mi perdonava, giusto perché ti ho accudita durante questi ultimi dieci anni, e perché mi sono preso cura di te e della tua salute, e mi ha offerto la possibilità di stare qui, in casa vostra, per questi giorni” prese fiato, poi continuò “È stato molto... gentile. Mi ha risparmiato la fatica di andare a cercarmi un posto in cui dormire, girando come un matto per la città, rischiando di venire arrestato...”
“E quindi, dove hai dormito in questi tre giorni? E, soprattutto, hai dormito?”
“Certo che ho dormito.” rispose quasi brusco, pur di sviare la domanda ed evitare l’argomento. “Vado a chiamare tuo padre. Mi aveva pregato di andarlo a chiamare quando ti saresti svegliata...” disse, alzandosi  e dirigendosi verso la porta della camera che dava sul corridoio.
“N-no... Simon...” provò a  fermarlo Nimue. Ma lui si era già chiuso la porta dietro le spalle.
Pochi minuti dopo, entrò in camera di Nimue il padre di lei. I capelli che teneva sempre ordinati, erano spettinati, non curati. Il volto pallido, stravolto. La barba incolta.
Nimue, mon cher! Comment êtes-vous?(Nimue, mia cara! Come stai?)” chiese tutto concitato con gli occhi lucidi dalla gioia.
Nimue vide Simon che se ne stava sulla soglia della porta, senza accennare ad entrare.
Pére...(Padre...)”. Simon sorrise mestamente verso la ragazza e chiuse la porta, restando fuori.
“Nimue... cara, dobbiamo parlare”.
Udite quelle parole, Nimue ebbe un tuffo al cuore; vide Simon sorriderle tristemente, un sorriso tirato, mentre chiudeva la porta della sua camera.
 
 
***
 
Era giusto così. Non avrebbe mai potuto decidere della sua vita, nonostante l’avesse voluto con tutto il cuore. Nonostante l’avesse cresciuta lui. Nonostante l’avesse vista crescere... maturare... diventare la donna che era ora.
L’uomo che era suo padre, aveva ragione. Ricordava ogni singola parola che gli aveva detto durante il tragitto fino a Londra, e ogni volta che ripensava a quel discorso, sentiva una violenta fitta al cuore che lo trafiggeva con una stilettata di dolore allucinante.
 
Tre giorni prima.
14 Novembre 1695.
Steven si era appena avviato verso la Regina con la scialuppa con cui erano arrivati per riprendere Nimue. Il vento freddo di novembre, sferzava i loro visi. Il suo, quello di Nimue,inerme tra le sue braccia, e quello del padre di lei.
Una volta pronti, erano saliti sulla carrozza con cui era giunto Guillaume Bonnefoi. Simon era salito per primo, adagiando delicatamente sul sedile imbottito il corpo ancora inerme di Nimue, posizionando la ragazza in maniera tale che potesse stare il più comoda possibile.
Dopo alcuni istanti di silenzio imbarazzato, Guillaume aveva iniziato a parlare.
“Monsieur, vi sarò infinitamente grato per esservi preso cura di mia figlia. E vi ringrazio anche per averla riportata da me, nonostante siano passati ben dieci anni.” Mentre parlava, l’uomo aveva dipinto sul viso un sorriso estremamente soddisfatto. Come se avesse appena concluso un ottimo affare, che gli avrebbe fruttato molto.
Nonostante Simon non l’avesse assolutamente riportata all’uomo, non aveva osato fiatare e, di conseguenza, interrompere il discorso vuoto di quell’uomo. Pur essendo un pirata, era e restava comunque, un uomo educato, lui.
“Ora che Nimue è tornata a Londra, dovrà prendersi la responsabilità che richiedono da lei la sua età attuale e la società. Non posso di certo lasciare che mia figlia conduca una vita differente dalle giovani donne della sua età, non credete anche voi, monsieur Simon?” sentitosi chiamato in causa, il capitano, aveva annuito distratto e assente. In quel momento aveva ardentemente desiderato che quel discorso si concludesse subito. E, in più, mai e poi mai avrebbe riportato a Londra Nimue, sapendo perfettamente ciò che l’avrebbe aspettata.
“Bene. Vedo che avete capito la situazione, monsieur. E mi auguro di non dovervi più vedere qui a Londra, soprattutto quando Nimue avrà portato a termine i suoi doveri di giovane ricca di Londra. Per i giorni che serviranno a mia figli per riprendersi dalla febbre, ed il tempo necessario per concludere il tutto, potete rimanere in casa mia. Dopodiché, sarete libero di lasciare Londra e di non farvi più vedere, proprio come avete proposto voi, monsieur Simon.”
 
