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Autore: serelalla    16/05/2015    10 recensioni
Decisamente OOC, l'essenza stessa dell'OOC...oh, ma c'è tutto! C'è Oscar vestita da donna al ballo con Fersen, c'è la lenta agonia, ci sono gli amori di Alain Andrè e Girodelle per Oscar, il mito del tavolino rovesciato, il mestolo simbolo della nonna...solo che avevo voglia di giocare e a forza di mischiare le carte ne è uscita una storia un po' assurda con una girandola di personaggi: Oscar, Madame, il Generale, la piccola LouLou, qualche personaggio nuovo e persino una delle Fate della Bella Addormentata come Guest Star! (sotto mentite spoglie, ovviamente!) E con la gentile partecipazione di una Manga Principessa che apparirà in un delizioso cameo...E c'è una misteriosa filastrocca che...
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: Incompiuta
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E' da tempo ormai che non aggiorno questa storia. Era mia intenzione in questi giorni scriverne un altro capitolo e sembrava che l'embrione di un'idea stesse sbocciando da qualche parte nel mio subconscio, ma, complici gli impegni e vari stati d'animo quel capitolo non ha visto la luce. Non fraintendetemi, la storia è chiara nella mia mente e i capitoli nodali sono per lo più anche scritti, ma manca ancora un enorme lavoro per creare l'intreccio e poi dipanarlo. Quindi vorrei, a malincuore, tornare all'idea di pubblicare quanto in mio possesso con piccole note di collegamento. Sono cosciente e mi dispiace tanto che la storia perda tanto così. Anche perchè c'erano un paio di idee buone e un paio anche innovative che mi sarebbe piaciuto approfondire. Forse un giorno lo farò, ma per ora mi limito a rendervi noto quanto era nella mia testolina. O almeno parte di esso. L'intreccio, come sapete, è totalmente basato su una serie di fraintendimenti e di incroci amorosi. Andrè, Alain, Diane, Loulou, Girodelle, Fersen, Maria Antonietta e persino il Re credono che l'oggetto del proprio amore non solo non lo ricambi, ma ami un altro protagonista di questo complicato intrigo. Al momento del ballo lo schema è già più delineato rispetto a quanto appare da quello fino ad ora pubblicato. Ma molte di voi aspettavano questa scena ed essa è una di quelle già parzialmente scritte, quindi io ve la proporrei con le dovute note di collegamento. Il capitolo doveva essere immediatamente preceduto dal Cameo annunciato nel trailer. Zia Serena prepara Oscar per il ballo e...


