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Autore: Jade MacGrath    20/02/2005    2 recensioni
Alexandra è sempre stata tiranneggiata sorelle maggiori, Bellatrix e Narcissa Black. Per volontà di Lucius Malfoy ha dovuto lasciare la famiglia e il suo paese. Ma Alex sa attendere… e di cosa può essere capace una Black per vendicarsi e riprendersi tutto?
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Silente, Bellatrix Lestrange, Lucius Malfoy, Narcissa Malfoy, Nuovo personaggio, Remus Lupin, Rodolphus Lestrange, Severus Piton, Sirius Black
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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“E lo hai fatto?” domandò l'interlocutore di Alexandra.

Alex aspettò a rispondere di proposito, giusto per gustarsi l'espressione facciale di chi aveva davanti. “Per cinque secondi, il tempo di uscire da quella cella. Fare un patto con Lucius equivale ad un patto col demonio. E la mia anima l’ha già scampata una volta, non intendo farle correre altri rischi inutili. Quindi, no, grazie.”

“Così Lucius è in prigione.”

“Così era in prigione. È uscito, non lo sapevi?”

“Stai scherzando?”

“In questo modo ho capito quanto sia marcio il Ministro e qualche membro del Wizengamot. Un errore, hanno detto. Non ti dico la facce di Ermes e Lauren Wellington – Llewellyn. Scavalcati. E ignoro come siano riusciti a smontare le deposizioni di Potter e soci. Ma quando questa guerra sarà finita, dovranno cambiare molte cose. E avrò il peso per far sentire la mia voce al riguardo.”

“Non ti ci vedo in veste di riformista.”

“Mi piacerebbe solo vedere un po’ di onestà in quel posto.”

“A parte nelle persone che paghi per passarti informazioni. Grazie a Sirius, ora puoi comprare chiunque.”

I soldi della famiglia Black ora erano in suo possesso, grazie anche ad un testamento che Sirius aveva scritto poco prima di morire. L’immensa fortuna dei Black era stata divisa tra lei, Harry Potter e Andromeda Tonks, ma anche così la sua fetta era veramente grossa. Camere blindate in Svizzera, a Londra, a New York, tutte traboccanti di galeoni e titoli. Due case a Londra, una villa in Provenza con un vigneto, e il castello scozzese dove si trovava ora. E opere d’arte, gioielli, e una raccolta di testi di magia nera antichissimi, che si andavano a sommare alla sua collezione d’armi e alla sua piccola fortuna personale. A conti fatti, da sola era ricca quanto i Malfoy, forse anche di più.

“Chiunque si voglia lasciar comprare. Devo pur procurarmi le informazioni in qualche modo.”

“Mi sembra una contraddizione grossa come una casa. Vuoi un po’ di onestà al Ministero, ma ti servi della loro disonestà per ottenere quello che vuoi.”

“È questo che mi rende tanto affascinante. Sono un cumulo di contraddizioni. E molto in fondo spero sempre di trovare qualcuno di incorruttibile. Non lo so, ma sapere che Lucius ha dei travasi di bile per lo stesso motivo mi farebbe sentire meglio. Comunque, con Lucius fuori da Azkaban il gioco sarà molto più interessante. Ha giurato di farmi vivere l’inferno in terra, voglio vedere se ci riesce.”

“Vuoi metterti contro di lui?”

“Ho imparato le regole del gioco. Posso provare a metterle in pratica e a sfidare il maestro.”

“L’hai rivisto?”

“Due giorni fa. Con tutta la famigliola. Dio, Draco è la sua fotocopia. Eccetto gli occhi, l’espressione di disgusto che ci ho visto è quella di Narcissa. Li ho incrociati mentre stavo uscendo da Nocturn Alley. Sinister è più bravo come ricettatore che come venditore.”

“Che cosa ti procura?”

“Le spade per la mia collezione. Talvolta anche qualche daga, un paio di kriss malesi, o una misericordia italiana… Nient’altro. Non faccio affari importanti con quel piccolo verme strisciante. Da come mi ha squadrato il ragazzino, Narcissa deve averlo cresciuto nell’odio verso di me. E Lucius deve aver fornito la sua personale versione dei fatti. Ma non mi importa, non mi è mai importato niente. È un sentimento comune a molte persone nel mio passato.”

