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Autore: Strange_Guy99    20/07/2015    3 recensioni
C'è Hunter, un cacciatore di mostri orgoglioso di sé e di ciò che fa, le cui certezze verranno demolite dopo un fatale incontro.
C'è Soraya, una strega chiusa in sé stessa che non teme niente e nessuno mentre, in realtà, vuole solamente essere amata.
E poi gli immancabili angeli caduti, portatori di sventura, che cambieranno per sempre la vita dei nostri carissimi amici.
Genere: Avventura, Horror, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Andy Biersack, Ashley Purdy, Jinxx, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Sferro un rapido fendente carico di tutta la mia frustrazione verso la corteccia di un povero pino, sollevando uno stormo di schegge appuntite.
Indietreggio rapidamente annaspando ed assumendo una posizione di difesa, pronto a parare i colpi di un eventuale nemico.
È dura allenarsi sotto il sole cocente ma è una cosa a dir poco necessaria e ormai mi sono abituato.
Non posso mollare.
Mi concedo un singolo attimo per ammirare il legno scavato: diversi tagli, più o meno profondi, sono sparsi sulla superficie del tronco.
Può bastare? 
Le mie braccia sferrano automaticamente un affondo in tutta risposta.
No, basterà solamente quando cadrò a terra stremato.
Un altro colpo, un altro e un altro ancora.
E vado avanti così mentre l'adrenalina cancella la fatica e il mio respiro si fa, lentamente, più pesante.
Avverto una goccia di sudore passarmi lentamente sulla schiena, facendomi rabbrividire, mentre le mie labbra si piegano in un sorriso.
Dio, vorrei veramente che quest'albero fosse un mostro.
Mi farebbe sentire così vivo.
 
 
 
