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Autore: Eneri_Mess    14/07/2015    4 recensioni
“Questo qui si veste come un idiota” dissero all’unisono, per poi voltarsi l’uno verso l’altro e ringhiarsi contro, sempre a braccia serrate.
“Ehi moccioso, porta rispetto!”
“Scusa nonno, ma non ti si può prendere sul serio con quel trucco!”
“Parla Mr. Lentiggini a cui bastano solo i pantaloni e un cappello, sei indecente!”
“Almeno io non semino piume in giro, Signor Cuoricino!”

Non c’era verso.
Gwyn Lionheart, promossa di recente – e nemmeno lei si spiegava come – a grado di Sergente della Marina, iniziò a vagliare l’ipotesi di cercare un esorcista per tornare ad avere una vita silenziosa.
Genere: Azione, Commedia, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Corazòn, Mugiwara, Nuovo personaggio, Portuguese D. Ace, Trafalgar Law
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Un odore pungente e che non le piaceva le pizzicò il naso, facendola riemergere dall’oscurità di un sogno disordinato. C’erano alberi oscillanti, i suoi teschi che ridevano, due lenzuoli animati con strani cappelli che ululavano e le svolazzavano intorno, mentre una specie di cespuglietto verde agitava in aria tre ramoscelli…
Spalancò di colpo gli occhi, ricordando cosa fosse successo. Lo sbarco a Macabras, l’incontro con Eustass “Capitano” Kidd, la sua fuga, la foresta, Zoro, lo sparo… e poi tutto diventava più sconnesso di nuovo.
Cercò di mettersi seduta, ma sentì il fianco tirare e dolerle di riflesso. La testa le girò un po’, ma alla fine riuscì nel suo intento, ansimando. Si trovava in una cabina di legno, in una semplice infermeria. Dall’oblò non filtrava luce. L’unica si irradiava da una lampada a petrolio su un tavolino in metallo bianco vicino a lei. Sullo stesso vide anche diversi strumenti riposti con cura ma sporchi di sangue, delle bende e un piccolo recipiente dove giacevano i resti accartocciati di un proiettile.
Quando lo vide meglio, tra i bagliori tremolanti della luce, la neo Sergente realizzò l’inconfondibile sfumatura bluastra dell’agalmatolite e capì.
“Ben svegliata!”
Gwyn aveva avuto nell’infanzia molti momenti che avrebbe potuto ritenere felici, legati ai giochi e alla vita tranquilla di tutti i giorni, ma quando sentì quell’inconsueto coro di voci due lacrime fecero capolino mentre alzava la testa. Sorrise, lasciandosi sfuggire il più grande sospiro di sollievo di sempre.
Riusciva a vederli di nuovo.
« Minna » singhiozzò, avendo così tante parole da voler dire che queste finirono per accavallarsi tra di loro. Ma non ci fu bisogno di aggiungere altro. Corazόn lasciò andare la tensione dell’intera giornata in un sorriso che mise la pelle d’oca agli altri due, iniziando a saltellare in giro come un ragazzino nonostante i suoi due metri e passa di altezza e la giacca di piume che lo rendevano terribilmente ingombrante. Ace fu costretto a rifugiarsi sul letto per non essere travolto da quel suo sconcertante scoppio di gioia.
“Dai i brividi vecchio!” gli abbaiò, ma fu ignorato bellamente.
Ci volle qualche minuto perché l’ambiente tornasse a tutti gli effetti silenzioso: la ragazza dovette premersi più volte la mano sulla bocca per non scoppiare a ridere – e sentir tirare i punti – soprattutto quando l’euforico ex marine inciampò nei suoi stessi piedi e finì lungo disteso oltre la parete, mentre il fantasma più giovane lo riprendeva di nuovo, mascherando con tono soffocato le risate.
“Te la sei vista brutta” constatò Corazόn riemergendo dal muro a terra vicino al letto. Si accese la sigaretta incorporea riuscendo a non darsi fuoco e senza perdere il sorrisetto contento ampliato dalle linee sghembe del rossetto. “Però hai tenuto duro”
Le guance di Gwyn si colorarono appena mentre i suoi occhi passavano dall’uno all’altro, un poco sorpresi.
« Voi siete rimasti con me per tutto il tempo? » chiese incerta, imbarazzata dal pensare che forse si era davvero immaginata la loro presenza mentre arrancava alla ricerca dell’uscita dalla foresta. Ma come in fondo la speranza aveva creduto per lei, i due annuirono pienamente.
