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Autore: Joy B Cheshire    25/06/2015    1 recensioni
E se Pucca dopo 4 anni a Tokyo incontrasse un fantasma dal passato?
Rating arancione per linguaggio, scene di violenza e si vedrà se aggiungo altro
Questa è una songfic, i diritti delle canzoni citate in questi capitoli vanno ai rispettivi proprietari.
Genere: Fantasy, Sentimentale, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Garu, Pucca
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Pucca era senza parole. Era lì in piedi sotto la luce del lampione a guardare con occhi sgranati il ragazzo che aveva davanti. Non poteva e non voleva crederci. Non era possibile che il ragazzo che quattro anni prima l'aveva fatta soffrire così tanto adesso fosse lì in piedi davanti a lei. Dopo qualche attimo di silenzio si  fece coraggio e col cuore in gola chiese: «Garu...? Ma sei veramente tu?»  

«Sì, Pucca.-Disse lui accennando un sorrisetto malizioso.- Sono proprio io.» 

«M-Ma che cosa ci fai tu qui?» Chiese lei indietreggiando spaventata di qualche passo. 

«Beh... È una storia abbastanza lunga...» Disse il ragazzo distogliendo lo sguardo un po' imbarazzato.  

Pucca lo guardò attentamente. Era cambiato, su questo non c'era il minimo dubbio. Non solo l'aspetto, sembrava diverso anche nell'atteggiamento: era più estroverso e spontaneo, anche se conservava ancora il solito orgoglio da ninja, per il quale provava vergogna per qualsiasi cosa considerata immeritevole per il suo codice. Dedusse quindi che non era lì per affari da ninja, dato che dopo la sua domanda era diventato rosso in viso e non la guardava in faccia. “ ‘È una storia lunga’, tipica scusa che usano tutti. Caro mio, non mi basta sentirti dire questo.... Un attimo: SENTIRTI DIRE?! DA QUANDO GARU PARLA?!” Pensò la ragazza sempre più confusa. Mille domande si affollavano nella sua testa turbinando, ma quelle che fece erano, secondo lei, le più importanti in quel momento. Gridò in un impeto di rabbia e sgomento: «Ma dico: scherziamo? Prima te ne vai senza neanche venirmi a dire in faccia il motivo. Pronta a farmi una nuova vita me ne vado e trovo la città dei miei sogni: Tokyo! E poi quando tutto è perfettamente normale e non potrebbe andare meglio, spunti tu dal passato per rovinarmi di nuovo la vita?! Perché sei venuto qui? Che cosa vuoi da me? Per quale cazzo di motivo adesso parli?!» 

Lui scoppiò a ridere a quelle parole, mentre la ragazza arrossiva piccata. Poi, una volta che si fu calmato, disse asciugandosi una lacrima: «Scusami *eheheh*. Mi rendo conto che ti senta un po' confusa al riguardo. Credo che però ora non avremo tempo per le spiegazioni. Dobbiamo andarcene prima che ne arrivino altri... Pucca, ti senti bene?» La ragazza barcollò e svenne dicendo affaticata: «Sì... Tutto.... Benissimo... Garu....!». Il ragazzo lasciò la katana per terra e la prese al volo per non farla cadere nella neve. La guardò e sorrise: tutte quelle emozioni in una volta sola e la stanchezza avevano vinto su di lei. Disse dolcemente accarezzandole i capelli scompigliati: «Tranquilla, mia Hime, ti spiegherò tutto prima di quanto pensi...» 

 

Quando si risvegliò, Pucca era nel suo letto con le coperte tirate fin sopra le orecchie. Si alzò piano piano sentendosi la testa pesante. «Meow» si girò verso il miagolio e vide Mia, la sua gattina rosa che si poggiava al lato del letto. La accarezzò e disse: «Ohayo, Mia.»  

Guardò la sua camera e per un po' pensò di aver sognato finché non vide un pacchetto colorato con un fiocco sopra e un biglietto con su scritto "per Pucca" che sbucava appena da sotto il cuscino. Prima che potesse prenderlo entrò Saki in camera sua che infuriata le diede uno schiaffo e disse: «Ma sei impazzita? Che ti è saltato in mente? Potevi farti ammazzare!» 

