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Autore: Pinker    04/08/2015    3 recensioni
Dopo 10 anni dall'ultima missione di Blaze a Mobius, la gatta lilla ritorna per svelare un caso già iniziato dall'amica Amy, la quale a un certo punto scompare misteriosamente.
Anche Shadow e Rouge saranno coinvolti in questa avventura dal finale incerto.
Tra bugie e passato, sorprese più o meno piacevoli e lotte tra ragione e istinto, nascerà una storia d'amore...
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Blaze the Cat, Rouge the Bat, Shadow the Hedgehog
Note: OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Amy Rose P.O.V.


Buio. Ancora e ancora. Finirà mai questo film?

Non che sia spiacevole, scene e scene dove rido, piango, mi emoziono. E' il film sulla mia vita.

E' carino rivedere tutto, soprattutto memorie che si erano dimenticate, ma voglio tornare alla realtà, al mio presente, alla mia vita. Voglio uscire da questo cinema, ma no ci sono porte, purtroppo.

Dovrò aspettare che finiscano i ricordi, o mi interromperò prima? Non so.

Comunque, non dovremmo essere lontani dalla fine: c'è una memoria che, appena visto l'inizio, ho iniziato a rattristirmi.

No, per favore, non ancora quella memoria...!

Mi tormentava sin da quando ero sveglia, era il ricordo che mi era più rimasto impresso.

Qualcuno lo faccia smettere, non lo voglio rivivere!


Ero nel mio ufficio, seduta nella mia scrivania di legno.

Sul tavolo, le solite cose: fogli, documenti, una penna nera, una penna blu masticata e un vecchio telefono scuro con una suoneria squillante.

Ero intenta a leggere la mia assicurazione sulla vita quando sentii qualcuno bussare alla porta.

Avanti.” dissi ad alta voce, in modo che chi fosse dall'altra parte della porta sentisse.

La porta si aprì e rivelò la forma di Espio, un camaleonte ninja viola. Aveva il volto serio, come al solito, e mi guardava dritto negli occhi.

Mi chiedevo spesso perché fosse così serio e concentrato, ma in quel momento non ci feci tanto caso. Lo guardai anch'io e misi giù i fogli che stavo leggendo. Gli lanciai un ampio sorriso.

Espio! Da quanto tempo, amico mio.” lo salutai, posando i gomiti sulla scrivania e congiungendo le mani. In risposta, anche lui sorrise.

Piacere di rivederti, Amy Rose.” salutò lui con rispetto, facendomi un cenno con la testa.

Cosa ti porta qui?” chiesi al camaleonte.

Il suo volto tornò serio mentre da una sua cintura estrasse un bigliettino rosa da visita.

Aggrottai le sopracciglia mentre lui si avvicinò alla scrivania con il pezzo di carta tra le dita.

Cos'è?” chiesi perplessa, allungando il braccio per prendergli il foglietto che mi aveva allungato, e iniziando ad esaminarlo. Il mio amico prese un bel respiro, prima di rispondermi:

Sei stata ufficialmente invitata al matrimonio tra Sonic e la principessa Sally.” disse, con voce monotona da macchinetta.

Mi bloccai. Non riuscivo a respirare bene, per quanto ci provassi, ero rimasta scandalizzata.

Guardai con occhi sgranati il biglietto, senza impegnarmi a leggerlo dato che sapevo cosa diceva.

Ero ferma, immobile come una statua.

E' stato un colpo al cuore, poi allo stomaco, sembrava che mi avesse trafitta una lancia di ghiaccio. Cavolo, come mi facevano male...

Non era possibile...no..no, NO! No no no no no...

Avevo brividi freddi, il sudore mi colava giù dalla fronte.

Mi sentivo male non solo emotivamente, ma anche fisicamente...

Mi bruciava la gola, era come se stessi per vomitare.

Rose?” mi chiamò il camaleonte.

Lo ignorai totalmente.

I-io...sapevo che quei due stavano molto insieme, ma non avrei mai pensato... Oddio.

P-perché Sonic, perché? Sapevi che sarei stata male, perché mi hai invitata? Per guardati sposare qualcun'altra? Non ti capisco!

Sarà un bel momento per te, ma non lo sarà per me, come hai potuto non pensarci?!

Rose??”

Io non pensavo che tu fossi il tipo che si sposa, Sonic. Davvero, ti sei descritto sempre come uno spirito libero. Che ti è successo? Hai cambiato idea?

...la ami così tanto da rinunciare a tutto il resto, come ho fatto io con te in tutti questi anni?

...mi ferisce, Sonic, è davvero una cosa che mi ferisce.

Mi hai sempre considerata solo come un'amica, non è vero? E' per questo che mi hai invitata?

...D'accordo caro, io ti voglio comunque bene... e anche a Sally, siamo sempre state amiche... si offenderebbe e ci rimarrebbe male se non venissi.

Dio mio Sonic, perché non puoi tornare da me?!

AMY!”

Il camaleonte mi aveva preso per le spalle e le aveva scosse, facendomi destare dal mio stato di trance e dai miei monologhi interiori.

