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Autore: evelyn80    27/07/2015    5 recensioni
Dopo aver espresso il desiderio di poter salvare Boromir dalla sua triste fine, Marian si ritrova catapultata nella Terra di Mezzo grazie ad un gioiello magico che la sua famiglia si tramanda di generazione in generazione. Si unirà così alla Compagnia dell'Anello per poter portare a termine la sua missione. Scoprirà presto, però, che salvare Boromir non è l'unica prova che la attende.
Ispirata in parte al libro ed in parte al film, la mia prima fan fiction sul Signore Degli Anelli.
Genere: Avventura, Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Boromir, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La mia Terra di Mezzo'
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Verso sud

 

Per i successivi quindici giorni il tempo si mantenne brutto. Soffiava un vento freddo da Est che penetrava persino sotto le calde cappe foderate di pelliccia che ci avevano fornito gli Elfi, ed il cielo era sempre coperto da nuvoloni plumbei. Avanzavamo di notte e riposavamo di giorno, e ciò mi dette non poche difficoltà. Non ero mai stata una grande camminatrice e, quindi, già dopo poche centinaia di metri mi ritrovavo con il fiatone in coda al gruppo; e poi, era praticamente impossibile vedere dove si mettevano i piedi nell’oscurità più completa. Gli unici punti di riferimento che avevamo erano il bastone di Gandalf, che procedeva in testa al fianco di Aragorn – il solo del gruppo a conoscere i pochi sentieri che percorrevano quelle lande desolate ad Ovest delle Montagne Nebbiose – e la “Stella”, che ballonzolava sul mio petto al ritmo del mio passo strascicato. Presi parecchie slogature ed inciampai innumerevoli volte tanto che, dopo due settimane, avevo le caviglie blu per i lividi e le mani tutte coperte di graffi.
Infine, il vento si decise a cambiare direzione, spazzando il cielo e, per la prima volta dal giorno della partenza, tornammo a veder sorgere il sole. Anche il paesaggio era cambiato: ora eravamo circondati da arbusti di agrifoglio, pieni di bacche rosse che brillavano alla luce del giorno.
"Siamo finalmente arrivati all’Agrifogliere!" esclamò Gandalf, di buon umore. "Questa è una terra ancora relativamente tranquilla. Credo che, da qui in avanti, potremo proseguire di giorno, e riposare di notte!"
"Deo gratias…" mormorai con un sospiro, lasciando cadere le spalle per la stanchezza accumulata.
"Abbiamo cambiato direzione durante la notte? Ora abbiamo le montagne davanti!" chiese Sam, mettendosi una mano di piatto sopra gli occhi per proteggersi dal riverbero del sole.
"No, è la catena di montagne che volta a Sud-Ovest” spiegò lo Stregone. “Fino ad ora non eravamo mai riusciti a vederle, ma adesso che il cielo è limpido la nostra vista spazia di più!"
"Io conosco quelle montagne" mormorò Gimli, con aria sognante, guardando i tre picchi più alti. "Sotto di esse si trova Khazad-Dûm, Nanosterro, che gli Elfi chiamano Moria; ed al di là di esse si stende la valle dei Rivi Tenebrosi."
"E’ proprio lì che ci stiamo dirigendo” riprese l’Istari. “Passeremo per il valico del Cancello Cornorosso e poi scenderemo per le scale dei Rivi Tenebrosi fino alla valle dell’Argentaroggia! Ma ora basta parlare, credo che potremo accamparci qui per un paio di giorni, e riposarci un po’!"
"Pensi che potrei accendere un fuoco per cucinare qualcosa? Fino ad oggi abbiamo mangiato solo cibo freddo!" chiese di nuovo il figlio del Gaffiere, in tono implorante.
Gandalf ci pensò un po’ su e poi accettò.
"Si, penso che tu lo possa accendere! Cerca solo di non fargli fare troppo fumo!"
