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Autore: AlyTae    22/06/2015    2 recensioni
[SCANDAL]Haruna non è una ragazza come le altre: non pensa con la testa degli altri, ma con la sua. Non vuole studiare, e non vuole seguire le orme dei genitori. Vuole solo suonare la sua chitarra, e trovare qualcuno con cui formare una band. Ma Haruna è da sola. Esaudirà i suoi sogni?
**Storia ISPIRATA alla vera storia delle SCANDAL; sono presenti alcuni fatti imprecisato e/o inventati**
Genere: Avventura, Fluff, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 12, Metronome
"Fammi sentire
l'amornia che io e te stiamo suonando"

 
Agosto 2006, ore 12:37 , Osaka (Giappone)
- Con cosa potremmo iniziare?-
- Qualcosa dei Nirvana? Sono facili da suonare.-
- Va bene. E cos’altro?-
- Hell Song? Dei Sum 41..-
- Non li conosco.-
-Ascoltali! Così oggi pomeriggio proviamo.-
- E come dovremmo vestirci?-
La serata al Namba Hatch si stava avvicinando sempre di più, e l’eccitazione delle tre ragazze era alle stelle. Sedute al loro tavolo della mensa, durante la pausa pranzo, si concentravano a malapena sui loro piatti. Il tempo stringeva e c’era ancora tanto da organizzare.
- Potremmo truccarci la faccia di bianco e nero!- propose Tomomi – Come i KISS!-
Mami e Haruna si scambiarono un’occhiata. I KISS piacevano a tutte e tre, ma quella scelta di stile sembrava troppo violento per loro. In fondo erano delle liceali di sedici anni, dai giovani visi dolci e paffuti. Non stava bene presentarsi sul palco così aggressive. Ma era anche vero che non potevano suonare in semplice jeans e maglietta. Troppo banale.
- Coloriamoci i capelli.- propose Mami.
- Non mi ci vedo in stile punk.- sbuffò Tomomi. Mami sospirò delusa. Nelle settimane in cui avevano lavorato insieme, Haruna aveva osservato che era amica di molte band che si presentavano nella saletta con vestiti sfarzosi e capelli di mille colori diversi. Lei stessa le aveva confessato che le sarebbe piaciuto molto colorarsi i capelli. Ad Haruna, però, non piaceva molto quello stile. E dubitava che i genitori di Tomomi sarebbero stati d’accordo.
Nel tavolo calò il silenzio per qualche minuto. Più idee venivano fuori, più erano indecise sul da farsi.
- Tra l’altro…- disse improvvisamente Haruna – Come ci dovremmo chiamare?-
Calò il silenzio un’altra volta.
- Ci vorrebbe un nome figo. In inglese, magari. Come gli Young Death. Non so… Tipo War Machine o Hearts Queens.-
- Hearts Queens non è male.-
- Non mi piace. Mi sembra un nome detto così a caso.-
- In effetti lo è.-
- Non decideremo mai se non siamo mai d’accordo!- sbottò Haruna, con un’aggressività tale che a Mami e Tomomi quasi andò di traverso il boccone.
- Tranquilla Haru.- disse Tomomi, in tutta tranquillità – In fondo non c’è bisogno di trovare un bel nome no? Durerà solo per una sera.-
Haruna si bloccò.
Già.
Le tornò in mente quello che aveva pensato qualche giorno prima, di continuare con quel gruppo anche dopo il Namba Hatch. Se lo avesse proposto? Mami e Tomomi sarebbero state d’accordo? O erano interessate solo ad avere uno strumento, ed un luogo in cui provare? Non era quello che voleva anche lei, in fondo? Adesso non ne era più così sicura.
Indugiò un momento. E alla fine, tacque.
 
 
 
Si salutarono all’uscita della scuola e si diedero appuntamento alla saletta quella sera. Avrebbero provato insieme prima dell’arrivo dei gruppi, e se necessario anche dopo. Non avevano ancora deciso un nome, o uno stile, ma per lo meno una scaletta era già stata decisa e questo era già tanto.
Non aspettò Rina, sapeva già che sarebbe andata direttamente a lavorare, quindi s’incamminò verso casa da sola. Improvvisamente sentì qualcuno afferrarle il braccio con violenza. Sussultò.
- Shino!- gridò, mentre ancora ansimava per lo spavento – Sei impazzito forse? Mi hai fatto prendere un colpo.-
Shino la guardò. Non sembrava essere lì semplicemente per fare quattro passi insieme.