Avrei voluto dirgli che stavo bene, ma l'unica cosa che riuscii a fare fu di alzare lentamente lo sguardo per guardarlo in faccia. Almeno avrebbe saputo che ero ancora viva.

Il mio amico sgranò gli occhi.

Mio Dio, Rose, sembra che tu abbia visto un fantasma!” esclamò preoccupato il ninja.

Sto bene.” farfugliai acida. Non avrei voluto essere così sgarbata con lui, dopotutto era sempre stato gentile con me, non si meritava una risposta cattiva.

Ma in quel momento ero disperata e avevo bisogno di sfogarmi, e il camaleonte era lì sotto tiro.

Dopo mi sono sentita male per come l'avevo trattato.

Espio non aveva nessuna colpa, se non quella di avermi portato il messaggio.

Ma io non pensavo a questo in quel momento, pensavo solo con rabbia a quanto fosse stronzo per parlarmi in quel modo, come se non sapesse il problema, come se non sapesse quanto mi faceva soffrire la notizia. Lo guardavo semplicemente con odio. Mi alzai di scatto.

E vuoi smetterla di chiamarmi 'Rose'?! Chiamami per nome! Ci conosciamo da una vita, cazzo!”

gli sbraitai contro, dimenandomi dalla presa che aveva sulle mie spalle.

Lui mi lasciò andare allibito e indietreggiò di alcuni passi dalla scrivania.

Lo squadravo irata, con i pugni chiusi appoggiati sulla superficie del tavolo.

Mi osservò sorpreso, aspettando che mi calmassi via.

E in quel momento mi accorsi di quello che gli stavo dicendo. Fu qui che realizzai che stavo sbagliando.

Il mio sguardo si ammorbidì lentamente. Mi sentivo così in colpa...

Mi calmai e mi sedetti pesantemente sulla sedia. Espio rimaneva immobile a guardarmi perplesso.

Fantastico, è di nuovo colpa mia! Sentii un nodo alla gola e sapevo cosa significasse...

Cercai di trattenere le lacrime, ma non ci riuscii. Nascosi la faccia nelle mie mani per la vergogna.

Mi dispiace Espio! Non volevo-” riuscii a dire tra i singhiozzi. “Scusami tanto.”

Mi vergognavo così tanto da non volerlo vedere in faccia, ma soprattutto di guardarlo negli occhi.

Tenendo una mano sul volto, staccai l'altra per aprire un cassetto e prendere un fazzoletto.

Mi soffia il naso, cercando di calmarmi. Ero sempre stata considerata una bambina molto emotiva, non volevo essere più chiamata 'la ragazzina dalla lacrima facile'. Non volevo mostrarmi ancora vulnerabile, mai più. Ma stavo fallendo miseramente; anche se avevo la faccia coperta, Espio si era sicuramente accorto che stavo scoppiando.

Sobbalzai quando sentii una mano posarsi sulla mia spalla.

Guardai chi era, e non mi sorpresi nel vedere gli occhi gialli di Espio che guardavano i miei già rossi dalle lacrime.

Non sono offeso, se te lo stai chiedendo, e tanto meno arrabbiato.” mi disse, come se mi avesse letto nel pensiero.

Non è colpa tua. Lo sapevo che sarebbe stata una notizia dura per te.” disse, fermandosi un attimo per cercare cosa dire. Lo guardai con stupore; sapevo che Espio non era il tipo che sapeva consolare la gente, però ci stava provando.

Sonic...” sussurrai quasi involontariamente, e lui capì e chiuse gli occhi.

Non sei tu il problema. Tu sei perfetta così come sei, e non hai nemmeno sbagliato nulla. Non è colpa tua, né di nessun altro. E'....la vita.” continuò lui.

Non ce la facevo più a guardarlo negli occhi, e li abbassai, temendo di iniziare di nuovo a piangere, e non volevo mica frignargli in faccia.

Non fare così. La vita non è cattiva, solo aveva altri piani per te. Piani meravigliosi, senza dubbio, ma il dolore c'è, comunque e sempre. Lo supererai, sei una donna forte, e andrai avanti per la tua strada con un sorriso coraggioso, come fai sempre.”

Espio era un mio amico, ma non così stretto, eppure a sentire quelle parole... per la prima volta lo vidi come una roccia a cui aggrapparmi. Qualcuno che mi stava cercando di far capire che le cose succedono, belle e brutte, ma l'importante è andare avanti affrontando tutto, e uscendone vincitore.

Lo abbracciai forte forte, lasciando andare le mie lacrime. Era così confortevole.

Lui all'inizio si era irrigidito perché probabilmente non se l'aspettava, ma poi aveva ricambiato l'abbraccio, cosa che mi stupì.

Ricordati che tu sei sempre stata un'eroina” continuò lui, sussurrando rincuorante.

Anzi, una combattente, una Freedom fighter, e cosa fanno meglio i combattenti tosti come te? Combattono, sopravvivono, escono vincitori. Non si arrendono, vanno avanti, sempre. Tu che farai?” concluse, lasciandomi andare per guardarmi in faccia.

Misi su un lieve sorriso, e con le dita mi asciugai gli occhi.