Pucca si toccò la guancia dove aveva appena ricevuto lo schiaffo e con le lacrime agli occhi disse: «Onee-chan?!» 

Saki si calmò e, vedendo la cugina piangere, la abbracciò forte e disse: «Su, stai tranquilla, è tutto apposto. Krishna, Pucca! Mi hai fatto prendere un colpo, però!» 

L'esclamazione della cugina fece sorridere Pucca tra le lacrime che continuavano a rigarle il viso. Ogni tanto si dimenticava che sua cugina era induista, anche perché non aveva mai capito perché avesse scelto quella religione. Quando se ne usciva con imprecazioni come questa le veniva da ridere. Cercando di asciugarsi le lacrime, disse: «Mi dispiace, Onee-chan, ho avuto tanta paura anche io!» 

Dopo qualche minuto passato in silenzio abbracciate, Saki si sciolse dall'abbraccio per guardare in faccia la cugina e disse« Non ho idea di come tu abbia fatto a ritrovarti nel letto ieri, ma sono felice che tu stia bene!» Riprese l'altra dandole un bacino sulla fronte. 

Pucca sbarrò gli occhi e disse: «Cosa?!» 

«Piccina mia, ti posso solo dire che ieri per la preoccupazione…» cominciò a rispondere, ma si interruppe mordendosi il labbro inferiore; poi aggiunse un po' imbarazzata: «beh, ho alzato un po' il gomito. Ho i ricordi un po' sfocati, ma so che ad un certo punto stavo svenendo nel retro del locale e per fortuna c'era Kiku Soma - sai, quel ragazzo che ogni weekend viene a dare una mano a lavare i piatti - che mi ha presa al volo e mi ha scortato al piano di sopra…» 

«Kiku ti ha portato di sopra?!» la interruppe Pucca con un'espressione che sprizzava malizia da tutti i pori. 

Saki arrossì vistosamente, si mise una ciocca di capelli castani dietro l'orecchio destro e schiarendosi la voce riprese: «Ehm, sì mi ha portato in casa. Ovviamente non prima che gli delegassi il compito di chiudere il locale, in assenza del mio vice che si è preso la giornata libera per andare a un matrimonio 

«E proprio tu ti fidi di un perfetto sconosciuto per chiudere il tuo prezioso ristorante quando non affideresti neanche a tuo fratello un compito del genere?» rispose la brunetta continuando ad avere un'espressione maliziosa. 

«Per prima cosa, lui non è uno sconosciuto: viene spesso a fare da gavetta. In secondo luogo, è stato l'unico ad ascoltarmi quando ero preoccupata per te e anche l'unico così gentile da offrirsi di portarmi su quando sono crollata, non credo avessi molta scelta nei fumi dell'alcol.» Ribatté la cugina. 

«In più è molto carino...» Disse Pucca ridacchiando. Saki le assestò una cuscinata in faccia dicendo con un sorriso nervoso: «Ma piantala!» 

«Ahahah… Oh, quindi ti sei addormentata prima che io tornassi giusto?» Riprese la ragazza. 

Saki tornando seria disse: «Sì. Prima di addormentarmi, mi ricordo di aver pianto, perché mi sei tornata in mente e il pensiero di non sapere dove fossi mi aveva spaventato a morte…» distolse lo sguardo triste. Aggiunse trattenendo le lacrime: «Poi la mattina ti trovo a dormire nel tuo letto così beata, e mi chiedo se tutto quello che è accaduto l'ho sognato fino a che non vedo i lividi sulle tue braccia e allora…» strinse le palpebre mentre calde lacrime le rigavano le guance. 