“Hai un senso dell’orientamento che fa schifo” stabilì in tutta onestà Ace, ridendo. “Però hai interpretato bene i nostri segnali” e le fece l’occhiolino. L’ex pirata rivolse poi l’attenzione verso il compagno fantasma con un’espressione poco rassicurante e sghignazzante. “Fatti raccontare dal Signor Cuoricino come abbiamo abbattuto il pirata che ti ha attaccata!”
Corazόn lo guardò male, il fumo della sigaretta che saliva pigramente verso l’alto dissolvendosi.
“La tua impulsività è contagiosa Lentiggini, devo ammetterlo” replicò a tono, accennando una smorfia teatrale.
“Io penso che in tredici anni tu ti sia annoiato a morte, di’ la verità!”
“Ora mi tocca fare da balia a un moccioso come te, pensa che fortuna!”
Gwyn alzò gli occhi al soffitto, sospirando con sollievo. Avevano rischiato tutti e tre grosso da quello che aveva capito, ma per quei due sembrava che le cose fossero tornate subito normali a giudicare dal battibecco rumoroso a cui diedero il via. Ma per una volta, dopo tutto il silenzio e la paura di non rivederli, quegli insulti velati non le dispiacquero per nulla e rimase quieta ad ascoltarli finché le offese non si ridussero a uno scambio di sguardi infuocati frammezzati da qualche rincitrullito o poppante sporadico.
“Piuttosto Gwyn…” iniziò Corazόn lasciando perdere la diatriba e tornando a guardala serio. “Sai dove ti trovi adesso?”
Colta alla sprovvista, l’espressione della neo Sergente parlò per lei.
“Ricordi cos’è successo…?” indagò ancora l’ex marine e la brunetta distolse lo sguardo, riflettendo. In effetti, aveva sensazioni contrastanti a confonderle i ricordi dell’ultima parte della giornata. C’erano dei volti nuovi che le balenavano sfuocati in mente, ma non riusciva a ricondurli a qualcosa di concreto.
“Ti preoccupi troppo vecchio…” lo riprese Ace con il tono di chi ha ripetuto la stessa cosa troppe volte. Si era sistemato meglio sul letto dell’infermeria, le braccia conserte dietro la testa e un sorrisino contento sul volto. “Questo al momento è il posto più sicuro di tutta l’isola, fidati”
Corazόn non rispose subito, sospirando dopo un po’.
“Te lo concedo…” accordò, ma la sua espressione dubbiosa non lo abbandonò. “Resta il fatto che Gwyn deve ancora fornire delle spiegazioni plausibili”
La fronte di Ace si corrugò appena mentre il suo sguardo si fissava meditabondo sulla falda del cappello arancione che indossava.
“Dettagli…” ridacchiò. “Se a Rufy sta simpatica non ci saranno problemi”
“Infatti non è il tuo fratellino di gomma che mi impensierisce…”
Gwyn guardò prima l’uno poi l’altro e pian piano i tasselli sparpagliati nella sua mente presero ad avere senso.
« Trafalgar Law e Monkey D. Rufy! » realizzò senza accorgersi di aver parlato a voce alta. « Nella radura… non ho avuto tempo di dirgli… » continuò febbrile, stringendo il lenzuolo tra le dita e aggrottando la fronte nello sforzo di ricordare. C’era stato un riverbero azzurrognolo, poi quella lunga spada con cui era stata minacciata, il cappello maculato che le aveva fatto tornare in mente la foto del dossier… e ancora il ragazzino sorridente che all’improvviso era ruzzolato via quando… quando Zoro era sbucato dalle fronde con le spade sguainate…
« Devo parlare con…! »
L’occhiata intensa che le dedicò Corazόn le fece morire il nome in gola. Si morse il labbro, sentendosi mortificata.
« Gomen nasai… » mormorò, guardandolo tristemente. « Ho combinato un casino »
Ma il biondo le sorrise, scuotendo il capo coperto dal cappuccio rosso.
“Non ci pensare” la incoraggiò, alzandosi in piedi e rivolgendosi verso la porta dell’infermeria, come se avesse potuto vederci oltre. Né ad Ace né a Gwyn sfuggì la malinconia sul suo viso.
“Se volete fare quattro chiacchiere con quel tipo inquietante vi conviene farlo adesso” interloquì Ace spezzando il silenzio che stava diventando troppo teso. Quando ebbe su di sé l’attenzione dei due compagni, proseguì divertito. “Stanno per fare festa qui sopra… e vi assicuro che se il mio fratellino ci si mette non si scampa”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Trovarsi davanti Trafalgar Law per Gwyn fu come essere di nuovo faccia a faccia con Eustass Kidd. Mentre con quest’ultimo aveva avuto la sensazione che sarebbe scoppiato un vulcano, con il Chirurgo della Morte provò il gelo più terribile della sua vita. Ma a parità di terrore fu lo stesso. Di sottecchi, notò al proprio fianco l’espressione lontana di Cora-san e questo non la aiutò.