“Di qualcuno ti importava.”

Alex fissò negli occhi il suo interlocutore, e sorrise annuendo. Con una mano rimise una ciocca di capelli dietro l’orecchio, e con le dita seguì la sottile catenina d’oro bianco fino alla rappresentazione della stella polare. La strinse forte.

“Sì. Sempre. Anche quando non volevo, la stella mi faceva ricordare Hogsmeade, e mi rammentava i motivi per cui non ero potuta restare.”

“Lucius ti ha minacciata di nuovo?”

“ Mi avrebbe stupito il contrario.”

Alex ricordava bene quel momento. La folla che passava intorno a loro, e loro immobili accanto al cartello di Nocturn Alley. Lei con in mano un’altra delle sue katane da collezione e loro con uno stuolo di elfi domestici a portare i loro acquisti. I loro sguardi di disprezzo, e il suo sguardo di divertimento e sfida.

Dovevi accettare la mia proprosta, Alexandra. Ora avrai modo di scoprire che non scherzavo’. E io: Me lo prometti?’ Quell’uomo non sa con chi sta parlando. A diciotto anni ho giurato a me stessa che mai nessun uomo mi avrebbe più dominato, ed è stato tutto merito suo.”

“Poi che hai fatto?”

“Che ho fatto? Mi sono presa una tazza di the. E uscendo sono inciampata in una vecchia conoscenza… Te.”

“L’ultima persona che credevi di poter incontrare in un vicolo buio. Bella fattura, comunque” disse, indicando il petto “A momenti credevo di morire soffocato!”

Alexandra rise “Se ti fossi fatto riconoscere subito, non sarebbe successo niente! C’è parecchia gente a cui non sto molto simpatica, sai? Sono solo prudente.”

“Paranoica, vorrai dire!”

“Però mi sono sdebitata, mi pare. Ti ho fatto da balia per tutta la notte, e mi sono scusata ogni cinque minuti!”

“È stato molto divertente. Avevi un’espressione in faccia… avrei riso a crepapelle, ma stavo troppo male per colpa tua.”

“Sarà, ma quel che è successo dopo mi ha fatto pensare un’altra cosa… ovvero che tu stessi benissimo.”

“Ho stretto i denti. Con te non si è mai sicuri di niente, e ho pensato che dovevo approfittare senza remore della mia buona stella che ti aveva rispedito nella mia vita.”

“E da quella notte di passione siamo finiti qui, a parlare di me, e ad aspettare un cenno da parte dei tuoi compagni d’avventura. Non so te, ma ora ho voglia di un caffé e di una di quelle paste che preparano i miei elfi delle cucine.

Non si credeva neanche lei. Cercò di tenere il sorriso sulle labbra fino a quando uscì dalla stanza, poi lasciò perdere le maschere e si allontanò a passo veloce.

 

E tre. Un tentativo di fuga non riuscito, uno quasi riuscito, e questo, riuscito completamente.

 

***

 

Dieci minuti. Stava riflettendo anche lui sulla loro conversazione, a quanto sembrava. Ottimo, disse Alexandra, e presa una tazza di caffé salì su una delle torri del castello. Faceva freddo, e tirava sempre molta aria, ma Alex si sedette nello spazio vuoto tra due merli e rimase a guardare lo spazio intorno a lei.

A rigor di logica, dopo aver fatto un bilancio del genere, ci si sarebbe dovuti sentire meglio.

Liberati da un macigno.

E invece no. Forse perché ne aveva parlato con lui e il macigno era passato dal suo stomaco alle sue spalle.

Sperava solo che ora non la odiasse. Non che l’avrebbe mostrato apertamente. Era bravo a nascondere i sentimenti, molto più di lei…

Mugugnando qualcosa, si portò una mano agli occhi. Pozione o no, rimanevano sempre molto sensibili alla luce solare, e il sole stava per sorgere completamente a minuti. Meglio tornare dentro, e racimolare gli ingredienti per la sua pozione.