L’Hobbit si mise subito a raccogliere la legna e, ben presto, le sue padelle furono piene di roba buona da mangiare che sfrigolava allegramente. Il profumino mi fece venire subito l’acquolina in bocca e lo stomaco cominciò a brontolarmi rumorosamente, al punto che Sam mi servì per prima, dandomi addirittura la precedenza sul suo benamato padrone.
"Complimenti Mastro Samvise!" esclamai dopo aver svuotato il piatto, appoggiandomi con la schiena contro una roccia, "sei il miglior cuoco di tutta la Terra di Mezzo!"
L’Hobbit diventò rosso fino alla punta delle orecchie, lusingato dal complimento.
"Specialmente se non mangi da due settimane!" aggiunse Pipino, in tono ironico, facendo voltare il figlio del Gaffiere dalla sua parte, con stampato in faccia uno sguardo che diceva tutto su quello che stava pensando del compagno in quel preciso momento.
Il commento poco lusinghiero fu punito da Boromir, che aveva approfittato della sosta per allenare nuovamente il giovane Tuc ed il giovane Brandibuck all’uso della spada: mentre commentava, Pipino si era voltato dalla nostra parte e così non aveva parato l’affondo dell’Uomo, che gli sbatté di piatto la spada sulla testa.
"Ahi!" esclamò il Mezzuomo, strofinandosi vigorosamente la parte lesa con il palmo della mano.
"Stai più attento Messer Peregrino, la prossima volta non sarò così delicato!" lo apostrofò il Gondoriano, rimettendosi in posizione.
Comodamente seduta con la schiena appoggiata alla pietra, vicino al fuoco che scoppiettava allegramente, lo osservai con attenzione mentre insegnava ai due Hobbit i movimenti basilari della scherma.
"Due, uno, cinque…” scandiva, muovendo la spada in tre diverse posizioni. “Due, uno, cinque… molto bene!"
Ma, a Pipino, la botta che si era beccato in testa poco prima non era andata giù, perciò, approfittando di un attimo di distrazione del Capitano, gli assestò un potente calcio in uno stinco. Lui non se lo aspettava: esclamò di sorpresa e dolore lasciando andare la spada e massaggiandosi la gamba. A quel punto i due Hobbit gridarono: "Per la Contea!" e lo assalirono, mandandolo a gambe all’aria.
"Questo è per la botta di prima!" esclamò Pipino, cercando di colpirlo scherzosamente alla pancia ma riuscendo soltanto a fargli il solletico.
"E questo è per aver tentato di strangolare Dama Marian!" rincarò la dose Merry, dandogli un morso alla mano guantata.
Boromir si rotolò per terra con loro, ridendo come un matto e, quando Aragorn cercò di intervenire per farli rialzare, quelli si avventarono anche su di lui, scaraventandolo a terra accanto all’altro Uomo, in un groviglio di gambe e braccia degno della miglior gara di "Twister".
Ci lasciammo scappare tutti una risata liberatoria: avevamo davvero bisogno di qualcosa che smorzasse la tensione accumulata durante quei primi giorni di marcia serrata. Solo Sam rimase pensieroso a fissare il cielo, con in mano il piatto di cibo che aveva preparato per sé.
"Cos’è quello?" chiese, dubbioso, indicando una strana macchia che si spostava velocemente nel cielo.
"Bah, una semplice nuvoletta" gli rispose Gimli, dopo averle dato una rapida occhiata, esalando una boccata di fumo. Dopo aver pranzato, il Nano si era acceso la pipa ed ora si godeva un momento di relax.
"Si sposta velocemente, e contro vento" costatò Boromir che, nel frattempo, era riuscito a districarsi dal viluppo di membra e si era rimesso in piedi, allertato dal tono di Sam.
"Sono uccelli" mormorai, alzandomi in piedi, sapendo già cosa aspettarmi.
"I Crebain da Dunland!" esclamò Legolas. "Nascondiamoci, presto!"
Ci fu un parapiglia: chi spegneva il fuoco, chi raccoglieva i fagotti, chi cercava di mimetizzare Bill. Poi, tutti scivolammo di corsa al riparo, sotto i cespugli di agrifoglio e fra le rocce sparse, appena in tempo per veder passare la nuvola di grossi corvi, così radenti al suolo da far alzare la polvere.
