Fanfic su artisti musicali > 30 Seconds to Mars
Segui la storia  |       
Autore: katvil    28/07/2015    3 recensioni
Quando togli un quadro da un muro o sposti un mobile che era lì da anni, non lo sposti mai veramente. Rimane sempre un alone, un segno del suo passaggio, del fatto che era lì. Puoi far sparire quell’alone con un pennello e un po’ di pittura, ma rimarrà sempre qualcosa che ti dirà che lì prima c’era quel quadro, quel mobile.
Così succede anche con le persone. Una volta che ti entrano dentro, che trovano il loro posto nell’anima, vi lasciano una traccia indelebile che puoi provare a coprire in mille modi, ma rimarrà sempre lì. (dal cap.21)
Shannon e April, una famiglia quasi perfetta, ma si sa che la famiglia del Mulino Bianco esiste solo nella pubblicità. Il destino ha qualcosa in serbo per loro...
Genere: Drammatico, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jared Leto, Nuovo personaggio, Shannon Leto, Tomo Miličević, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Life is a Roller Coaster'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Eccomi qua con l'aggiornamento. I tempi si sono un po' allungati, ma è estate... fa clado e sto meglio in piscina che al pc :P Però, alla fine, sono riuscita a portare avanti questa storia.
Come sempre, vi invito a commentare (o qua o nel gruppo dedicato alla ff o in privato... basta che mi facciate sapere cosa ne pensate) e ringrazio chi continua a seguirmi <3
Vi lascio 
il link al gruppo dedicato alla ff e vi invito ad iscrivervi così potremo conoscerci un po' meglio Life is a Roller Coaster
E qua trovate il trailer della ff  Life is a Roller Coaster

Buona lettura :)
 