 

Il calderone era pieno solo per metà, ma rigurgitava fumo bianco e denso come se fosse stato pieno fino all’orlo. Alex si riempì un calice, e tappandosi il naso la mandò giù tutta in un colpo, cercando di resistere all’impulso di vomitarla.

“Dio, che schifo…”

Svuotato il calderone con un colpo di bacchetta, ritornò in soggiorno per rifarsi la bocca con un bicchiere di vino.

Non fu sorpresa di trovarlo deserto. Neanche lei sarebbe rimasta, dopo essersi ascoltata.

Si sedette nella sua poltrona, fissando quella vuota di fronte a lei, fino a quando le palpebre si fecero pesanti e scivolò nel sonno.

 

***

Alex aprì gli occhi, disturbata dai raggi del sole che nonostante le tende erano riusciti a entrare nel soggiorno. Un’occhiata all’orologio sul camino, e vide che erano le dieci e mezza.

Cavolo, si disse sfregandosi gli occhi, quella poltrona era veramente comoda. Quasi sbarrò gli occhi quando vide che il suo interlocutore era lì, seduto di fronte a lei. Doveva essere ritornato quando si era addormentata, per questo non l’aveva sentito.

La sua controparte era ancora profondamente addormentata, ma di sicuro al risveglio avrebbe pensato la stessa cosa della poltrona…

No, si disse. Ora era il suo turno di approfittare della buona stella che lo aveva riportato nella sua vita. Avrebbe pensato qualcos’altro.

Alexandra si chinò su di lui per dargli un bacio. Quasi subito, sentì le sue braccia stringerla e attirarla contro di lui sulla poltrona. Alex ringraziò mentalmente il suo santo protettore.

“Non credevo di trovarti qui. Pensavo te ne fossi andato, e che probabilmente non mi avresti voluto più vedere.”

“Non ti mentirò. L’idea mi aveva sfiorato. Ma solo per cinque minuti.”

“Sei pentito di aver chiesto troppo?”

“Forse. Ma c’erano cose che avevo bisogno di sapere, o di sentirmi ripetere.”

“Inizio ad essere felice di questo tuo lato comprensivo.”

“Mi auguro solo che tu non abbia in programma un seguito. Come hai detto, in una notte hai fatto fin troppi danni. E anche la mia sopportazione ha un limite, Alex.”

“Lo so. Non ti sto chiedendo un’assoluzione plenaria, voglio solo sapere se starai con me, ora che sai esattamente con chi hai a che fare. E prima che parli, non ho nessun motivo per andarmene, ora.”

“Felice di saperlo.”

“Tornando alla tua preoccupazione, non temere, era tutto. Ma aspetto con ansia il momento in cui sarà il mio turno di fare le domande.”

“Il tuo turno?”

“Il mio turno, già.”

“Mai.”

“E invece sì. E poi, quale occasione migliore per stappare un’altra bottiglia di Chateau Lafitte? Sirius non mi ha lasciato in eredità questo castello e quella cantina per restare ad ammirarli, sai?”

“Ah, ora è chiaro. Tu non vuoi stare a sentire me, vuoi solo una scusa per prosciugare quella cantina!”

“Certo, perché tu no, vero? Quelle bottiglie non le ho svuotate da sola! Prometto però di consacrarti almeno un orecchio. Ah, guarda che ora che è… Arriveranno a minuti.”

“Scocciatori… Se abbiamo fortuna però vagheranno per due giorni nell’entrata prima che ci trovino.”

Alexandra rise piano contro il suo collo.

E questo lato quasi maligno da dove è uscito, Lunastorta?” disse Alexandra, fissando Remus negli occhi grigi.

“Tutta colpa tua.”

“Ne sono felice.”

“A volte mi domando che ho fatto di male, per aver ricevuto te come castigo.”

“Bell’argomento. Ma per quanto mi piacerebbe restare qui tutto il giorno a discuterne” continuò, alzandosi di malavoglia dalla poltrona “Ho da fare. E anche tu.”

Remus sospirò e si alzò in piedi. Innegabile che avesse da fare. L’Ordine della Fenice era un impegno a tempo pieno.

“Ehi, cos’è quella faccia?”

