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Autore: Sissi Bennett    16/01/2009    8 recensioni
“Lynn …”. “Non dire niente Tess, lo sai che è il suo lavoro. Tanto ormai lo fa sempre, una volta in più che vuoi che sia … neanche ci faccio più caso …”. “Ah capisco e quindi non t’importa che non sia lì con te proprio oggi?”. “No”. “E allora perché piangi?”.
Genere: Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Joe Jonas, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Eccomi qua, sono tornata con la seconda parte della storia. Che volete farci? E' più forte di me, sono un'amante del lieto fine. Grazie mille per tutti i commenti. Spero di non avervi deluso con questa parte.

Buona lettura!

Happy Birthday, Lyndsey


Sometimes I wake up crying at night
And sometimes I scream out your name
What right does she have to take your heart away
When for so long you were mine
( Dixie Chicks- You were mine)

 

Il risveglio è tutto fuorché piacevole. Ieri sera, dopo essermi struccata anche l’altro occhio, mi sono buttata a letto, senza tirare una tenda, senza chiudere una persiana.

Troppo stanca, esausta, distrutta dagli eventi.

Ora è mattina, il sole entra prepotente nella mia stanza e mi obbliga ad alzare le palpebre. Con orrore mi rendo conto di essere ancora in questo maledetto hotel, a Los Angeles e non a Londra, dove vorrei, dove dovrei essere.

E tutto quello che è successo mi ritorna in mente, violento e brutale ed ha un sapore amaro: sono sola, sola davvero, sola una volta per tutte.

Venire fino a LA è stato un grosso sbaglio; pensavo fosse ciò che serviva a salvare la mia storia d’ …, mi riesce difficile perfino scriverlo; forse perché non lo è stata. O forse sì e non me ne sono accorta. Chi lo sa.

Ormai sono sveglia, ma non ho voglia di alzarmi. Allungo pigramente una mano fino al comodino e recupero il cellulare, che ho riparato meglio che ho potuto, e lo accendo.

Se conosco bene Joe, mi avrà lasciato dei messaggi, delle chiamate per scusarsi, è nel suo carattere. Non che a lui importi qualcosa di me, ma agisce così solamente per calmare la coscienza.

Ma il display del mio telefonino rimane vuoto per il minuto successivo e per quello dopo ancora.

Prendo la cornetta del fisso e chiamo la reception per chiedere se ci sono dei messaggi per me.

Nessuno.

Evidentemente non conosco Joe Jonas così bene.

Fantastico penso ristendendomi sul cuscino un’altra bella notizia: cara Lyndsey non hai capito proprio un bel niente di quello che per un anno è stato il tuo ragazzo.

Piano, piano s’impossessa di me il sospetto che io mi sia innamorata dell’immagine che mi sono creata e non di lui in persona. Già, sempre più questo pensiero vaga nella mia testa.

Ma anche quando sono certa che sia così, anche quando sono sicura di tutte le mie conclusioni, del fatto che alla fine io non sappia molto su come sia Joe nella vita di tutti i giorni, anche quando mi sono convinta e non mi sento proprio così stupida per essermi lasciata incastrare, in questi momenti interviene una componente del mio subconscio: la memoria.

Ho un sacco di ricordi in cui c’è anche lui, la maggior parte dei quali è bella. Sfogliando, come in un libro, le pagine del tempo passato insieme, non riesco a credere fino in fondo che non sia esattamente come lo conosco io. Non ce la faccio,  è impossibile che sia solo una montatura, è impossibile che un po’, che almeno un pochino non tenga a me. Come quella notte …

 

Mi rigiro sull’enorme materasso per la centesima volta nel giro di un minuto. È inutile: non riesco a dormire in questo letto, è immenso, rischio di soffocare tra i cuscini e le lenzuola.

Il sonno se ne va sempre più lontano se faccio caso a un piccolo particolare: questa è la camera di Joe, con i vestiti di Joe, le cose di Joe e … il letto di Joe. Manca solo Joe.

Sta dormendo nella camera a fianco in una brandina; un grande sacrificio per uno che è abituato ad un letto matrimoniale tutto per sé.

Nella mia scuola ora ci sono le vacanze di Pasqua e ne ho approfittato per venirlo a trovare. Mamma Jonas era così eccitata alla notizia che ha pulito la casa tre volte (o almeno è quello che mi ha detto Joe) e poi ha spedito il suo secondogenito a dormire con il fratello Nick, poiché non trovava molto conveniente che noi due passassimo la notte insieme.

Ora mi trovo sola in questo letto gigantesco, a guardare il soffitto per mancanza di sonno; avrei preferito io stare sulla brandina, la trovo molto più accogliente e adatta a me.