Andrò avanti!” risposi convinta. “Supererò anche questo!”

Lui mi sorrise dolcemente. “Brava!” disse.

Non avere rancori, e non essere arrabbiata con i tuoi amici. Ti vorranno sempre bene comunque.”

Annuì contenta.

Grazie Espio, grazie di cuore.” lo ringraziai, per poi stringerlo in un altro abbraccio spacca ossa.

Quando lo lascia andare, lui si diresse verso la porta.

Quindi... andrai al loro matrimonio?” chiese esitante.

Io annuì.

Sì, rimarrebbero dispiaciuti se non andassi.” risposi sinceramente.

Sei sicura? Dopotutto, tu potresti rimanere dispiaciuta se andassi.” m'avvertii lui, ma l'avevo capito perfettamente da sola.

Ehy ehy, prima mi dici di non avere rancori e poi mi suggerisci di non andare?” chiesi scherzosa al mio amico, il quale iniziò a scuotere la testa.

No, non è questo che...” ma poi si bloccò, e non disse più niente.

Andò verso la porta e girò il pomello.

Ci si vede in giro, Rose- volevo dire, Amy.” salutò sorridendo e aprendo la porta.

Ricambiai il sorriso.

Grazie Espio, e arrivederci.”

Lui richiuse la porta dietro di sé, e fui di nuovo da sola. Sopirai stancamente.

Adocchiai il bigliettino da visita che stava sulla scrivania.

Non andare non significava avere rancori, ed io sapevo bene che è quello che intendeva dire Espio.

Lentamente e con mano tremante, presi in mano il foglietto e lessi il luogo, la data, l'ora.

Le nozze sarebbero state appena quattro giorni dopo.

Sapere che dopo quel giorno il mio amato Sonic se ne sarebbe andato per sempre da me, per restare in altre braccia, mi rattristiva, anzi, peggio; mi deprimeva.

Ma sarei andata là anche con un sorriso finto, a fare i miei auguri più sinceri a denti stretti.

Sospirai.

Magari non sarebbe stato tanto male.


Se pensavo che non potesse essere tanto male, mi sbagliavo terribilmente!

Ho tentato, ho cercato di resistere ma la serata è finita con me che piangevo come una cogliona.

Il giorno stabilito, sono uscita dal lavoro e mi sono diretta a casa.

Una volta entrata in camera, chiusi a chiave la porta e andai ad aprire l'armadio stra colmo di vestiti ficcati disordinatamente dentro.

Come aprii le ante, alcuni vestiti caddero ai miei piedi. Grugnii, soprattutto quando vidi il macello che c'era dentro: non c'era un solo vestito che fosse al suo posto, appeso sul suo omino.

Perché dovevo essere così disordinata?!

Per non parlare di come erano tutti spiegazzati. Sembravano non essere stati stirati da anni.

Ne tirai fuori alcuni, quelli che mi parvero più belli, e li stesi sul letto per osservarli e decidere.

Li provai tutti, persino il mio preferito – un lungo vestito rosso acceso con scollatura a V e senza maniche, con una grande rosa sul fianco dello stesso colore – ma nessuno mi diede soddisfazione.

Rimasi davanti al letto a guardare con faccia imbronciata tutti i vestiti scartati, pensando a cosa mettermi.

Sapete cosa vi dico?” dissi ai vestiti, mettendomi le mani sui fianchi “Non mi metto nessun vestito! Maglietta, pantaloni e via! Come al solito!” continuai, anche se quegli stracci, di sicuro, non mi potevano sentire. Li presi e li buttai a casaccio nell'armadio, chiudendolo subito dopo.

Mi diressi verso un altro armadio, questa volta più piccolo, dove tenevo i miei vestiti quotidiani.

Ero sicura che, questa volta, gli indumenti fossero ordinati. Aprii le ante e mi misi a cercare quello che mi poteva servire. Alla fine scelsi dei jeans blu chiari, una maglietta a quadri bianca e rosa con i bottoni e una giacchetta di pelle beige chiara con la cerniera.

Mi vestii, mi rifeci la coda e poi, dopo essermi guardata allo specchio dell'entrata per assicurarmi di essere decente, uscii finalmente di casa.

Mi diressi verso il palazzo della mia amica Sally.

C'era un'orda di gente per strada, naturalmente. Riuscii a passare in mezzo alla folla e mi ritrovai davanti all'enorme castello. Lo guardai, indecisa se entrare o meno, e poi varcai il cancello.

La cerimonia fu come come molte altre; il prete, gli sposini all'altare, la gente che piangeva di gioia. Anche io stavo per piangere, ma di certo non perché ero felice.

Sonic e Sally, alla fine, salutarono il loro popolo dal balconcino, per poi ritornare al piano terreno, dove c'era un enorme palcoscenico. Mina doveva esibirsi, figurati se non fosse stata lì a cantare qualcosa di romantico per loro.

E in effetti, lei comparve sul palco poco dopo in un bellissimo abito orientale rosso e bianco, e tutti l'accolsero con innumerevoli applausi.

