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Autore: Cygnus_X1    05/08/2015    2 recensioni
Un trono usurpato. Una ragazza in cerca di se stessa. Una maledizione mortale.
~~~
Myrindar ha diciassette anni e un marchio nero sul petto. Una maledizione che l'accompagna da sempre, che le dà il potere di uccidere con il solo tocco. Salvata dal Cavaliere Errante Jahrien dai bassifondi di una città sconvolta dalla guerra, Myrindar ha vissuto in pace per cinque anni, dimenticandosi dei conflitti, con una famiglia che l'ha accolta con amore.
Tutto cambia quando nel villaggio dove abita giungono i guerrieri dell'Usurpatore a cercarla. Myrindar è costretta a fuggire, guidata da una misteriosa voce che le parla nei sogni, alla ricerca dell'esercito dei Reami Liberi e dei Cavalieri Erranti. Ma il nemico più pericoloso non è l'Usurpatore, né il suo misterioso braccio destro; è la maledizione che la consuma ogni giorno di più e rischia di sopraffarla.
Tra inganni, tradimenti e segreti del passato, tra creature magiche e luoghi incantati, Myrindar si ritroverà in un gioco molto più vasto di quanto potesse immaginare; perché non è solo una guerra per la libertà, quella che sconvolge i Regni dell'Ovest. Non quando antiche forze muovono le loro pedine sul campo di battaglia.
[High Fantasy]
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Capitolo 19

Caos



 

L



'autunno si era definitivamente impossessato della terra e del cielo, constatò Anser all'ennesimo brivido. Il giovane era solo, seduto a gambe incrociate sulla nuda pietra e avvolto da un mantello e due coperte per tentare – invano – di ripararsi dal gelo.
Era una giornata uggiosa; il cielo, plumbeo e immutabile fin dal mattino, prometteva pioggia. Un vento gelido e insistente si infiltrava nell'apertura della grotta in cui si trovava, scompigliandogli i capelli mossi e pungendo quei lembi di pelle che spuntavano da sotto l'ammasso di stoffa che aveva addosso.
Il posto di guardia era, come sempre, deserto. Temeh si divertiva così, affibbiandogli il lavoro di sentinella in luoghi impervi e lontani dalla civiltà. Anser, con un sospiro, lasciò vagare lo sguardo oltre l'apertura della caverna: ormai conosceva a memoria il profilo spezzato delle montagne di Raheest, che si ergevano dal mare dritte davanti a lui, grigie come tutto il resto del panorama. Il cielo era grigio chiaro, lievemente striato di una sfumatura più scura; l'isola, sagoma offuscata dalla distanza e dall'umidità, giganteggiava scura sull'orizzonte come un frammento di roccia, e intorno a essa il mare, livido, spumeggiava ringhiando.
Pessimo tempo per navigare, si disse. Temeh e i suoi fedelissimi avrebbero dovuto partire quella mattina, però un tale tempo da lupi li aveva fatti desistere, con grande delusione di Anser. Il giovane aveva sperato di avere qualche giorno senza Temeh e i suoi cani da guardia per cominciare a organizzare l'insurrezione, ma evidentemente anche il cielo si divertiva a beffarlo.
Moran gli aveva presentato alcuni suoi amici che già da tempo pensavano di vendicare la morte di Torg ed eliminare quel despota che si stava rivelando Temeh. Molti degli abitanti delle Isole erano fuggiaschi dei Regni dell'Ovest; evadere dal giogo di Uthrag per poi essere vessati da Temeh sembrava loro un crudele scherzo, soprattutto per coloro che avevano conosciuto il comando di suo padre.
Due sere fa si erano incontrati in una taverna del porto - “il luogo preferito dai cospiratori”, l'aveva chiamata Moran. Erano solamente in quattro, per non attirare troppo l'attenzione: lui, Moran e due uomini incappucciati che si erano dichiarati timoniere e marinaio della nave Regina Asheena. Era stata una sera di conversazioni a bassa voce e occhiate discretamente furtive, proprio come Anser aveva sempre immaginato queste faccende, e il giovane era rimasto sorpreso dalla determinazione ferrea dei due marinai. Sapere di non essere l'unico a detestare Temeh abbastanza da volerlo morto, poi, scaldava il suo cuore di un impetuoso desiderio di rivalsa.