«Tranquilla, Saki, non succederà più.» Disse l'altra abbracciando la cugina. Aggiunse: «Devo aver battuto la testa perché ho la memoria un po' offuscata: ricordo che mi avevano rubato le ruote del motorino, è arrivato un uomo piuttosto giovane a salvarmi da dei maniaci che mi stavano aggredendo e dopo qualche minuto credo di essere svenuta. Non ricordo nient'altro e anche questi ricordi hanno icontorni sfocati.» Non raccontò di Garu perché se sua cugina avesse saputo che era lui il suo salvatore, probabilmente sarebbe andata su tutte le furie. Saki odiava Garu per ciò che aveva fatto passare alla sua Pucchan. (Nota d’autrice: Sì, Saki la chiama anche così, soprattutto per farla innervosire come di seguito. 

 «Beh, dovrò ringraziare il tuo salvatore allora...» Disse lei sorridendo. 

Pucca chiese alla sua Onee-chan se c'era ancora la colazione, ma con sua enorme sorpresa scoprì che era passata da poco l'una. Allora chiese allarmata: «Saki, perché non mi hai mandato a scuola? E che ci fai qui allora di pranzo? E il locale?!» 

Lei rispose sorridente: «Tranquilla, l'ho lasciato al mio vice. Avevi bisogno di riposo, così ho preferito lasciarti dormire e rimanere qui finché non ti saresti svegliata. Infatti adesso dovrò andare giù a controllare la situazione. Fra tre quarti d'ora ti manderò su il pranzo. Tu riposati adesso.» 

«Ma,» ribatté Pucca preoccupata. «e gli spaghetti jajang?»  

«Rilassati. Li serviremo domani. Tu hai bisogno di stare a riposo e di studiare oggi. Giornata libera per la mia Pucchan.» Rispose Saki con un sorrisetto dolce stampato sulle labbra. 

La brunetta sentendo salire la rabbia iniziò a prendere i cuscini e a lanciarli alla cugina urlando: «Non mi chiamare Pucchaaan!!!» L'altra corse fuori dalla stanza della sedicenne ridendo e disse: «D'accordo, PUCCHAN, ti manderò il pranzo fra un po'! *ahahahahah 

Pucca rimasta sola nella sua camera pensò: “Grrrrr, perché continua a chiamarmi così dopo tutti questi anni? Quanto dovrò aspettare prima che si renda conto che non sono più una bambina?”  

«Meow Pucca si girò e prese in braccio Mia. Disse in tono ultra smielato: «Scusami, piccolina, hai ragione. Adesso andiamo a fare la pappa.» e si diresse verso la cucina dove aveva messo la ciotola. 

 

Dopo aver dato da mangiare a Mia, si sedette sul letto, non vedeva il motivo per cui dovesse riposare dato che non era malata, ma in fondo le piaceva il fatto di potersi rilassare almeno una volta evitandosi un sabato, anche se adesso le toccava andare a recuperare gli appunti presi durante quella giornata. Doveva assolutamente studiare chimica per il test che avrebbe dovuto affrontare di lì a poco e chiamare Yomi per sapere se poteva passare da casa sua nel pomeriggio per gli appunti e i compiti assegnati. Prima che si potesse rialzare per organizzare il lavoro l'occhio le ricadde sul pacchetto che spuntava da sotto le coperte. Nel vederlo sentì un brivido lungo la schiena. Poteva immaginare come ci fosse finita una cosa del genere nel suo letto, allo stesso modo immaginava come fosse tornata a casa dopo quell'episodio terrificante. Piano piano lo prese in mano e lentamente iniziò a scartarlo. C'era una scatolina di metallo rosso chiaro con dentro delle fotografie che la ritraevano in vari momenti: al bar con Yomi e le sue compagne di classe, Haru e Fuyumi; al parco seduta a una panchina mentre leggeva un libro circondata da alberi con le foglie rosse e gialle in parte già cadute per terra; una la ritraeva affacciata alla finestra in camicia da notte a osservare il paesaggio innevato; l'ultima mentre passeggiava insieme a Yomi sorridente con gli stessi vestiti con cui era uscita il giorno prima. Nel vedere quelle foto rabbrividì. 