Lei iniziò a cantare 'Take me to Church' e tutte le coppie si posizionarono e si misero a ballare un lento. E' la canzone adatta, ottima scelta Mina. Sei sempre stata brava.

Io rimasi seduta sulla stessa sedia della cerimonia per tutto il tempo. Mi limitai a guardare gli altri ballare, mentre io rimasi in disparte.

Tanto, con chi volevate che ballassi?? Non c'era nessuno per me. E meglio così, non ne avevo voglia. Mi sentivo vuota.

Intanto, il cielo si scuriva; stava arrivando la sera.

Non avevo più niente da fare lì, se non guardare quanto fossero felici quei due, il mio amore e la mia amica, e mi alzai per andarmene. La serata non era ancora finita, ma le nozze sì, e loro mi avevano invitato solo a quelle.

Li guardai ancora un'ultima volta, proprio quando avevano deciso di baciarsi.

Fu un tuffo al cuore, fu come se mi avessero buttato dell'acqua gelata addosso.

Se avessi guardato ancora, sarei sicuramente scoppiata a piangere, e mi girai per andarmene di corsa, senza voltarmi più indietro.

Non avevo voglia di ritornare subito a casa. Avevo bisogno di una camminata.

Girai le strade ormai deserte di Mobius curva su me stessa, con le mani nelle tasche della giacca.

Dovevo calmarmi, ma non ci riuscivo. Mi sentivo morire.

Tutto quello che abbiamo passato insieme, da amici... ora era andato tutto via, eravamo cresciuti e niente, non si poteva tornare indietro. Mi manca tutto quello.

Pensai a tutte le avventure più belle che avessimo mai fatto, e iniziai a piangere.

A quel punto, non me ne fregava niente; avrei pianto quanto volevo, non c'era nessuno che mi vedesse, nessuno che mi giudicasse.

Dovevo sfogarmi, in qualche maniera, una volta la madre di Cream mi aveva detto che dopo aver pianto ti senti meglio, perché hai buttato tutto fuori.

E così lasciai le lacrime rigarmi le guance, mentre il mio pianto diventava sempre più incontrollabile.

Non ci feci nemmeno caso quando iniziò a piovere.

Ero stanca, avevo sofferto tutti quei giorni, non c'era davvero niente da fare per un cuore spezzato?!

Aveva ragione Espio: non dovevo venire.

Mi appoggiai esausta al primo muro sulla mia strada.

Non potevo far altro che pensarti, Sonic...

Io ti amo.” sussurrai tra un singhiozzo e l'altro “Ma se sei felice così, sarò felice anch'io.”

Dopo aver ripreso un po' d'energia, ed essermi sfogata abbastanza, ripresi il mio cammino verso casa, mentre la pioggia iniziò a picchiare forte.


Finì il ricordo, e ringraziai il cielo. Era straziante ogni volta che lo ripercorrevo.

Mi posso svegliare, adesso? O Amy Rose non ha ancora avuto abbastanza?


Normal P.O.V.


L'infermiera entrò nella stanzetta della paziente, per controllare se era tutto in regola.

La ragazza non si era ancora mossa, era in coma da almeno una settimana.

Il battito c'era, anche se debole. L'infermiera sospirò sconsolata, e si mosse a guardare la flebo.

Finiti i suoi controlli, fissò la ragazza, una riccia rosa piena di lividi e tagli, coperti da delle bende.

Così giovane, eppure doveva stare attaccata a delle macchine per sopravvivere.

L'infermiera sospirò di nuovo e, come faceva tutti i giorni, le sussurrò dolcemente:

“Ehy, sveglia.”


Era molto silenzioso il corridoio di quell'ospedale, i passi veloci e nervosi di Blaze erano l'unica cosa udibile.

Non c'era nessuno in giro, solo un ampio corridoio graziosamente dipinto di giallo miele.

Il pavimento era lucido e splendente, in giro c'erano scaffali peni di garze e lenzuola perfettamente bianche, pulite e sterilizzate.

Blaze si stupì della perfezione di quella città: era forse il posto che più si avvicinava al paradiso?

Ci volle un po' prima di vedere qualche forma di vita: alcune infermiere andavano e venivano di stanza in stanza portando in mano lenzuola pulite, garze, cerotti, bende, flebo e alcune anche del cibo. Quanto avrebbe voluto anche solo un assaggio.

Le infermiere erano silenziose e operative, non si fermavano un attimo.

Sembrava che non avessero nemmeno appreso che un'estranea le stesse osservando.

Blaze avrebbe voluto lasciarle fare il loro lavoro, ma l'ospedale era enorme e avrebbe solo sprecato un sacco di tempo se avesse cercato da sola.

Stava per chiedere a qualcuna di esse, quando un'infermiera senza nulla in mano fece capolino dal fondo del corridoio e andò proprio nella sua direzione.

L'infermiera si fermò davanti alla gatta e la guardò curiosa. Mise su un gentile sorriso e chiese:

“Le serve qualcosa, signora?”

Faceva uno strano effetto a Blaze essere chiamata 'signora'; non era così vecchia.