Il medico aveva gli occhi chiari e che preannunciavano tempesta fissi su di lei, e la ragazza abbassò il capo, ancora più imbarazzata quando si accorse che l’uomo, oltre i jeans maculati, indossava solo una camicia nera aperta sul torace. Non le sfuggirono le linee dei muscoli allenati e il tatuaggio che le… sorrideva.
Se fossi stata zitta non mi troverei in questa situazione, pensò demoralizzata, sapendo benissimo che se in realtà non avesse detto nulla forse sarebbe addirittura morta.
“È davvero cresciuto tanto” sospirò Corazόn al suo fianco e lei, con la coda dell’occhio, notò il suo sorriso amaro.
Il minore dei Donquixote le aveva accennato della sua vita da vivo solo poche volte, e in tutte c’era stato un senso di rimpianto che le aveva sempre stretto la bocca dello stomaco. Non era mai sceso nei particolari, e lei – e un po’ anche Ace quando lo ascoltava – avevano ipotizzato che riconsiderasse una qualche scelta che aveva fatto.
“Il giorno della mia morte l’ho salvato dalla follia di mio fratello” riprese il fantasma, come se le avesse appena letto nel pensiero. Tacque per un lungo istante in cui Gwyn abbandonò l’imbarazzo per tornare a guardare in viso l’uomo e cercare di immaginarselo come sarebbe dovuto essere tredici anni prima, sentendo quella famigliare e mesta stretta sotto lo sterno. “Quando sei morto come me da così tanti anni finisci col ridere delle lacrime, custodisci i sorrisi e perdoni tutte le scelte che hai fatto…” ma la frase rimase in sospeso, come il fiato della neo Sergente, che avrebbe voluto voltarsi verso quell’uomo vestito da clown il cui sorriso rosso stonava così tanto con le parole che stava dicendo. “Non ho rimorsi per le mie azioni. Per aver tradito mio fratello, per aver vissuto la maggior parte della mia vita nell’ombra a proteggermi… ma più ci ripenso e più quel giorno che ho salvato Law avrei voluto…”
Corazόn, nel loro improbabile trio, era sempre stato quello con la testa sulle spalle. Si comportava il più delle volte come un fratello maggiore sia per lei sia per Ace. Ascoltarlo in quel momento, avvertire di ognuna di quelle parole il peso e rendersi conto che era la prima volta che lo sentiva in quello stato, rese lucidi gli occhi di Gwyn. Deglutì a fatica, non preoccupandosi di mascherare i gesti sotto l’occhiata ancora bieca e inquisitoria di Trafalgar.
« Posso vedere e parlare con i fantasmi… »
Il tono le uscì flebile, ma aveva bisogno di dar finalmente voce a quel preambolo necessario. 
« Ho mangiato un Frutto del Diavolo quando ero piccola, il Death Death. È così raro che per la maggior parte dei libri è una leggenda… ma mi permette di parlare con chi non è più… » si interruppe. Le era capitato così poche volte di spiegare delle sue capacità che ancora adesso non sapeva che termini usare. Parlava con i fantasmi… con i morti? Eppure per lei erano così vivi.
Le nocche della mano con cui Law teneva la Kikoku strinsero così tanto il fodero da perdere il colorito olivastro. La linea sottile delle sue labbra si sciolse appena, ma sembrava che ciò che volesse dire fosse troppo complicato da tradurre in una frase.
« Nella radura, hai nominato… » ma si fermò.
Se la ragazza aveva sperato in un dialogo, lo sguardo accusatorio che le rivolse la colpì come un manrovescio. Sembrava che un senso di ragionevolezza volesse prevalere in lui. Fece un passo avanti, minaccioso.
“Gwyn digli che-“
« Corazόn mi ha raccontato che è stato lui a salvarti da bambino » chiarì, così velocemente che non fu sicura di aver detto tutte le parole in maniera comprensibile. Aveva quasi mosso anche lei un piede indietro, timorosa, quando alla fine si era decisa a parlare. Era spaventata, aveva pur sempre un pirata tra i più famosi davanti, ma la sensazione di tristezza che avvertiva dal fantasma lì accanto le aveva messo urgenza. Urgenza di fare qualcosa perché potesse tornare a sorridere.
« Ed è stato sempre lui a… a cacciarti in gola il Frutto Ope Ope »
L’afa della sera sembrava essersi congelata. Un brivido percorse la spina dorsale di Gwyn lasciandole un formicolio sulla pelle sudata. Lo sguardo di Trafalgar Law sapeva uccidere, ne era certa, perché lo stava sperimentando. Ma il lievissimo tremore della lunga spada appoggiata alla sua spalla le disse che doveva aver colto nel segno.