 
«Dimmi dove sei stato oggi pomeriggio e non rifilarmi balle. So benissimo che non eri alla Black Fuel.» si alza e si pone in piedi davanti al marito «Dimmi dove sei stato.»
Shannon si blocca. Lo sguardo duro della moglie l’ha paralizzato. Non l’ha mai vista così. Si passa le mani sul volto, cercando un modo per iniziare un discorso che ormai è inevitabile «April… ci possiamo sedere?» si avvicina alla donna posandole una mano sul fianco.
«No.» April scosta la mano del marito «Non voglio sedermi.»
«Ok… stiamo in piedi… ma calmati… per favore.»
«Non voglio nemmeno calmarmi. Sono stata fin troppo calma negli ultimi giorni. Adesso basta.» serra gli occhi passandosi una mano tra i capelli. Torna a guardare Shannon «Oggi sono stata a Santa Monica con Vicki e i bambini. Visto che eravamo lì, siamo passati davanti alla Black Fuel e non ho visto la tua macchina perciò so benissimo che non c’eri. Te lo torno a chiedere: dove sei stato oggi pomeriggio?»
Shannon prende un respiro poi inizia a parlare «Hai ragione, non ero alla Black Fuel. In realtà non ero proprio a Santa Monica, ma a Downtown.» abbassa lo sguardo.
«Ok, eri a Downtown. E si può sapere cosa sei andato a fare a Downtown? Perché mi hai mentito?» April cerca di mantenere la calma, anche se avrebbe solo voglia di prendere a cazzotti il marito.
Shannon guarda la moglie, cercando di trovare le parole giuste per raccontarle tutto. Non può più tergiversare, anche perché è certo che se rifilasse altre bugie ad April, lei se ne accorgerebbe subito.
«Shannon ti vuoi decidere a raccontarmi cosa cavolo sei andato a fare a Downtown?» la donna inizia a spazientirsi.
«Ero a Downtown per vedermi con una persona… Ci… ci possiamo sedere?»
La donna asserisce con la testa e la coppia si siede sul divano.
«Quando… quando hai avuto l’incidente, cinque anni fa… ecco… Josh e Jan ti hanno parlato di Kai?»
April scuote la testa «Non lo so Shan… può essere… ti riferisci alla baby-sitter, quella amica di Zoe?»
«Esatto… Kai faceva la baby-sitter da noi quando tu… insomma… quando eri in ospedale.»
«Ok, ma che c’entra adesso? Da quello che mi ha detto Zoe, è tornata a vivere a Honolulu.»
«Sì, ma adesso è a Los Angeles e… ecco… è con lei che mi sono visto oggi pomeriggio.»
«Eri con lei anche ieri?»
L’uomo annuisce.
April prende un lungo respiro e si morde il labro inferiore. Ormai ha capito benissimo cosa è successo, ma non vuole rendere il compito facile al marito. Vuole sentire tutta la storia da lui, capire se, finalmente, riuscirà a essere sincero fino in fondo «Ok… eri con questa ragazza. Perché non me l’hai detto?»
«April… lo sia che ti amo, vero? Sai che tu e i ragazzi siete la cosa più preziosa che ho, vero?»
La donna non risponde, continua a guardare il marito negli occhi.
«Quando tu… ecco… tu sai che sei sempre stata la mia forza, il mio punto di riferimento. Tu e i ragazzi siete la ragione per cui ho cambiato la mia vita. Quando hai avuto l’incidente… in quel momento parte del mio mondo stava crollando. Avevo perso il mio pilastro. C’erano i bambini da accudire, c’eri tu stesa in un letto d’ospedale e… e c’era Kai. Tornavo a casa e lei era qui così… così ho finito per appoggiarmi totalmente a lei. È vero che avevo anche mio fratello, mia madre, Tomo, ma stavo male. Jan e Josh erano piccoli e non potevo far capire a loro quello che provavo veramente. Ero spaventato, disorientato e Kai… Kai era qui.»
April deglutisce e si passa le mani sul volto prendendo un lungo respiro. Dopo alcuni minuti torna a rivolgere lo sguardo al marito, sperando di ricevere delle risposte diverse da quello che la sua mente sta immaginando «Tutto questo cosa c’entra col fatto che mi hai mentito? Perché ha voluto rivederti?»
Shannon abbassa lo sguardo, tenendolo fisso sul pavimento «Quando Kai lavorava per noi, ci siamo molto avvicinati. Lei stava cercando di uscire da un brutto momento ed io… io te l’ho già detto… Avevo bisogno di qualcuno al mio fianco e lei c’era. Così… così siamo finiti a letto insieme. È successo solo una volta, la sera prima che tu uscissi dal coma, ma… ecco… Kai è rimasta incinta, ecco perché è tornata a Los Angeles. Voleva farmi conoscere Christopher… nostro figlio.»
April si alza, allontanandosi dal marito. Resta in piedi, ferma a guardarlo per alcuni minuti poi prende un respiro «Fammi capire… Io ero in coma da quattro mesi. Stavo lottando con tutte le mie forze per tornare a vivere, per tornare da te e dai nostri bambini e tu… tu…» serra gli occhi e si passa le mani sul volto poi riprende a parlare, trattenendo a stento le lacrime «Tu sei andato a letto con la baby-sitter?»
Shannon annuisce.
«Io potevo morire, non risvegliarmi più dal coma e tu sei andato a letto con la baby-sitter?» la donna alza il tono della voce, che aveva cercato di mantenere pacato fino a quel momento «E… e dove è successo?» chiude gli occhi «Siete stai nel nostro letto?»
«No, eravamo nel suo appartamento, quello che divideva con Zoe…»
«Ok… allora Zoe lo sapeva…»
L’uomo annuisce.
«Visto che è la fidanzata di tuo fratello, deduco che anche lui lo sapesse, o sbaglio?»
«No… non sbagli…» l’uomo risponde con un filo di voce, tendo la testa bassa.
La donna sorride sarcastica «Sicuramente anche il tuo amichetto Tomo lo sapeva e anche Vicki.»
«No, Vicki non sapeva niente.»
«Uh… c’era un’altra persona oltre a me a non sapere di questo schifo? Questa cosa sì che mi solleva!» aggiunge April usando un tono sarcastico.
«April… io…» l’uomo si alza, appoggiando una mano sul braccio della donna.
«Non mi toccare!» lei lo allontana bruscamente. Guarda il tatuaggio all’interno del suo polso destro «Sai cosa vuol dire questa data per me? Sai quanto fosse importante?» si allontana, dirigendosi verso la portafinestra. Chiude gli occhi e si passa le mani dietro la nuca per poi tornare a guardare il marito «Questa data, per me, simboleggiava il nostro amore. Un amore che credevo andasse oltre, che credevo fosse in grado di sopravvivere a qualsiasi cosa, un amore talmente forte da essere stato in grado di ridarmi la vita, ma adesso… Adesso vorrei solo strapparmi la pelle dal braccio per cancellare tutto.» si morde il labro inferiore mentre con la mano destra ferma una lacrima sfuggita al suo controllo «Come hai potuto fare una cosa del genere? Hai rovinato tutto… hai distrutto tutto…» si volta, dando le spalle all’uomo per nascondere le lacrime che iniziano a scendere rigandole le guance.
Shannon resta pietrificato a guardare la moglie. Non prova nemmeno a giustificarsi, ben conscio che sarebbe del tutto inutile. Non c’è niente da giustificare, niente di giustificabile. Prova ad avvicinarsi alla donna «April…»
«Zitto.» prende un respiro e si volta a guardarlo «Hai avuto cinque anni per dirmi tutto, per darmi spiegazioni, ma non l’hai fatto. Se tu me ne avessi parlato subito, forse avrei anche potuto capirti, ma adesso no, non dopo cinque anni di bugie. Sali al piano di sopra, prendi le tue cose ed esci da questa casa.»
«April…»
«Vattene.» la donna si volta, dando le spalle al marito e negandogli così ogni possibilità di replica.

