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Autore: Shainareth    11/07/2015    4 recensioni
Ero consapevole che Ambra meritasse tutti quegli insulti, e forse anche qualcuno di più, visto il modo poco amabile in cui era solita comportarsi con gli altri – ed io per prima ne sapevo qualcosa. Tuttavia, non potevo non immedesimarmi in lei e non provare la sua sofferenza: anch’io ero innamorata, e se Kentin avesse avuto per me le stesse parole che ora stava pronunciando contro Ambra… beh, probabilmente mi sarei sentita morire.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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RIVALI - CAPITOLO QUARTO




«Un giuramento ora potrei anche farlo, in effetti», esordì Kentin quando conclusi il mio racconto. Gli volevo troppo bene per mentirgli e perciò, a differenza di quanto avevo fatto con Castiel, con lui ero stata sincera fino al midollo, senza tralasciare nulla. «D’ora in poi giuro di controllare ogni anfratto dello spogliatoio prima di iniziare a cambiarmi.»
   Sentii il sangue affluire sulle guance e cercai di mantenere ferma la voce. «Non abbiamo visto niente…»
   «Il tuo problema è che sei troppo buona», disse lui d’un tratto, ignorando la mia debole protesta e tornando serio. Per lo meno, mi consolava sapere che non mi considerasse un’imbecille come mi aveva chiamata invece Castiel. «Commuoverti in questo modo per una persona che non merita nulla, soprattutto da parte tua…» Kentin sbuffò, rivolgendo lo sguardo verso il punto in cui erano sparite Ambra e Capucine. Anche lui, dunque, riteneva che fossi una sciocca per via del mio comportamento. Capivo il suo punto di vista, dal momento che avevamo condiviso le angherie di Ambra, e a conti fatti, dopo la sfuriata che lei mi aveva appena fatta in luogo pubblico senza neanche curarsi di eventuali terze persone, non potevo dargli torto.
   I suoi occhi verdi tornarono a posarsi su di me, fissandomi con un’intensità tale che il cuore mi balzò in petto. «Ambra non cambierà dall’oggi al domani solo perché s’è resa finalmente conto che è insopportabile. Né saranno due lacrimucce a farmi cambiare opinione su di lei. Non sono tipo da perdonare facilmente certi comportamenti immotivati, mi spiace. Non sono gentile quanto te.»
   Forse avrei dovuto sentirmi lusingata da quelle parole, tuttavia l’unico sentimento che riuscii a provare in quell’istante fu la mortificazione. Castiel aveva ragione a dire che ero un’imbecille e Kentin aveva ribadito il concetto, sia pure con maggior delicatezza.
   Notando il mio avvilimento, allungò una mano nella mia direzione, sfiorandomi uno zigomo con il dorso delle dita, con tenerezza. La pelle del mio viso divenne rovente e quel tocco gentile mi fece sciogliere il cuore. «Beh, vediamola così», riprese, un sorriso ad increspargli le labbra. «Ripensando a te rinchiusa nell’armadietto e schiacciata come una sardina, avremo un aneddoto divertente da raccontare ai nostri figli.»
   Tutto intorno a noi parve fermarsi di colpo. Calò un silenzio assordante, durante il quale i nostri occhi rimasero a fissarsi per un tempo indefinibile.
   Infine, mentre io cominciavo a mordermi le labbra per non ridere, Kentin ritirò di scatto la mano con cui mi stava accarezzando, avvampando fino alla punta delle orecchie. «Non i nostri figli intesi come nostri…» iniziò a tartagliare, cercando di recuperare la situazione in extremis. «Cioè… Voglio dire…»
   Sia chiaro, anch’io ero arrossita da capo a piedi, ma come potevo rimanere impassibile davanti a quella sua adorabile goffaggine? «Kentin…» cercai di fermarlo, prima che fosse troppo tardi. «Ken, lascia perdere o ti incarterai come per la faccenda del matrimonio.»
   «Oh», balbettò ancora, rifuggendo il mio sguardo e posando il proprio su un punto imprecisato del pavimento, senza neanche far caso al fatto che lo avessi chiamato col vecchio diminutivo con cui mi ero rivolta a lui per anni, sin dai tempi delle medie. «Quella.»
   Cominciai a ridere sommessamente, divorandolo con gli occhi e provando per lui un sentimento così forte che, d’istinto, al suono della campanella della prima ora gli sfiorai la mano e, preso coraggio, intrecciai le dita alle sue. «Torniamo a casa insieme, più tardi?» gli domandai con voce spensierata, mentre me lo trascinavo di nuovo dietro, questa volta su per le scale.