Mi metto su un lato, in posizione fetale e tiro la coperta fin sopra la testa nel vano tentativo di restringere un po’ l’ambiente attorno a me.

Rassegnata decido che per la prima volta in vita mia, rimarrò sveglia a guardare l’alba; non avendo in ogni caso nulla di meglio da fare. Nulla fino a questo istante. Avverto la porta aprirsi e subito dopo qualcuno è sotto le coperte con me. Mi avvolge un braccio attorno alla vita e posa il mento sulla mia spalla. “Che fai così rintanata qui sotto?” soffia sul mio collo “Hai paura?”.

“Non riesco a dormire da sola in un letto così grande” spiego voltandomi verso di lui.

“Mmm” mormora contro la mia scapola “Direi che abbiamo trovato la soluzione allora”.

“Sì, direi di sì”.

Oh certo, adesso prenderò sicuramente sonno! Con lui appiccicato addosso, sotto le lenzuola, in una stanza vuota, fatta eccezioni per noi due, immersi nel silenzio e nel buio della notte.

Saluto la mia sonnolenza, che mi ha completamente abbandonato.

“Se io non fossi venuto qui, che cos’avresti fatto?” s’informa Joe.

“Pensavo di guardare l’alba dalla finestra … sai, non l’ho mai vista”.

Scatta a sedere; così di botto e tutte le coperte lo seguono. Io rimango stesa e lo fisso stranita.

“Non hai mai visto sorgere il sole?” mi chiede costernato.

“N-no” rispondo “E’ tanto grave?”.

“No, no, è solo … credo che tutti qui a Los Angeles abbiano passato una notte in spiaggia per vedere l’aurora”.

“Io non sono di Los Angeles”.

“Ah beh, questo non è un problema: io vengo dal New Jersey” si alza e apre le ante dell’armadio a muro. C’infila la testa e inizia a trafficare.

Man mano che trova quello che cerca, lo butta indietro sul letto e un paio di volte rischia anche di prendermi in testa. Un po’ seccata scendo anche io e mi metto sulla sedia davanti alla scrivania.

Osservo gli oggetti che ha lanciato sul materasso: una torcia, un coperta di pile, un asciugamano.

Ma che diamine vuole fare?

“Joe, a che cosa serve tutta ‘sta roba?”.

Finalmente risorge da quel casino che è il suo armadio. Ha indossato una felpa sopra il pigiama.

“Andiamo a vedere l’alba; mi sembra ovvio!”.

Raccoglie tutte le cose che ha tirato prima fuori e mi trascina fuori dalla stanza.

M’intima di fare piano, perché se Denise dovesse beccarci, come minimo lui non uscirebbe più da questa casa e io non ci entrerei più.

Joe accende la pila per farci luce e con cautela mi guida attraverso i corridoi. Dato che entrambi siamo due calamità ambulanti, colpiamo con i piedi tutto ciò che ci è d’intralcio. Meno male che nessuno pare accorgersene.

Con me e Joe le parole “non fare casino” non hanno senso.

Senza farci scoprire, usciamo all’aperto. La casa di Joe è proprio sull’oceano, quindi raggiungiamo la spiaggia in un batter d’occhio.

Stende l’asciugamano vicino al mare, ci sediamo sopra mentre ci avvolge nella coperta.

La scena è molto romantica, ma il mio idillio è rovinato dal freddo. Anche se siamo sulla costa occidentale, di notte la temperatura si abbassa notevolmente ed io, essendo freddolosa, ne risento.

Joe avverte che sto tremando “Ti avevo detto di prendere un felpa”.

Alzo lentamente il capo verso di lui “No, non me l’hai detto” ribatto.

“Allora l’avrò pensato”.

Le prime volte che mi ha fatto discorsi di questo genere, ho creduto che soffrisse di qualche disturbo dell’intelligenza, poi ho capito che è un modo come un altro di farmi sorridere.

Infatti ridacchio, mentre mi stringo di più a lui in cerca di calore.

“Sai che forse siamo usciti un po’ presto? Le stelle brillano ancora” constato.

“Hai ragione” concorda “Ma alla fine cosa mi serve vedere l’alba? Io ce l’ho già il mio sole”.

Ecco che fa il solito latin - lover.

“Visto che siamo in vena di dichiarazioni, mi sono sempre chiesta … sai, insomma … tu sei famoso, potresti avere tutte le più belle del mondo … perché io? Che cos’ho di speciale?”.

È una domanda che mi ronza in testa da un po’ di tempo. Non so perché mi sono decisa di porgliela proprio ora, è uscita da sola dalla mia bocca, spontanea e istintiva.