******
 
Jared sta seduto a bordo piscina, i piedi che penzolano nell’acqua e lo sguardo fisso sulle sue ginocchia.
«A cosa stai pensando?» Zoe gli si siede accanto.
«A niente.» l’uomo risponde spostando lo sguardo su un punto non ben definito alla sua destra.
«Leto…» la ragazza lo incalza lei sorridendogli.
«Uff…» il cantante si volta in direzione della fidanzata «Stavo pensando a Chris. Oggi non l’ho visto, ho preferito lasciarlo solo con Kai e Shannon, ma mi manca. È incredibile il modo in cui quel bambino è riuscito a farsi voler bene in così poco tempo.» sorride.
«Già… è bellissimo vedervi insieme e quel bambino ha conquistato pure me.»
«È meraviglioso…» sospira «E fra tre giorni se ne andrà. Tornerà a Honolulu e non potrò più vederlo.»
Zoe gli mette una mano intorno ai fianchi e lo attira a sé, facendogli appoggiare la testa sulla sua spalla «Potremmo sempre andare a fare una vacanzina alle Hawaii. In fondo cosa sono? Cinque ore d’aereo?»
«Sei.» solleva la testa e guarda la ragazza sorridendole «Ho già controllato.»
«Non avevo dubbi.» Zoe scoppia a ridere.
«Forest, smettila.»
«Di fare cosa?» la ragazza continua a ridere.
«Di fare qualsiasi cosa tu stia facendo.» Jared le risponde, fingendosi risentito.
«E se non la smetto che fai?» lei si alza continuando a prenderlo in giro.
L’uomo si alza a sua volta, si passa una mano sul collo e guarda la donna «Vuoi farti un bagnetto serale?»
«Solo se non è previsto l’uso dei vestiti e se il mio fidanzato sexy mi fa compagnia.» stringe le braccia intorno alla vita del cantante.
«Sai che sei proprio stronza?»
«Sì e so anche che mi ami proprio per questo.»
La coppia è interrotta dallo squillo del telefono di Jared.
L’uomo guarda il display scocciato «Chi è che rompe a quest’ora? Lo sapevo: solo mio fratello può avere un tempismo così perfetto.» sbuffa poi risponde «Ciao Shan.»
«Jay…»
Sentendo il tono di voce del fratello, Jared si fa subito serio «Che succede?»
«Gliel’ho detto.»
«Che cosa hai detto e a chi?»
«Ad April… Le ho detto tutto… di Kai, di Chris.»
«E… e com’è andata?»
«È andata nell’unico modo in cui poteva andare con lei.»
«Dove sei adesso? Sei a casa?»
«No, April mi ha cacciato. Sono al Griffith Park, avevo bisogno di pensare.»
«E c’era bisogno di andare fino a lì?» sospira «Aspettami che ti raggiungo. Dammi mezz’ora e arrivo.» riattacca senza dare il tempo al fratello di replicare.
«Che succede?» Zoe gli si avvicina.
«Era mio fratello… Ha parlato con April.»
«E com’è andata?»
«Come vuoi che sia andata? L’ha cacciato da casa.»
«Se devo essere sincera, avrei fatto lo stesso pure io.»
«Già…» Jared abbassa lo sguardo, fissandolo sul cellulare che tiene ancora in mano.
Dopo qualche minuto di silenzio, Zoe gli appoggia una mano sulla spalla «Sei preoccupato?»
«Conosco mio fratello e posso intuire come stia adesso. Devo andare da lui.»
«Vuoi che venga con te?»
«Meglio di no. Fai preparare a Camila la stanza degli ospiti. Mi sa che avremo un coinquilino, almeno per un po’.»