Mentre mi inoltravo sotto un cespuglio mi ritrovai con la schiena contro il petto di Boromir. L’Uomo mi cinse la vita con un braccio, in un gesto protettivo, mentre entrambi scrutavamo lo stormo maligno che spazzava l’aria sopra l’Agrifogliere.
Sentivo dietro di me il suo petto che si alzava ed abbassava, al ritmo ansimante del suo respiro. Mi strinsi ancor più contro di lui, spaventata a morte dagli uccelli ma, allo stesso tempo, quasi pazza di gioia per l’occasione che mi si era presentata: finalmente potavo stargli così vicino!
Con un ultimo frullo d’ali, gli uccelli sparirono altrettanto velocemente di come erano arrivati. Gli altri cominciarono a riemergere dai loro nascondigli ma io non accennai a muovermi, incantata dal tepore del corpo di Boromir contro la mia schiena. Il suo sussurro all’orecchio mi fece tornare in me.
"Credo che adesso il pericolo sia passato. Possiamo uscire da qui sotto? Mi sono sdraiato proprio sul ramo più grosso e più spinoso di questo dannato agrifoglio!"
"Oh… sì, subito!" esclamai, arrossendo fino alla radice dei capelli e sgusciando fuori da sotto il cespuglio per raggiungere gli altri. L’Uomo di Gondor mi seguì a ruota.
"Sono spie di Saruman! Il passaggio a sud è controllato!" esclamò Gandalf, spostando lo sguardo nella direzione in cui erano spariti gli uccelli. "Sarà molto più pericoloso adesso affrontare il Cancello Cornorosso! Non possiamo rischiare di proseguire di giorno, dovremo riprendere a marciare con l’oscurità! Riposatevi ora: ripartiremo non appena farà buio!" disse, perentorio.
"Che scocciatura! E tutto per uno stupido stormo di cornacchie!" esclamò Pipino mentre si accingeva a dormire, contrariato dal fatto di dover riprendere a camminare di notte. Non potei che concordare con lui: neanch’io amavo particolarmente quelle passeggiate al buio.
Non appena il sole tramontò Aragorn, cui era toccato l’ultimo turno di guardia, ci svegliò e, dopo una brevissima e frugale cena, ci incamminammo di nuovo per l’Agrifogliere. Per fortuna il cielo era sereno e la luna quasi piena consentiva di vedere almeno dove mettevamo i piedi, anche se conferiva al paesaggio un aspetto a dir poco spettrale.
Ci vollero altre tre notti di marcia serrata per arrivare ai piedi del Carahdras. Era una montagna imponente, con una ripida parete verticale che, quando ci fermammo a rimirarla da vicino, era illuminata debolmente dalla luce rossastra del sole nascente. Il sentiero saliva, di fronte a noi, con molte curve, fino ai piedi della parete rocciosa. Anche se sopra alle nostre teste il cielo era ancora sereno, intorno alla vetta della montagna si andavano addensando nubi nere e minacciose di bufera. Sentii Gimli borbottare nella sua lingua mentre guardava i cumulonembi che si attorcigliavano intorno alla pietra, ed anche Boromir espresse tutto il suo disappunto.
"Non mi piacciono quelle nubi. Da noi si dice che il Nemico abbia il potere di controllare le tempeste a distanza" borbottò, fissando la cima della montagna.
"In effetti, il suo braccio è diventato lungo" concordò Gandalf, prima di lanciare un’occhiata obliqua ad Aragorn che rispose aggrottando la fronte. I due si appartarono per un attimo: facendo mente locale, ricordai dal libro che stavano discutendo sull’opportunità di scalare o meno il passo del Cancello Cornorosso. Era stato Aragorn a decidere per quella via, contro il parere di Gandalf che avrebbe preferito, invece, percorrere la strada sotto le montagne. Lo stregone stava cercando di convincere di nuovo il Ramingo a cambiare idea, ma quello fu irremovibile: non avrebbe accettato di passare sotto i monti se non dopo aver fatto almeno un tentativo di passarci sopra.
