Serie TV > Squadra Speciale Cobra 11
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Autore: sophie97    25/05/2015    4 recensioni
“Si vive solo due volte: una volta quando si nasce e una volta quando si guarda la morte in faccia.” (Ian Fleming).
Una verità rimasta celata per troppo tempo; un’amicizia forse perduta per sempre; un gioco mortale che non lascia scampo.
Seguito di “Vittima Innocente”, è consigliabile ma non necessario aver seguito la prima parte.
Buona lettura!
Genere: Angst, Azione, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Ben Jager, Hartmut Freund, Kim Kruger, Semir Gerkan, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tredici ore dopo...

«Ehi, Semir! Come stai?» esclamò Tom entrando nella piccola stanza sforzandosi di sorridere.
L’uomo seduto sul letto, con due cuscini dietro alla testa, non rispose nemmeno.
Era pallido, due marcate occhiaie gli decoravano il volto e gli occhi erano rossi e piccoli.
«Come sta Ben?» domandò qualche attimo dopo in un sussurro.
Tom abbassò lo sguardo «Non bene. Vengo adesso dalla sua stanza, ci sono tornato per salutarlo, ha la febbre alta, dolori alle gambe e ha già avuto la prima crisi respiratoria.».
Il turco provò a impedire alle lacrime di presentarsi e scosse appena il capo «Voglio vederlo... perché non mi ci lasciano andare?».
«Ma Semir, guardati! È normale che i medici non ti vogliano far alzare e di sicuro non vogliono provocarti altri shock dopo quello che è successo ieri.».
«Ma non lo capisce nessuno che io sto peggio così? Eh? Nemmeno tu lo capisci?».
«Semir, calmati, o dovrò di nuovo chiamare il medico.».
«Va bene.» fece allora il poliziotto provando a controllarsi «Dimmi almeno che Gehlen si è fatto vivo...».
Tom scosse il capo «No, ma so che ha un antidoto. In realtà mi ha telefonato l’altra notte ma non mi ha detto altro, solo che ci darà una possibilità e che si farà vivo lui.».
Semir spalancò gli occhi «Ha un antidoto?».
«Sì ma...».
«Perché non me lo hai detto subito? Andiamo a cercarlo, Tom!».
L’uomo sospirò girando nervosamente per la stanza «Uno, non abbiamo idea di dove possa trovarsi; due, tu non vai proprio da nessuna parte.».
Semir sbuffò, incenerendo l’ex collega con un’occhiata «Io posso uscire di qui, sto bene. Aiutami, dobbiamo trovarlo, dobbiamo fare qualcosa.».
«Non ti daranno mai il consenso, lo sai. Sei troppo debilitato, hai subito un’importante operazione e...».
«Allora aiutami a fuggire.» ordinò il turco con tono deciso.
«Fuggire? Ma Semir, cosa dici? Non posso aiutarti a fuggire! E tu non puoi muoverti da qua.».
«Sai una cosa, Tom? So benissimo quello che posso o non posso fare, e tu sei l’ultima persona che può decidere al posto mio. Fai come vuoi, se non mi aiuti proverò per conto mio... ma io non lascio da solo il mio collega.».
Le ultime parole dell’ispettore tagliarono l’aria con la stessa potenza di una lama affilata.
Tom abbassò lo sguardo con un sospiro «Credi che farmi sentire in colpa perché me ne sono andato possa convincermi a farti fuggire?».
«Tom... ti prego. Una volta avremmo fatto qualsiasi cosa l’uno per l’altro, ti ricordi? O hai già dimenticato? Ci saremmo fatti ammazzare volentieri pur di aiutarci, non è così? Ora io ti sto chiedendo aiuto. Voglio solo salvare la vita al mio collega, al mio migliore amico, e tu sei l’unica persona che mi possa davvero aiutare.».
L’uomo scosse appena il capo «È una follia.».
Semir lanciò un’occhiata all’orologio «Abbiamo ancora quasi trentasei ore di tempo, Gehlen si farà vivo se vuole darci una possibilità, no? Fuggiamo stanotte.».
«Non sei nemmeno in grado di reggerti in piedi. Semir, ti ricordo che un giorno e mezzo fa tu eri sul punto di morire dissanguato.» obiettò ancora Tom, guardando negli occhi il suo ex collega.
«Sto bene... mi aiuterai tu e starò attento.».
L’ex ispettore sospirò ancora e si diresse verso l’uscita della stanza.
«Spero davvero di non pentirmene.».