L’autocontrollo del medicastro sembrò incrinato irrimediabilmente e lui si ritrovò ancora senza parole, ma non per scetticismo. Avrebbe davvero voluto non crederci, perché se davvero…
« … è qui? »
Non si rese nemmeno conto di aver parlato, la voce era così bassa che non sembrava la sua.
La marine, con lo sguardo inchiodato dal suo, annuì un paio di volte, per poi voltarsi istintivamente verso la zona dove il fantasma sostava. La luce calda delle lanterne montate sulla nave attraversava la sua figura semi trasparente, eppure il suo viso non sembrava per niente quello di una presenza estemporanea. La nostalgia e un più labile e tremulo calore dominavano le sue iridi.
“Ci sono così tante cose che vorrei dirgli” confessò dopo il lungo silenzio, con un sospiro arrendevole.
Gwyn si mordicchiò un labbro frustrata e a disagio, alla ricerca di una soluzione che non esisteva. Avrebbe voluto poter concedere a Corazόn dei minuti con quel ragazzo, poter farsi da parte e non stare lì come un terzo incomodo ad assistere a sentimenti che non erano suoi. Restò in silenzio, con la voglia di proferire qualcosa di utile ma senza sapere cosa.
« Cora-san è qui » e nel ribadirlo, accennò con la testa al suo fianco. « Vorrebbe dirti tante cose… e chiederti scusa per quello che è successo tredici anni fa »
“Non avrei voluto chiuderlo in quel baule e mentirgli…”
« Dice che non avrebbe voluto chiuderti nel baule e mentirti… » ripeté, una sfumatura di imbarazzo crescente per venire a sapere cose che non la riguardavano, ma si impose di mantenere il tono fermo e serio, anche se riusciva a fissare Law solo di sottecchi, torturandosi le dita tra loro.
“… e avrei dovuto premere quel grilletto”
« E avrebbe dovuto premere quel- »
« Basta così »
Il Chirurgo la interruppe, distogliendo lo sguardo e voltandosi verso il parapetto della nave. La visiera del cappello gli ombreggiava parte del viso e la neo Sergente poté vedere solo la linea delle labbra, tremante e non più rigida. Rimase in attesa, tentando di capire cosa stesse succedendo e cosa fare cercando un qualche cenno dall’ex marine, ma quest’ultimo fissava le spalle di Trafalgar in attesa quanto lei.
Per lei Corazόn era sempre stato senza età. Più grande di lei, ma comunque senza degli anni precisi a cui fare riferimento. Tuttavia, in quel momento, sembrava che improvvisamente tutto il tempo passato, quello da vivo e quello da morto, gli stessero gravando sulle spalle. Perfino il suo pastrano piumato dava l’idea di essere meno voluminoso e più spennacchiato del solito. Era in attesa di un verdetto, di un rifiuto, di una sillaba che rompesse il silenzio che da tredici anni si protraeva tra di loro.
Law si mosse inaspettatamente, tanto che fece quasi sobbalzare Gwyn, così consumata dalla tensione che il sonoro ed esasperato sbuffo dell’uomo la colse impreparata. Questi si volse di scatto, in un movimento tuttavia fluido, e si sedette a terra, ai piedi della balaustra, incrociando le gambe e appoggiando di lato la nodachi.
La marine rimase interdetta per qualche secondo, prima che Trafalgar rialzasse lo sguardo su di lei. C’era qualcosa di indecifrabile e ancora troppo sforzo nel tentare di credere a quella conversazione che persino per lei aveva del surreale. Eppure, nonostante lui fosse seduto e lei in piedi, riusciva a farla sentire alta quanto una formica e terribilmente fuori posto.
« Torna in infermeria » ordinò categorico.
La odiava. Gwyn non riusciva a dare altra spiegazione a tutti quei toni e quelle occhiatacce.
Ci aveva provato, non poteva dirsi il contrario, ma ci stava giù ugualmente e mai come in quel momento considerò il suo potere una maledizione capace solo di allontanarla dagli altri. Era vero, era la prima volta che cercava di fare da tramite, di essere d’aiuto, ma aver fallito così miseramente e aver avuto una specie di porta sbattuta in faccia la fece sentire inutile.
Non alzò nemmeno lo sguardo sul fantasma, non volendo essere investita da un’ulteriore delusione, per questo, a capo chino, fece per voltarsi, quando Law parlò di nuovo.