Simon ripensando a quella conversazione si sentiva combattuto con se stesso.
La parte più razionale di Simon gli diceva che era giusto così. Che Nimue avrebbe dovuto condurre la sua vita come meglio preferiva, se era quello a renderla felice.
La parte più impulsiva gli diceva che Nimue non avrebbe mai accettato quel tipo di vita che il padre le proponeva. La conosceva troppo bene.
E poi, dopo tutti quegli anni non si voleva separare da lei. Le voleva un bene dell’anima, non avrebbe mai potuto sopportare quella separazione forzata.
In quel momento dalla camera di Nimue, uscì il padre di lei, seguito dalle parole fredde della ragazza. “Ve lo ripeto. Mai e poi mai, pére!” Simon notò che in quel ‘padre’ detto alla francese, la ragazza aveva sputato fuori il suo dissenso e disgusto.
 
Quella sera Nimue era abbastanza in forze per poter cenare nel salone con il padre e Simon. Consumarono il pasto in un silenzio tombale, rotto solo dal cozzare delle posate in argento sui piatti di porcellana finissima. Simon non osava minimamente aprir bocca, con il timore che tutta la rabbia di Nimue, repressa a stento, si potesse riversare su di lui. Guillaume non parlava, convinto che la figlia necessitasse di tempo per riflette sul discorso che avevano fatto quella mattina, per poi acconsentire, tornando la figlia obbediente e devota che era da bambina. L’uomo non mancava di lanciare occhiatacce nei confronti del capitano pirata che sedeva alla sua tavola, perché era solo colpa sua se Nimue era diventata così ribelle e ‘indipendente’. Nimue, dal canto suo, si costringeva a stare zitta e non fiatare. Conoscendosi, avrebbe fatto scatenare un putiferio in quella casa, rischiando di richiamare l’attenzione delle guardie cittadine e, di conseguenza, mettere in pericolo Simon.
 