- Che è successo tra te e Kiichi?- disse semplicemente.
La domanda piombò talmente diretta ed inaspettata che Haruna dovette ragionare un attimo prima di capire esattamente cosa intendesse dire.
- Eh?-
- Non fare la finta tonta. Cosa è successo? Parla!-
- Lui ti ha detto qualcosa?-
- Non mi ha detto niente, ma lo conosco da anni, non può nascondermi qualcosa tanto facilmente. Allora?-
Haruna si era quasi totalmente scordata di quello che era successo. Lo stress per il live e le tante cose da fare non le lasciavano molto tempo per pensare ad altro. Ma al ricordo dell’accaduto, sentì uno strano calore attraversarle le guance. Di sicuro stava arrossendo.
- Ci siamo quasi baciati.-
Shino sgranò gli occhi :- Vi siete baciati?-
- Quasi.- puntualizzò la ragazza.
- Diamine. E lo avresti lasciato fare?-
- Non.. non lo so! Ci stavo ancora ragionando su…-
- Sembrava avessi già preso una decisione.-
Haruna lo fulminò con lo sguardo. Allora le cose stavano così. Li aveva colti sul fatto.
- Lui ti piace?-
- Non lo so.-
- Non hai detto di no.-
- No, non l’ho detto.-
Shino sbuffò esasperato. Haruna iniziava ad innervosirsi. Cosa gli importava? Se avesse iniziato a conoscere meglio Kiichi, sì, molto probabilmente le sarebbe piaciuto. E di sicuro non le era assolutamente dispiaciuto ciò che era successo tra loro due. Non era sicura di provare qualcosa per lui, ma che le facesse piacere non c’erano dubbi.
E poi, perché continuava ad avercela con Mami? Più il tempo passava, più l’atteggiamento di quel ragazzo iniziava a darle i nervi. Non lo capiva. Gli voleva bene, ma non lo capiva proprio.
Arrivarono a casa. Shino aprì la porta di casa sua, mentre Haruna stava già iniziando a salire le scale.
- Senti, fa’ quello che ti pare!- le disse il ragazzo – Puoi essere amica di Mami, e puoi fare quel che vuoi con Kiichi… ma davvero, stai attenta a quel ragazzo. Non c’è da fidarsi. Ma che lo dico a fare, molto probabilmente te ne accorgerai da sola.-
E si chiuse la porta alle spalle, prima che Haruna avesse il tempo di mandarlo a fanculo.
 
 
 
Arrivarono alla saletta con ben tre ore di anticipo, per sicurezza. Quella volta dovevano davvero provare senza distrazioni, senza scuse, senza troppe perdite di tempo.
- Non ci riesco ragazze! È inutile!- Mami lanciò con furia le bacchette, che finirono dall’altra parte della sala, tintinnando e rotolando.
- Calmati Mami!- cercò di tranquillizzarla Haruna – Manca una settimana, se ti eserciti vedrai che…-
- Una settimana! Non ci riuscirò mai, in una settimana!-
Stava iniziando a farsi prendere dal panico. Haruna si morse le labbra. Non era preparata ad un simile comportamento, e non sapeva come comportarsi, quali parole utilizzare con l’amica. Anche a lei venne improvvisamente il panico. Ma non per il live. Aveva paura che Mami volesse rinunciare all’ultimo momento.
Tomomi, con calma, si chinò a raccogliere le bacchette e le porse nuovamente a Mami, la quale, nell’orlo delle lacrime, sembrò tranquillizzarsi e le ri-afferrò.
- Se vuoi- disse la bassista – possiamo non farla, questa canzone. E’ un po’ complicata, in effetti. Possiamo sceglierne un’altra più semplice.-
Mami abbassò lo sguardo :- Mi dispiace facciate questo per colpa mia. So che è una canzone che vi piace molto.-
La canzone era In Too Deep dei Sum41.
- Non preoccuparti – disse Haruna – E’ tanto che cerco di imparare l’assolo, ma non ci riesco proprio. Forse è meglio non farla alla fine..-
- L’assolo è facile.-
Mami disse quell’ultima frase in modo particolarmente violento, ma Haruna fece finta di non averlo notato.
