03/08/2015
6 recensioniMa che cosa stava pensando? Già si stava immischiando nelle faccende degli umani, senza che avesse ricevuto ordini dall’Alto, avere quel genere di pensieri poteva essere molto pericoloso, specialmente per un arcangelo che vuole conservare le proprie ali. Ancora ricordava quando Azazel e altri 199 angeli erano stati buttati fuori dal Paradiso, proprio per quel motivo(2). Però era anche vero che se i suoi pensieri fossero rimasti solo tali…
Sicuramente era colpa del clima anaffettivo che vigeva in Paradiso, non che non ci si volesse bene lassù, per carità, ma per il solo fatto che lui avesse l’abitudine di scompigliare i capelli a Castiel o di assestare manate tra le ali di Michael e Raphael, veniva sempre guardato con disapprovazione, gli abbracci poi erano praticamente sconosciuti…
Seila, probabilmente per aver maggior sicurezza, aveva allacciato le sue gambe a quelle dell’arcangelo, e si era stretta ancora di più a lui.
“Eh no, dai! Se fai così, come faccio a resistere?” le appoggiò una mano sul braccio e le disse, alzando un po’ la voce per contrastare il rumore del vento: «Sta’ tranquilla, andrà tutto bene!» “Sarà meglio accelerare.” E mise in funzione anche il terzo paio d’ali che non usava quasi mai.
Quando arrivarono nei pressi dell’altare, videro il sacerdote con il coltello sacrificale e il popolo in attesa.
“Quanta gente! Tanto meglio!” Atterrò, fece scendere Seila e, tenendo le ali spalancate, disse: «Come vedete, sono un angelo del Signore e sono qui per accertarmi che il sacrificio sia adempiuto esattamente secondo il voto espresso da Iefte. Com’era la frase precisa?»
«Chiunque uscirà dalla porta di casa mia per venirmi incontro per primo, lo offrirò in olocausto al Signore» declamò uno con indosso l’armatura.
Gabriel sentì accanto a sé Seila emettere una specie di singulto, allungò una mano, sfiorandole un braccio per tranquillizzarla, poi chiese: «Per “chiunque” intendi “qualunque essere”?»
«Certo! Qualunque essere! E siccome mia figlia…»
«Fermo lì!» lo interruppe Gabriel, trionfante, si frugò nelle pieghe della tunica e ne trasse una locusta tramortita che sollevò verso l’alto, per farla vedere bene al popolo. «Quando Seila ha aperto la porta, è uscito da casa tua questo essere prima di lei, perciò saluta il tuo “chiunque”.» Lanciò l’insetto sull’altare.
«Una locusta? Ma… ma come faccio a macellarla, fare l’aspersione del suo sangue e prelevarne le parti del corpo per deporle sull’altare come si deve?» chiese il sacerdote, perplesso.
«Non è un mio problema, comunque ascoltatemi tutti!» afferrò Iefte e lo sbatté contro l’altare. «Nostro Padre non vuole questo!» ringhiò, inferocito «Vuole che voi siate felici! E invece voi umani fate questi voti scellerati e sconsiderati e poi vi lamentate se siete infelici! Fai ancora un voto come questo e giuro che metterò te su quest’altare con una mela in bocca e rami di alloro infilati dove dico io, sono stato chiaro?» Lo mollò e stava per decollare, quando Seila lo trattenne per un braccio, sorridendogli radiosa.
«Grazie, se non…»
«Non serve che mi ringrazi» disse, interrompendola «È a questo che serviamo noi angeli!» “Meglio tornare alle mie focaccine, sicuramente meno pericolose…” pensò decollando.
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Racconto ispirato al capitolo 11 del “Libro dei Giudici”
1) Il primo era stato Abramo, vedere "L'infanzia di Abramo"
2) Vedere il racconto "I nephilim"