   Kentin parve finalmente riprendersi. «Volentieri!» esclamò, affrettandosi ad affiancarsi a me e a ricambiare il gesto affettuoso. «A patto che non arrivi Castiel a rivendicare il diritto di accompagnarti fin sotto al portone di casa.»
   «Veramente sono stata io a chiedergli di farlo, ieri», precisai, tanto per rispondere alla sua frecciata divertita.
   Mi lanciò uno sguardo imbronciato. «Che donna dissoluta…» borbottò, facendomi ridere di nuovo. «E che bella sfiga avere Scienze alla prima ora», aggiunse dopo un attimo, manifestando con una smorfia tutta la propria insofferenza.
   «In effetti, avere a che fare con la Delanay di prima mattina…»
   «Non è tanto quello», mi corresse lui, guardandomi in tralice. «Quanto per il fatto che dovrò stare per tutto il tempo gomito a gomito col tuo nuovo spasimante.»
   Ruotai le pupille al soffitto, ostentando sopportazione. In realtà, gli ero grata per avermi aperto gli occhi meglio di quanto fosse riuscito a fare il giorno addietro Castiel, pur con i suoi modi bruschi e diretti. Forse avevo solo bisogno di sentirmi rassicurata da un’anima affine, da qualcuno con cui riuscissi a parlare la stessa lingua. E Kentin, da questo punto di vista, era forse il solo a riuscirci meglio di chiunque altro.
   La prima ora di lezione passò, lenta e terribile, con tutti noi tesi e silenziosi come ogni volta che la Dalanay posava il suo sguardo severo su qualcuno della classe. Nonostante tutto, durante la sua spiegazione, di tanto in tanto non potei fare a meno di occhieggiare in direzione di Ambra che, appollaiata sul suo sgabello accanto ad Armin, sembrava più pallida del solito. Benché capissi la sua sfuriata, non potevo giustificarla in alcun modo, poiché il suo timore che volessi portarle via Castiel era del tutto ingiustificato per tante buone ragioni – anzitutto per il fatto che lui non era neanche il suo ragazzo. Quasi mi pentii di aver messo una buona parola per lei al riguardo, ma ormai quel che era fatto era fatto e di certo non mi sarei scomodata oltre solo per rassicurarla e consolarla, visto il modo in cui mi aveva appena trattata per l’ennesima volta. A coccolarla ci avrebbe pensato di sicuro Nathaniel, come già doveva aver fatto abbondantemente quando l’aveva sorpresa da sola, a piangere nel sottoscala. Potevo perciò benissimo riprendere la mia vita senza più preoccuparmi per lei.
   Il resto della mattinata, invece, parve volare, grazie al cielo, ma fui comunque sollevata quando arrivò la pausa pranzo. Convinta di potermi finalmente rilassare in mensa, ecco che qualcun altro decise di cogliermi alla sprovvista.
   «È vero che ieri sei uscita con Castiel?»
   Fu con questa domanda che, senza preavviso, mentre stavamo ancora poggiando i vassoi sul tavolo, Nathaniel ci raggiunse e, con un movimento deciso, recuperò una sedia da un altro posto e venne ad accomodarsi accanto a me, spingendo Kentin di lato in modo da frapporsi fra noi.
   «Ehi!» protestò lui, innervosendosi all’istante. E come dargli torto? Forse in condizioni normali gli avrei dato man forte in qualche modo, ma la domanda a bruciapelo di Nathaniel mi indusse ad aggrottare le sopracciglia: chi diavolo aveva diffuso la voce?
   «Sei davvero uscita con Castiel?» s’incuriosì Armin, non nascondendo la propria perplessità al riguardo.
   Meno delicato fu Alexy, che subito mise il broncio. «Se è vero, non è stato molto serio, da parte tua», borbottò, lanciando uno sguardo a Kentin con aria contrariata.
   «È stato solo un tentativo di sviare la sua attenzione da qualcosa di potenzialmente pericoloso», mi difesi subito, cercando di mantenere la calma e la compostezza. Tre paia di occhi mi fissarono dubbiosi, fino a che non pronunciai: «Sottoscala.»
   E mentre le espressioni dei gemelli si facevano più confuse di prima e Kentin continuava a guardare in cagnesco Nathaniel, quest’ultimo rilassò l’espressione del volto. «Oh», commentò laconico. «Hai fatto bene, allora.»