Pure Boromir non era tanto allettato all’idea di scalare la montagna.
"Sarebbe più facile passare per la Breccia di Rohan” commentò, “ma, se questa è la vostra decisione, almeno seguite il mio consiglio. Io sono nato all’ombra dei Monti Bianchi e so di per certo che lassù farà freddo, molto freddo! Raccogliamo delle fascine di legna finché possiamo, e prendiamone una ciascuno. Potrebbe essere necessario accendere un fuoco!"
"Sì" concordò Sam, terrorizzato all’idea del freddo, " e Bill potrebbe portarne parecchia anche lui!"
"E sia!" concordò Gandalf, in tono lievemente esasperato, "ma non accenderemo fuochi se non per scampare alla morte per assideramento: il Nemico ha occhi ovunque!"
Così, ognuno di noi raccolse un po’ di legna e se la sistemò sulla schiena. Belli appesantiti ci apprestammo a salire la montagna. Già dopo pochi passi mi ritrovai in un bagno di sudore, ansimando come un mantice mentre arrancavo in coda al gruppo.
"Puff, puff… Ma chi me l’ha fatto fare?… Puff…" alitavo di tanto in tanto, il fiato che si condensava in nuvolette bianche davanti al viso.
Ma il peggio doveva ancora venire. Ben presto il sentiero raggiunse il limite delle nevi e camminare divenne ancora più difficile. Gli stivali affondavano nella neve fino al polpaccio e, ad ogni passo, la bocca mi si riempiva di saliva, dal sapore ferroso per lo sforzo. Anche gli Hobbit, a causa della loro statura ridotta, erano in difficoltà e, ad un certo punto Frodo – che era rimasto dietro di me con Aragorn alle spalle – con i suoi piedoni scalzi perse la presa sulla neve farinosa e ruzzolò verso il basso per diversi metri. Il Ramingo lo aiutò a rialzarsi ed a scuotersi la neve di dosso. Nel far questo, l’Hobbit si frugò all’interno della casacca e, con sgomento, si rese conto di non avere più intorno al collo la catena con appeso l’Anello. Si guardò freneticamente intorno, ma ormai era troppo tardi: Boromir aveva visto brillare qualcosa sulla neve a pochi passi da lui, si era chinato ed aveva raccolto la collana.
"Merda!" sibilai tra i denti, tornando sui miei passi per raggiungere l’Uomo. Questi stava fissando l’Anello con lo sguardo perso nel vuoto, mormorando tra sé e sé.
"Che strano destino… Dobbiamo provare tanti timori per una cosa così piccola… Un oggettino…"
Vidi chiaramente i neri tentacoli di potere oscuro protendersi verso la sua mano tesa, mentre Aragorn gli intimava di riconsegnare tutto a Frodo. Stava per chiudere a coppa la mano sinistra intorno all’Anello – ed un paio di tentacoli gli si erano già avvolti intorno al palmo – quando lo raggiunsi e gli posai la mano sul braccio che reggeva la catena. Il potere nero si ritirò all’istante, colpito dal tocco della “Stella”, ma un piccolissimo frammento di oscurità rimase comunque attaccato al centro del palmo della sua mano sinistra. Particolare di cui non mi accorsi in quell’istante – dato che anche i suoi guanti erano neri – ma che avrei notato solo in un secondo momento.
"Boromir… Fa quello che ti dice Aragorn" mormorai, scuotendolo lievemente.
Non appena il potere dell’Anello si ritirò lo sguardo dell’Uomo si schiarì e, con una risatina nervosa, rese la collana all’Hobbit, che la riprese guardandolo come si guarderebbe il più infido dei ladri. Purtroppo il potere del “Flagello di Isildur” aveva già cominciato a crescere e Frodo cominciava a sua volta ad esserne contaminato.