Ma scacciò quel fastidio, sapendo che l'aveva detto solo per cortesia, e rispose:

“Sì, grazie. Vorrei sapere se avete una paziente che risponda a questa descrizione: è una riccia rosa di circa vent'anni, occhi verdi, capelli a caschetto e un ciuffo sulla fronte.”disse la gatta.

L'infermiera rimase piacevolmente sorpresa da una simile rivelazione.

Sospirò rincuorata mettendosi una mano sul cuore.

“Grazie al cielo, qualcuno che la conosca! Lei è un'amica? Un parente?” chiese alla gatta.

Blaze si bloccò. L'aveva trovata, finalmente!

“Sono una sua amica.” rispose alla fine. L'altra donna annuì.

“Sono appena stata da lei. Mi segua.” disse alla guardiana, per poi voltarsi e tornare da dove era venuta, con Blaze dietro.

“E' un sollievo sapere che qualcuno sa chi sia.” continuò l'infermiera alla gatta, la quale rimase silente tutto il tempo.

“L'abbiamo trovata nel bosco qui vicino in condizioni critiche, aveva lividi e lacerazioni su tutto il corpo. Non aveva documenti addosso, e nessuno la conosceva. Era una sconosciuta.” continuò, arrivando a destinazione.

“Non credo che tu le possa parlare, purtroppo. E' in coma da più da una settimana, e non accenna a migliorare.” continuò la donna, con una nota di tristezza, mentre apriva la porta della stanza.

Entrarono e Blaze adocchiò subito la figura sul letto.

Amy.

Si inginocchiò al fianco della tanto cercata riccia rosa.

Era conciata malissimo, lo poteva vedere anche lei, ma almeno era viva, almeno respirava ancora.

Lentamente, accarezzò la guancia della giovane amica, stando ben attenda di non toccare e spostare la mascherina dell'ossigeno.

“Potrei sapere il nome della paziente?” chiese pacatamente l'infermiera, aprendo un fascicolo di documenti e facendo scattare una penna, pronta per scrivere.

“Amy Rose.” rispose naturalmente la gatta. La ragazza annuì e scrisse il nome della riccia.

“Può lasciarci da sole?” richiese garbatamente Blaze, dopo qualche minuto di silenzio.

“Certamente.” e detto questo, l'infermiera uscì dalla stanza.

La gatta, una volta sola, sospirò pesantemente mentre muoveva la mano dalla guancia al ciuffo sulla fronte.

“Ehy, Amy.” chiamò la micia, anche se non sapeva se la stesse ascoltando, ma ci avrebbe provato ugualmente “Perché non mi hai chiesto aiuto sin da subito? Anzi, perché non me lo hai mai chiesto?” chiese la gatta lilla, continuando a passare la mano nel ciuffo con dolcezza.

“Sono qui adesso. Sono venuta per te. Apri gli occhi. Svegliati. Per favore, svegliati.” continuò in un sussurro Blaze, mentre gli occhi le diventavano lucidi.

Con l'altra mano prese quella della riccia e gliela strinse forte, aspettando una qualsiasi reazione.



Amy P.O.V.


Sarà questo il momento? Comincio a respirare più forte, con più libertà.

Inizio a sentire dei suoni in più, tante voci.

Forse i sensi mi stanno tornando; sento qualcuno toccarmi e sussurrarmi parole dolci.

Sono qui adesso. Sono venuta per te. Apri gli occhi. Svegliati. Per favore, svegliati.” mi dice dolcemente una voce femminile, non la solita che mi chiede di svegliarmi di tanto in tanto, ma una voce stranamente familiare.

Ora mi sta stringendo la mano. Stringila anche tu, Amy! Fa vedere che si sei!

Con grande fatica, sto riuscendo ad aprire gli occhi... è forse un miracolo, questo?


Luce.

Per la prima volta in mesi riesco a percepire la luce, ed essa riesce ad avvolgermi.

Sono felicissima, potrei saltare di gioia, ma non ho ancora così tante forze a sufficienza, e sento che non le avrò mai.

Mi sono svegliata, sì, ma ora mi sento deboluccia.

Apro e chiudo gli occhi con difficoltà, come se avessi le palpebre stanche e pesanti, mentre aspetto che la mia vista offuscata metta a fuoco i dintorni.

Vedo una persona violacea, probabilmente è lei che mi sta parlando.

Pian piano, la mia vista si fa sempre più nitida. Non riesco a credere chi vedo!

B-Blaze?”.



Normal P.O.V


Blaze alzò lo sguardo quando vide gli occhi di Amy iniziarsi ad aprire lentamente.

Si sta svegliando! Fu tutto quello che pensò, felice che la sua amica stava rispondendo alla sua chiamata. Ma commise l'errore di illudersi e di dar per scontato che sarebbe stata meglio.

Amy la guardò e ci impiegò un bel po' per rendersi conto di chi fosse.

“B-Blaze?” chiese la riccia con un filo di voce, con un tono tra il sorpreso e il felice.

“Amy!” esclamò la gatta commossa, prendendole la mano con entrambe le mani.

“Come stai?” chiese la micia.

Amy respirò a fondo, prendendo fiato per rispondere.