******

Christopher sbadiglia mentre Kai gli rimbocca le coperte, dandogli un bacio sulla fronte.
«Mamma, quando torniamo a casa?»
«Fra tre giorni perché? Hai nostalgia dei nonni?»
«Un po’.» il bambino si siede sul letto e inizia a torturarsi le dita abbassando lo sguardo.
«Che succede?» Kai gli accarezza la testa.
«Domani vediamo il papà e lo zio Jay?»
«Non lo so… dopo li chiamo, ok?»
«Ok.» il bambino risponde, poco convinto. Dopo qualche secondo torna a rivolgersi alla mamma «Ma davvero non possiamo portarli a casa con noi? Li mettiamo sull’aereo come faccio con Pilù e poi vengono a dormire nella mia cameretta.»
A Kai scappa un sorriso «Pilù è una scimmietta di peluches, lo zio e il papà sono persone vere. Non puoi pretendere che le persone facciano tutto quello che vuoi tu. Con Pilù puoi farlo, ma non con le persone.»
Il bambino increspa le labbra e aggrotta le sopracciglia contrariato.
«Però possiamo sempre chiedergli di venirci a trovare.» Kai accarezza la testa del piccolo spettinandogli i ricci.
Chris le regala un enorme sorriso «Sì! Così andiamo al mare tutti insieme e faccio vedere al papà come sono bravo a nuotare. Gliel’ho detto che sono bravissimo, ma non mi crede.» il piccolo mette il broncio.
«Sembri un pesciolino, nuoti meglio della mamma.»
«Sì, è vero.» il bambino scoppia a ridere sdraiandosi sul letto «Tu sei troppo imbranata!» la risata fragorosa di Christopher si espande nella stanza.
«E tu sei una piccola scimmietta dispettosa.» Kai ride mentre inizia a fare il solletico al bambino, che prende un cuscino e lo lancia sulla testa della madre.
Kai s’inginocchia sul letto fingendosi indispettita «Che cosa vorresti fare?» guarda il bambino in tralice.
«La guerra dei cuscini!» il piccolo continua a ridere mentre si sdraia sul letto sgambettando.
«E guerra dei cuscini sia!» la ragazza gli risponde dandogli una cuscinata leggera sul naso.