“Niente… È solo che per la prima volta non sarò felice di vedere Silente. Anzi, lo riterrò un seccatore inopportuno che potrebbe impiegare meglio il suo tempo invece che venire a rompere le uova nel paniere a…”

Alexandra sorrise, fingendo un’aria scandalizzata.

“Remus Lupin! Dì qualcos’altro del genere e ti accoglierò tra i Serpeverde…”

“Non credo. A sentire te, sono troppo nobile. E anche qualcos’altro. ”

“Solo in forma leggera. Non sei irrecuperabile come la gente che frequenti...”

Remus si era chinato per baciarla di nuovo, quando arrivò un elfo domestico a interromperli.

Alexandra ad un tratto provò un moto di comprensione per Narcissa e la sua mania di pietrificare quegli esseri. Erano veramente molesti!

“Miss Alexandra, sono arrivati gli ospiti che attendeva.”

“Gli ospiti che mi è toccato attendere vorrai dire” corresse Alexandra sottovoce. “Bene, falli accomodare. Arrivo.”

L’elfo trotterellò via, e Alexandra borbottò qualcosa sulla scocciatura di avere ancora qualcosa di simile ad una coscienza.

Poi si voltò e si rivolse a Remus, che stava ridacchiando.

“Beh?”

“La tua faccia.”

“Non ridere troppo, mi ci avete coinvolto tu e Severus in questa faccenda.”

“No, mia cara, hai fatto tutto da sola.”

“Guarda che venivo a cercare te, quel giorno, mica Silente!”

La sua espressione irritata nel nominare Silente si distese subito dopo, e negli occhi le brillò una luce maliziosa.

“Credi che lo sappia?”

“No. Non ancora. E non vedo perché, primo, dovrebbe, e secondo, gli dovrebbe interessare.”

“Ma come? Tu, Remus Jason Lupin, onesto e integerrimo membro dell’Ordine della Fenice, l’ultimo baluardo della magia buona contro Voldemort, e me, Alexandra Elektra Black, cognata di nientemeno che Lucius Malfoy e Rodolphus Lestrange, e sorella di Narcissa e Bellatrix Black, tutti riconosciuti Mangiamorte! Gli prenderebbe un infarto. Già la MacGranitt deve aver avuto un’avvisaglia quando è saltato fuori il mio nome all’ultima riunione… se non per la parentela che vanto, almeno per quello che ho fatto alla sua squadra di Quidditch ai tempi della scuola…”

“Ti prego, non cercare di scoprirlo oggi.”

Ma se il tono era serio, gli occhi tradivano una risata inespressa.

“Cercherò di essere brava e rispettosa. Tre anni d’addestramento e dodici anni da Auror mi saranno pur serviti a qualcosa.”

“Stai chiedendo la mia opinione?”

“No, credo di conoscerla già…”

 

Insieme a Silente, in quella che Alex aveva soprannominato ‘la sala di rappresentanza’ c’erano anche la MacGrannitt, la figlia di Andromeda, e Severus.

“Immagino vogliate sapere com’è andata. Alcuni dei vampiri che ho contattato non hanno la minima intenzione di farsi coinvolgere, mentre alcuni si sono già apertamente messi dalla parte di Voldemort. Sono pochi quelli rimasti, Silente. Non mi farei illusioni.”

“E quelli rimasti, Alexandra?” domandò la MacGranitt

“Quelli rimasti si riuniranno per consultarsi. Io andrò da loro e tenterò di convincerli, ma temo mi chiederanno qualcosa in cambio.”

“Temevo questa risposta da parte tua.”

“Ti avevo già avvisato al riguardo, Silente.”

“Quando partirai?”

“Oggi stesso. L’incontro da quanto ho sentito si terrà tra due giorni e ho bisogno di un po’ di tempo per far sapere ai miei contatti del mio arrivo.”

E terrorizzare qualcun altro a dovere.

“Aspetteremo una tua risposta. Decideremo poi come muoverci.”

“Mi sembra giusto. Ah, Silente, Severus?”

I due uomini, che stavano per andarsene, si voltarono verso di lei

“Coinvolgetemi un’altra volta in una cosa simile, e giuro che ve ne farò pentire amaramente.”

Fu una fortuna che non vide il sorrisetto che increspava le labbra di Severus e Silente mentre se ne andavano.

  
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