Esalo il ristagno dei miei polmoni, producendo un rumore simile a quello di un palloncino che si sgonfia lentamente.
Le gambe cedono ed io cado rovinosamente a terra, ansimando pesantemente.
Durame.
Ho scavato il tronco fino ad arrivare al durame.
Certo, non è abbastanza per riuscire ad abbattere l'albero ma poco ci manca.
Il sudore imperla ogni singola parte del mio corpo.
Dio, sono così invincibile.
Niente mi piegherà!
Mi lascio sfuggire una risata soddisfatta mentre mi stendo a terra, donandomi il beneficio di guardare il cielo limpido.
Qualche nuvoletta bianca fa capolino lassù, oscurando di tanto in tanto il sole splendente; gli alberi parano ogni traccia di vento, rendendo piuttosto secca e arida l'aria che si respira.
Il tempo perfetto per un allenamento, per spingersi oltre ogni capacità.
Solo adesso avverto la totale assenza degli usuali suono della natura: gli uccelli non cinguettano, le cicale non cantano nonostante sia giugno inoltrato e il fruscio delle foglie è a malapena percettibile. Non che sia una cosa preoccupante, tuttavia è piuttosto innaturale.
Con uno sforzo disumano, mi alzo a sedere godendomi per un attimo questo assurdo silenzio prima che un pensiero ancor più assurdo spunti improvvisamente nella mia testa, come un fungo dopo una piovosa giornata d'autunno.
Il cambiamento catastrofico.
Sicuramente è una stronzata eppure c'è qualcosa di dannatamente inquietante in tutto questo.
Soraya ha cominciato ad illustrarmi le svariate fonti di cui parlava e devo dire che sembravano veramente qualcosa di più che mere coincidenze.
Correva l'inverno dell'anno 999 quando una strega spagnola ha notato per la prima volta -certa- la costante presenza delle due fatidiche costellazioni.
Beh, sappiamo tutti della famosa pestilenza dell'anno 1000.
Un po' meno certe sono le fonti di 920 anni prima della peste.
Sappiamo che una donna nel sud dell'Italia iniziò ad inveire contro il cielo notturno, accusandolo di annunciare un disastro.
Poco dopo il Vesuvio decise di eruttare.
Potrei continuare all'infinito.
Prima e Seconda Guerra Mondiale. Conquista Mongola. Rivolta del Loto Bianco.
Tutte questi spargimenti di sangue sono accomunati dalla presenza tartassante della Costellazione della Fenice e della Costellazione del Gufo.
Sospiro profondamente, affondando la testa negli umidi palmi delle mani.
Devo essere razionale.
Insomma, quando si parla di storia non c'è niente di certo e stiamo trattando con l'astrologia.
Potrebbero tranquillamente essere delle casualità.
Eppure il mio istinto mi dice che stavolta Soraya ha ragione, che devo avere paura.
Alzo gli occhi verso il cielo, concentrandomi su un qualcosa di indefinito per scacciare via il pensiero di un eventuale fine del mondo.
È tutto tristemente sgombro eccetto che per uno stormo di cinque uccelli in lontananza.
Uccelli decisamente troppo grandi e troppo veloci.
Osservo con fare assente le cinque sagome scure prima di realizzare che stanno planando con velocità preoccupante dritte verso di me.
Scatto in piedi e agguanto la mia arma tenendo gli occhi fissi al cielo, mentre i miei sensi si svegliano ed il dolce torpore che mi stava assalendo svanisce improvvisamente.
Molto probabilmente sono arpie. Un lavoretto facile anche se in gruppo possono essere piuttosto fastidiose.
Sospiro innervosito.
Pessimo giorno per lasciare la saccoccia da Soraya, in compenso ho un cinturino pieno zeppo di coltelli da lancio -piuttosto inutili contro delle arpie-.
Sempre più vicine. Le sagome si avvicinano con velocità spaventosa.
Dio, non ho mai visto creature così rapide.
Aspetto con trepidazione, serrando con forza il freddo manico della falce, pronto ad affrontare l'imminente battaglia.
A questo punto nascondersi sarebbe inutile.
Inizio a distinguere alcuni dettagli e devo dire che più si avvicinano, più la mia convinzione sulla natura di quegli esseri sparisce.
Sono molto più...umani.
La maggioranza di quegli esseri ha i capelli scuri, mediamente lunghi e scossi dal vento gelido. 
Ma quanto cazzo è ampia la loro apertura alare?!
Due metri. Anzi no, due metri e mezza come minimo.
Un grido maschile divampa improvvisamente  e l'unica parola che riesco a distinguere è "cacciatore".
Stanno parlando di me?
Cinque ragazzi. 
Cinque ragazzi come me dalle ali piumate.
Riesco a distinguerli alla perfezione.
L'ansia inizia a sopraffarmi mentre inizio a ripassare rapidamente l'Enciclopedia, cercando di dare un nome a quegli esseri.
Mangiamorti? Assolutamente no. Non hanno niente a che fare con i disgustosi ghoul.
Umanoidi? Non credo proprio. Gli Umanoidi non riescono ad articolare frasi, sono completamente soggiogati dalla loro ira e il loro unico pensiero è quello di uccidere.
Vampiri? No. Licantropi? Non scherziamo. Demoni? Non penso.
Mutaforma? Probabile, ma non capisco per quale motivo un Mutaforma dovrebbe assumere quel corpo.
«A TERRA.»grido io, concentrandomi verso di loro.
Ed accade in un attimo.
Le loro ali cessano di battere contemporaneamente e i loro corpi precipitano, come se un macigno fosse comparso sulle loro schiene.
Lo schianto non sarà mortale, ma non nego che farà loro del male.
Un tonfo sordo. Terriccio e polvere si alzano da terra.
Ed io non credo ai miei occhi.
Cinque ragazzi; sporchi, gli abiti sono ridotti a dei semplici brandelli e due enormi ali piumate color nero notte spuntano dalle loro schiene.
Ma non è questo il dettaglio che più mi colpisce.
La loro bellezza.
Cazzo, sì, la loro bellezza.
Sembrano qualcosa di non umano, qualcosa di rubato dal cielo e finito per sbaglio sulla fredda e schifosa terra.
Mi sento come nudo davanti alle loro facce ancora stordite dalla paura e dal dolore; mi sento come se non dovessi nemmeno parlare con loro.
Calma. Ricordati che potrebbero essere pericolosi.
Interagisci con loro ed uccidili al minimo segnale di pericolo.
«Chi siete?»domando io cercando di assumere un tono di voce duro e minaccioso mentre l'unico effetto che ottengo è quello di sentirmi dannatamente stupido.
"Chi siete?". Non farebbe paura nemmeno ad un ratto.
Un ragazzo-alato si alza in piedi tremante, guardandomi fisso con i suoi occhi azzurro oceano spaventati.
«Non c'è tempo.»annuncia il moro con voce devastata.«Dobbiamo andare via di qui!»
«Non credo proprio.»replico io con tono risoluto, impugnando contro il "nemico" la falce.«Nessuno si muoverà di qui finché non avrò inteso che cosa avete intenzione di fare!»
«Tu non capisci! Sta arrivando!»grida il ragazzo.
«Sta arrivando?»domando io con fare confuso.«Che cos...»
Un brusco abbassamento della temperatura blocca la mia frase a metà, quasi come se le parole si fossero congelate prima ancora di uscire dalle mie labbra.
Dal caldo torrido al freddo polare in meno di due secondi. Riesco persino a vedere il mio respiro che si condensa.
Non è normale. Per niente.
Lancio uno sguardo interrogativo al mio interlocutore che è spaventosamente pallido ed ha cominciato a tremare incontrollabilmente.
Che cazzo sta succedendo?
«Siamo fottuti.»l'unica frase che esce dalla sua bocca dopo un continuo balbettio.
Osservo rapidamente i corpi degli altri quattro, tanto per capire se sono ancora vivi o no e non posso fare a meno di sentirmi in colpa per la caduta così brusca di quelle creature così effimere.
Un vento ancor più gelido mi ricorda bruscamente che qualcosa di dannatamente sbagliato sta accadendo.
Mi volto verso gli alberi mentre una nebbia pesante avanza lentamente da ogni meandro del bosco, circondandoci.
Un coro di lamenti, mugoli, grida soffocate e suoni gutturali si leva dalla nebbia e un branco di figure bipedi si materializza all'interno di essa.
Una sagoma che sembra circondata da un mantello capitana il gruppo che cammina lento ed inesorabile verso di noi, suscitando in me un senso di profonda angoscia.
Stringo la mia arma, attendendo un qualsiasi segnale dal piccolo esercito ma l'unica risposta che ricevo è una risata malata che sovrasta l'inquietante melodia di suoni umani.
Il corteo si arresta a pochi metri da noi. Vorrei veramente riuscire a vedere qualcosa di quelle sagome ma sono totalmente nascoste dalla densa nebbia.
La figura incappucciata, alla quale molto probabilmente appartiene la risata, alza un braccio verso di me e le creature cadute dal cielo, indicandoci mentre una scarica di adrenalina si fa sentire dentro il mio corpo.
E così tutto se ne va, così come è arrivato.
La nebbia, le sagome, i suoni, il freddo.
Tutto è sparito, come se non ci fosse mai stato.
Un senso di amarezza mi pervade.
Ero pronto a qualunque cosa. Sarebbe stato un combattimento fantastico.
Faccio per voltarmi verso il gruppo dei "ragazzi-alati", quando un grido dannatamente inquietante mi fa trasalire, smuovendo qualcosa nel profondo di me che non sentivo da molto: la paura.
«TI MANGERÒ IL CUORE.»
  
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