“Non saprei. Mi sento stanca. E tu? Che ci fai qui?” chiese sussurrando.

Blaze ridacchiò sottovoce.

“Potevi aspettartelo, Amy. Non ti ricordi? Mi hai mandato una lettera in cui dicevi che credevi di essere stata scoperta.” spiegò la regina.

“Ah già.” interruppe la riccia “Scusa, ma avevo paura. Dovevo dirlo a qualcuno se i miei timori si fossero mostrati veri.” si scusò Amy, la quale stava recuperando le forze e stava iniziando a parlare normalmente, seppure non riuscendo a muovere nient'altro fuorché la bocca.

“...E purtroppo si sono mostrati veri.” concluse la gatta scurendosi in viso.

L'amica sospirò pesantemente; “Eh già.”

“Come mi hai trovata?” chiese alla fine. La gatta sorrise.

“E' una storia davvero lunga.”

“Racconta.”

E allora Blaze iniziò a raccontarle la sua avventura: di lei che si era mischiata nel commercio di schiavi, che aveva viaggiato e scoperto un po' tutto, dell'incontro e della fuga con Mina e Coral.

“Mina?? Coral?” chiese stupita Amy, interrompendo il racconto.

Blaze la rincuorò subito, prima che l'amica si preoccupasse troppo.

“Sì, anche loro erano state catturate. Ma come ti ho già detto, siamo evase e stiamo tutte e tre bene.”

rispose la gatta. La riccia si calmò notevolmente. Fece, seppure con gran fatica, un largo sorriso.

“Grazie, Blaze. Grazie.” sussurrò debole. Blaze alzò un sopracciglio confusa.

“Di cosa?” chiese.

“Per essere venuta per me. Lo apprezzo molto.” rispose la riccia, con tono spezzato, quasi come se stesse per piangere dalla gioia.

Ma qualcosa non andava, e Blaze lo sentiva. Capiva dal tono di voce della riccia che c'era qualcosa che non andava, c'era qualcosa che Amy non le stava dicendo. E la gatta sperava di sbagliarsi, perché il suo istinto le diceva che, se avesse visto giusto, sarebbe stato qualcosa di agghiacciante.

“...e per aver aiutato le mie amiche. Le hai salvate, probabilmente sei un angelo...” continuò Amy.

Blaze aggrottò la fronte, non capendo dove la sua amica volesse arrivare.

“Cosa stai dicendo?” chiese preoccupata e spaesata la gatta.

Amy richiuse gli occhi, leggermente triste.

“Non sto molto bene.” iniziò come se non fosse niente.

Blaze capì in un attimo cosa stava succedendo, e cosa lei volesse farle capire.

“Starai meglio.” interruppe subito la micia “E' solo il primo giorno. Devi rimetterti.”

Amy aveva riaperto gli occhi e stava guardando il soffitto senza alcuna espressione, stanca.

Poi, scuotendo debolmente la testa, puntò il suo sguardo su Blaze.

“Non ce la farò, Blaze. Io...”

“Non dirlo!” ordinò con rabbia la gatta, iniziando ad avere gli occhi lucidi.

“...io morirò, Blaze.” continuò comunque la riccia in un sussurro.

“Non dire così!” rispose la gatta “Non lo puoi sapere.”

“Sì invece. Lo sento. Sono un'investigatrice...”

“Esatto! Un'investigatrice, non una veggente con la palla magica! Tanto meno un dottore!” rimarcò decisa la gatta.

“Non so Blaze... mi sento mancare le forze. Non ci posso fare niente...ma forse è meglio così...” disse Amy, con un filo di voce.

“E questo che significa?! Amy! Sono venuta qua per te e tu ora mi dici che vuoi lasciarti andare?!” disse arrabbiata la guardiana, alzando un po' troppo la voce, la quale iniziò a tremare.

Amy la guardò sorpresa, ma senza dire niente per un po'. Sembrava stesse pensando a qualcosa.

“Non voglio farti un torto, Blaze.” disse alla fine la riccia, in tono serio. Blaze si sorprese di quanto Amy sembrasse matura, con quel tono.

“Ti ho già detto che apprezzo quello che hai fatto. Ma entrambe non abbiamo il potere della vita. E' inutile nascondere quello che succederà, o impedirlo.” continuò la giovane ragazza.

Blaze non sapeva cosa dirle. Aveva ragione.

“Che ne è stato della Amy sempre positiva e ottimista?” chiese sconsolata la gatta, più a sé stessa che all'amica.

“Se ne è andata già tempo fa.” rispose inaspettatamente la riccia “Insieme alla sua infanzia e alla sua innocenza.” concluse, paurosamente seria.

Blaze abbassò lo sguardo sulle sue mani, che stringevano ancora quella della riccia.

“Io...Io non voglio perderti.” disse alla fine la gatta con voce spezzata, lasciando cadere le barriere del suo orgoglio e iniziando a piangere di fronte alla sua amica.

Dopo alcuni dolorosi secondi, Blaze sentì la riccia ricambiare la stretta sulla sua mano.