******

April sta con lo sguardo fisso davanti a sé, rivolto alla portafinestra che da sul giardino. Sarà passata almeno mezz’ora da quando Shannon ha lasciato la casa, la loro casa, ma lei non si è mossa da lì. Ancora non si rende del tutto conto di quello che è successo. Solo poche ore prima si è svegliata e il suo mondo era lì, a darle il buongiorno, mentre adesso… Adesso è tutto finito.
Si alza dirigendosi verso la libreria. Prende una foto e fa scorrere l’indice sui volti che vi sono impressi: risale a qualche mese prima dell’incidente. Jan e Josh erano così piccoli mentre lei e Shannon sorridevano, felici di quello che avevano costruito. Sente la rabbia salirle dentro così scaglia la cornice contro il camino, mandando in frantumi il vetro che proteggeva l’immagine.
Resta seduta a terra, le ginocchia raccolte a coprirle il viso e sfoga tutta la frustrazione che ha cercato di trattenere di fronte al marito.
Si chiede perché, come sia possibile che tutto questo stia accadendo proprio a loro. Ha sempre pensato di aver costruito qualcosa d’importante con Shannon, è sempre stata così orgogliosa della sua famiglia. Adesso si rende conto che negli ultimi cinque anni ha vissuto una vita che non era sua, una vita sorretta da una menzogna.
Si alza e, con le lacrime che iniziano a scendere, va a raccogliere i cocci della cornice. Vorrebbe che fosse così facile raccogliere anche i pezzi della sua vita, rimettere tutto insieme con un po’ di colla.
Come ha fatto Shannon a farle una cosa del genere? Com’è stato possibile che per cinque anni le abbia mentito?
Si asciuga il viso e sale le scale, dirigendosi al piano di sopra. Entra in camera e sente la nausea salirle. Con rabbia strappa via le lenzuola dal letto, prendendo a pugni il cuscino che ha l’odore di Shannon
«Sei un bastardo! Uno schifoso bastardo!» urla mentre si siede a terra, lasciando che il pianto prenda il sopravvento.
«Mamma, che succede?» Janis, allarmata, entra nella stanza, accompagnata da Joshua «Perché piangi?» si avvicina alla madre mettendole le mani sulle spalle.
April cerca di ricomporsi, ma finisce con l’abbracciare i figli restando in silenzio.
«Mamma, mi vuoi dire cosa è successo? Dov’è papà? Vi abbiamo sentito discutere.» Joshua l’incalza.
La donna si asciuga il viso e prende un respiro «Tuo padre… vostro padre non c’è… è andato via.»
«E quando torna? Stai male? Vuoi che lo chiami?» Janis la guarda preoccupata.
«No, non devi chiamarlo. L’ho mandato via io.» April cerca di darsi un minimo di contegno, sapendo che adesso deve spiegare tutto ai figli «Dubito che tornerà presto. Anzi, spero proprio che non torni.»
«Che è successo?» Joshua aggrotta le sopracciglia.
La donna prende un respiro profondo, cercando di trattenere la rabbia e trovare le parole giuste per parlare con i figli «Vostro padre… ecco… Vi ricordate oggi pomeriggio, quando siamo andati a Santa Monica?»
I ragazzi annuiscono.
«Non è stata una scelta casuale. Sono voluta andare lì perché vostro padre aveva detto che sarebbe andato alla Black Fuel e volevo controllare fosse davvero lì.»
Janis aggrotta le sopracciglia «E perché?»
«Jan, ne avevamo parlato anche stamattina… Erano giorni che era strano… sentivo che nascondeva qualcosa, ma non avrei mai pensato…» si passa una mano sul volto «Vostro padre mi ha tradita, cinque anni fa. È andato con la ragazza che vi faceva da baby-sitter e… e lei è rimasta incinta. Adesso è tornata a Los Angeles per fargli conoscere il bambino. Oggi pomeriggio era a Downtown con lei.»
Janis la guarda in silenzio, scrutandola con i suoi grandi occhi verdi. Si siede vicino alla madre, fissando un punto non ben definito sulla parete di fronte. Si guarda intorno: le lenzuola sparse sul pavimento, i cuscini scomposti sul materasso. Torna a guardare la madre, senza dire una parola.
«Jan… cosa stai pensando?»
La ragazzina si alza «Vado in camera mia.» e si dirige verso la porta.
April scatta in piedi e l’afferra per un braccio «Jan, dimmi cosa stai pensando, non tenerti tutto dentro.» poi si rivolge al figlio, che è rimasto immobile, in piedi davanti a lei «Anche tu Josh, dimmi come ti senti.»
«Mamma, mi puoi lasciare il braccio?» Janis protesta. April allenta la presa e la ragazzina riprende a parlare «Mi serve un po’ di tempo… da sola. Posso andare in camera mia?»
«Ok… vai pure. Tu Josh? Vuoi che parliamo un po’?» April si avvicina al figlio, accarezzandogli il caschetto biondo. La sta scrutando con i suoi grandi occhi azzurri, identici a quelli di suo zio. Non riesce a capire cosa stia pensando.
Il bambino, a un certo punto, le prende una mano «Mamma, come stai?»
Come sta? Si sente a pezzi, come se le avessero strappato un arto. Si sente svuotata, delusa, tradita. Si sente un peso sulle spalle, come se tutta la sua vita le fosse crollata addosso.
«Sto… sto bene.» cerca di sorridere al figlio.
«Non mi raccontare balle. Lo vedo che non stai bene.»
«Tu come stai?»
«Sono arrabbiato. Arrabbiato con papà perché ti fa stare male, arrabbiato con Kai perché le volevo bene e lei invece si è portata via il mio papà, arrabbiato con te perché stai qua a piangere invece di cercarlo per prenderlo a calci.»
April guarda il bambino e le scappa un sorriso «Ti va di abbracciarmi o sei troppo arrabbiato anche per questo?»
Joshua sorride a sua volta «Non sono mai troppo arrabbiato per abbracciarti.» e si avvicina alla madre, stringendola.