In allegato alla scatolina c'era un foglio ripiegato. Lo aprì e iniziò a leggere la breve lettera che conteneva: 

 

Mia cara Pucca,  

mi sarebbe piaciuto incontrarti in una maniera meno brusca, ma se ti fosse successo qualcosa non me lo sarei mai perdonato. So che hai tante cose da chiedermi, come ad esempio il motivo per cui sono qui, perché io mi sia voluto mettere in contatto con te, come io ti abbia trovato, dove io sia stato in tutti questi anni… Vorrei tanto poterti dare una risposta, ma non mi sembra giusto dirti tutto questo via lettera. Sappi per ora che non ho mai smesso di tenerti d'occhio da quando sono a Tokyo, come penso avrai dedotto dalle foto, principalmente perché, come ho già detto, se accadesse qualcosa di male alla mia Hime, non potrei sopportarlo. Ho incontrato i tuoi zii un po' di tempo fa, mi hanno detto che a loro manchi molto. Anche a Ching e agli altri manchi... Se vorrai te ne parlerò. Se vorrai avere delle risposte, mi troverai lunedì pomeriggio alla tua panchina preferita al parco. So di non avere il diritto di piombare all'improvviso nella tua nuova vita, perciò se non verrai lo capirò.  

Garu.  

P. S. Sei molto sexy con quel pigiama... 

 

Quando lesse l'ultima riga arrossì violentemente e accartocciò il foglio stizzita. Se questo non era stalking, non sapeva come altro chiamarlo. Si alzò dal letto, buttò la lettera nel cestino e nascose le foto in uno dei cassetti vicini alla scrivania. Rifece il letto, si vestì e si sedette alla sua scrivania intenzionata a studiare senza badare a ciò che aveva appena letto e visto. “Che cazzate! Perché dovrei riaprire un capitolo della mia vita che pensavo di aver chiuso una volta per tutte tanto tempo fa? No! Non gli darò questa soddisfazione!” Pensò arrabbiata. Appena aprì il libro di chimica sentì suonare il campanello e andò ad aprire pensando: “Questo deve essere il fattorino con il pranzo.”  

Aprì e vide un ragazzo alto con i capelli lisci biondi a caschetto e gli occhi verdi, con indosso la tenuta da lavoro da lavapiatti del ristorante di Saki, che teneva in mano una porzione da sporto coperta.  Riconobbe il volto sorridente di Kiku  e lo salutò sorridendo a sua volta: «Ciao, Kiku.» 

«Ciao, Pucca.» Le rispose il ragazzo. «Sono venuto a portarti il pranzo. Oggi serviamo ramen al tavolo vip. *ahahah* Come stai? Eravamo tutti in pensiero ieri.» Anche lei rise. 

«Va molto meglio, devo mangiare così che possa riprendermi.» Disse sentendo il suo stomaco brontolare.  

Il ragazzo sorrise e dandole il pranzo disse: «Capito. Allora ti lascio, sicuramente Saki mi ucciderà se non torno subito da lei.» 

«Ah, a proposito, grazie mille per averla riportata a casa.» Disse, e aggiunse lanciandogli un'occhiata maliziosa: «Stamattina non faceva che parlare di quanto fossi stato gentile e comprensivo con lei.» 

Lui arrossì e rispose un po' imbarazzato sorridendo nervosamente: «N-non c'è di che. Era così preoccupata che mi sono sentito in dovere di aiutarla... Scusami, ma devo scappare: il lavoro mi chiama. Ci vediamo, Pucca-chan.» 

«Ciao, Kiku.» rispose la ragazza sorridente. 

Chiuse la porta e si avviò in cucina. Dopo aver sistemato sul tavolo una tovaglietta, una bottiglia d'acqua e un bicchiere posò il piatto. Prese un paio delle sue bacchette preferite, nere con alle basi delle else di katana rose e dorate, e il cucchiaio saimin di ceramica, facente parte dello stesso set di posate, nero con sopra disegnato un dragone con le scaglie rosse e dorate e gli occhi smeraldo. Le ricordava un po' il suo amico dragone del villaggio Sooga, mentre le bacchette le ricordavano la sua amica Ching per via della sua passione per le spade… improvvisamente le vennero in mente tutti i ricordi belli della sua infanzia: i suoi zii, i suoi amici… Garu... 