- Sì.. però io non so fare molti assoli. In  fondo, non ho mai avuto delle vere e proprie lezioni di chitarra. Forse è meglio fare qualcosa di più punk, senza assolo. Anche la batteria dovrebbe essere più facile…-
Mami si alzò di scatto dalla sua postazione, con una tale foga che i piatti della batteria traballarono. Si avvicinò ad Haruna con fare abbastanza esasperato. Sia la chitarrista e la bassista ne rimasero spiazzate.
- Posso?- chiese la batterista, indicando la Fender di Haruna.
- S..sì..- rispose Haruna, incapace anche solo di immaginare cosa volesse fare Mami con la sua chitarra.
Se la sfilò di dosso e la passò a Mami, la quale la indossò con movimenti talmente aggraziati e fluidi da non sembrare affatto una che non aveva mai maneggiato una chitarra in vita sua. Tali dubbi vennero subito cancellati.
Mami suonò l’assolo. Non lo fece alla velocità originale, ma leggermente più lento. Eppure era perfetto, pulito, molto più fluido di come lo faceva Haruna. Sia lei che Tomomi rimasero a bocca aperta.
- Ecco – disse sfacciatamente Mami – comincia col farlo un po’ più lento, magari poi riuscirai a…-
- Ehi! Ehi! Ehi! Ferma lì dove sei!- squittì Tomomi, togliendosi di dosso il basso di Mariko e avvicinandosi alle sue due amiche – Non ci avevi mai detto che sai suonare la chitarra!-
- Non ci hai mai detto che la sapessi suonare così bene.- puntualizzò Haruna, seria in volto.
Mami si morse le labbra :- Non ho mai avuto l’occasione di dirvelo...-
- Sì, invece. Almeno di accennarcelo.-
Mami abbassò lo sguardo :- Non è importante. Suonerò la batteria con voi, quindi…-
Porse nuovamente la chitarra alla legittima proprietaria. Haruna l’afferrò per il manico, incapace di rimettersela indosso. Si sentì improvvisamente a disagio. Tradita. Mami sapeva suonare il suo strumento. Il suo.  E lo sapeva fare molto meglio di lei.
- Da quanto tempo?- disse in un sussurro.
Mami la guardò, interrogativa :- Cosa?-
- Da quanto tempo suoni la chitarra?-
Mami esitò un attimo prima di rispondere :- Cinque anni.-
Haruna strinse ancora più stretto il manico della sua chitarra :- Hai preso delle lezioni?-
Ancora qualche istante di esitazione :- Sì.- un attimo di silenzio – Ma ho smesso da un po’, non avevo abbastanza soldi da permettermelo. – ancora un attimo di silenzio, molto più pesante di quello di prima – per questo ho iniziato a lavorare per Mariko. Speravo di guadagnare abbastanza per ricominciare.-
Se avrebbe stretto di più quel manico, sicuramente l’avrebbe rotto in due.
- E la batteria? Da quanto tempo suoni la batteria?-
- Da quando ho iniziato a lavorare per Mariko. C’era la batteria, qui nella saletta, e quindi provavo un po’ a suonarla quando non avevo nulla da fare. Col tempo sono diventata abbastanza brava, senza rendermene conto…-
- Per sbaglio, praticamente.-
Mami abbassò lo sguardo. I ruoli si erano invertiti. Adesso era Haruna a sentirsi arrabbiata e Mami a sentirsi in colpa.
- La mia passione è la chitarra.- riuscì a dire Mami – E’ da quando mio padre me la mise tra le mani la prima volta. Ho pensato subito “questo sarà il mio strumento. Questa sarà la mia vita”. Poi, quando tu mi hai trovata mentre suonavo la batteria… è stato un caso. Un semplice caso. Sono successe così tante cose, poi: Mariko che ci organizza una serata al Namba Hatch – al Namba Hatch, cavolo! il Namba Hatch! – e tu ci tenevi tantissimo. Non potevo dirti di no, solo perché suono il tuo stesso strumento. Mi capisci?-
Haruna annuì. Stava iniziando a sentirsi più leggera, ma non troppo. Tomomi taceva, e ascoltava. Per la prima volta, sembrava conscia dell’atmosfera grave della situazione.
- Non rinuncerò al live. Suonerò la batteria, tranquilla. Dopo questo live, Mariko darà il permesso a tutte e tre di suonare nella saletta individualmente. Riprenderò la chitarra, ma non ti darò fastidio. Saremo ognuna per la sua strada.-
Haruna si morse il labbro :- Ognuno per la sua strada…- ripeté.