******

L’Osservatorio Griffith[ii] è sempre stato uno dei suoi posti preferiti, una sorta di rifugio, un posto dove scappare. Ha sempre amato lasciar correre lo sguardo lontano, vedere Los Angeles stagliarsi sotto i suoi occhi, ammirare lo spettacolare panorama che si gode dai giardini che circondano l'edificio. Dal pendio meridionale del monte Hollywood, la vista sul bacino di Los Angeles è straordinaria e di notte le luci della città rendono lo spettacolo unico. Gli ha sempre donato una sensazione di pace e tranquillità, ma non stasera. Stasera nemmeno la città degli angeli placa il turbinio di emozioni che ha dentro.
Shannon si appoggia al muretto che delimita la terrazza dell’osservatorio, quella dove è stato girato Gioventù Bruciata nel 1955, e respira profondamente chiudendo gli occhi.
Riesce ancora a vedere l’espressione di April, gli occhi della moglie che lo guardano, esprimendo tutto il rancore che lei non è in grado di buttar fuori con le parole. La guardava e non riusciva ad aprir bocca. Sentiva solo che la sua vita si stava sgretolando senza che lui potesse fare o dire qualcosa per rimetterla in piedi.
Una notte. Una sola stupida notte e tutto è andato in fumo. È riuscito a distruggere l’unica cosa davvero buona che ha costruito in tutta la sua vita, se si esclude la band. Ha ferito la donna che ama più di ogni altra cosa al mondo e l’ha fatto nel peggiore dei modi, da vigliacco e se ne rende conto solo ora, che probabilmente è troppo tardi per rimediare.
Se tu me ne avessi parlato subito, forse avrei anche potuto capirti, ma adesso no, non dopo cinque anni di bugie
Si passa una mano tra i capelli mentre gli tornano in mente le parole di April.
Se le avesse parlato subito, se non si fosse comportato come al suo solito, cercando di evitare le sue responsabilità, se non avesse pensato solo a se stesso forse a quest’ora avrebbe ancora la sua famiglia.
La sua famiglia. Janis, Joshua. Chissà come reagiranno. Chissà se vorranno ancora avere a che fare con lui.
Lo squillo del cellulare lo distoglie dai suoi pensieri. Guarda il display prima di rispondere.
«Ciao Tomo.»
«Che cazzo hai combinato?» la voce dell’amico gli arriva diretta come un gancio in pieno viso «Vicki ha passato tutto il pomeriggio con April a Santa Monica ed è tornata poco fa incazzata nera. Alicia si è chiusa in camera sua a messaggiare con Janis, non senza avermi prima lanciato un’occhiata di fuoco. Mi dici che cazzo hai fatto?»
«Tomo… te l’avevo detto ieri sera che oggi mi sarei visto con Kai e Chris e che avrei detto ad April che andavo a Santa Monica…»
«E ti sei fatto beccare come un coglione.»
«Già…»
«Com’è andata?» la voce del croato si addolcisce, capendo la difficoltà del batterista.
«Come vuoi che sia andata? Ho dovuto raccontare tutto ad April… dirle di Kai… di Chris…»
«E lei?»
«Mi ha detto di prendere le mie cose e andarmene.»
«Ti ha cacciato da casa?»
«Sì…»
«Ah… se ti serve un posto dove dormire…»
«Tranquillo, sta per arrivare mio fratello. Chiederò a lui. Mal che vada mi rifugerò da mia madre.» gli scappa una risata.
«Tu e Constance che convivete… Dopo che ti sei fatto cacciare da casa da April perché l’hai tradita quando era in coma e, oltretutto, sei stato pure così coglione da mettere incinta la tua amante… Non vorrei essere lì manco nei miei peggiori incubi!» Tomo scoppia a ridere, trascinando con sé anche il batterista. Dopo pochi secondi torna serio «Shannon, a parte gli scherzi, se hai bisogno sai dove trovarmi. Dovrò proteggerti da Vicki, che in questo momento potrebbe attaccarsi alla tua giugulare con i denti, ma credo di potercela fare.»
Shannon scoppia ancora a ridere «Meglio dormire sotto un ponte che con Vicki-il-mastino in casa! Credo che sarebbe capace di rendermi la vita più difficile che mia mamma e mio fratello messi insieme.» Dopo qualche secondo torna serio «Tomo…»
«Mmmm…»
«Grazie.»
«E di cosa? Tu vedi di non peggiorare ulteriormente la situazione, ok?»
«Ci proverò…»