   «Ma di che parlate?» s’intromise Alexy, curioso come sempre.
   L’altro inarcò le labbra in un sorriso sornione. «È un piccolo segreto fra me e Aishilinn», dichiarò senza vergogna.
   Alle sue spalle, Kentin impugnò con foga la forchetta, sollevandola di quel tanto che bastava per dare l’impressione di volerlo infilzare a tradimento. Ridendo, Armin gli bloccò il polso e lo costrinse a posare di nuovo l’arma improvvisata sul vassoio. «Buono, o stavolta tuo padre ti manderà dritto al riformatorio», lo prese affettuosamente in giro.
   Attirato da quella battuta, Nathaniel si voltò verso di loro, dando finalmente l’impressione di essersi accorto di Kentin. «Sei nervoso per via della ricerca?» gli domandò.
   Alla fine dell’ora, in effetti, la Delanay aveva avuto la simpatica idea di affidarci un compito speciale per l’inizio della settimana successiva, la cui difficoltà ci aveva tristemente lasciato intuire che avremmo dovuto studiare duro persino nel weekend. Ciò stava anche a significare un’altra cosa, purtroppo: io e Kentin avremmo dovuto rinviare il nostro appuntamento perché secondo la professoressa non eravamo un binomio complementare, e pertanto non ci era neanche possibile sfruttare la scusa della ricerca per studiare insieme e passare comunque del tempo in compagnia l’uno dell’altra.
   «Non ricordarmela», borbottò lui, iniziando a torturare il contenuto del proprio piatto con i rebbi della forchetta, l’altra mano chiusa a pugno e affondata su una guancia, il gomito sul tavolo. «So già che sarò costretto a sgobbare il doppio, visto che quel disgraziato di Castiel non vorrà certo darmi una mano. Anzi, mi ha già cortesemente avvisato che con tutta probabilità si darà malato proprio per il giorno di consegna.»
   «In effetti non ti invidio per niente», si mostrò solidale Nathaniel, concordando con lui circa l’incostanza e l’inaffidabilità del suo compagno di banco. «Almeno Li fa quello che deve, quando serve.»
   «Io e Aishilinn, invece, siamo stati fortunati a capitare con Iris e Rosa», disse Alexy, contento della nostra situazione. A ben guardare, fare la ricerca con loro sarebbe stata di gran lunga una passeggiata, sebbene Iris non brillasse negli studi; ci saremmo persino divertiti, anche se mi ero già ripromessa di proporre a Rosalya un territorio neutro per i nostri incontri: la biblioteca. In questo modo non avrebbe potuto tornare a curiosare nel mio armadio né mi avrebbe costretta ad un tour de force per ammirare tutti i nuovi vestiti che Leigh aveva cucito appositamente per lei.
   «Io invece so già che mi prenderò una bella strigliata dalla prof», considerò Armin, stringendosi nelle spalle con aria rassegnata. «Figuriamoci se Ambra vorrà mettersi a studiare davvero per la ricerca. Già non ne ho voglia per conto mio…»
   «Potresti fare un piccolo sforzo», lo incoraggiò suo fratello.
   «E a che servirebbe? Tanto siamo due capre.»
   Nathaniel strinse le labbra in un’espressione pensosa. «Potremmo studiare insieme», gli propose poi. Armin lo fissò con aria stupita. «Dico sul serio. Visto che con la Delanay non si scherza, sicuramente Ambra verrà a chiedermi aiuto, quindi tanto vale fare un gruppo di lavoro, così anche lei si sentirà più a suo agio se c’è una sua amica.»
   «E anche tu ti sentirai meno impacciato per la presenza di Li?» chiese con fare retorico ed un’espressione divertita in volto. «Ci sto. Almeno non sarò costretto a sopportare tua sorella da solo.» Nathaniel s’irrigidì all’istante e Armin si rese conto solo in quel momento di ciò che aveva detto. Si umettò le labbra con la punta della lingua e si affrettò ad aggiungere: «Con tutto il rispetto, ma sai… non c’è tanto feeling, fra me e lei.»
   L’altro abbozzò un sorriso stentato. «Sì, lo avevo intuito, non preoccuparti.»
   «A questo punto, perché non facciamo un enorme gruppo di lavoro?» saltò su Alexy, trovando quell’idea geniale.
   Gli scoccai un’occhiata piuttosto eloquente. «Pensa solo che cosa potrebbe succedere a mettere me e Ambra nella stessa stanza senza la supervisione di un docente.»