Ci aveva pensato, ci aveva pensato davvero di proporre a Tomomi e a Mami di continuare dopo l’esibizione. Non ci sarebbe stato più bisogno del permesso speciale di Mariko per suonare nella saletta, perché sarebbero state una band. Una band a tutti gli effetti. Ora, il suo piccolo sogno stava scivolando via dalle sue mani. Mami voleva suonare la chitarra, e Haruna non poteva fare niente per dissuaderla. In fondo, condivideva lo stesso amore per quello strumento, e poteva capirla benissimo. Si vergognò quasi di averla solo pensata quella cosa.
Ognuno per la sua strada.
- E niente…- s’intromise improvvisamente Tomomi - … rosso di sera, bel tempo si spera.-
Scoppiarono tutte e tre a ridere. In fondo non era successo nulla di grave. Haruna avrebbe trovato sicuramente un’altra band con la quale formarsi. E poi, c’era ancora Tomomi…
Giusto. Tomomi. Magari lei avrebbe accettato. Glielo avrebbe chiesto. Più tardi magari.
 
 
- Ehi, questa volta non era male!-
Dopo quella piccola discussione, avevano ripreso a suonare e si erano esercitate per ben due ore, senza mai fermarsi. Le prime volte non erano molto fluide, andavano fuori tempo e molto spesso si perdevano. Ma man mano che suonavano iniziavano a trovare la giusta armonia tra loro. Avevano già pronta persino una scaletta.
- Sì, questa era meglio!- disse convinta Haruna, anche se era consapevole che doveva esercitarsi molto di più a suonare e cantare insieme. Ogni tanto perdeva il tempo.  Tuttavia, le ragazze era sudate, stremate, e contente come non mai.
- Proviamo un’altra volta?-
- Sì, dai! Tanto manca ancora mezz’ora prima che arrivi il primo gruppo…-
Mami aveva appena finito di pronunciare la frase quando suonò il campanello. Tutte e tre le ragazze s’irrigidirono, gli occhi spalancati.
- Di già?-
- Saranno in anticipo…-
- No, che palle! Non possiamo più provare.-
- Magari è di nuovo Kiichi – disse maliziosamente Tomomi – che spero di beccare ancora Haruna da sola.-
Haruna fulminò l’amica con lo sguardo, la quale aveva già iniziato a ridacchiare insieme a Mami. Haruna le ignorò e si diresse vero la porta. Un po’ le tremò il braccio quando aprì. Temeva davvero fosse di nuovo Kiichi.
Ma non era lui. Era Rina.
- Rina?!- Haruna quasi gridò il suo nome. Quella sì che era una vera e propria sorpresa. La sua coinquilina non era mai venuta a trovarla alle prove. Anzi, non credeva nemmeno sapesse dove si trovasse la saletta.
La ragazza dal caschetto castano le sorrise dolcemente : - Oggi ho finito prima di lavorare! Così ho pensato di venirvi a trovare!-
- Ma… come hai fatto a trovare il posto?-
- Me l’ha detto Shino. Permesso…-
Rina scivolò, aggraziata come un giunco, all’interno della saletta. Haruna notò in quel momento che indossava ancora la divisa da cameriera del bar in cui lavorava: una camicia bianca come il latte, con ricamato sul petto il nome del bar in katana, in rosa, una gonna dello stesso colore della camicia, forse un po’ troppo corta, anch’essa ricamata in rosa con motivi floreali. Era molto graziosa. Troppo graziosa. Era rischioso per lei girare in quello stato in un luogo del genere, pieno di pervertiti, a pochi passi da un sexy shop dove probabilmente vendevano vestiti da cameriera molto simili a quello. Nonostante sapesse quanto fosse matura la sua coinquilina, Haruna decise che più tardi le avrebbe ricordato che, se avesse voluto ancora venirla a trovare dopo il lavoro, almeno avrebbe dovuto fare un salto a casa per cambiarsi. Era più giovane di lei, dopotutto, e sentiva che doveva proteggerla, anche se la maggior parte delle volte era proprio Rina a prendersi cura di Haruna.
Appena vide Mami, Rina la salutò con un grande sorriso, poi si presentò a Tomomi con un inchino.
La bassista la squadrò per qualche secondo.
