Bestie
Villaggio di Glokta, 1411 Gennaio
Un
brutto uomo con il cranio rasato segnato da una lunga cicatrice
scoccò un'occhiata eloquente al suo compare, che non aveva
un
aspetto tanto diverso dal suo. In quell'istante iniziarono a
muoversi, seguendo a debita distanza la loro preda.
Sapevano
a cosa stavano andando incontro, per questo si erano ben attrezzati,
nascondendo quante più armi possibili addosso e seguendo il
loro
obbiettivo solo quando si trovavano controvento.
I due,
che erano effettivamente fratelli, si avvicinavano sempre di
più
all'uomo, fino a che, all'imbocco di un vicolo, non lo persero di
vista.
Si misero all'erta, ben consapevoli dei percoli in cui
sarebbero potuti incorrere. Il problema di cacciare vampiri era che
spesso, chi rimaneva indietro, veniva ucciso brutalmente. I
cacciatori avevano imparato che i vampiri preferivano evitare gli
scontri aperti e colpire dall'ombra, tuttavia non era facile
attirarli, né non cadere nelle loro trappole insidiose.
I loro
passi strisciavano nella neve, il vicolo era deserto.
Il più
giovane e sconsiderato dei cacciatori abbandonò la posizione
e,
girando su se stesso alzò la voce, istigando la loro preda a
venire
fuori.
Sbucò
come dal nulla, ancora prima che i suoi compagni potessero
rimproverarlo, una figura ammantata dalle tenebre si avventò
sul
ragazzo, affondando con estrema precisione i canini affilati nel suo
collo. Uno spruzzo vermiglio colorò la parete del vicolo, e
il
giovane cacciatore cadde a terra, privo di vita. Non aveva attaccato
mosso dalla rabbia, non era stato istigato. Il vampiro, i cui occhi
rilucevano nell'oscurità, si stava prendendo gioco dei
cacciatori,
dimostrando loro di non avere nessuna paura.
Tuttavia
anche i cacciatori avevano esperienza e, passato lo spavento
iniziale, tutto ciò che provarono fu una scarica di
adrenalina. La
paura non era contemplata.
Uno
dei cacciatori era rimasto all'imbocco del vicolo e, con uno scatto,
si avventò sulla schiena del vampiro. Il quale
però, avendo
percepito la sua presenza, spalancò le ali membranose
scagliandolo
contro il muro. La testa del cacciatore sbatté con forza
contro la
parete del vicolo con un suono raccapricciante, il suo corpo inerme
scivolò verso terra, lasciando dietro di sé una
scia vermiglia.
Gli
altri cacciatori approfittarono di quel momento per colpire. Uno di
essi sollevò la balestra e scoccò verso la
creatura; il dardo si
conficcò in profondità nella carne. Lo stesso
fece un altro,
centrando il bersaglio indebolito.
Sentirono
il suo ruggito, e solo allora provarono un brivido di paura. Non si
fecero scoraggiare, continuarono a bersagliarlo e a colpirlo,
indebolendolo sempre di più.
Il
vampiro riuscì ad uccidere un altro di loro prima di cadere
in
ginocchio, stremato e sanguinante.
C'erano
riusciti; intorno a loro giacevano tre cadaveri, ma il vampiro era
bloccato, circondato dai cacciatori con ancora le armi alle mani.
“Chi
è il tuo padrone?” La creatura sembrò
rantolare, ringhiare nella
loro direzione, prima di parlare.
“Io
non ho padrone!”
“Chi ti ha creato?”Il vampiro ringhiò
loro
contro, mostrando i canini affilati e ancora macchiati di sangue, gli
occhi illuminati da un bagliore ferale.
La
lama di un cacciatore si avvicinò pericolosamente alla sua
gola.
“Parla!”
“Lui
è il principe delle tenebre, se credete che possa temere dei
miseri
umani come voi...”
“La
Bestia di Kovir.” L'uomo con il cranio rasato e segnato dalla
cicatrice disse quel nome a mezza voce, temendo di aver indovinato.
“Vi
strapperà la carne di dosso e brinderà bevendo il
vostro sangue
usando i vostri teschi come calici!”