Sentì un po' di nostalgia, anche se continuava a serbare rancore verso di loro. Si sedette e chiudendo gli occhi giunse le mani e disse: «Itadakimasu!» 

Mangiando ripensò alla lettera di Garu. Non le piaceva l'idea di rivederlo, perché non voleva che la sua vita fosse stravolta di nuovo da quel ragazzo; però era l'unico modo per sapere qualcosa su come stessero le persone a Sooga. Non era affatto sicura su cosa scegliere, ma aveva ancora un giorno per decidere e nel frattempo decise di non dire a nessuno la verità finché non fosse stata sicura se andare o meno.  

 

Dopo pranzo si mise a studiare chimica e fortunatamente riuscì a finirla abbastanza presto. Mandò un messaggio a Yomi per chiederle se poteva passare da casa sua più tardi, sperando che, anche se impegnata col club di basket, riuscisse a riceverlo e a rispondere in tempo utile. Con sua sorpresa rispose subito dicendo che non c'erano problemi e che se voleva poi poteva rimanere a cena, così si diedero appuntamento per le 18 in punto. Nel tempo che le rimaneva ne approfittò per farsi una doccia e preparare la borsa con tutto quello che le serviva. 

Non fu difficile convincere Saki a farla uscire dato che era per la scuola e si fidava della sua amica. Quando disse che sarebbe rimasta a cena da loro, in mezzo alla confusione del ristorante rispose solamente: «Va bene, ma devi avvisarmi mezz'ora prima se ti devo venire a prendere.» 

Una volta arrivata, Pucca suonò il campanello di casa Nakajima, una villetta che era a 10 minuti da casa sua. Aprì la madre di Yomi, Asako, che la fece entrare. Lei si tolse le scarpe e, dopo aver salutato sia la donna che il fratellino Shinichi di 4 anni, si fece da sola strada verso la stanza della ragazza al piano di sopra. 

La stanza aveva tutte le caratteristiche tipiche del gusto punk: le pareti quasi non si vedevano quasi più per via della marea di poster  di band punk, rock e metal che vi erano attaccati; l'armadio era a più ante di colore nero, sulle quali erano attaccati degli sticker a forma di teschietti, con gli interni viola; la scrivania era molto in disordine, così come la libreria, salvo per gli scaffali dei libri Horror, che erano accuratamente catalogati per autore in ordine alfabetico; infine sul suo puff violaceo troneggiava la figura alta e magra di Yomi, che aveva i capelli scuri mesciati di viola raccolti in due codini  un po' spettinati con un ciuffo che le copriva l'occhio sinistro e indossava una maglietta a maniche lunghe nera con su scritto in rosa "Stressed depressed but well dressed",  dei jeans grigio topo strappati qua e là con le borchie sulle tasche e dei calzettoni a righe rosa e nere. 

«Pucca-chan! Come sono felice di vederti!» disse la ragazza abbracciando forte l'amica e subito aggiunse: «Come mai oggi non sei venuta a scuola? Stavi male?» 

«Beh, è una lunga storia...» disse lei un po' imbarazzata iniziando a raccontare ciò che era successo il giorno prima, evitando accuratamente di parlare di Garu 

«Oh mio Dio,  Pucca! Mi dispiace tanto, non ne avevo idea!» esclamò, quando ebbe finito, Yomi che, sinceramente preoccupata, la abbracciò. «Tranquilla, Yomi. Ora sto bene, anche se credo che Saki non mi permetterà di fare le consegne per un po' da quanto si è preoccupata... anche perché non ho idea di dove sia il mio scooter... Ma basta parlare di questo, abbiamo dei compiti da fare.» rispose l'altra sorridendo. 

Si misero a lavoro e nel giro di un'ora e mezza avevano finito. Giusto in tempo per sentire la signora Nakajima chiamarle dal piano di sotto per la cena. Quella sera Asako aveva preparato riso gohan e zuppa di miso con tempura di gamberi e di verdure e sashimi di salmone.  

