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Autore: evelyn80    09/07/2015    5 recensioni
Dopo aver espresso il desiderio di poter salvare Boromir dalla sua triste fine, Marian si ritrova catapultata nella Terra di Mezzo grazie ad un gioiello magico che la sua famiglia si tramanda di generazione in generazione. Si unirà così alla Compagnia dell'Anello per poter portare a termine la sua missione. Scoprirà presto, però, che salvare Boromir non è l'unica prova che la attende.
Ispirata in parte al libro ed in parte al film, la mia prima fan fiction sul Signore Degli Anelli.
Genere: Avventura, Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Boromir, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La mia Terra di Mezzo'
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L’arrivo degli Hobbit

 

Due giorni dopo l’arrivo di Gandalf, un bel po’ di trambusto scosse Rivendell.
Durante una delle pause negli allenamenti con Arwen, avevo deciso di visitare Gran Burrone in compagnia della mia ex-auto. Stavo passeggiando, in sella a Freccia d’Argento, lungo la strada del guado, raccontando alla cavalla come passavo le mie giornate, quando un gelo profondo mi ghiacciò fin nelle ossa. Freccia si fermò di botto e nitrì nervosamente mentre il cielo si oscurava come se, all’improvviso, fosse scesa la sera. Facendo due rapidi calcoli, in base a quanto ricordavo della vicenda, capii subito che doveva trattarsi dei Nazgûl. A breve, gli Spettri dell’Anello avrebbero cercato di catturare Frodo, per essere travolti dalle acque in piena del Bruinen. Ed, infatti, pochi minuti dopo, il cavallo di Glorfindel risalì al galoppo la sponda sinistra del fiume – con in sella una figurina quasi del tutto priva di sensi – per poi fermarsi, come per guardarsi alle spalle. Udii il Re degli Stregoni chiamare Frodo, con una voce che mi fece quasi fare la pipì addosso dalla paura. Iniziai a tremare come una foglia, mentre la mia giumenta continuava a nitrire nervosamente, le labbra ritratte a scoprire i denti in un atteggiamento di terrore. Poi, non appena i cavalli neri tentarono di superare il guado, vidi il Bruinen "rigonfiar le sponde" come il Piave nella sua canzone della Prima Guerra Mondiale. Il livello delle acque del fiume crebbe all’improvviso, come in un’alluvione lampo. La corrente divenne impetuosa e, sulla cresta delle onde che si erano formate sulla superficie scura, sembrava galoppare un esercito di cavalieri di schiuma. I primi tre cavalli, già al centro del fiume, furono spazzati via come fuscelli mentre gli altri sette, che si erano bloccati in preda al terrore suscitato in loro dalla magia elfica, furono sospinti nelle acque vorticose da Glorfindel e Aragorn che, nel frattempo, avevano acceso delle torce. Il fuoco era l’unica cosa che riusciva, in qualche modo, a respingere gli Spettri, ed i due avevano sfruttato questa debolezza a loro vantaggio. Non appena l’ultimo Nazgûl fu inghiottito dalla piena il cielo tornò a rischiararsi e la sensazione di gelo scomparve. Il cavallo di Glorfindel, incitato dal suo padrone, riprese a galoppare verso Gran Burrone, con Frodo ormai svenuto che ballonzolava sulla sua sella. Mi passò accanto, in un turbine di zoccoli e criniera mentre io, ormai superato il momento di terrore, ripresi ad avanzare verso il guado. Le acque stavano calando e Glorfindel, Aragorn e gli altri tre Hobbit stavano per accingersi ad attraversare.
Non appena mi vide, l’Elfo portò rispettosamente il pugno alla fronte, salutandomi.
"Salute, Dama Marian Tingilindë! Non dovreste trovarvi qui, il guado è diventato un luogo molto pericoloso!"
"Lo so, Glorfindel" gli risposi, dopo averlo salutato a mia volta. "Ho sentito i Nazgûl, ma ho visto che il Bruinen ha difeso bene Imladris."
L’Elfo annuì gravemente poi, leggero come una piuma, attraversò il fiume seguito dagli altri. Non appena mi raggiunsero scesi per presentarmi.
"Salute, Aragorn figlio di Arathorn, è un grande piacere per me fare la vostra conoscenza" dissi, facendo un inchino. Mano a mano che passava il tempo, mi rendevo conto che stavo cominciando a diventare anch’io affettata quasi quanto gli Elfi e, per poco, non mi scappò da ridere, rischiando di vanificare tutta la mia “misurata eleganza”.
L’uomo mi fissò, incredulo: evidentemente non riusciva a capire come facessi a conoscere il suo nome. Glorfindel gli spiegò, in poche parole, chi ero e cosa rappresentavo. A quel punto fu Aragorn ad inginocchiarsi davanti a me, portando il pugno prima alla fronte e poi alle labbra.
"Salute a voi, Dama Marian delle Terre Lontane, portatrice della “Stella di Fëanor”. E’ un onore per me conoscervi."
Diventai rossa come un peperone: Aragorn, l’erede di Isildur, che si inginocchiava davanti a me? Non potevo davvero crederci!
"Alzatevi, per favore, così mi mettete in imbarazzo!” gli chiesi, con le guance in fiamme. “E prego anche voi, come ho già pregato Arwen, di darmi del tu e di non chiamarmi dama" aggiunsi, ridendo. Anche lui sorrise mentre si rialzava.