«Ok… Adesso devo lasciarti che il mastino si aggira per casa e temo che se scoprisse che sono al telefono con te mi ucciderebbe e darebbe il mio cadavere in pasto a Dink, Kasha e Ramsey[iii]
«Allora ti lascio andare, sia mai che ti abbia sulla coscienza.» il batterista sorride.
«Vuoi che ci vediamo domani?»
«Ok... ti chiamo e ti faccio sapere…»
«Va bene… Buona notte Shan.»
«Notte.»
Shannon chiude gli occhi e muove il collo, cercando di rilassare i muscoli. Sente una mano posarsi sulla sua spalla sinistra e si volta, incrociando due occhi azzurri che lo guardano severi.
Jared fissa il fratello, indeciso sul da farsi. L’istinto gli suggerirebbe di prenderlo e gettarlo dalla balaustra, standolo a guardare mentre rotola giù per la collina di Hollywood, o, in alternativa, prenderlo a cazzotti, dirgli quanto sia stato imbecille. Però rimane sempre suo fratello, sa che sta male perciò sente anche una gran voglia di abbracciarlo. Chiude gli occhi e scuote la testa poi torna a guardare Shannon «Ciao.»
«Ciao.» il batterista risponde, abbassando lo sguardo.
«Come… come stai?» domanda Jared, anche se può benissimo vedere la risposta scritta in faccia al fratello.
«Non lo so.» Shannon si passa una mano tra i capelli «Mi sento a pezzi. Sento come se mi fosse caduto sulle spalle un enorme macigno che mi sta schiacciando con tutto il suo peso.»
Jared lo guarda, restando per una volta in silenzio.
Il batterista si appoggia al muretto, dando le spalle al panorama di Los Angeles per rivolgere lo sguardo al fratello «Sono stato un imbecille. Prima di tutto perché ho lasciato che gli eventi mi sfuggissero di mano cinque anni fa, tradendo mia moglie nel momento in cui lei aveva più bisogno di me. Poi perché le ho tenuto nascosto tutto. Se le avessi parlato, se le avessi detto tutto, allora forse oggi non saremmo arrivati a questo punto.» abbassa lo sguardo «Ho perso la cosa più preziosa che avevo al mondo e non posso incolpare nessuno per questo se non me stesso e la mia stupidità.» Alza gli occhi guardando il fratello «Se devi dirmi quello che pensi fallo adesso, che tanto non potrò andare più in basso di così.»
Jared si appoggia al muretto, di fianco a Shannon, guardando le luci di Los Angeles e restando in silenzio per qualche minuto. Il batterista si volta ripetendo i gesti del fratello. Non parlano, non si sfiorano nemmeno, ma riescono ugualmente a dirsi tutto.
«Shan, ti ricordi la prima volta che siamo venuti qua?» dopo alcuni minuti, Jared rompe il silenzio.
«Certo.» il batterista sorride «Mi ero trasferito a Los Angeles da poco. Mi hai portato qua una sera in cui avevo assolutamente bisogno di staccare la spina dal mondo e mi hai detto che avevi adottato l’osservatorio come rifugio. Da allora, è diventato anche il mio di rifugi.» Shannon guarda l’orizzonte «Prima ci venivamo spesso, insieme.»
«Già… è tanto che non salgo fino a quassù.» anche Jared guarda lo skyline di Los Angeles.
I due fratelli restano in silenzio, entrambi impegnati a fissare le luci della città e a cercare di districare i propri pensieri. Dopo alcuni minuti, è ancora una volta Jared a parlare.
«Shan…» si volta in direzione del fratello, chiamandolo per attirare la sua attenzione.
Anche Shannon rivolge lo sguardo al minore dei Leto «Che c’è?»
«Non sono venuto qua per giudicarti. Credo di averti abbondantemente espresso cosa penso di tutta questa storia, visto che in questi cinque anni ne abbiamo discusso più di una volta.» abbassa lo sguardo e inizia a muovere un piede, come se stesse seguendo semicerchi invisibili «Ecco… io volevo solo dirti che ci sono.»
Il batterista si avvicina al fratello «Lo so Jay.» i due si abbracciano.
«Andiamo a casa?» Jared scioglie l’abbraccio e sorride.
«Andiamo.»
«Spero che Camila non mi uccida: l’ho lasciata sola con Zoe a sistemare la stanza degli ospiti.»
«Dici che dovremo pulire il sangue dalle pareti?» Shannon sorride.
«Di chi? Di Camila o Zoe?»
I due fratelli si allontanano insieme ridendo.