Non appena scese l’oscurità cominciò a cadere anche la neve. A mano a mano che avanzavamo, sempre più faticosamente, la neve prese a fioccare sempre più fitta. Cominciò a soffiare un forte vento da nord, che ci faceva volare il pulviscolo ghiacciato negli occhi e penetrava sotto i mantelli come se fossimo stati nudi. Nonostante fossi accaldata per la dura camminata cominciai a battere i denti ed immaginai che mi sarebbe venuto, di sicuro, un bel raffreddore.
Ben presto gli Hobbit non riuscirono più ad avanzare: Aragorn e Boromir li presero a coppia sotto le braccia per aiutarli ad andare avanti. Gandalf procedeva in testa alla fila, tenendosi il cappello calcato sulla testa perché la bufera non glielo strappasse via. Ad un certo punto raggiungemmo la parete a strapiombo che ci sovrastava dalla sinistra, e lì diventò un inferno perché, oltre alla neve, cominciarono a cadere dal cielo anche grossi massi.
"Dobbiamo fermarci, non possiamo proseguire oltre per stanotte!" gridò Boromir, per sovrastare la furia del vento. "Questi massi sembrano scagliati proprio contro di noi!"
"Hai ragione" concordò Gandalf, urlando a sua volta per farsi sentire. "Oltretutto, più avanti il sentiero percorre uno stretto canale in cui non avremo più nessun riparo, né dal vento né dalle rocce."
"La nostra gente ha sempre chiamato il Carahdras "Il Crudele"! Anche questa volta non si smentisce" bofonchiò Gimli, scuotendosi la neve dall’elmo.
Ci accostammo tutti con le spalle alla parete che ci offriva un minimo di protezione dal vento. La neve non accennava, però, a voler diminuire e ben presto gli Hobbit, che si erano accoccolati l’uno accanto all’altro con Bill davanti, furono quasi completamente ricoperti. Boromir estrasse di peso Frodo dal nido di neve in cui stava accoccolato, già in preda al torpore, e gridò di nuovo.
"Non possiamo rimanere qui! Questa sarà la fine degli Hobbit!"
"Ma non possiamo nemmeno tornare indietro, se non si placa un poco la tempesta!" rispose Gandalf.
"Almeno accendiamo un fuoco per scaldarci! Non ci sarà di nessuna utilità mostrare indifferenza alle intemperie quando saremo sepolti sotto la neve!" insisté il Gondoriano, in tono imperativo.
"E sia! Accendilo, se ci riesci!” esclamò allora lo Stregone, secco. “Se esiste qualcuno in grado di resistere a questa tempesta per spiarci, ci avrà già visto di sicuro, anche senza fuoco!"
Ma la legna e le esche si erano talmente bagnate che nessuno riuscì nell’impresa. Alla fine Gandalf fu costretto ad intervenire, incendiando le fascine che ci eravamo portati dietro con un tocco del suo bastone. Dopo di ché tirò fuori una bottiglietta dal suo fagotto.
"Questo è Miruvor, il cordiale di Imladris! Ne basta un sorso ciascuno! Fallo girare!" spiegò, dandolo all’Uomo di Gondor.
Gli Hobbit bevvero per primi, poi Pipino mi passò la bottiglia. L’afferrai con le mani che tremavano dal freddo e dalla fatica e buttai giù la mia parte tutta d’un fiato. Il liquore era forte e dolce come il "Fuoco dell’Etna", e subito mi sentii meglio.
"Che toccasana! Forse riesco persino a scamparmi il raffreddore!" esclamai, allungando le braccia intirizzite verso il fuoco magico che ardeva azzurrino. Ben preso il calore del cordiale si diffuse in tutto il mio corpo. Cominciai a sentirmi persino alticcia, tanto da avere voglia di cominciare a cantare a squarciagola.
"Sul cucuzzolo della montagna… Con la neve alta così… Per la valle noi scenderemo… Con ai piedi un paio di sci sci…" mi sgolai, mimando al contempo il movimento di chi scia, con gli altri che mi guardavano come se fossi improvvisamente impazzita.