“Blaze. Amica mia.” chiamò Amy, per attirare l'attenzione della ragazza su di lei.

La micia si asciugò velocemente le lacrime che le rigavano il volto e alzò lo sguardo al richiamo dell'amica.

Amy Rose la guardava con i suoi occhi provati e il viso pallido, ma con un lieve, dolcissimo sorriso.

“Prima mi hai chiesto perché non ti ho chiesto aiuto. Non volevo essere un peso. Non avrei voluto coinvolgere nessuno. Ti mandavo quelle lettere non per questioni professionali, che erano solo scuse, ma perché così non mi sarei sentita così sola. Ma soprattutto, così almeno qualcuno non mi avrebbe dimenticata.”

Blaze rimase sconvolta dalla rivelazione. Sgranò gli occhi alla giovane amica.

“Almeno passerò gli ultimi minuti della mia vita con qualcuno a cui voglio bene, e non morirò sola.” concluse, stranamente sollevata, ma Blaze, alla fine, aveva capito perché.

Amy era davvero così sola? E' per questo che stava accettando il suo destino così serenamente, nonostante fosse una tragedia? Povera anima. Povera rosa in piena bellezza, che sarebbe morta ancora prima di accennare ad appassire. E il peggio, era che le avevano strappato i suoi petali con la forza, costringendola a finire.

Inconsciamente, Blaze si mise ad accarezzale la fronte.

“Te l'ho già detto che non devi parlare così.” rispose debolmente la gatta, capendo che era inutile convincere sé stessa e l'amica che tutto sarebbe finito bene.

“Lo so.” la riccia sorrise.

“Avrai un futuro brillante, Blaze. Te lo auguro perché sei una persona davvero speciale. Non tutti farebbero quello che hai fatto tu. Promettimi di vivere felice, e di non dimenticarmi. Sii felice.”

La riccia, con il suo debole sorriso che persisteva sul suo volto, chiuse gli occhi e Blaze si accorse che la sua testa si era afflosciata su un lato, quello rivolto verso la gatta.

“Amy?” chiamò l'amica.

E poi accadde.

Qualche secondo dopo, sullo schermo si vide la frequenza cardiaca cessare e la macchinetta iniziò a suonare l'allarme.

L'espressione di Blaze cambiò in un attimo: le sue orecchie si appiattirono contro la testa, impallidì all'istante mentre le sue pupille si rimpicciolirono e i suoi occhi sgranarono in realizzazione.

“INFERMIERA!” gridò Blaze, alzandosi di scatto, e correndo verso la porta mentre in sottofondo l'allarme suonava a palla.

La gatta spalancò la porta ed uscì nel corridoio.

“INFERMIERA!” chiamò di nuovo, disperata, e vide che dal fondo del corridoio stavano arrivando di corsa due infermiere con un defibrillatore.

Blaze le lasciò passare e le due entrarono nella stanza.

Una iniziò a fare la rianimazione a mano, mentre l'altra preparava le piastre del defibrillatore.

“Libero!” disse a un certo punto la seconda infermiera, e la prima smise di premere, togliendo le mani e lasciando lo spazio alla macchinetta.

Le piastre caddero sul petto della riccia, la quale sobbalzò di qualche centimetro per la potente scossa.

Tuttavia, il battito non ricominciò e l'allarme continuò a suonare.

Così, la seconda infermiera preparò di nuovo il defibrillatore mentre la prima riprese con le sue manovre di rianimazione.

Blaze rimase fuori dalla stanzetta, ma vedeva ogni cosa dalla porta rimasta aperta.

Lei rimase fuori nel corridoio, completamente raggelata da ciò che era successo, mentre le lacrime cominciarono a scendere e a rigarle il volto. Lei lasciò fare, mentre osservava inerme la scena.


Lunghissimi minuti passarono, e Blaze aveva rinunciato a guardare oltre.

Ora era lì, seduta con la schiena contro il muro, abbracciandosi le ginocchia.

Non aveva ancora smesso di piangere, ma stava cercando di calmarsi.

Sentì dei passi picchiettare nervosi e indecisi verso di lei.

Tentò disperatamente di ricomporsi, si asciugò velocemente le lacrime e attese.

Il leggero picchiettio delle scarpette si fermò proprio davanti a lei.

Nessuno parlava e la tensione cresceva drasticamente.

L'infermiera non parlava ancora; stava cercando le parole adatte, oppure il momento adatto.

Questo confermava solo una cosa, una terribile cosa.

“Miss?” la donna richiamò dolcemente, seppur addolorata, l'attenzione della micia.

Prontamente, la gatta fece scattare lo sguardo e lo puntò in faccia all'infermiera, la stessa donna che l'aveva accompagnata nella stanza dell'amica, e che solo ora Blaze si accorgeva della targhetta argentea dove c'era inciso il suo nome, Rochelle Butterfly.

La donna continuò, piano: “Abbiamo provato di tutto, ma non c'è stato niente da fare. Mi spiace.”

Blaze rimase gelata. Poteva sentire il sudore freddo scorrere su tutto il corpo, mentre il suo cuore smise di battere per qualche secondo, per poi riprendere a battere ancora più velocemente di prima.