- Io e te non ci conosciamo?-
Rina, sorridendo nervosamente, rispose: - E’ probabile che tu mi abbia vista a scuola, ma non ci siamo mai presentate. Non frequentiamo gli stessi corsi…-
- Non a scuola.- insisteva Tomomi. Haruna non riuscì a trattenere un sospiro. Quella ragazza sapeva proprio essere testarda, a volte – Io ti ho già vista più volte. Probabilmente…-
- Sono un’amica di Shino.- rispose frettolosamente Rina. Troppo frettolosamente. Ad Haruna non sfuggì che c’era un certo nervosismo nella sua voce – E’ probabile che tu mi abbia vista con lui da qualche parte, oppure che lui ti abbia parlato di me… Comunque, ho qualcosa per voi!-
Nessuno aveva notato il sacchetto di plastica che teneva in mano, con sopra scritto lo stesso logo che aveva ricamato sul petto. Da lì, fuoriuscirono quattro bicchieroni di carta contenenti del caffè bollente al caramello, più un altro sacchetto di carta che a giudicare dall’odore doveva contenere chissà quali dolci appena sfornati. L’odore del cibo raggiunse le narici delle musiciste, che avevano passato le due ore precedenti a suonare senza mai fare una pausa, e le aveva inebriate in qualsiasi parte del corpo e della mente. Dimenticarono subito la fretta con la quale Rina aveva cambiato discorso.
- Direttamente dal bar!- disse, sorridendo.
Haruna l’avrebbe sposata :- Rina… ma… dobbiamo pagarti qualcosa?-
- Tranquille, offre la casa!-
- LARGO!- urlò Tomomi, liberandosi subito del proprio basso e fiondandosi sul sacchetto di carta.
- Tomomi! Ti sembrano modi? – la rimproverò Haruna.
Rina invece rise divertita:- Servitevi pure, non ci sono problemi. Ne ho preso una bella scorta.-
All’interno del sacchetto di plastica, infatti, c’erano ben altri tre sacchetti di carta ad aspettarli.
- Oh, Rina…- Haruna era quasi commossa – Grazie!-
L’amica le sorrise.
- Mami, smettila di stare lì, vieni a mangiare con noi!-
- Un attimo! Un attimo!-
Mami non si era ancora alzata dal suo posto. Era rimasta alla batteria, e stava ancora cercando di tenere il tempo della canzone, senza riuscirci. Sentiva però di esserci vicina, e aveva paura che se avesse smesso avrebbe perso del tempo prezioso disimparando tutto.
- Dai Mami! La proviamo dopo!- Tomomi aveva già la bocca sporca delle fecola di patate dei daifuku che stava addentando senza pietà – Guarda che se stai lì io mi mangio tutti i dolci del tuo sacchetto.-
Mami parve non sentirla. Era troppo presa. Non si era nemmeno accorta che Rina si era avvicinata e la stava fissando mentre continuava a pestare il pedale della grancassa con forza. Quando alzò lo sguardo quasi sussultò.
- Suoni la batteria…- mormorò Rina affascinata.
- Già..- rispose Mami – Tu suoni la tastiera, no?-
- Si… pianoforte e tastiere…- precisò Rina, senza staccare gli occhi dalla batteria – Comunque ho sempre pensato che la batteria sia uno strumento molto interessante. Posso provarla dopo?-
- Certo! – rispose Mami, ma il profumo del caffè al caramello raggiunse finalmente anche le sue narici – Dopo, però.-
 
 
 
Ormai era l’ultima settimana di agosto, e il caldo soffocante dell’estate stava finendo. Per le ragazze, quindi, sentire il bollente caffè scivolare nelle loro gole fu un grande piacere. Anche i dolci del bar dove lavorava Rina erano davvero ottimi. Mangiando e chiacchierando, il tempo volava e mezz’ora passò in un lampo. Non c’era più tempo per provare, e le ragazze decisero che per quel giorno poteva bastare così.
- Ragazze… Kuso! – urlò Tomomi, pulendosi la bocca con la manica. La sua solito finezza – Tra poco arrivano gli Young Death! Muoviamoci a pulire tutto.-
Raccolsero tutte le varie cartacce e pulirono il pavimento. Anche Rina le aiutò. In quattro riuscirono a mettere a posto ogni cosa in pochissimo tempo.
- Vieni qui Haruna!- gridò Tomomi – Aiutami a mettere a posto gli strumenti.-
Haruna si diresse verso la piccola stanza degli strumenti, mentre Rina chiedeva ancora una volta a Mami di provare la batteria. Tomomi era seduta sui talloni intenta a srotolare un groviglio di cavi abbastanza complicato.