   «O me e Castiel», mi appoggiò Nathaniel, pur fissandomi con fare indagatore. Parve sul punto di dirmi qualcosa, ma si astenne dal farlo. Lo inibiva la presenza degli altri? Se sì, allora forse aveva a che fare con quanto era successo con Ambra il giorno prima? Mi tenni la curiosità, anche perché Alexy tornò a parlare.
   «Kentuccio, studiamo insieme?»
   «Azzardati a chiamarmi ancora così, e ti arriverà una patata in un occhio», fu la rispostaccia che ricevette all’istante.
   «Che noia, che sei…» si lagnò, facendogli la linguaccia con una smorfia infantile. «Se davvero Castiel non vorrà collaborare per la vostra ricerca, potresti unirti a me ed Iris. E, se vogliono, Aishilinn e Rosa. Sarà divertente!»
   Io invece ebbi la visione di un’enorme catastrofe, ma mi guardai bene dal dirlo: anche se sicuramente Alexy e Rosalya si sarebbero distratti a vicenda a suon di frivolezze, Iris avrebbe combinato qualche grossolano errore di pura distrazione e Kentin si sarebbe innervosito perché non avrebbe avuto uno straccio d’aiuto, almeno io mi sarei salvata dal dovermi sorbire da sola qualcuna delle strambe idee della mia compagna di banco.
   «Ora che ci penso», riprese Nathaniel, fissando la propria bottiglietta d’acqua con aria assorta, «credo che Castiel non potrà rifiutarsi di mettersi a studiare seriamente, questa volta. Non che i suoi voti siano pessimi, tocca ammetterlo; ma rimane il solito problema delle assenze.» Un sorriso tutt’altro che rassicurante sfuggì alle sue labbra schiuse. «Quasi quasi glielo faccio presente, così almeno non dovrai fare tutto da solo», aggiunse infine, tornando a rivolgersi a Kentin.
   Il quale lo guardò costernato. «Preferisco di no, grazie. Non ho voglia di doverci passare insieme uno o due interi pomeriggi al di fuori dell’orario scolastico.»
   «Non fatela tanto tragica, voi due», si permise di contraddirli Armin. «Castiel non è affatto male come dite.» Quell’affermazione gli procurò due occhiatacce torve e lui si concesse un verso divertito. «Se non mi credete, chiedetelo alla vostra bella.»
   Solo quando gli sguardi di tutti tornarono a posarsi su di me compresi che la bella dovevo essere io. «Non potremmo cambiare argomento?» li implorai. «Almeno mentre mangiamo, cerchiamo di rilassarci.»
   Grazie al cielo, la mia richiesta fu accolta all’unanimità e rimandammo lo spauracchio della ricerca, con tutti i problemi che ne sarebbero derivati, ad un secondo, masochistico momento. Questo si presentò esattamente la mattina dopo quando, poco prima dell’inizio dell’ora di Storia, Ambra si palesò nella zona degli armadietti, proprio dove io, Kentin e i gemelli stavamo discutendo di ben altro. Si arrestò davanti ad Armin e, senza dire una sola parola, gli porse un quaderno.
   Lui inarcò un sopracciglio. «Cos’è?» volle giustamente sapere, mentre lo prendeva con cautela.
   «Ho chiesto a mio fratello qualche delucidazione riguardo all’argomento della nostra ricerca», spiegò Ambra, con voce bassa e non troppo sicura, un tono che non era solita usare in nostra presenza e che poco le si addiceva, «perciò ho preso qualche appunto.»
   Armin inarcò anche l’altro sopracciglio, stupito quanto noialtri per quell’assurda novità. «Oh…» balbettò, confuso. Sbirciò nella nostra direzione, trovandoci però allibiti allo stesso modo, e tornò a focalizzare la propria attenzione sulla sua compagna del corso di Scienze. «Ehm… grazie?»
   Un lieve rossore si diffuse sugli zigomi di lei, che subito distolse lo sguardo, infilando entrambe le mani nelle tasche posteriori dei jeans. «Nath mi ha detto che più tardi ci farà sapere quando e dove vederci per studiare insieme.» Detto ciò, alzò di sfuggita gli occhi chiari verso di me e poi li spostò su Kentin. Infine, senza aggiungere altro, s’affrettò a raggiungere l’aula in cui di lì a poco sarebbe iniziata la lezione del professor Faraize.