L'aveva davvero colpito una frase che aveva detto il timoniere ad un certo punto, parlando dei Regni.
«Noi siamo guerrieri, non pirati. Quando scappammo da Dokhet quello che avevamo in mente era mettere i bastoni tra le ruote all'Usurpatore dall'esterno, non assaltare ogni nave mercantile che ha la sfortuna di passare da queste parti.» Questo aveva detto, e il giovane sentiva rimbalzare quella frase nella sua testa da allora. Quando Torg era fuggito con lui in seguito alla presa del potere da parte di Uthrag era troppo piccolo per ricordare come fosse la vita quando ancora Valair e Asheena erano al potere, aveva appena quattro anni. Però ricordava bene Torg che gli narrava di come da una banda di disertori allo sbaraglio la ribellione fosse cresciuta fino a com'era ora, e il villaggio di capanne costruito alla bell'e meglio in un'insenatura di Kamehra fosse divenuto una città – e altre due ne erano state fondate in luoghi strategici dell'isola.
Appena avesse avuto un attimo di tempo libero – ossia l'indomani, se il cielo gli faceva un favore e permetteva a Temeh di andarsene – avrebbe cercato qualcuno disposto a raccontargli quanto successo nei Regni.
Con l'ennesimo sbuffo, Anser si alzò in piedi per sgranchire un po' le gambe intorpidite. Il soffitto della caverna era basso, in certi punti doveva chinarsi per non sbattere sulle protuberanze e sporgenze di pietra – altra beffa da parte di Temeh, visto che Anser era uno dei più alti. Si affacciò dalla bocca della caverna: un salto di un paio di metri, poi il sentiero scendeva lungo il versante ripido e si tuffava nella foresta contornante la baia.
Il suo sguardo corse fino al mare spumeggiante in lontananza e distinse quasi per caso una sagoma di cui prima non si era accorto – si trovava vicino alla costa, e da dov'era seduto prima risultava coperta dalla foresta. Una nave si stava avvicinando a riva, e la bandiera che il vento scuoteva da tutte le parti non sembrava dipinta di un colore noto.
Un'agitazione mista a esaltazione stava cominciando a pervaderlo. Forse sarebbe successo qualcosa, il turno di guardia non si stava rivelando del tutto inutile. Strinse gli occhi, concentrandosi sul drappo che garriva alle folate impertinenti, cercando di distinguere un'insegna.
Il suo cuore perse un battito. Conosceva quella bandiera: era composta da quattro strisce orizzontali, una nera, una blu, una bianca e una rossa. Al centro, due spade incrociate dietro uno scudo. Era la bandiera di Nym, uno stemma che lui non vedeva da tantissimo tempo.
Con il cuore in gola scattò verso la baia alla massima velocità che gli consentiva lo stretto sentiero.

 
***

Myrindar cercò di mantenere la calma e pensare lucidamente, senza farsi prendere dallo sconforto. Si sarebbe appigliata a qualsiasi cosa, lei quell'artefatto lo doveva ottenere, e in fretta.
«Va bene. È sicuro che questa persona ce l'abbia ancora?»
Un sorriso sghembo inclinò il volto di Torg, devastato dalla cicatrice.
«Non se ne separerebbe mai. Per lui è un simbolo.»
«Torg, spero che capisca, io ho bisogno del Craidhal. Layrath ci ucciderà tutti. Se sa qualcosa, qualunque cosa, a proposito di questo... la prego, ce lo dica.»
L'espressione dell'uomo restò indecifrabile, fissava Myrindar con l'unico occhio rimasto, che sembrava brillare. La ragazza stavolta resse il peso di quello sguardo glaciale, anche se un brivido scorse lungo la sua schiena. Infine Torg sospirò.
«Non è così semplice. Questa persona vive nelle Isole Nebbiose. Ci vorranno almeno un paio di settimane per arrivarci, forse meno se trovate vento favorevole. I veri problemi, però, li avrete una volta arrivati.»
I quattro ragazzi si guardarono dubbiosi.