-Ricordi quella favola che ti raccontavo quando eri piccola?- Disse Zia Serena mentre le pettinava dolcemente i capelli. Oscar annuì.
-Quella della Principessa costretta a farsi credere un maschio per non far cadere il Regno nelle mani del perfido zio!- Ricordò.
-Sì…aveva un bel nome che mi ricordava i tuoi occhi…-
Oscar ridacchiò.
-Ohhh, ebbene sì: sono un’inguaribile romantica, signorinella! Che c’è di male? Oh…quante storie per un po’ di sdolcinatezze! Ahhh, se fosse l’uomo dei tuoi sogni a paragonare i tuoi occhi a degli zaffiri lucenti non faresti così la schizzinosa!- borbottò offesa.
Ma che uomo dei suoi sogni? La confondeva ancora con una delle sue sorelle? O delle sue nipoti?
-Ma io sono un soldato, Zia! Quella principessa aveva due cuori: uno da donna ed uno da maschio…lei poteva scegliere! Io non posso vivere con un cuore a metà!- Protestò, tutta la sua disperazione in quelle frasi accorate.
-Certo che no, bambina! Che cosa assurda!- Oscar la fissò attraverso lo specchio.
- Quello che trovo singolare è che tu difenda strenuamente solo la metà del soldato…ma non è anch’essa solo metà?- Chiese sconcertata Zia Serena.
Oscar si voltò sconvolta.
-Che c’è tesoro mio?- Oscar non le rispose, una nuova consapevolezza nella sua mente. Non aveva mai pensato all’altra metà, era sempre il soldato che difendeva, quello per cui lottava, ma la sua parte di donna? Non era poi metà anche quella?
-Oh, devo aver detto qualcosa di veramente importante a giudicare dalla tua faccia, cara…-
Oscar annuì e tornò a rivolgersi allo specchio.
-Sì…credo di sì, Zia…anche se non so bene cosa farci…ancora…- mormorò.
-Oh, ricordi quella favola che ti raccontavo da bambina? Quella che ti faceva sentire meno strana?- cinguettò la Zia allegramente. Poi si interruppe notando l’espressione di Oscar.
-Te l’ho già rammentata vero? Oh, non farci caso piccola…-Sorrise e si allontanò per ammirare meglio la sua opera.
-Sei davvero bellissima questa sera…Andrè non riuscirà a toglierti gli occhi di dosso un solo istante!-
Oscar si alzò di scatto.
-Andrè? Che c’entra Andrè? Ad Andrè non importa niente di me! Lui è d’accordo con mio padre…vogliono che io sposi Fersen…-
Zia Serena si battè una mano sulla fronte.
-Fersen! Ecco come si chiamava il tuo promesso sposo!...E non è quel bel ragazzo alto, vero?-
-Alain? Ma per l’amor del cielo, Zia!-
-No, certo che non lo è…no…è Fersen…ma chi è Fersen adesso?-
Oscar sbuffò, rassegnata.
-Un conte svedese! Mio padre vuole che lo sposi ed Andrè è d’accordo!-
-Andrè è d’accordo, dici? Sei sicura? Beh, deve essere così…d’altra parte A palazzo Jarjayes…sì, certo…quindi Andrè è d’accordo…Beh, che problema c’è allora? Non ti sei sempre fidata di Andrè?- Le chiese.
-Ma…-Oscar cercava il modo di spiegare a quell’assurda donna, ma come poteva se non il suo cuore non era chiaro nemmeno a lei stessa?
-Poche storie, su… è ora di fare il tuo ingresso trionfale…sarà meraviglioso…e Andrè non ti toglierà gli occhi dosso!-
-Andrè non c’entra!- Oscar battè il piede, stizzita. Ma Zia Serena stava già dirigendosi fuori dalla stanza canticchiando e non le rivolgeva la minima attenzione.
-Oh, Oscar, vuoi rinunciare al tuo cuore rosa senza nemmeno farlo battere un pochino?- Le disse fermandosi sulla soglia.- Ricordi quella favola che ti raccontavo quando eri piccola?...Oh, sì…devo avertene parlato di recente!...Non fare attendere oltre gli ospiti…tuo padre ci tiene tanto a questo ballo…Hai idea del perché?...Beh, non importa…Sarà una gran bella festa!-
Ed uscì dalla stanza quasi saltellando dalla gioia.
Oscar scosse il capo osservando la porta chiudersi. Zia Serena era incorreggibile. Eppure…Quello che le aveva detto…Sentiva troppe diverse sensazioni agitarsi in lei.


Dopo di che ha inizio il ballo. Le presentazioni vengono fatte, gli sguardi si incrociano e si confondono. In particolare Andrè...