« Tu resta… » iniziò, basso e appena incerto. « Cora-san »
Il cuore della neo Sergente perse un battito prima di tornare a tamburellare forte e senza sosta, incredulo quanto lei. Rivolse di nuovo la propria attenzione al Chirurgo, ma questi guardava ostinatamente un punto imprecisato dabbasso. Un Corazόn totalmente stupito quasi si sciolse davanti a lei sull’orlo delle lacrime.
« Lasciaci soli » ribadì ancora Law, senza guardarla, con un tono più quieto, prima di aggiungere con una pacatezza profetica e ponderata…
« Se mi hai mentito sei morta »
Gwyn rabbrividì mentre Corazόn rise.
“Senti com’è diventato melodrammatico…”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
La Thousand Sunny era una nave grande, ma meno della Nightfall, eppure Gwyn fu in grado di perdersi nel tentativo di tornare in infermeria. Ricordava di dover entrare in cucina, ma fino a quel momento era finita solo in biblioteca, in due bagni, e in una sala comune con un’enorme acquario dove uno squalo l’aveva adocchiata malevolo facendole fare retro-front all’istante.
In tutti i suoi giri non era nemmeno incappata in nessun membro della ciurma o schiamazzi, così iniziò a chiedersi dove fossero tutti, ricordando dai wanted dei suoi fascicoli che dovessero essere almeno in nove.
Stava salendo l’ennesima rampa di scale, domandandosi come stessero andando le cose fra Trafalgar e Corazόn, che finalmente sentì delle voci.
Qualcuno stava ridendo allegro, mentre qualcun altro sembrava preso dal raccontare una storia con enfasi. Facendo ancora qualche passo nella direzione delle parole, Gwyn riconobbe il tono entusiasta di Ace e per un attimo tutta la malinconia provata fino a quel momento con Cora-san svanì. Sentire conversare l’ex pirata con trasporto le riscaldò il cuore… prima di inchiodarla sul posto con un dubbio semplice quanto fondamentale.
Ace stava chiacchierando?
E chi gli stava rispondendo?
Aggrottando la fronte, Gwyn percorse i pochi metri che le mancavano a superare l’angolo del cassero di poppa, svoltando così repentinamente che per poco non inciampò nei suoi stessi piedi, troppo presa dal cercare il famigliare cappello da cowboy arancione.
Nonostante lo scalpiccio e la quasi caduta, nessuno sembrò accorgersi di lei. Né il moretto incorporeo con le lentiggini, che gesticolava nel riferire un qualche episodio stravagante, né Rufy Cappello di Paglia, seduto in precario equilibrio sulla ringhiera mentre con le braccia si teneva lo stomaco, scosso da risate convulse.
La neo Sergente sgranò gli occhi, trovando la scena surreale. Un’iniziale sfumatura blu a est faceva da sfondo, con le stelle più luminose che trapuntavano la volta. In contrasto, alcune lanterne dai colori rossicci e aranciati illuminavano i volti dei due con calore, allungando tuttavia solo l’ombra del minore che, se possibile, pareva avere vita propria. 
L’idilliaco momento si interruppe quando l’ex comandante di Barbabianca si accorse dell’amica, ancora intenta a fissarli con aria ebete.
“Gwyn!” esclamò tutto allegro come fosse Natale.
Anche Cappello di Paglia notò la sua presenza, sorridendole da un orecchio all’altro.
« A-Ace-san » farfugliò lei nel tentativo di dare ordine a quello che voleva dire, ma senza riuscire a distogliere lo sguardo dal capitano della Sunny.
« Tu sei Tsuki! » disse questi ridendo ancora e dondolandosi sulla balaustra. Il fratello gli fece segno di tacere, colpevole.
La marine li guardò senza capire.
« Eh? »
« Ace dice che sei così pallida che il nome Tsuki ti si addice » ridacchiò in risposta Rufy, mentre il fantasma al suo fianco si schiaffava una mano in faccia.
“Rufy sta zitto!”
Ma Gwyn era troppo sbalordita per cogliere la presa in giro.
« Riesci a parlare con Ace-san? » domandò trattenendo il fiato, gli occhi tanto spalancati che sembravano sul punto di schizzarle di fuori. Allora esisteva qualcuno oltre lei in grado di farlo? Non era così pazza come a volte lei stessa riteneva?
Il sorriso di Cappello di Paglia rimase immutato, eppure qualcosa nel suo sguardo cambiò. Riversò il capo all’indietro, verso l’orizzonte, dove una sottile linea calda separava ancora il cielo dal mare.