Joe rimane in silenzio prima di scoppiare a ridere.

“Quanto sei scema!” commenta.

Io incrocio le braccia al petto e metto il broncio. Non è il momento per prendermi in giro!

“Lynnie, io adoro tutto di te. Adoro il modo in cui arrossisci quando cadi, adoro il tuo modo di guardarmi torva quando ti faccio arrabbiare, adoro il fatto che mi perdoni nonostante io non possa stare sempre con te. Amo letteralmente quando sei nervosa e ti strappi la pelle morta dalle labbra, amo vederti così innocente nel mio mondo e starei tutta la vita a fissarti mentre squadri le ragazze supertirate alle feste. Mi piaci perché sei il loro contrario, mi piaci perché sei semplice, divertente, riservata e soprattutto sei tu la più bella di tutte. Mi piaci perché mi sopporti. E qui, tra i due, sono io a dovermi chiedere che cos’ho di speciale per stare con te”.

Ditemi voi, ditemi dopo una dichiarazione del genere cosa fareste. Io resto attonita, a guardarlo ancora con il broncio stampato in volto. Ci metto un po’ prima di afferrare sul serio il senso di quelle parole.

“Sinceramente, l’hai trovata nei biscotti della fortuna? No, perché non ti ho mai sentito dire una frase così bella!”.

A volte, giuro, mi chiedo da dove mi escano certi commenti. Potrei scrive un libro sui modi migliori per rovinare un momento romantico perfetto.

Mi si avvicina e a fiori di labbra mormora “No, viene tutto da qua” e porta una mia mano sul suo petto. Io, improvvisamente, sono assalita da un caldo soffocante.

“Hai un cuore molto saggio … molto più del cervello”.

Potessi prendermi a mazzate lo farei: ma perché non imparo a starmene zitta?

Per fortuna Joe impazzisce per questo lato del mio carattere; dice che con mi fa sembrare più affascinante. Anche lui ha un bella fantasia.

Mi bacia e ci rotoliamo sulla spiaggia, riempiendoci di granelli di sabbia. Non vediamo sorgere il sole, almeno non io: mi addormento prima.

Mi risveglio nella stanza di Joe, lui è accanto a me, immerso nel mondo dei sogni. Spero siano popolati dal mio viso.

 

Remember cuddles in the kitchen
Yeah, to get things off the ground
And it was up, up and away
Oh, but it's right hard to remember
That on a day like today when you're all argumentative
And you've got the face on

( Arctic Monkeys- Mardy Bum)

 

Dal quel giorno abbiamo sempre dormito insieme. Non so cosa abbiamo convinto mamma Jonas; forse è stato l’anello di Joe, sempre luccicante al suo anulare sinistro, a persuaderla che le nostre intenzioni fossero assolutamente innocenti. Ma quella notte è vivida come se fosse appena passata. Io e Joe, solo io e Joe. Bei tempo erano quelli.

“E qui, tra i due, sono io a dovermi chiedere che cos’ho di speciale per stare con te”.

Non lo so, dimmelo tu che cos’hai di speciale. Io ho sempre avuto dei problemi a comprendere che diamine avesse per attirarmi così tanto. Saranno stati gli occhi, il sorriso, il carisma o quelle sue frasi che mi spiazzavano. O forse è semplicemente il suo essere Joe.

Con pazienza incomincio a riporre i miei vestiti in valigia. Il mio aereo decollerà stasera a mezzanotte e mezza. Tornerò nella mia città, nella mia Inghilterra umida e piovosa; farò finta che tutto questo non sia mai accaduto, fingerò di non essere mai stata in America e di non aver mai conosciuto Joe Jonas. Cancellerò tutti i miei ricordi, farò tacere la mia memoria.

Come se lui non fosse mai esistito.

È triste solo dirlo. Metterlo in atto sarà una tragedia.

Apro la finestra per fare entrare un po’ d’aria. Davanti al mio albergo c’è un enorme cartellone pubblicitario. Strana cosa è il destino: ho passato un anno fremendo dalla voglia di vederlo ed ora che ho deciso di dimenticarlo, mi compare davanti.

Sul quell’immenso pezzo di carta ci sono proprio loro, i tre Jonas. Chiudo con uno scatto le tende.

Sarà più difficile del previsto.

Riporto la mia attenzione al bagaglio e finisco di ritirare la mia roba. Capo per capo, per tenere la mente occupata, in modo che non possa vagare al ragazzo formato gigante di fronte al mio hotel.