"E’ arrivata la bufeeeeraaa… E’ arrivato il temporaaaaaleeee… Chi sta bene e chi sta maaaaleeee… E chi sta come gli paaaaar…” ripresi, in parte consapevole di quanto stavo facendo ma incapace di smettere. “Ehi, Gandalf, non è che potrei averne un altro goccetto?" mi sorpresi a chiedere, con un singhiozzo.
"No! Mi sembra che tu ne abbia già bevuto abbastanza!" mi rispose l’Istari, che pareva non sapesse bene se doveva mettersi a ridere oppure infuriarsi.
"Peccato” mormorai, sporgendo il labbro inferiore verso il basso, ma tornando allegra subito dopo e riprendendo a cantare. “Là, sui monti con Annette… Dove il cielo è sempre blu… Là, con Dany e con Lucien… Vieni vieni anche tuuuuu…"
"Chi è Annette?" chiese Pipino, sinceramente incuriosito, e gli altri si strinsero nelle spalle: non ne avevano di certo idea.
Pian piano la tempesta cominciò a scemare e, con essa, anche l’effetto del Miruvor che, finita l’ebbrezza, mi lasciò con un sonoro mal di testa. Boromir si allontanò dal cerchio del fuoco, su cui Gimli aveva appena gettato l’ultima fascina, ed andò a controllare il tempo.
"Il vento è quasi calato del tutto, ed anche la neve ha quasi smesso di scendere" ci informò, non appena tornò vicino alle fiamme.
"La notte è vecchia, ormai siamo prossimi all’alba" aggiunse Aragorn ed, infatti, poco dopo cominciò fare giorno. La luce grigia ci rivelò un mondo completamente coperto di neve, tanto da non riuscire nemmeno più a distinguere il sentiero che avevamo percorso la notte prima.
"E ora che si fa? Non si vede neanche più la strada" si lamentò Sam.
"Gandalf potrebbe precederci, e con una fiamma sciogliere la neve e liberare la strada" suggerì Legolas, ironico. Lui era l’unico a non aver nemmeno risentito della bufera – dato che era anche il solo a non sprofondare nella neve – ed, evidentemente, aveva ancora voglia di scherzare.
Lo stregone, però, non provava lo stesso buon umore. Gli rispose piuttosto piccato ed allora fu Boromir a prendere la situazione in pugno.
"Dalle mie parti si dice che, quando la mente è inutile, allora è il corpo che deve servire” commentò, pensieroso, prendendosi il mento tra le mani. “Potremmo aprire un passaggio nella neve scavando. Cosa ne pensi, Aragorn? Non abbiamo camminato molto sotto la tempesta, forse solo per un centinaio di passi."
"Sì, sono d’accordo con te” concordò il ramingo, “ti seguo."
I due si misero a scavare con le braccia, tracciando un solco nella neve profondo come una trincea e, lentamente, sparirono alla vista, seguiti da Legolas che sembrava fluttuare sopra di loro in tutto quel biancore.
Tornarono dopo un’ora, affaticati ma non ancora del tutto spossati. Presero Merry e Pipino sulle spalle e, di nuovo, scesero giù. Mentre procedeva, Boromir continuò a spalare la neve con le braccia lungo il suo cammino, allargando il passaggio per gli altri. Li seguii subito dopo, con sulle spalle anche i fagotti dei due Hobbit. Il gondoriano ci aveva visto giusto: dopo circa trecento metri di cammino la neve calava bruscamente, riducendosi ad uno spessore minimo. Lì, ci sedemmo su una roccia ad aspettare con Legolas il ritorno degli altri: Boromir con Sam sulle spalle ed Aragorn con Frodo, seguiti da Gandalf che conduceva il pony per le briglie, con Gimli accomodato alla bell’e meglio sopra a tutto il resto del carico.
Da lì in avanti la discesa fu più agevole anche se, quando finalmente arrivammo alla fine del sentiero del Carahdras, eravamo tutti distrutti.
Non mi sentivo più i piedi ed avevo le spalle ingobbite dal peso dei fagotti e di Hoskiart. Gandalf ci disse che avremmo potuto riposare per un po’ ed a quelle parole buttai via gli zaini, mi tolsi gli stivali – sfilandomeli spingendoli via dal tacco con la punta dell'altro piede – gettai lontano i calzini di lana e misi le mie povere estremità affaticate a mollo in un ruscelletto che scorreva poco lontano.