Andrè si ritrovò ad osservarli dall’altro capo del salone. Oscar e Fersen.
Sì, è giusto così.  Pensò.
I colpi di testa di Oscar erano divenuti ingestibili. La capiva, in fondo. Sempre divisa tra la sua natura e l’educazione ricevuta cercava disperatamente un’identità che riuscisse a sentire sua.
Una rosa resterà sempre una rosa.
Le parole del Generale gli tornarono in mente. Aveva ragione.
 Una rosa non sarà mai un lillà. Sì, aveva ragione.
Crescendola come un maschio le aveva impedito di godere delle gioie a cui le donne sono destinate. Il Generale l’aveva ammesso serenamente quella sera nel suo studio. Era ora di rimettere le cose a posto. Era sembrato giusto anche a lui, quella sera.  Si era sempre occupato lui di Oscar, sarebbe stato un pensiero in meno. Oscar sarebbe cresciuta, forse rasserenata.  Eppure…
Una rosa…Sarebbe rimasta una rosa. Nel giardino di Fersen.
-Cosa mi nascondi, Andrè?- Non si era accorto che Oscar gli si era avvicinata.
La osservò cercando ti trovare qualcosa da risponderle. Si accorse che non poteva dirle nulla di quei sentimenti che gli si agitavano nel cuore.
Una rosa. Nel giardino di Fersen.
-Indosso un vestito da donna, ma non sono stupida. Riesco ancora a vedere chiaramente nel tuo cuore, Andrè. Dimmi cosa ti preoccupa.-  Erano così semplici le cose quando eravamo bambini.
Andrè chinò il capo e ridacchiò. –Scusate, ma chi siete? Forse una contessa straniera?-
Oscar lo fissò esterrefatta, poi rise. –Sì, non ho voluto rendere noto il mio nome- Rispose stando allo scherzo.
Da un angolo del salone risuonarono delle note.  I violinisti si  erano alzati ed avevano cominciato a suonare.
 Andrè si inchinò. –Mi concede l’onore?-
Oscar annuì divertita e gli porse la mano. Un attimo dopo si ritrovò a volteggiare fra le sue braccia al centro della sala.

E così Oscar concede una danza ad Andrè, ma tra loro vige ormai un rapporto conflittuale fomentato dai colpi di testa di Oscar, dal suo bisogno di trovare il suo posto nel mondo, dalla responsabilità di Andrè di occuparsene secondo il volere del Generale a cui è legato da un rapporto di affetto e rispetto (sono i soli uomini in una casa di damigelle!) e apparentemente anche da qualcos'altro. Qualcosa di non detto, ancora. Forse accennato in qualche gaffes, forse temuto per certi versi. Qualcosa di no risolto che genera tensione. Il contatto, seppur ridotto alle sole mani, durante il ballo acuisce questi tensione ed i due cercano di nasconderla all’altro e, prima ancora, a loro stessi. Cominciano a punzecchiarsi e i toni salgono, le parole sfuggono. I due si rifugiano in terrazza per non farsi udire. Sono uno di fronte all’altra. Andrè poggia la mano sinistra sulla balaustra e rivolge lo sguardo su Oscar che a volte lo corrisponde, a volte lo fugge. I riccioli dell’acconciatura accarezzano a tratti la sua spalla acuendo la sensazione che lo sguardo di Andrè sul suo corpo, fasciato da quell’insolito abito, le provoca. Ricordano di quando erano bambini, ma la tensione è troppo forte. Finiscono col sfogarla nell’unico modo che riesce loro semplice: litigano. E cominciano a rinfacciarsi eventi del loro passato. Ma il bisogno che sentono li riporta comunque all’argomento in questione e cominciano a rinfacciarsi un evento ben preciso.