Passarono altri due giorni perché Nimue si potesse riprendere completamente dalla malattia.
Era notte e la luna faceva da regina. Illuminava con la sua pienezza la strada a due ombre. Guidava i loro movimenti furtivi nella stalla della casa di Guillaume Bonnefoi.
“Sei sicura di quello che fai?” chiese l’ombra più alta all’altra mentre sellava il cavallo da lei scelto.
“Certo che sono sicura. Dopotutto, è la mia vita. Sarà anche mio padre, ma non può di certo decidere della mia vita. È mia e ormai ho imparato a gestirmela come voglio. E poi, diciamoci la verità: mi ci vedresti mai in una situazione simile?” rispose l’altra che, finito di sellarsi il cavallo, montò agilmente in groppa all’animale.
In quel momento davanti all’entrata delle stalle, si stagliò una figura con una lucerna in mano. “Chi siete? Cosa volete? PADRONE! PADRONE! I LADRI!” urlò l’uomo, che Nimue capì era Arthur. I due sentirono le campane d’allarme della casa di Guillaume Bonnefoi.
“Maledetto!” disse a denti stretti la ragazza, incitando il cavallo al galoppo per uscire il più velocemente possibile dall’ edificio in pietra e legno.
Nel silenzio della notte si sentiva solo il rumore provocato dagli zoccoli dei cavalli sulla strada acciottolata della città.
“Per uscire è meglio percorrere il fiume. Le porte della città sono chiuse a quest’ora e sicuramente ci saranno delle guardie a tenerle d’occhio, avranno sicuramente sentito le campane d’allarme che mio padre ha fatto suonare. Prenderemo un’imbarcazione di mio padre, deve essere abbastanza grande per poter trasportare anche due cavalli. Non sarà difficile trovarla. Percorreremo un tratto del Tamigi abbastanza lungo. Quel che basta per poter arrivare abbastanza velocemente alla baia dov’è attraccata la Regina. Va bene?”
Simon era sorpreso da quanto velocemente Nimue avesse elaborato quel ‘piano di fuga’, essendosi ritrovati entrambi in una situazione di pericolo da cui dovevano uscirne incolumi per poter raggiungere insieme la Regina. Annuì stupito ed incredulo. Aveva cresciuto il pirata perfetto, magari più in là nel tempo sarebbe potuta anche diventare un capitano.
Nimue si diresse verso gli attracchi del porto, seguita da Simon, alla ricerca dell’imbarcazione di cui avevano bisogno.
Nimue riuscì nel suo intento, aveva trovato una chiatta dalle dimensioni giuste. In quel momento giunse un drappello di guardie cittadine che iniziò a sparare nella loro direzione, seguiti dalle urla del comandante che diceva di fare attenzione a non prendere la ragazza. Nimue fu colpita da una pallottola al braccio sinistro, cacciando un grido di dolore, seguitando subito ad urlare il nome del giovane uomo con lei, che invece fu colpito al polpaccio destro.
Nonostante il dolore al braccio, Nimue riuscì a far muovere sull’acqua la barca.
Si aiutarono a medicarsi le ferite. La ferita di Simon era solo superficiale, mentre quella di Nimue era profonda. La pallottola era rimasta nella carne del muscolo, quindi l’uomo si premurò di fasciarle il braccio in maniera tale da fermare la circolazione del sangue, evitando che la ragazza ne perdesse più del dovuto.
Il tempo che impiegarono per percorrere il fiume, lo passarono per lo più in silenzio, Nimue si addormentava di tanto in tanto per la stanchezza mentale data dalla febbre che aveva appena passato e per il dolore al braccio, ma solo per pochi minuti. Simon la lasciava riposare tranquillamente, conscio del fatto che ne aveva bisogno, per poter arrivare lucida alla Regina.
Quando l’imbarcazione urtò contro una secca del fiume, Nimue si svegliò di soprassalto, si guardò intorno e grazie alla luce prodotta dalla luna, capì che erano arrivati.
“Siamo arrivati. Ora dobbiamo solo attraccare e scendere a riva. Ce la fai, Simon?” chiese preoccupata più per le condizioni del suo capitano che per le sue, molto più critiche.
“Certo che ce la faccio. Vieni, ti aiuto a salire a cavallo” disse lui sorridendo mentre la prendeva in braccio per aiutarla a montare sull’animale.
 
 
ANGOLINO AUTRICE: Ciao a tutti! ... di nuovo. Bene! In questo capitolo, come avrete letto, veniamo a conoscenza della vera natura di Guillaume Bonnefoi, il padre della nostra cara Nim (forse). Chiedo di nuovo scusa per il ritardo, e, siccome ci ho passato mesi a lavorarci, non so come sia venuto alla fine. Vi chiedo, quindi, di farmi sapere le vostre impressioni, come sempre :). Spero di sentirvi anche qui!
Ringrazio per le recensioni MissKiddo e speranza_illusione (spero vi sia piaciuto anche questo capitolo :D), chiunque abbia messo tra le ricordate/seguite/preferite la storia e anche voi, lettori silenziosi! ;).
Spero di poter pubblicare il prossimo capitolo il più presto possibile! Un bacio a tutti, Kira :* Ah! se volete, e se vi va, potreste mettere mi piace alla mia pagina fb? grazie! Pubblicherò immagini delle storie e disegni fatti da me, forse li pubblicherò, e vi aggiornerò sull'andamento della stesura dei capitoli.
  
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