   Per diversi istanti, dopo che se ne fu andata, fra noi rimase un silenzio surreale, durante il quale ci scambiammo delle occhiate incredule. Avevamo avuto un’allucinazione collettiva oppure Ambra era venuta sul serio da Armin, con tutta l’intenzione di voler collaborare attivamente al compito che ci aveva assegnato la Delanay? Se il quaderno che lui ora stringeva fra le mani, unica testimonianza tangibile di quanto appena accaduto, era davvero pieno di appunti, significava soltanto una cosa.
   «È impazzita», mormorò Armin, sfogliando rapidamente le pagine e trovandoci davvero tutta una serie di annotazioni scritte con un’energica calligrafia, femminile e un po’ confusionaria. «Non può esserci altra spiegazione.»
   «Forse Nathaniel aveva ragione a dire che sua sorella ha paura della prof», ipotizzò Alexy, facendo per prendere il quaderno e osservarlo da vicino.
   Il suo gemello fece uno scatto all’indietro, stringendo l’oggetto al petto con fare protettivo. «Fermo, incosciente!» esclamò, strabuzzando gli occhi azzurri e mostrandogli il palmo della mano libera in segno di attesa. «Potrebbe essere contaminato!»
   «Oh, ma piantala!» ridacchiò Alexy, cercando di sottrargli lo stesso il quaderno ed iniziando con lui una scherzosa battaglia per il possesso degli appunti di Ambra. Un cimelio piuttosto raro, in effetti, bisognava riconoscerlo. «Se è contaminato, ormai anche tu sarai infetto!»
   «Ti sbagli», insistette Armin. «A furia di dividere il banco con lei, ho sviluppato degli anticorpi grossi come pantegane!»
   In un altro momento avrei condiviso la loro allegria, ridendo anch’io per quelle battute alle spalle di Ambra; eppure quel gesto da parte sua mi aveva spiazzata. Le ipotesi potevano essere soltanto due: o aveva capito che si sarebbe dovuta rimboccare le maniche per evitare una nuova punizione dalla Delanay, oppure si era finalmente resa conto che avrebbe dovuto iniziare a mettere da parte l’orgoglio e trattarci in maniera quantomeno rispettosa. Non che fossi del tutto convinta di questa seconda teoria, ma lo sguardo che aveva lanciato a me e a Kentin, prima di scomparire, mi aveva lasciata piena di interrogativi ai quali non avrei saputo rispondere altrimenti. Mi persuasi, però, che qualunque cosa le frullasse per la testa, di sicuro Nathaniel doveva averci messo lo zampino.
   Scoprimmo in seguito che non si era limitato a farlo solo con sua sorella, perché non appena raggiungemmo l’aula per la lezione di Storia, Castiel si fiondò verso di noi, masticando un’imprecazione. «Quel figlio di buona donna!» sbottò, piazzandosi davanti a Kentin con le braccia conserte e lo sguardo accigliato. «A quanto pare, secondo il nostro caro delegato, non potrò assentarmi, la settimana prossima.»
   L’altro aprì la bocca con espressione fortemente contrariata e subito lanciò un’occhiata assassina verso Nathaniel che, in piedi vicino alla cattedra, era immerso in chissà quale conversazione con Melody. «Io lo strozzo.»
   «Mettiti in fila», ribatté Castiel. «C’ero prima io. E da un pezzo, anche.»
   Kentin sbuffò. «Ci scommetto che l’ha fatto per evitare di lasciarci studiare insieme», borbottò, rivolgendosi a me.
   «Non dire assurdità», tentai di rabbonirlo, anche se in effetti, dopo quella sua osservazione, il dubbio venne anche a me.
   «Senti un po’, ragazzino», riprese Castiel, interrompendo quel nostro breve scambio di battute. «Siccome non sono bravo in queste cose, ti avverto che dovrai fare quasi tutto da solo.»
   «E poi come illustrerai la tua ricerca alla professoressa?» mi permisi di fargli notare, mettendola sulla logica – ma di fatto prendendo come sempre le difese del mio migliore amico. Gli occhi grigi di Castiel mi fulminarono ed io scossi le spalle. «Contento tu…»
   «Lysandre», mormorò allora, cercando di ragionare e trovare una soluzione. «Faremo un gruppo di ricerca con lui e quell’altra.»
   «Capucine?»
   «Quella», assentì deciso.
   «È proprio necessario?» domandò Kentin in tono supplice.
   «Lysandre è l’unico che riesco a sopportare.»