- Dopo gli Young Death sarà il turno dei Nights – disse la bassista, tenendo lo sguardo fisso su quell’ammasso di fili neri – e sai che il loro chitarrista vuole l’amplificatore con più effetti. Ci conviene tirarlo subito fuori, ci riesci?-
Haruna annuì, di malavoglia. Quando toccava ai Nights provare, le venivano sempre i brividi. L’amplificatore che il loro chitarrista esigeva era uno dei migliori della collezione di Mariko, il più professione e decisamente il più costoso. I Nights pagavano di più rispetto alle altre band per utilizzarlo, questo era ovvio, ma nonostante i soldi in più Haruna odiava dover sollevare quel coso enorme e trascinarlo dallo sgabuzzino alla sala ogni volta. Sarà stato anche l’amplificatore migliore, ma era decisamente il più pesante. Lo sollevò e lo tenne tra le sue braccia esili per qualche istante, cercando di camminare. Lo riappoggiò a terra quasi subito. Tomomi sorrise.
- Se continui così, arriverai in sala domani l’altro.-
- Come sempre, no?-
Ridacchiarono.
- Tomomi…- azzardò Haruna, dopo un istante di silenzio.
- Mmh?- fece la bassista, sempre intenta a srotolare cavi.
- Io… ecco… mi chiedevo una cosa.-
- Dimmi.-
- Saresti interessata a fondare una band? Con me?-
I movimenti di Tomomi si fecero sempre più lenti, finché non smise del tutto di lavorare. Ma non guardò Haruna negli occhi, né disse nulla.
- Intendo… dopo il Namba Hatch!- continuò Haruna – Mami potrà suonare la sua chitarra da sola, come Mariko ha promesso a tutte noi. Ma se invece di suonare da sole, continuassimo? Mami ci lascerà, però possiamo trovare un altro batterista. E magari un cantante. E un tastierista, se riusciamo a trovarlo…-
Tomomi si voltò a guardarla. Non aveva nessuna espressione in volto. Haruna iniziò a respirare affannosamente. Non sapeva cosa pensare, l’attesa della risposta le parve lunga e snervante.
Alla fine, sul viso della bassista, apparve uno dei sorrisi più smaglianti che avesse mai fatto.
- Sono con te, mia frontgirl!- disse, stringendo un pugno in segno di fight!.
Anche Haruna sorrise, e respirò sollevata. Aveva una bassista. Aveva un futuro. Non tutto era perduto.
Il silenzio venne rotto da uno strano rumore proveniente dalla saletta. La porta era semichiusa, quindi le ragazze lo percepirono lontano e ovattato. Eppure sembrava proprio il ritmo di una batteria. Haruna riconobbe subito il ritmo di In Too Deep.
- Ehi, è perfetto!- commentò Tomomi, tendendo l’orecchio – Incredibile! Mami l’ha già imparato!-
Entrambe si precipitarono nuovamente nella saletta. Ma quello che videro fu esattamente l’opposto di ciò che si aspettavano di vedere.
 
Mami, in piedi, davanti alla batteria, intenta a fissare Rina a bocca aperta mentre quest’ultima pestava la grancassa e maneggiava le bacchette, facendole volare sui piatti, con un’abilità quasi surreale. Almeno, ad Haruna parve surreale. Si stropicciò gli occhi, credendo di sognare. Eppure era lì. Era reale. Rina seduta alla batteria. Rina che suonava la batteria. Rina che suonava la batteria, bene.
- Rina…- riuscì solo a mormorare.
A Rina caddero le bacchette di mano. In volto le apparve un’espressione di stupore e angoscia. I suoi occhi guizzavano veloci, guardavano prima Mami e poi Haruna. La sua bocca tremava incerta, come se volesse dire qualcosa senza riuscirci.
- Non posso crederci!- gridò Tomomi improvvisamente. La sua voce squillante echeggiò per tutta la saletta, rimbombando sulle pareti.
-Io…- Rina si alzò di scatto, inciampando impacciata,  prendendo contro un piatto che emise un rumore sgradevole – Io… adesso devo proprio andare. Ci vediamo a casa, Haruna…-
Detto questo uscì velocemente, mentre Haruna doveva ancora focalizzare nella sua mente la bizzarra situazione.
   
 
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