 

Alle dieci sono pronta per partire. Ho passato una bellissima giornata a guardare film strappalacrime ed ad affogare in una scodella di gelato al cioccolato.

Butto un occhio oltre la finestra ed osservo bene la città: questa è l’ultima volta che vedo Los Angeles, deve finire nel cestino delle dimenticanze come lui.

Un uomo del personale mi aiuta a portare nella hall la valigia. Mi fermo alla reception per pagare.

Scopro che il conto è già stato saldato.

“Non è possibile, controlli bene” dico al direttore.

“No signorina, è tutto a posto: il suo soggiorno è stato regolarmente pagato”.

Ancora confusa, trascino il mio bagaglio fuori, dove aspetto la macchina che mi porterà all’aeroporto. Il cortile dell’albergo, però, è diverso da come lo ricordavo.

È un’esplosione di fiori: rose rosse, gialle, blu. Ovunque.

E al centro c’è lui, il ragazzo che mi ero prefissata di scordare. Ha in mano una chitarra.

No, non oserà fare quello che penso. Invece lo fa: le sue dita si muovono sulle corde e la sua voce accompagna la melodia. Gotta find you.

Infida e subdola. Maledetto il giorno in cui me l’ha dedicata.

Nel frattempo, le persona cominciano ad affacciarsi alle finestre; Joe sta attirando l’attenzione.

Io odio quando attira l’attenzione.

Corro verso di lui; dall’espressione pare credere che io stia per abbracciarlo. Appena gli sono di fronte, gli strappo la chitarra.

“Sei impazzito?! Ci guardano tutti!”.

“Ci sono abituato”.

“Io no!” appoggio lo strumento a terra “Che cos’è questa storia?”.

Aspetta un po’ a rispondermi “Te l’avrei spiegata ieri sera, se non te ne fossi andata come una fuggitiva, lasciandomi in balia di un’orda inferocita di fan”.

“Ieri sera?” ripeto sospettosa “Joe, se questo è un altro dei tuoi trucchetti …”.

“Nessun trucco, Lynnie. Dato che il mio agente mi aveva sequestrato per la prima parte della serata, avevo pensato di farti una sorpresa facendomi trovare qui per le undici e mezza”.

Rimango a bocca aperta: aveva programmato tutto, si era pesino ricordato l’ora della mia nascita.

Ci sono ancora alcune cose che non mi sono chiare “Ma Camilla? Non volevi uscire con lei?”.

Lui ride. “Non lo nego. Abbiamo finito di girare verso le dieci e non sapevo cosa fare per un’ora e mezza, così ho accettato di andare in un locale con tutta la troupe, non solo con Camilla”.

Sono terribilmente in imbarazzo, ho frainteso tutto.

“Sono senza parole, non so che dire … mi sento così scema …”.

“E’ colpa mia, Lynnie. Tu sei una santa a sopportarmi ed io, invece di ringraziare il cielo di averti trovata, ti do una delusione dopo l’altra” indica tutto ciò che ci è attorno e riprende il discorso “Questa è solo una piccola parte di quello che ho intenzione di fare per riscattarmi”.

Il cuore mi scoppia dalla felicità; allora avevo ragione: io conosco Joseph Jonas.

“Joe, mi stupisci ogni giorno di più; si può sapere da dove le prendi certe frasi?!”.

È la mia bandiera bianca e lui lo sa. Il suo viso s’illumina di un sorriso stupendo. Mi abbraccia e mi solleva da terra, compiendo un mezzo giro.

“E adesso il tuo regalo” con due dita si sfila il suo prezioso anello e me lo porge “Non ti voglio obbligare ad ideali in cui non credi, però in questo anello sono racchiusi tutti i miei principi ed ho pensato che … insomma … è come se io fossi sempre con te”.

Mi rigiro il gioiello tra le mani “Ai tuoi verrà un infarto quando vedranno che non lo indossi”.

“Per fortuna vedranno con i loro occhi che ce l’hai tu”.

Non capisco subito il significato di questa affermazione, ma Joe me la chiarisce.

“Vieni a stare da me per un po’” propone.

Ora sono io che lo stringo più forte che posso. Mi attacco al suo collo e inizio a  saltellare come una bambina a Natale. Joe posa le labbra sulle mie.

Non è mai stato violento o irruento nei miei confronti, ma dolce e delicato; avrei dovuto capire prima quanto tenesse a me.

Finalmente dice quelle parole che ho tanto agognato, parole che volevo sentire unicamente da lui.

“Buon Compleanno, Lynnie”.

 

You're the one I need
My real life has just begun
Cause there's nothing like
Your smile made of sun
Nothing like your love

( Shakira-The one)

 

 

  
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