"Come preferisci, ma chiedo lo stesso trattamento" mi disse, fissandomi negli occhi. Il suo sguardo magnetico mi inchiodò dove mi trovavo ed, involontariamente, arrossii di nuovo. Per superare il momento di imbarazzo mi rivolsi agli Hobbit.
"E voi siete…" cominciai, con l’intenzione studiata di stupire anche loro dimostrando che conoscevo i loro nomi – in caso di domande imbarazzanti avrei potuto dire loro che me li aveva rivelati Gandalf – ma non mi lasciarono il tempo di finire.
"Meriadoc Brandibuck, al vostro servizio! Peregrino Tuc, servo vostro!" esclamarono in coro i due più giovani. "Ma potete chiamarci Merry e Pipino!" soggiunse quest’ultimo.
Anche a loro ripetei il mio invito.
"Vi prego, datemi del tu! E tu sei Samvise Gamgee, giusto?" dissi poi, rivolta al giardiniere di Frodo, che arrossì nel sentirsi chiamare per nome.
"Si, è esatto, ma potete chiamarmi Sam… ed anch’io sono al vostro servizio!" balbettò, strofinandosi le braccia, a disagio.
"Chiedo anche a te di darmi del tu, anche se so già che sarà inutile: se ti conosco abbastanza so che continuerai a darmi del voi" commentai tra me e me, poi aggiunsi, per stemperare un po’ l’atmosfera che stentava ancora a scaldarsi dopo l’incontro con gli Spettri, "c’è qualche Hobbit stanco che vuole evitare di farsi a piedi l’ultimo tratto?"
Com’era prevedibile, Merry e Pipino accettarono subito. Li aiutai a salire in sella, poi chiesi a Sam se voleva usufruire, ma lui fece di no con la testa e riprese a camminare, tirandosi dietro il suo puledro Bill.
Freccia d’Argento partì al passo e noi le andammo dietro. All’inizio i due Hobbit si spaventarono nel vedere che non la guidavo per le briglie. Sapevo che i Mezzuomini non erano propriamente amanti dei cavalli, animali che consideravano decisamente troppo alti per loro, perciò li tranquillizzai.
"Non preoccupatevi. Freccia D’Argento è una cavalla molto intelligente e, soprattutto, capisce quello che dite!"
"Veramente?" chiese Pipino, incredulo, voltandosi a guardarmi.
"Sì! State a vedere: Freccia? Fermati!" ordinai, e la giumenta obbedì.
"Saluta gli Hobbit!" ordinai ancora. Lei voltò la testa all’indietro e nitrì, rivolta ai due, che la guardarono ad occhi sgranati e con la bocca atteggiata ad una "O" di stupore. Non potei trattenere una risatina e, d’un tratto, mi venne un’idea.
"Tenetevi saldi, ragazzi miei!” dissi loro, strizzandogli l’occhio. “Freccia, al galoppo!"
La mia cavalla non se lo fece ripetere due volte: partì di corsa e fu solo grazie alla prontezza di spirito di Merry – che si era aggrappato saldamente alle redini non appena gli avevo chiesto di farlo – se non furono entrambi sbalzati di sella. Freccia era talmente veloce che in un attimo sparì alla vista, portandosi dietro le urla dei due giovani Hobbit.
Anche Aragorn stesso rimase molto colpito.
"Ho visto molti cavalli durante la mia lunga vita, ma mai nessuno simile a questo. E’ per caso una discendente degli antichi Mearas?"
"Non lo so, può anche darsi che in questa parte di mondo lo sia. Nel luogo da cui provengo non è nemmeno un cavallo!" esclamai, alzando le spalle. L’uomo mi guardò ancora più stupito, ma non fece altre domande.
In breve raggiungemmo il cortile di Rivendell. Merry e Pipino erano arrivati urlanti, tra l’ilarità generale, ed erano stati aiutati a smontare da due Elfi. Non appena fummo tutti riuniti ci informarono che Frodo era stato portato all’interno del palazzo e che Elrond in persona si stava prendendo cura di lui. Il processo di guarigione avrebbe richiesto molto tempo, perché il frammento del pugnale con cui lo Spettro aveva ferito l’Hobbit – e che era rimasto all’interno della ferita – era quasi arrivato al suo cuore, ma il Sire di Rivendell era convinto di poterlo guarire.
Subito, Sam raggiunse il capezzale del suo amato padrone, mentre Aragorn si recò prima in cerca di Arwen e poi di Gandalf. Io rimasi con gli altri due Hobbit.
"Scusate per lo scherzo di prima! Vi siete spaventati molto?" chiesi loro, mentre carezzavo il collo di Freccia che mi sbuffò in faccia, facendo tremolare le froge.
"Spaventati? Tutt’altro! E’ stato incredibile! Il tuo cavallo vola come il vento!" rispose Pipino, ostentando una baldanza che in sella non aveva avuto. "Quando lo rifacciamo?"
"Questo dovrete chiederlo a lei" risposi ridendo, mentre Freccia scuoteva la testa ed il collo dalla lunga criniera color argento, voltandoci poi il sedere, per tornare da sola alle scuderie.
Era il venti di ottobre, e quello fu l’arrivo degli Hobbit.

Spazio autrice:
Salve a tutti, gente! Eccovi il terzo capitolo della mia storiella. Rivisto e corretto. Al momento, i cambiamenti si limitano all’aggiunta di qualche frase ed alla modifica della punteggiatura, ma forse più avanti i miei interventi si faranno sentire di più. Spero che sia di vostro gradimento! :-).
Evelyn
  
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