 

Tre ore dopo, 22.43.
«Shhh! Mapporca! Fai piano con quella sedia!» sbottò Semir maledicendo l’uomo che stava cercando di uscire dalla stanza trasportandolo sopra ad una sedia a rotelle.
«Questa cosa ha le ruote mezze andate, Semir!» replicò Tom, guardandosi intorno circospetto e cominciando a muoversi silenziosamente lungo il corridoio deserto.
«Si vede che non sei più sulle autostrade da otto anni, non sei nemmeno in grado di guidare una sedia a rotelle.».
Tom alzò gli occhi al cielo, ma il cuore gli si riempì di gioia nel constatare che forse l’amico aveva diminuito almeno un po’ l’ostilità iniziale nei suoi confronti.
Lentamente, entrambi si diressero al buio verso l’ascensore, pregando di non incontrare nessun medico di turno. E furono fortunati, almeno per quanto riguardò la discesa al piano terra.
Una volta giunti in prossimità dell’uscita, la faccenda si rivelò più complicata del previsto. Alcuni medici giravano per il reparto, chi con aria professionale, chi con espressione assonnata, ma l’uscita distava da loro una decina di metri da percorrere interamente allo scoperto.
«Dimmi che hai un piano.» supplicò Semir in un sussurro, benedicendo l’idea dell’ex collega di trasportarlo sulla sedia a rotelle, dato che già aveva ripreso a girargli la testa.
«Ce la fai con la sedia ad arrivare fino all’uscita senza dare troppo nell’occhio?» domandò Tom in risposta.
Il turco annuì.
«Bene, allora io distraggo quei due medici nel salone.».
«E come?».
L’uomo alzò le spalle «Improvvisazione.».
Così dicendo, Tom si allontanò e cominciò a parlare con i due medici, facendo in modo che questi si voltassero dalla parte opposta rispetto all’uscita.
Semir, non appena i due si furono girati, cominciò a girare le ruote della sedia in direzione dell’uscita e si nascose come meglio poteva dietro ad una colonna accanto alla porta scorrevole.
Sentì l’ex collega salutare e ringraziare i medici, fingendo di aver sbagliato reparto e scusandosi per l’orario inconsueto dicendo di essere sconvolto, e poco dopo avvertì la sua presenza accanto a sé.
«Okay.» fece Tom «La mia macchina è parcheggiata qui fuori, lasciamo la sedia qua, ce la fai ad alzarti?».
L’ispettore annuì e si alzo a fatica, trattenendo a stento un grido di dolore.
Entrambi, lenti e silenziosi come felini, raggiunsero l’auto di Tom e una colta raggiunta vi salirono il più velocemente possibile.
Quindi partirono a tutto gas, lasciando un attonito medico che si era accorto di loro, immobile sul marciapiede, a guardare.

 

«Perfetto, adesso cosa hai intenzione di fare?» domandò Tom entrando in autostrada.
Semir guardò fuori dal finestrino tenendosi la spalla dolorante «Non ho mai detto di avere un piano.».
«Oh, fantastico.».
«Non l’ho nemmeno salutato...» mormorò il turco con un sospiro.
«Sarebbe stato rischioso girare per l’ospedale prima di scappare.» fece l’uomo al volante tenendo lo sguardo fisso davanti a sé «E comunque lo rivedrai, tranquillo.».
«Vivo, spero.».
Tom aprì bocca per replicare, ma lo squillo del suo cellulare posato sul sedile posteriore dell’auto gli tolse il respiro.

 

Scusate, ho saltato una settimana, ma eccomi qui!
Grazie  a chi continua a seguire e a recensire, un bacione.
Sophie :D

  
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