   «Su questo siamo d’accordo», convenne poi, rassegnandosi all’idea che fosse davvero lui il solo del loro gruppo di studio su cui poter fare affidamento. Avrebbe di certo dovuto guardarsi da quella pettegola maligna di Capucine, ma mi fidavo della sua intelligenza e sapevo che sarebbe stato prudente.
   «Non preoccuparti, Kentin», m’intromisi, tanto per smorzare la tensione che era calata. «Castiel abbaia ma non morde.»
   Questi ghignò. «Avvicinati, poi vedremo se non ti attacco la rabbia.»
   «Non azzardarti!» lo avvisò Kentin, prendendo come al solito fin troppo seriamente i suoi scherzi.
   «Puoi dire al tuo fidanzatino che non ci sono davvero secondi fini, in quel che dico?» sbuffò Castiel, rivolgendomi uno sguardo annoiato.
   Non ebbi quasi tempo di arrossire, poiché la voce di Alexy, alle nostre spalle, risuonò forte e chiara. «E dammelo!» Ci voltammo e lo sorprendemmo ancora impegnato a giocare con suo fratello per il possesso del quaderno di Ambra.
   «No!» replicò l’altro, ridendo e cercando di sfuggirgli. «È una reliquia sacra!»
   Il cipiglio corrucciato di Castiel mi fece intuire che gli serviva qualche spiegazione al riguardo. «Ambra ha deciso di collaborare alla ricerca che farà con Armin», dissi allora.
   Lo vidi distendere la fronte sotto la frangia rossa, assumendo così un’espressione stupita. «Quel vigliacco di Nath ha ricattato anche lei?»
   Che a volte Nathaniel ricorresse ad alcuni giri di parole per intortare la gente era ormai risaputo; tuttavia non potevo credere che fosse riuscito ad avere la meglio anche su una persona tanto orgogliosa e testarda quanto Castiel. Un conto era Ambra, che, pur essendo fatta della stessa risma di quest'ultimo, era sua sorella; ben altro conto era il suo peggior nemico – benché, in tutta onestà, non riuscissi a vedere tutto questo odio, fra i due. Quindi perché mai Castiel aveva ceduto alla richiesta di Nathaniel, accettando di mettersi a studiare seriamente?
   Un’idea mi balenò alla mente, perciò schioccai la lingua sotto al palato con fare trionfante. «La Delanay fa prendere la strizza a tutti», dichiarai risoluta. Anche ai prodi Castiel e alle sprezzanti Ambra.»
   Castiel si voltò di scatto a guardarmi e fece per aprire bocca, ma proprio in quel momento sopraggiunse il professore ed io fuggii verso il mio banco, ridacchiando fra me e me per l’essere riuscita ad avere finalmente l’ultima parola con quel rockettaro dai capelli tinti.












Dal momento che vorrei procedere con calma, nella narrazione degli eventi, stamattina mi sono fatta un paio di calcoli e sono giunta alla conclusione che probabilmente il numero dei capitolo di questa storia più che di 10-15 sarà di 15-20. Non voglio scrivere in modo frettoloso e superficiale, ma anzi vorrei analizzare bene i personaggi, la loro psicologia e i rapporti che intercorrono fra loro. Ci tengo davvero tanto, anche e soprattutto perché finalmente mi sono impelagata in una fanfiction dai toni più seri e profondi che, appunto, me ne concede la possibilità.
Anche se sono finalmente riuscita a rispondere ad ogni recensione ricevuta finora, mi scuso con tutti coloro che ancora aspettano una risposta ai messaggi privati, ma purtroppo questa settimana è stata abbastanza impegnativa dal punto di vista lavorativo, per cui ho avuto a malapena il tempo di respirare. Spero solo che il presente capitolo, scritto di nuovo nei ritagli di tempo, non sia eccessivamente da buttare. ç_ç
A proposito, per quanto lo abbia letto e riletto, potrei chiedervi la cortesia di segnalarmi gli eventuali errori/sviste che potreste incontrare durante la lettura? Almeno potrò correggere ciò che non va e che, a causa della mancanza di tempo (e soprattutto della stanchezza), non riesco proprio a notare. Perdonate l'incomodo. D:
Concludo ringraziando chiunque sia arrivato a leggere fin qui, nonché tutti quegli utenti che hanno già commentato e/o hanno inserito la presente fra le storie preferite/ricordate/seguite.
Buon fine settimana! ♥
Shainareth





  
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