Dopo aver mangiato a sazietà le ragazze tornarono in camera di Yomi a chiacchierare. La coreana si mise a pensare di nuovo a quel ninja da strapazzo che era costretta a considerare suo salvatore: non riusciva a credere che proprio lui le avesse fatto stalking e continuava a rimuginarci diventando improvvisamente silenziosa.  

La piccola punk guardò l'amica che era entrata in trance e le chiese: «Pucca, sei sicura di stare bene? Mi sembri un po' sovrappensiero, c'è qualcosa che ti preoccupa?»  

Lei abbassò lo sguardo arrossendo e non rispose. 

Yomi allora con un'espressione maliziosa sul viso disse: «Non è che per caso c'entra un ragazzo?» 

Pucca arrossì violentemente e disse sbraitando: «Ma che dici? Sei impazzita per caso? Nessun ragazzo, come ti viene in mente?!»  

«Cara mia non mi inganni: conosco l'espressione che hai quando ti prendi una cotta, e tu ce l'hai in questo momento. Dai, dimmi: chi è?? Non dirmi che è Kaito, altrimenti mi impicco.» disse la piccola punk quasi tutto d'un fiato. 

La koreana guardò l'amica con aria perplessa e ribattè«Seriamente mi stai chiedendo se mi sono presa una cotta per tuo fratello maggiore? Ma che hai in testa! Piuttosto dov'è adesso?» 

«Ah boh!- rispose l'altra con una punta di indifferenza- Probabilmente sarà in giro a tentare di abbordare qualche ragazza con quei deficienti dei suoi amici... Ma tornando all'argomento di prima, se non è Kaito, non sarà per caso il senpai Ryoichi Aijima?!» aggiunse a metà tra lo stupore e la malizia. 

Pucca arrossì violentemente al pensiero e urlò: «EH??? AIJIMA-KUN?!» 

Ryoichi era il ragazzo più carino di tutta la scuola, il tipico superfigo che ha un esercito di ragazze ai suoi piedi. Anche lei lo trovava attraente, ma dire che era innamorata di lui sarebbe stato un errore, perché, soprattutto per il fatto di averci provato con lei invano svariate volte, non riusciva a sopportare gli stronzetti, narcisisti figli di papà come lui che pensano di poter avere tutto. Ogni volta che lo sentiva nominare le montava una rabbia... 

«Ti sfido a ripeterlo se hai il coraggio!- disse Pucca in tono minaccioso- Quello stronzetto, spocchioso e viziato: ma come ti viene in mente?! Sarà anche bello, ma resta un pervertito e un maniaco.» 

«Mi piacerebbe tanto sapere una buona volta che ti ha fatto...» rispose Yomi un po' seccata. Ma vedendo come la guardava storto la sua amica aggiunse: «Suppongo che anche oggi non me lo dirai, vero?»  

Pucca annuì e disse: «Yomi non è per un ragazzo che sto così. O meglio è per un ragazzo non sono innamorata di lui.- Non più almeno... pensò e aggiunse- Pensavo al mio salvatore di ieri: mi ha mandato un messaggio dicendo di volermi incontrare perché deve rivelarmi alcune cose. Tu che faresti: lo incontreresti o faresti finta di niente? Ho bisogno di un consiglio...» 

Yomi ci pensò su un attimo, poi disse: «Beh, il fatto che ti abbia lasciato un messaggio del genere è un po' inquietante. Però, io andrei almeno per ringraziare l'uomo che ha rischiato la sua vita per salvare la mia. Cosa ti preoccupa: hai paura che ti tampini?» 

«No,-rispose preoccupata- ho paura che mi dica qualcosa che non voglio sapere...» 

 

Angolo dell'autrice: 

Salve a tutti, dopo ere geologiche sono finalmente riuscita a finire e pubblicare questo capitolo. Spero che vi piaccia, e soprattutto spero di riuscire a pubblicare il prossimo in meno tempo. Se avete bisogno di chiarimenti, sarò felice di rispondervi tramite le recensioni. 

From Abyss with Love, 

Joy B Rabbit 

  
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