"Ahhhh, che sollievo…" sospirai, mentre l’acqua fredda mi intorpidiva le dita. "Adesso, se ci fosse qualcuno disposto a farmi un massaggio alle spalle, sarei proprio a posto" aggiunsi, toccandomi le scapole indolenzite.
"A questo posso pensarci io!" rispose Merry mettendosi in piedi dietro di me, massaggiandomi la schiena con le abili manine.
"Mastro Meriadoc… Sei veramente un asso… Ma non devi disturbarti" esalai lentamente, con un tono di voce che, però, diceva esattamente il contrario.
"E’ il minimo che possa fare. Tu hai portato i nostri fagotti fino a qui!” replicò, continuando a muovere con perizia le dita. “Vorresti slacciarti un poco la casacca, ed abbassartela sulle spalle?"
A quella domanda mi voltai a guardarlo interrogativamente e lui arrossì in maniera vistosa.
"No… solo per lavorare meglio sulle spalle…" balbettò, imbarazzato.
Scoppiai a ridere e lo accontentai, scoprendo le scapole e scostando i capelli di lato.
"Oh…" lo sentii mormorare di sorpresa.
"Cosa c’è?" gli chiese Pipino, con uno strano tono di voce – un misto tra l’incuriosito ed il seccato – quasi come se invidiasse la posizione del suo compagno.
"Hai un disegno su una spalla?" mi chiese Merry, ignorando completamente il cugino.
"Sì. Dalle mie parti si chiama "tatuaggio"."
"Una rosa, e di colore azzurro. Losillë luin" mormorò Legolas con la sua voce flautata, avvicinandosi a noi, pronunciandone il nome in elfico.
"Che bella…" sospirò Pipino.
"E’ vero, è proprio bella. Voi cosa ne pensate, padron Frodo?" aggiunse Sam, dopo essersi sporto anche lui a guardare.
"Sì, sono d’accordo con voi…" rispose il Portatore, ma la sua voce era distratta, come se la sua mente fosse stata impegnata altrove.
Tutte quelle attenzioni cominciarono a mettermi in imbarazzo. Mi mossi a disagio, decisa a ricoprirmi, quando sentii un passo pesante avvicinarsi e la voce profonda di Boromir solleticarmi le orecchie.
"Una rosellina” mormorò, quasi con tenerezza, “azzurra come il cielo sopra il Mindolluin nelle giornate di primavera…”. Trasse un lungo sospiro. “Quanto desidero vedere di nuovo la mia città…" esalò lentamente. Si interruppe per un attimo, poi riprese, rivolgendosi a Gandalf. "A proposito di questo: dobbiamo decidere quale strada prendere! Andiamo alla breccia di Rohan, e da lì raggiungiamo Minas Tirith!" propose.
"La breccia di Rohan ci porta troppo vicini ad Isengard!” esclamò Aragorn. “Tuttavia, la mia decisione di passare per il Carahdras si è rivelata fallimentare" riprese, avvilito, dopo aver dato un’ultima occhiata alla montagna alle nostre spalle.
"C’è un’altra via" replicò Gandalf, soffiando fuori il fumo della pipa che si era appena acceso. "Finora non ve ne avevo parlato perché Aragorn mi aveva pregato di non prenderla. Ma visto che il Cornorosso ci ha respinto non ci resta altro da fare. Dobbiamo passare da Moria!"
"Non sono allettato al pensiero di farlo, ci sono troppi pericoli sotto le montagne" ribadì Granpasso, rimanendo fedele alla sua idea.
"Lo so, ma non vi condurrei là se non sapessi che abbiamo qualche possibilità di riuscita. Ho già attraversato quelle miniere una volta, e lo farò ancora!" affermò risoluto lo Stregone.
"Anch’io le ho già attraversate, ed è proprio per questo che sono così riluttante" borbottò il Ramingo, accendendosi la pipa a sua volta.