“Non so come faccia, ma sa che sono qui” le spiegò Ace, fissandolo con una nota di dolcezza nella voce. “Me ne stavo qui a osservarlo quando ha iniziato a parlare come se sapesse che lo stavo ascoltando… e riesce anche a capire il grosso di quello che dico. Non è straordinario?”
« Ace sta bene come dice? »
Gwyn ci mise un attimo a realizzare che Rufy stava parlando con lei, ancora sbigottita dalla situazione.
Annuì in risposta, scambiando uno sguardo con il maggiore.
« Mi ha raccontato che l’hai salvato a Marine Ford » aggiunse, mordendosi subito dopo un labbro. Aveva di nuovo parlato troppo.
Il dondolio di Rufy si arrestò bruscamente e lui rimase immobile per un poco nella stessa stramba posizione riversa all’indietro, assomigliando terribilmente a una scimmia colta in flagrante. Dopo un po’ si rimise dritto, sedendosi meglio sulla balaustra, ma lasciando che la visiera del capello gli calasse sugli occhi ombreggiandoli.
« Non come avrei voluto » mormorò con un sorriso triste.
La ragazza si strinse le mani al petto, osservandolo e provando di nuovo quella sensazione di impotenza. Spostò poi il viso sul maggiore dei fratelli. La silhouette semi trasparente di Ace si stagliava sul ponte di poppa, resa più vivida dalla luce delle lanterne che accentuavano il colore della sua pelle e di tutto l’arancione che indossava. Sul viso, le labbra erano piegate dallo stesso sapore amaro del minore.
“Rufy… mi hai salvato davvero” mormorò dolcemente.
Gwyn li fissò e capì che era di troppo.
L’ultima cosa che vide prima di voltarsi definitivamente e tornare sui propri passi fu la mano di Ace che sfiorava la spalla di Cappello di Paglia. Questi sussurrò qualcosa che lei non sentì, tornando però a sorridere.
 
 
 
 
 
Gwyn rabbrividì appena, stringendosi in quello che rimaneva della sua divisa da marine. La camicetta era vagamente riconoscibile tra strappi, bottoni saltati e macchie varie. Sotto, la canottiera la proteggeva a sufficienza dal fresco della notte che pian piano stava sostituendo l’afa del giorno appena trascorso.
Era in piedi a prua, non sapendo neanche come ci fosse arrivata, camminando sovrappensiero. Erano state le ventiquattrore più intense che avesse mai vissuto e a ripensarci si chiedeva come facesse a reggersi ancora sulle gambe, tra acciacchi e brevi sprazzi di memoria che la facevano rabbrividire. 
Aveva diversi pensieri e dubbi a sfrecciarle tra le tempie, ma in quel momento non riusciva davvero a dare a nessuno di loro il giusto peso. Avrebbe dovuto cercare di mettersi in contatto con il Capitano Armstrong tanto per cominciare. L’aveva lasciato in mezzo alla battaglia con quel tipo spaventoso nonostante la calma menefreghista con cui l’aveva fronteggiato. Ma prima di questo forse si sarebbe dovuta preoccupare del fatto che era una marine su una nave pirata. O almeno, sorrise tra sé, sarebbe stato il commento di Corazόn riguardo la situazione.
Eppure ora entrambi i suoi compagni fantasmi erano con le persone a cui avevano voluto bene in vita e lei non voleva disturbarli o preoccuparsi per nulla al mondo. Vedere le loro espressioni felici la faceva stare bene di riflesso. Avrebbe avuto tempo dopo per impensierirsi.
« Ehi »
La voce profonda che parlò alle sue spalle le fece sobbalzare il cuore in gola. Si girò di scatto e quasi ebbe un secondo sussulto quando per poco non sbatté il naso contro il torace ampio e segnato dalla lunga cicatrice trasversale di Zoro. Gli occhi – o meglio, l’occhio ancora sano – la fissarono con intensità e lei deglutì, sentendosi a disagio, oltre che avvertire nitidamente il cambio di colore delle proprie guance.
« Z-Zoro » tentennò, per niente sicura di quello che avrebbe voluto dirgli. Le sembrava di aver dimenticato come si formulassero i pensieri, figurarsi tradurli in parole.
A salvarla dall’imbarazzo che minacciava di friggerla come un fulmine fu lo stesso spadaccino.
« Tieni. Ti era caduta nella radura » disse, porgendole qualcosa.
Lo sguardo castano di lei si allargò di sorpresa nel vedere la sua Emrys tra le mani dell’uomo. La prese come fosse stata un regalo di nozze e sovrappensiero la sfoderò quel tanto che bastava per constatare lo stato della lama. Un secondo moto di meraviglia le lasciò le labbra incurvate in una “o” perfetta e fissò l’espressione calma e quasi indecifrabile di Zoro.