-Avevo quindici anni, Oscar! A quell’età si è…un po’…irruenti…ecco…irruenti…-
-Irruenti, Andrè?- Il tono alzato di un’ottava. –Irruenti? Tu mi hai…- un acuto soffocato. Oscar si guardò intorno per assicurarsi che nessuno li sentisse, lì su quella terrazza, al freddo.
-…Tu mi hai infilato le mani sotto i vestiti, Andrè!- gli ringhiò, ma sottovoce. Andrè inghiottì imbarazzo rimanendo di fronte a lei, la mano poggiata sulla balaustra che strinse un po’ di più. Lo ricordava. Eccome se lo ricordava.  Avvicinò un po’ di più il viso al suo e…
-Anche tu!- sparò. Oscar sussultò, arrossì e spezzò un sospiro. Tutto insieme. Lo ricordava. Eccome se lo ricordava.
Nessuno dei due riusciva a distogliere lo sguardo da quello dell’altro. Il ricordo di quella sera era ancora vivo nei loro desideri e il desiderio di quel ricordo accendeva quell’attimo di presente.  Oscar si succhiò il labbro inferiore, gli occhi di Andrè scivolarono sulla sua bocca. Strinse il pugno nel tentativo di trattenersi. Un attimo era bastato cinque anni prima per ritrovarsi quelle labbra sulle sue, le mani a slacciar bottoni, a cercare la sua pelle. E le mani di lei…
Un grido, dal giardino. Un grido di donna.
Oscar raccolse le gonne e si precipitò verso quella richiesta d’aiuto. –Chi è là?- Intimò correndo. –Mostratevi!-
Andrè le era appena un passo indietro. Oscar si fermò all’istante nello scorgere la bella dama dai magnifici riccioli biondo ramato tra le braccia del Conte di Fersen. –Voi?...- Chiese incredula.
-Oh, madamigella non potevo perdermi la vista di voi in un abito femminile! Ho convinto il Capitano Girodelle  a farmi uscire in incognito!- Cinguettò la donna. –Siete meravigliosa, amica mia.-
-L’ho scorta che si intrufolava dall’ingresso del giardino e sono intervenuto.- sentenziò il Conte. –Ma non mi aspettavo di ritrovarmi tra le braccia una dama certamente di nobile famiglia e  così bella e con un sorriso così soave. Vi prego ditemi il vostro nome…Oh!- La punta di un pugnale puntato alla gola lo bloccò.
-Oscar…-  Andrè trattenne il respiro. Oscar si era frapposta tra il Conte e la misteriosa dama e minacciava Fersen con uno sguardo carico d’ira.
E allora la vide e comprese. Comprese che le teorie botaniche del Generale erano stupidaggini.
Osservava rapito quel volto accesso, quello sguardo turchese di un ghiaccio infuocato, i riccioli scomposti che le scendevano sulle spalle e le accarezzavano la scollatura, il seno mosso dal respiro appena affannoso, il corpo teso e pronto all’attacco, le gonne sollevate a scoprire il nastro che fermava la calza sulla coscia sinistra, dove aveva nascosto il pugnale. Quel lembo di serica pelle che preludeva a morbidezze inebrianti, a quel calore umido dove aveva immerso le dita anni prima…Un dio Marte donna. Ancor più rosa grazie alla follia di un padre che ne voleva fare un lillà.
Era perduto, ora lo sapeva. E lei sarebbe andata via con quel Conte il cui sguardo indugiava in quello della dama dietro le sue spalle. E che lo ricambiava.
-Conte Hans Axel di Fersen!- La voce ferma di Oscar spezzò l’incanto. –Se volete parlare a questa dama chiedetele udienza a Versailles, perché vi trovate di fronte a Sua Maestà la Regina Maria Antonietta di Francia!-
Il Conte sbiancò- Io non credevo! Vi prego di perdonarmi, Vostra Altezza-
La Regina uscì dal suo riparo dietro di Oscar e posò delicatamente la mano sul braccio della ragazza affinchè abbassasse il pugnale.
-Vostra Maestà…- Oscar non sembrava così convinta.
-E’ tutto a posto, Oscar. Solo un piccolo equivoco. Ne troverete tanti sul vostro cammino, non vorrete davvero crucciarvi per questo?- Sorrideva. Maria Antonietta aveva incantato Parigi con quel sorriso.
-Come volete, Maestà- Oscar abbassò l’arma continuando a guardare Fersen in cagnesco. –Io vi avrei almeno scortato al posto di Girodelle, però!- Ringhiò.
-Oh, magari sarebbe stato inutile comunque! Non credete anche voi, Andrè?- Solo ora Oscar si accorse stupefatta della presenza dell’amico. Arrossì e si affrettò a riordinare le gonne. Maria Antonietta ridacchiò –A Palazzo Jarjayes…- mormorò. Oscar le diede un’occhiataccia, ma la Regina si rivolse a Fersen senza scomporsi. –Conte di Fersen…-Il giovane si inchinò ossequioso. –Non dimenticherò il vostro nome, Conte. E sarete bene accetto se vorrete venire a Versailles.- Gli porse la mano perché potesse baciarla.