"Non mi piace quel nome… Non ci sono mai stato e nemmeno desidero andarci!" balbetto Sam, stringendosi contro Bill.
"Nemmeno noi!" gli fecero eco i due cugini, mentre Frodo rimase in silenzio.
"Io non ci andrò, a meno che la decisione della compagnia non sia unanime. Quello è un posto maledetto!" sibilò Boromir, stringendo le mani a pugno.
L’unico favorevole all’idea dell’Istari era – ovviamente – Gimli, visto che l’attuale signore di Moria era suo cugino Balin.
"Io ti seguirò Gandalf! Non vedo l’ora di vedere come se la passa mio cugino!" esclamò il Nano, contento all’idea di rivedere il suo parente.
"Grazie, Gimli. Cercheremo insieme le porte nascoste!"
"Anche se, come ho già detto prima, sono riluttante, so che non c’è altra alternativa! Anch’io ti seguirò!" riprese Aragorn, con voce risoluta.
"Non mi sembra saggio rifiutarsi di ascoltare un consiglio di Gandalf" disse Frodo, parlando per la prima volta. "Entrerò a Moria con te!"
Lo Stregone sorrise e gli strizzò l’occhio.
"Allora lo faremo anche noi!" parlò per gli Hobbit Sam.
Legolas annuì semplicemente, senza parlare. Gli sguardi degli altri si fissarono su di me, che stavo ancora con i piedi a mollo e le spalle scoperte dopo che Merry aveva finito il massaggio
"A me sono sempre piaciute sia le miniere sia le grotte in generale" dissi, ricoprendo le spalle ed asciugandomi i piedi con il mantello, "perciò, per me va bene…"
Sapevo benissimo che Moria sarebbe stata un disastro completo ma, visto che Boromir avrebbe accettato solo in caso di unanimità, dovevo obbligatoriamente approvare. Difatti il Gondoriano sbuffò, ma acconsentì a seguirci nel ventre delle montagne.
"Bene, così è deciso!" sentenziò Gandalf. "Ora riposatevi. Lasceremo trascorrere la notte, poi all’alba ci metteremo in marcia. Farò io il primo turno di guardia. Buonanotte!"
Ed, a quelle parole, tutti si prepararono per dormire. Sistemai il mio giaciglio tra quello di Boromir e quello di Aragorn e mi addormentai quasi subito, cullata dal lieve gorgoglio del ruscello.
Era il tredici di gennaio, e fu così che il Carahdras ci sconfisse.

Spazio autrice: Eccomi di nuovo qua, con un nuovo capitolo rivisto. Il viaggio della Compagnia è finalmente cominciato e qui si nota parecchio che ho fatto un mix tra libro e film. Infatti, alcuni dialoghi sono ripresi dal primo, ed altri dal secondo. La descrizione della scalata al Cornorosso è, nella prima parte, ripresa dal film, quando Frodo perde l’Anello e Boromir lo raccoglie; e nella seconda, dal libro, con la scena del Miruvor che nel film non compare. Così come ho ripreso dal libro le idee di Aragorn e Gandalf a proposito della strada da prendere: sulla carta stampata è, infatti, Aragorn ad essere restio a passare da Moria, mentre nel film è il contrario. Lo stesso vale per l’Agrifogliere: l’ho descritto come appare nel libro, ma inserendo la scena dei Crebain come rappresentata nel film.
Riguardo alle canzoni che Marian canta quando è ubriaca: la prima è “Sul cucuzzolo” di Rita Pavone; la seconda è “E’ arrivata la bufera” di Renato Rascel e la terza ed ultima è la sigla del cartone animato “Sui monti con Annette” cantata da Cristina D’avena.
Un’ultima precisazione: il “Fuoco dell’Etna” o “Fuoco del Vulcano” è uno squisito liquore siciliano fatto con le ciliegie, di colore rosso intenso e dalla notevole gradazione alcolica, che vuole appunto ricordare la lava del Mongibello.
Mi raccomando, fatemi sapere cosa ne pensate! Bacioni! Evelyn
  
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