« L’hai lucidata tu? »
Un leggero sorrisino gli increspò le labbra. Gwyn sentì lo stomaco riempirsi di farfalle.
« È una bella spada, tenuta con cura » spiegò, occhieggiando lui stesso la lama di un acciaio che riluceva chiaro anche sotto le lanterne rossastre che decoravano la Sunny quella sera. « E sembra molto devota alla sua proprietaria. Te la sei cavata nella foresta… per essere una marine » concluse, guardandola dall’alto verso il basso ma senza alcuna ombra di minaccia o scontento. Anzi, stava sorridendo. E se Gwyn non avesse avuto le ginocchia talmente irrigidite dalla tensione probabilmente si sarebbe sciolta sul ponte. In compenso, il colorito delle sue gote raggiunse il culmine.
« I-io… e-ecco… a-arigatou gozaimasu » fu quello che riuscì a farfugliare, stringendosi maldestramente la propria spada al petto e profondendosi in un inchino, salvo ricordarsi troppo tardi che era l’ennesima figuraccia da aggiungere al suo repertorio. Si stava comportando come se si fosse trovata di fronte al suo sensei al dōjō. Come si era inchinata repentinamente, così si tirò su, avertendo i postumi dell’operazione al fianco farsi sentire. Ma era troppo… contenta? Felice? Poteva davvero sentirsi così per i complimenti di un pirata?
Lo stesso pirata che le aveva salvato la vita e che ora le sorrideva con una punta di divertimento.
Poi rammentò, senza lasciar scivolare via quell’entusiasmo e buon umore che si stava facendo sempre più largo in lei.
« A-anche io devo restituirti una cosa…! »
Si guardò il braccio dove la bandata scura di Zoro aveva resistito incolume tutto il pomeriggio. Tentò di scioglierla incespicando per via della spada che ancora reggeva, finché con un brusio divertito lo spadaccino la fermò e fece da sé, sghignazzando apertamente del suo imbarazzo.
Gwyn osservò le dita all’opera e si chiese vagamente se avesse potuto presentare le dimissioni alla Marina e ricominciare da capo come pirata.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Se Gwyn si era fatta venire dei dubbi sulla sua situazione e li aveva scacciati per la stanchezza… questi si ripresentarono più vividi di prima quando il resto della ciurma di Cappello di Paglia tornò sulla nave e iniziò la festa che Ace aveva preannunciato. O la fine del mondo, come credette la marine.
Non fu certa di essere trattata come un’ospite o un fenomeno da baraccone. La maggior parte si dimostrarono cordiali nei suoi confronti – lo scheletro, Brook, che le fece accapponare gli ultimi nervi rimasti, le chiese anche delucidazioni riguardo le sue mutandine. Quello che scambiò per un adorabile tanuki insieme a un tipo dal naso lungo, che rammentava diversamente dai wanted, all’inizio fecero qualche scenata riguardo la sua presenza, ma nulla che il capitano non risolse – o ignorò – alzando il primo boccale di birra, allegro e pieno di energie da fare invidia. Al suo fianco, Ace le mimò con le labbra un “Che ti avevo detto?” seguito da un enorme sorriso. 
Il brio di Cappello di Paglia su presto stroncato dalla furia rossa della sua navigatrice, che lo afferrò per il collo e lo strapazzò ringhiandogli che non c’era proprio nulla da festeggiare. Gwyn incassò la testa tra le spalle, facendosi piccola piccola e osservando la scena, sperando di non essere il motivo della discussione. In fondo, rimaneva un’intrusa oltre che una nemica.
Ma dovette ricredersi subito quando a salvare il collo gommoso di Rufy intervenne un’altra donna mora. Gentilmente si frappose tra i due con un sorriso tranquillo, consolando subito dopo la compagna che tra i singulti disperati spiegò che tutta quella storia della caccia al tesoro di Alec Rover si era risolta in un’immensa fregatura. Il baule che avevano trovato conteneva cianfrusaglie, disegni infantili raffiguranti mappe immaginarie e qualche moneta di cioccolata scaduta da decenni. Il fantomatico bottino erano solo i sogni e i ricordi di un pirata chiusi in un forziere.
Inutile dire che la navigatrice giurò morte violenta al proprietario oltre che a chiunque avesse messo in giro quelle voci su un tesoro tanto prezioso. Gwyn si chiese mentalmente, mentre scivolava di lato evitando le zuccherose premure del cuoco biondo, se anche il Capitano Lewis fosse rimasto con un palmo di naso. Questo pensiero le ricordò che avrebbe dovuto mettersi in contatto con lui. Non che avesse particolarmente voglia di tornare sulla Nightfall, non per quella sera almeno. Per quanto dovesse tentare di considerarli ricercati, quei pirati la stavano facendo sentire bene. O almeno, Rufy e Trafalgar Law, che le aveva scoccato una lunga occhiata e un cenno qualche minuto prima, parevano trattarla come una persona normale e non la “squinternata che parla ai muri”, come qualche simpatico commilitone l’apostrofava di solito.