«Ma le Isole Nebbiose» lo interruppe Jahrien, la fronte aggrottata. «sono disabitate. Non vive nessuno là.»
L'uomo dietro il bancone scoppiò in una risata roca. Myrindar lo fissò stupita: non pensava che uno così sapesse ridere.
«Ah, l'arroganza degli abitanti dei Regni! Pensate che tutto ciò che credete sia verità. Mi aspettavo più apertura alle novità da parte di un Cavaliere Errante, se devo essere sincero.»
Chi era Torg? Myrindar lo osservava attentamente cercando di cogliere quanto più di lui potesse, ma l'uomo manteneva alta la guardia e non faceva trasparire nulla. Continuava a stupirla sempre di più: un discorso come quello non se lo sarebbe certo aspettato da un commerciante di stramberie, e neppure da un ex combattente. Torg era molto più di quanto chiunque di loro potesse pensare.
La giovane scoccò un'occhiata discreta a Jahrien. Il ragazzo cercava di nascondere l'ombra che gli era apparsa sul viso quando l'uomo l'aveva redarguito. Myrindar sapeva che il riferimento ai Cavalieri Erranti l'aveva ferito, Jahrien aveva consacrato la sua intera vita all'Ordine; però la ragazza non sapeva dire se fosse così dispiaciuto per il rimprovero o perché Torg aveva ragione.
«Le Isole Nebbiose sono abitate, eccome» riprese l'uomo. «Sono il rifugio dei pirati. E l'uomo che state cercando, il possessore del Craidhal, è il loro capo.»
Il lampo di un ricordo baluginò nella mente della ragazza. Apparvero alla sua memoria i discorsi che talvolta suo padre raccontava a tavola, dopo essere stato alla taverna con i suoi amici: a volte nominava le incursioni dei pirati sulla costa, o le dicerie che collegavano queste scorrerie a Nym. Il pensiero di suo padre la fece sprofondare nuovamente nello sconforto.
«Non importa chi sia questa persona. Dobbiamo avere quel Craidhal» la riscosse la voce di Jahrien. La sfumatura dura e autoritaria che aveva imposto alle sue parole la colpì; Jahrien era sempre stato pacato e diplomatico, ma sapeva imporsi. E loro avevano decisamente perso troppo tempo.
«Aspetta, Jahrien. Se non sappiamo a cosa andiamo incontro ci faremo ammazzare» intervenne Keeryahel. Si voltò verso Torg, e anche se era più bassa di parecchi centimetri e molto più minuta non era affatto intimorita. «Può portarci là?»
Torg alzò il sopracciglio – lo faceva spesso, notò Myrindar. «Ho un vecchio amico, capitano di una nave, che potrebbe portarvi là. Mi deve un favore, non rifiuterà.»
«Cosa le impedisce di accompagnarci, davvero?» indagò l'Elfa. Torg sorrise.
«Siamo a Nym, ragazza. Qui nessuno chiede a nessuno segreti che devono restare tali. Io non ho fatto a voi nessuna domanda, ma vi ho detto quello che cercavate. Ti basti sapere che ho le mie ragioni.»
«Ci sta mandando allo sbaraglio, quando quello che vogliamo è soltanto qualcuno che ci guidi in un luogo di cui non conosciamo nulla, per salvare della gente» ringhiò Jahrien.
«Queste sì che sono parole da Cavaliere Errante» ghignò l'uomo. Myrindar non riusciva a capire se li stesse prendendo in giro; Torg sembrava una maschera di pietra impenetrabile. «Spiacenti, ma la vostra ostinazione, per quanto ammirevole, non mi smuove. Trovatevi al porto tra tre giorni, all'alba, e cercate Rohaniah.»
Nemmeno aveva finito di parlare che già si era voltato come per lasciare la stanza. Si bloccò subito, e parlò senza guardarli.
«Ah, Elfa, prendi pure l'anello. Io non so cosa farmene.»

 
***

Dal mare spirava un vento infido che sembrava infiltrarsi sotto i vestiti, gravido di umidità, filtrando oltre mantelli, tuniche, corsetti e camicie. Nym a quell'ora del mattino era già sveglia: uomini e donne, nelle piazze, cominciavano ad approntare le loro bancarelle per il mercato; le massaie già si avviavano ai lavatoi per non sprecare le calde ore centrali della giornata; le guardie alle porte della città azionavano i meccanismi per sollevare le massicce grate.