L'incontro fatidico è, così, avvenuto. Le circostanze sono volutamente simili, così come i dialoghi. In questa fic uno degli intenti era proprio giocare con le location, le frasi celebri e meno note. Dopo il caos che si crea al ballo per l'arrivo della Regina (i tempi sono tutti stravolti a mio piacimento in questo universo alternativo!) Andrè si ritrova allontanato da Oscar senza poter concludere il discorso. Rimasto frustrato dalla situazio, da quanto accaduto e da quanto si comincia a delineare nel suo animo reagisce male ad un commento di Alain sull'avenenza di Oscar.

-Oscar è ancora una bambina, Alain!- Andrè gli rispose infastidito.
-Per essere una bambina lo riempie piuttosto bene il bustino di quel vestito!- Alain sogghignò divertito.
Andrè si voltò. -Ma come osi?-  Soffiò furibondo. –E’ sempre il tuo comandante! Anche se ha quasi vent’anni e si comporta come se ne avesse dodici!-
-Oh, no, Andrè- Alain scosse la testa, le mani in tasca.- Credimi, una bambina di dodici anni quelle mele tonde non ce l’ha!-
Andrè si scagliò su di lui pronto a colpirlo, poi si trattenne. Non era il caso iniziare una rissa nel salone di palazzo Jarjayes, ad un ballo. Sorrise ad un ospite che lo guardava incuriosito e rispose con finta nonchalance. –Non credo si stia parlando di mele di dimensioni così mirabolanti, monsieur de Soisson- sibilò tra i denti, senza farsi udire. Continuò a sorridere all’ospite che si allontanò poco convinto. – La mia mano può benissimo contenerne una!- Aggiunse, come se fosse una minaccia.
-Oh!- Alain rise, pur cercando di darsi un contegno. –Sarei curioso di sapere come le hai prese certe misure!-
Andrè sussultò comprendendo il significato di quel che aveva detto. Scacciò un’immagine…una sensazione…non doveva pensarci!
Alain si allontanò, sempre mani in tasca, ridacchiando lasciando l’amico al centro della sala.
-Ma in fondo lo sanno tutti che adori le mele!-
Andrè credette che tutti lo stessero guardando, ma non poteva essere vero. O no?


Dopo il ballo la tensione non è ancora sciolta. La casa si svuota: gli ospiti tornano alle loro dimore, i camerieri rassettano, i padroni di casa si ritirano nelle loro stanze. Oscar e Andrè, nel recarsi nelle loro stanze, si incontrano sulla soglia della stanza di lei. E' una Oscar priva di punti di riferimento che non siano il prorpio senso di lealtà e il proprio coraggio, divisa tra le sue due nature che non comprende come conciliare, tra i suoi due cuori o, meglio, tra le due metà del suo cuore. Non è cresciuta con un padre così rigido o una famiglia così assente e questo, forse, la confonde di più. Andrè è stato un fratello maggiore con diritto di replica, un compagno di giochi,un amico, ma anche una fonte di attrazione fisica (come per tutte le donne della famiglia). Lei è alla ricerca della sua identità, del suo limite e un po' incolpa Andrè per non averla seguita in quella ricerca, anche se non ha "più quindici anni"