Inoltre si sentiva spossata. Forse per via del calore e la strana rassicurazione che quelle persone le trasmettevano, anche in quel momento che si esibivano in teatrini ridicoli con le cannucce o mentre il simil cyborg chiamato Franky invitava i presenti a premergli il naso per acconciare i suoi capelli azzurri, ma non aveva proprio voglia di pensare al dovere.
Così si lasciò scivolare a sedere su uno dei gradini della scalinata che portava alla cucina, una tazza di latte in mano in mancanza di alcool. Sia la renna che Law glielo avevano vietato, chi con premurose parole chi con uno sguardo intimidatorio.
“Sei tranquilla” constatò una voce poco sopra di lei.
“Già. Il Signor Cuoricino ha ragione”
La neo Sergente alzò il capo verso di loro, semplicemente fissando i due fantasmi che galleggiavano a qualche spanna da terra. Una delle più belle sensazioni di serenità che avesse mai provato le incurvò le labbra con dolcezza.
« Vi voglio bene » confidò, respirando quel sentimento come fosse stato palpabile. « Grazie di stare al mio fianco »
Le due essenze incorporee si scambiarono un’occhiata interdetta, per poi distogliere ognuno lo sguardo da una parte diversa mascherando i rispettivi sorrisetti compiaciuti e imbarazzati.
Gwyn ridacchiò, il cuore leggero, pensando che in fondo quella lettera di arruolamento e i suoi strambi poteri non fossero poi tanto male.
 
 
 
 
Fine.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Significato dei termini:
Gomen nasai: un altro modo per scusarsi, ma più formale di sumimasen.
Kikoku: nome della spada nodachi di Traffo, “lamento del demone” mi pare.  
Tsuki: in giapponese significa “luna”. E’ anche il reale soprannome della mia Gwyn! E qui calzava a pennello come presa in giro, visto come entrambe le Gwyn siano belle pallide, ghghgh.  
Sensei e Dojo: “maestro” e “palestra”.  
 
 
 
 
THE END!
*lanciodeicoriandoli*
La gestazione di questa storia è durata quasi sei mesi! Doveva essere un regalo di Natale e ho fatto in tempo a darglielo prima dell’estate…!
Mi ci sono proprio affezionata =) E spero di tutto cuore che anche per voi questa breve avventura sia stata entusiasmante!
Quest’ultimo capitolo non ho avuto il coraggio di spezzarlo, andava bene così. Si tratta di un crescendo di storie parallele, dove tutti e tre i protagonisti effettivi (Gwyn, Cora e Ace) hanno avuto il loro lieto fine, diciamo così. Scrivere dei sentimenti di Trafalgar e Rufy è stato un parto, non sono per niente sicura, soprattutto del primo! Law è terribilmente ingestibile e non ho idea di come si comporterebbe in una situazione tanto irreale! Rufy a reazione è stato più “semplice”, soprattutto perché lui è straordinario (leggasi: fuori dall’ordinario) e quindi ha questa capacità di poter sentire Ace… ma poi come prendere MarineFord? Alla fine ho deciso di lasciare la cosa in sospeso. In realtà non so Oda se mai tratterà il lascito di quella saga… insomma, dovrebbe aver segnato Rufy a vita! *svalvola*
Per concludere, Gwyn e Zoro, che lei adora tanto! Una scenetta fatta di rispetto e simpatia, spero vi sia piaciuta =D
L’epilogo è un enorme cliché, ma secondo me non stonava coi toni generale della fanficion! Considerando poi che la descrizione del forziere fatta da Nami è esattamente quello che ho regalato a Gwyn/Tsuki!
 
Il Tesoro di Alec Rover si conclude qui! =)
Se vi è piaciuta vorrei *momento pubblicità* invitarvi a leggere anche “Heavenly Eve – Gli Eredi” in cui piano piano rivedrete molti (tutti…) dei personaggi apparsi qui! Lewis, Gwyn, Ace, Alec Rover…!
 
Vi lascio il link alle foto del regalo originale: http://heavenlyeve.tumblr.com/post/124058493906/my-present-a-fanfiction-for-a-very-special *un piccolo vanto*
 
 
Buona settimana e alle prossime letture!
Nene
 
 
PS: … commentate!!! *occhionidolci*

 
   
 
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