Era morta.

Era così doloroso... Blaze non voleva nemmeno vedere per l'ultima volta il corpo privo di vita della sua amica, l'avrebbe uccisa a vista.

Perché doveva morire?! Perché proprio lei?! Non aveva fatto niente di male...

Figli di puttana.

Al dolore e alla tristezza si sostituirono subito rabbia e desiderio di vendetta.

Non c'erano parole, per quanto cercasse, abbastanza offensive per quegli animali che le avevano fatto questo.

Li avrebbe uccisi tutti. Dal primo all'ultimo, con le sue stesse mani e le sue stesse fiamme.

Fanculo tutto, sarebbe andata là e li avrebbe fatto vedere chi era davvero Blaze the cat, li avrebbe visti bruciare sotto i suoi occhi iniettati di sangue. Il loro.

Non si sarebbe fermata finché sarebbero diventati tutti un cumulo di cenere.

Loro, il loro traffico di merda, quel treno del cazzo e tutto quello che amavano sarebbero diventati materiale per alimentare il suo fuoco.

Lei avrebbe avuto la sua vendetta, e finalmente si sarebbe messa su quell'incubo la parola FINE.

Non le importava se poi avesse avuto sulla coscienza tutte quella vite e l'appellativo di 'assassina'; se lo meritavano. Anzi, tutti l'avrebbero ringraziata.

Amy pensò la gatta nella sua testa Ti vendicherò. Mi dispiace che sia andata a finire così per te, e non permetterò a quei bastardi di farla franca. Te lo prometto. Promise all'amica morta, con determinazione e calma omicida.

Farete bene a iniziare a pregare. Questa è la vostra ultima tappa! Pensò adirata, questa volta rivolta alle guardie.

Aveva smesso già da un po' di tremare, e aveva una smorfia adirata. L'infermiera, notando il cambiamento, si preoccupò di quello che potesse passare per la testa della gatta.

“Miss...?” chiamò ancora una volta Rochelle, più delicata che poté. Aveva un certo tocco con chi era stato colpito dalla perdita di una cara persona.

Blaze si alzò coi pugni forzatamente chiusi. Stava dritta davanti all'altra donna, immobile come una statua. Allarmata, Miss Butterfly si avvicinò di qualche passo.

“Miss?” Chiamò ancora, preoccupata. E quasi sussultò quando vide lo sguardo della micia.

Occhi dorati, freddi e pericolosi. Uno sguardo che faceva intuire che la persona non era solo arrabbiata, ma irata al massimo.

L'infermiera aveva paura, ma non sapeva che fare, e non si mosse. Aveva paura che le facesse qualcosa, lei era una donnicciola, la gatta davanti a lei era, oltre un po' più alta, visibilmente forte.

Ma se pensava che Blaze fosse diventata una donna violenta che non ragionava e con la quale non si poteva ragionare, si sbagliava di grosso. Blaze non era diventata pazza, solo vendicativa.

Infatti, le passò in parte senza neanche sfiorarla e si diresse verso l'uscita dell'ospedale.

“M-Miss...?” sussurrò balbettando la ragazza, nonostante avesse ancora paura che la gatta potesse farle del male.

“Manderò delle sue amiche a prendere il corpo. Io adesso devo andare.” rispose freddamente, continuando a camminare senza neanche voltarsi indietro.

Quando passò vicino alla stanza dove stava la riccia, non mancò di guardarla con la coda dell'occhio. Fu più forte di lei, anche se non voleva guardare guardò lo stesso.

Dentro c'era un'infermiera che scriveva le sue annotazioni sulla paziente deceduta, Amy Rose, e quest'ultima era ancora sul lettino, coperta da un lenzuolo.

Addio Amy. Salutò abbattuta la gatta, mentre passava in parte alla stanzetta, e poi continuando dritta per la sua strada.



Tutte le rose...muoiono.

N.A: ciao ragazzi.

Spero di non avervi fatto piangere troppo. O depresso troppo. O entrambi.

Anyway, molti mi hanno chiesto di disegnare le ragazze cresciute di dieci anni, come vuole questa ff. Qua sotto vi do il link dove ci saranno Blaze, Amy e Rouge.

http://sonicazzo.deviantart.com/art/Ten-years-later-Blaze-Amy-and-Rouge-551006897

Shadow è più o meno rimasto uguale, quindi è inutile farlo.
Un'altra cosa: venerdì io parto per il mare e ci starò per 2 settimane, quindi ovviamente non potrò nè aggiornare nè rispondere, però potrò andare a vedere le vostre recensioni.
Ma non disperate: come l'ultima volta, ho preparato una ff per il mio ritorno dalle vacanze (anche perché il prossimo capitolo non l'ho nemmeno iniziato quindi sono in alto mare) che si chiama "Noi due" e nessuno se la cagherà, perché è su una coppia che non ho mai visto su questo sito: Silvamy.
Comunque, se avrete voglia di leggerla non ve ne pentirete, anche perché mi è uscita davvero bene, forse è la migliore delle mie one-shot.

Detto questo, alla prossima ;)

   
 
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