******

«Jan, posso entrare?» April apre appena la porta della camera della figlia.
«Ok.» la ragazzina risponde, con un tono quasi asettico.
La donna entra nella stanza e osserva Janis, sdraiata sul letto con il cellulare in mano, intenta a scrivere messaggi «Ti disturbo?»
Janis appoggia il telefono sul comodino e si mette seduta, appoggiando la schiena alla testiera del letto «No, stavo massaggiando con Alicia.»
«Ti va di parlare?»
La ragazzina si sposta, facendo spazio alla madre che le si siede accanto. Entrambe rimangono per qualche minuto a fissare l’armadio che occupa la parete di fronte.
«Ho visto che hai tolto la foto di te e papà dal comodino.» April cerca di rompere il silenzio della figlia.
Janis fa spallucce «Mi dava fastidio guardarla.» poi abbassa lo sguardo, concentrandosi sulle dita e iniziando a giocare nervosamente con le unghie.
«Jan.» la donna mette una mano sulla spalla della figlia, facendola voltare e costringendola a guardarla «Come stai? Dimmi a cosa stai pensando.»
Janis prende un cuscino e se lo porta sulle gambe «Mi sento una stupida.»
«E perché?»
«Perché non avevo capito niente di papà. Credevo fosse l’uomo migliore del mondo, credevo ci volesse bene e invece non è così.» aggiunge Janis tutto d’un fiato, mentre cerca di trattenere le lacrime.
«Jan, quello che è successo tra me e lui non ha niente a che fare con il bene che vuole a te, a Josh. Voi siete i suoi figli e vi vorrà sempre bene.»
«Già… e intanto è andato a fare un figlio con un’altra donna…»
April respira profondamente per cercare di mantenere la calma e non sbottare davanti alla figlia: la scena cui ha assistito qualche ora prima nella sua stanza basta e avanza.
«Questo non cambia le cose: tu e Josh siete i suoi figli e vi ama.»
«E allora perché si è comportato così? Perché ha rovinato tutto?» la ragazzina si asciuga le lacrime.
«Perché è un uomo?» April sorride, cercando di alleggerire l’atmosfera «Sei ancora piccola Jan, ma ti accorgerai presto che gli uomini fanno sempre cose stupide. A volte si limitano a piccole scemenze e altre volte, invece, ne combinano di quelle più grandi di loro.»
La ragazzina rimane in silenzio, guardando la madre. April si chiede cosa stia frullando nella testa della figlia. Poi Janis prende un lungo respiro e torna a rivolgersi alla donna «Mamma, sono una brutta persona se voglio ancora bene a papà?»
«No, tesoro mio. Non sei una brutta persona.» April sorride, accarezzando la testa della figlia.
«Però sono arrabbiata con lui, non so se vorrò vederlo nei prossimi giorni.» guarda la madre come a chiederle il permesso per non incontrare il padre.
«Non sei obbligata a farlo. Non lo dovete per forza vedere, né tu né Joshua. Prendetevi il tempo che vi serve.» la donna le sorride.
Janis sorride a sua volta, si avvicina ad April e l’abbraccia «Mamma, ti va di dormire qua stanotte?»
«Speravo me l’avessi chiesto, almeno non devo rifare il letto nella mia stanza.» la donna e la figlia scoppiano a ridere.
Janis si alza a si dirige verso l’armadio «Ti prendo il sacco a pelo.»
«Che succede qua?» Joshua entra nella stanza della sorella, grattandosi la testa mezzo addormentato.
«Io e mamma facciamo un pigiama party, vuoi unirti a noi?» Janis sorride trionfante al fratello, mentre stende il sacco a pelo sul pavimento.
Il volto del bambino s’illumina «Un pigiama party con mia mamma e mia sorella… Non è proprio il mio ideale di notte da sballo, ma potrebbe andare.» Josh si gratta il mento, fingendo di pensarci su «Però giuro che se vi mettete a parlare di robe da donne tipo ragazzi, trucchi e vestiti, vomito la cena sul pavimento!» sentenzia mentre esce dalla stanza per tornare dopo pochi secondi con un sacco a pelo in mano.
«Ma quanto è dolce il mio fratellino.» Janis si avvicina al bambino, spettinandogli il caschetto biondo.
«Mamma, posso uccidere Jan nel sonno?»
«Fai come vuoi, basta che non imbratti tutto con il sangue che poi mi tocca pulire.» April ride delle scaramucce dei figli.
«Mamma!» Janis la guarda, fingendosi scioccata.
I tre scoppiano a ridere prima di spegnere la luce e provare a dormire.

******

Shannon si gira e rigira nel letto senza riuscire a prender sonno. Troppi pensieri nella testa, troppe emozioni che si sono accavallate negli ultimi giorni.
Pensa ad April, a Janis e Joshua e a tutto quello che è riuscito a distruggere.
Poi il pensiero corre a Kai, a Christopher. Si rende conto che rimangono solo tre giorni per passare del tempo con il figlio. Probabilmente dovrebbe anche provare a instaurare un rapporto tra lui e i suoi fratelli.
O forse è troppo presto.
Sente la testa che gli sta scoppiando così si alza dal letto, si avvicina alla finestra e la apre, sperando che l’aria fresca l’aiuti a tranquillizzarsi un po’.
Prende il telefono e digita il numero di Kai.
«Pronto?» la ragazza risponde con la voce assonnata.
«Ciao…»
«Ciao Shannon… cosa vuoi a quest’ora?»
«Niente… Ho parlato con April…»
Dall’altra parte solo silenzio.
«Kai… ho bisogno di vederti.»
 

[iii] Dink, Kasha e Ramsey sono i 3 cani di Tomo e Vicki.
   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > 30 Seconds to Mars / Vai alla pagina dell'autore: katvil