Uno
dei cacciatori arretrò, ricordando le storie che aveva
sentito su
quell'individuo. Esisteva nelle leggende una bestia assetata di
sangue, che sottometteva e decimava interi villaggi, nell'ultimo
secolo dicevano che si fosse spostato, appunto, a Kovir. Da
lì
derivava il macabro soprannome. Tuttavia erano in molti a conoscerlo
con altrettanti orribili titoli.
E ormai era impossibile distinguere il reale dalla finzione.
L'uomo
dal cranio rasato impugnò saldamente la sua arma in legno,
caricando
il colpo letale da infliggere al vampiro, non voleva più
saperne di
lui.
“Se
è la morte che inseguite, allora andate a Kovir,
lì la troverete di
sicuro.” Il cacciatore ebbe un attimo di esitazione, sorpreso
del
fatto che, fino alla fine, quel vampiro non sembrasse temere loro o
il cupo destino che si stava per abbattere su di lui, forse convinto
che la loro esistenza non sarebbe durata molto più della sua.
Terminò
tutto in fretta; il paletto in legno si piantò a fondo nella
carne,
raggiungendo il cuore del vampiro, che si dimenò per pochi
attimi,
avvolto dal dolore, prima di giacere inerte.
In pochi istanti
tutto ciò che rimase di quella notte di caccia furono tre
cadaveri e
un mucchio di ossa bianche e polvere.
Il
gruppo di cacciatori si riattivò immediatamente, dei sette
iniziali
ne erano rimasti solo quattro ma sarebbero bastati per la caccia
successiva. Erano riusciti a recuperare tutte le armi.
Si
erano preparati e avevano studiato un piano d'attacco meno
approssimativo e più efficace.
L'uomo
dal cranio rasato osservò il suo compagno affilare i
paletti; i
trucioli di legno cadevano ai suoi piedi con ritmicità
snervante.
Stava facendo un lavoro perfetto.
La
notte era ancor lunga e la caccia era appena cominciata. O almeno era
quello che credevano.
Villaggio di Kovir, 1411 Gennaio
I
colpi risuonarono nell'immenso castello, distogliendo il vampiro dal
suo isolamento. Era da molto che non riceveva visite che non fossero
quelle richieste dal Patto.
Si sollevò con indolenza dal suo
scranno, diretto alla porta principale, il sangue di cui si era
nutrito da poco circolava ancora con forza nel suo corpo, dandogli
una vaga sensazione di ubriachezza.
Socchiuse
la porta, vagamente sorpreso del fatto di non trovarci nessuno.
L'istinto
agì prima ancora che la sua mente potesse registrare la loro
presenza; un paletto sfrecciò con un sibilo nell'aria,
diretto verso
di lui, il vampiro si mosse fulmineo, afferrando con forza l'arma a
pochi centimetri dal suo petto. Ringhiò con rabbia, cercando
con lo
sguardo tra i cupi arbusti che circondavano il suo castello le sagome
di chi lo aveva appena attaccato.
Sentì
il legno incrinarsi nella stretta della sua mano, mentre scorgeva un
drappo di tessuto impigliato in un rovo.
Si
mosse veloce, in silenzio. Si avvicinò al cespuglio troppo
cresciuto
e scorse le mani di un umano tremare mentre tentava di ricaricare la
balestra. Quando questo si alzò e si ritrovò la
sua stessa preda
ad attenderlo non fece neanche in tempo ad urlare. Sul suo collo di
aprì una linea scarlatta, poi cadde a terra, privo di vita.
Intravide,
in lontananza, il restante gruppo di quelli che dovevano essere
cacciatori correre giù lungo la collina, diretti verso il
villaggio.
Un
moto di rabbia si propagò nel suo corpo, la furia scorreva
come
sangue dentro di lui. La delusione era minima, si era aspettato
diverse volte che gli umani rompessero il Patto, non era sorpreso di
vedere realizzato il tradimento.
Acquistata
la sua forma bestiale si addentrò nella cittadella, furioso,
in
cerca di sangue; la sete era divampata furiosa, insieme a una smania
feroce, un istinto bestiale che scavalcava la ragione, purissima
rabbia. Si muoveva per uccidere, per mostrare le conseguenze che
poteva avere far infuriare un vampiro.