-Tu non credi che io possa farcela! Perciò mi segui, mi controlli, mi fai da balia…continuamente…secondo gli ordini di mio padre!- Oscar era furibonda e triste. Gli aveva urlato un suo timore segreto. Lo stava sfidando. Avanti, dimmi che sono importante per te! Ma come poteva non capire! Avanzò di un passo. Tutti e due, sul limitare opposto della soglia della camera di lei, si urlavano un desiderio inconfessabile, come se fosse disprezzo.
-Io credo che tu possa riuscire a fare tutto quello che vuoi, Oscar! Tutto quello che decidi di fare! Difendere la Regina, guidare un esercito, sventare agguati o guidare un popolo in rivolta all’attacco della Bastiglia! E forse lo farai, un giorno…o forse in un’altra vita! Non mi impensierisce quello che PUOI fare, Oscar, ma quello che VUOI fare! Lo sai tu che vuoi fare? Lo sai? Accontenti me…accontenti tuo padre…cosa vuoi dimostrare, Oscar? Che sei grande? Che sei cresciuta? Che ce la fai a essere il soldato perfetto? Che sei il degno erede della famiglia Jarjayes? Che tuo padre può essere contento e smetterla di controllarti attraverso di me? Certo che sei il soldato perfetto, Oscar! Ma tu cosa vuoi essere? Tu cosa vuoi fare, Oscar? Lo sai questo?-
Le braccia alzate, le mani a stringere lo stipite della porta. Dall’altra parte lei, stessa posizione, stessa rabbia. Lo sai questo? Oscar fissò le labbra di Andrè. Un’idea folle, assurda, per nulla in relazione. Un sapore sulle labbra. Lo succhiò. Ne voleva ancora. Un sospiro, un impercettibile passo. Di entrambi.
-Oh, buona notte bambini!-
Zia Serena sorrise loro allegramente trotterellando verso la sua stanza. Lo scialle avvolto sulla vestaglia. Una candela nella mano.
-Su, su che fa freddo…giocherete di nuovo domani…-
Si guardarono. Il respiro affannoso. Perché?
-Buona notte, Andrè-
La porta sbattuta sulla faccia.
-Buona notte, Oscar!- Suonò come un “va al diavolo!”
 
 Lo sai quello che vuoi fare?
Se la zia non fosse arrivata e se lei non si fosse fermata…Se avesse superato quella minima distanza catturando le sue labbra…se l’avesse baciato…se l’avesse morso…piano…se lui l’avesse abbracciata…se fossero entrati nella sua stanza chiudendo il resto del mondo fuori…se fossero distesi sul suo letto ora…se lui l’avesse spogliata ora come allora, come al lago anni fa…ora sentirebbe i capezzoli tendersi per il freddo e l’eccitazione…come allora…ora li sentirebbe ardere sotto le sue dita, come allora…ora sentirebbe le sue labbra sulle sue, le sue mani sul suo seno e quel calore liquido tra le gambe…come allora…ora sentirebbe la pelle  di lui sotto le sue mani, intrufolate sotto la sua camicia, i suoi capezzoli piccoli e duri e quella peluria fine del suo torace…come allora…ora sentirebbe il suo desiderio premerle contro, la sua mano a spingersi ad accarezzarlo, a stringerlo…come allora…i gemiti di lui, o, forse, erano i suoi…e la mano di lui nei suoi di pantaloni, che ora erano una gonna, ma tra le sue gambe…come allora…ma non le avrebbe fatto male, aveva imparato come fare…si voltò prona, sul letto…ansimava…la mano tra le cosce accarezzava le pieghe umide della sua femminilità…aveva imparato come fare, negli anni, ripensando a quella sera, al lago, con le lucciole, tanti anni fa…un dito scivolò dentro di lei facilmente, era calda, bagnata, pronta. Trovò facilmente quel punto più sensibile che aveva imparato a conoscere, lo accarezzò. Una scossa di piacere l’attraversò, un gemito soffocato dal cuscino. Respiri spezzati. Il pollice su quel bocciolo fremente appena un po’ più su. Una frizione sapiente. Un grido e poi un gemito. Continuò ad accarezzarsi con quel dito immerso dentro di lei, continuò a stuzzicare quel piccolo cuore con il pollice, ma desiderava altro, desiderava lui. Come quella sera, al lago. Un gemito spezzato, un’onda calda la sommerse e si ritirò lasciandola  appagata, almeno per ora. Tolse piano il dito, mentre le ultime contrazioni ancora lo avvolgevano. Ansimava, ora sempre più lentamente. Si addormentò.


Spero di avervi fatto cosa gradita. Se volete, posso spoilerarvi ancora. fatemi sapere. S.




 
 



 
  
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