Anche se sarebbe stato
ragionevole, sensato, restare chiusi nella propria dimora, lontano
dalla luce solare e ben protetto dalla sua stessa oscurità,
obbligandosi ad ignorare l'attacco appena subito, perché
sarebbe
stato più comodo così. Non curandosi del corpo
del cacciatore che,
aveva bussato alla sua porta, con, probabilmente, il nobilissimo
intento di liberare il villaggio dal mostro succhiasangue che lo
dominava e che ora giaceva morto all'ingresso.
Ma il vento, che
quella notte ululava ferocemente, aveva trasportato odori troppo
dolci e invitanti per essere ignorati. Si era quindi ammantato
dell'ultima oscurità che la notte morente gli stava offrendo
e, in
un moto di follia, si era lanciato nella sua forma bestiale verso la
città, sulle tracce del sangue più prelibato che
i suoi sensi
avessero mai percepito, insieme con la necessità di sfogare
la
frustrazione che lo aveva colto.
Il
Patto era stato stabile per diversi secoli; ogni mese il villaggio
doveva mandare al castello una preda, una vittima che saziasse il
vampiro, in cambio della promessa di mantenere il villaggio al sicuro
e di non attaccare gli abitanti dello stesso.
Mandare dei
cacciatori era stato il loro ultimo errore.
Ali nere e membranose
sferzavano l'aria gelida, mentre i suoi occhi rossi riflettevano
l'immagine del villaggio che si avvicinava a ogni battito d'ali.
Atterrò
silenziosamente accanto a una piccola casupola ricoperta di neve, le
cui finestre erano illuminate dalla tenue luce delle lanterne.
All'interno notò i movimenti delle persone intente a
prepararsi per
il raccolto mattutino, il loro calore corporeo e la loro energia, il
loro sangue.
Sangue
caldo, giovane.
Semplice
sangue.
La
bestia sorrise feroce.
Si
avventò su di loro con ferocia animale; strappando e
lacerando carne
e muscoli, bevendo grandi sorsate di liquido vitale con una smania
che non era dettata dalla sete, quanto dalla rabbia. Nessuno venne
risparmiato dalla furia del vampiro. I corpi cadevano uno dopo
l'altro, il loro sangue bagnava le pareti e le loro grida venivano
subito zittite dalla furia della bestia. Alla fine quattro cadaveri
giacevano ai suoi piedi, bagnati dal loro stesso sangue.
Finalmente
il suo animo iniziò a quietarsi e la rabbia a svanire; non
c'era
rimorso per quello che aveva appena fatto, solo la vaga soddisfazione
di poter manifestare la sua vera natura dopo averla repressa per
così
tanto tempo.
A distruggere quel momento di ebbra soddisfazione fu
uno schiocco, succeduto immediatamente da un dolore intenso
all'altezza del petto. Nell'istante in cui i suoi occhi impiegarono
ad abbassarsi, il suono si ripeté, e allo stesso modo il
dolore, che
si fece però ancora più intenso e soffocante. Dal
suo petto
spuntavano ora due paletti affilati e sporchi del suo stesso sangue.
La sorpresa si unì alla rabbia, per poi trasformarsi in una
massa di
pressante dolore misto a furia.
Con un
ringhio feroce si voltò, ignorando la debolezza che si stava
impossessando dei suoi arti, osservando i tre cacciatori armati di
balestre e paletti puntare nuovamente le loro armi contro di lui.
Non
impiegò molto a capire di essere in netto svantaggio; che
quelle
armi avrebbero potuto ucciderlo facilmente se solo quegli uomini
avessero avuto una mira migliore.
Con rinnovata rabbia, alimentata
dall'intenso dolore, si lanciò in mezzo ai cacciatori e
attraverso
la porta; spalancando le nere ali membranose verso la luna, nel
tentativo di allontanarsi il più possibile da quella fonte
di
pericolo mortale. Un altro paletto venne scoccato dalla balestra,
questo gli sibilò accanto, spronandolo ad allontanarsi
più di
quanto il suo corpo ferito fosse in grado di fare in quelle
condizioni.