Il sole ancora non si era mostrato sopra le pianure, anche se un lieve chiarore sbiadiva il blu sereno del cielo già da diversi minuti. Myrindar, avvolta strettamente nel suo mantello nero, seguiva Jahrien e Dane, pochi passi più avanti, affiancata da Keeryahel. Il giovane di Tadun non aveva voluto sentire ragioni: aveva detto che nulla lo tratteneva là; era andato a Nym a salutare un vecchio amico e sarebbe dovuto partire il giorno seguente per uno dei villaggi delle pianure, dove aveva trovato lavoro come garzone di un fabbro, ma non aveva mai sopportato quel lavoro, e ora che aveva l'occasione per vendicare ciò che era successo alla sua famiglia nessuno l'avrebbe trattenuto. A nulla erano valsi i tentativi di Jahrien di convincerlo a restare a Nym, al sicuro, così alla fine il Cavaliere Errante si era arreso.
Il porto di Nym era molto grande, rispetto alla città: vi erano attraccate navi di ogni dimensione, persino un veliero sottile dall'aria minacciosa che Myrindar era rimasta a fissare a bocca aperta. Sull'albero sventolava una bandiera azzurra su cui al centro si avvolgeva un drago nero con una spada tra le zampe. Jahrien aveva notato il suo interesse, e le aveva rivelato il significato di quello stemma: corsari. Marinai ingaggiati dai reami liberi per sabotare Dokhet. La ragazza aveva subito distolto lo sguardo, intimidita, ma non prima di aver notato il baluginare delle spade e delle asce appese alle cinture di quei marinai.
Un colpo di tosse la riportò alla realtà. Di fronte a loro stava un uomo rinsecchito, con una folta coda di capelli grigi che si adagiava sulla sua spalla, e il volto segnato dagli anni e imbrunito dal sole. Indossava una semplice giubba grigia e pantaloni larghi infilati negli stivali come gli abitanti di Nym; alla cintura faceva bella mostra di sé una spada dall'elsa disadorna e funzionale e la lama spessa appena ricurva sulla punta.
«Siete voi i ragazzi delle Isole, giusto?» esordì aspro. La sua parlata aveva una cadenza curiosa, diversa sia dall'accento leggermente strascicato di Amikar sia dalle consonanti forti di Yndira.
Myrindar non sapeva cosa Torg avesse detto di loro, così si limitò ad annuire. Jahrien tese la mano all'uomo.
«Lei deve essere Rohaniah.»
Lui la strinse senza troppe cerimonie, poi indicò una delle navi attraccate.
«Partiamo appena sorge il sole per sfruttare la marea. Voi salite e vedete di non intralciare nessuno. Sia chiaro che io non sono per niente d'accordo, per cui non fatemi cambiare idea.»
Nessuno dei ragazzi osò attardarsi o protestare. Quello che dobbiamo fare è troppo importante perché un marinaio scocciato ci fermi, pensò Myrindar. La ragazza posò lo sguardo sulla nave che le era stata indicata.
Era un piccolo veliero probabilmente impeciato di fresco – si sentiva ancora un lieve odore provenire dal suo scafo – su cui svettavano due alberi dotati di vele quadrate, al momento ammainate. La bandiera di Nym sventolava in alto, mentre sul lato si poteva leggere alla scarsa luce la scritta “Drago Bianco” dipinta sulla fiancata. Sulla prua infatti si avvinghiava la scultura lignea di un drago con le fauci spalancate in un ruggito.
Myrindar si stava avvicinando alla nave quando una voce nota interruppe le sue considerazioni. Si voltò e constatò sbalordita che non era stata un'allucinazione: Torg, una spada ricurva al fianco e una sacca sulla spalla, stava parlando con Rohaniah, e non appena finì, si diresse verso di loro.
«Vi accompagno» disse laconico.
«A cosa dobbiamo questo cambiamento di idee così repentino?» chiese Keeryahel, ironica. Torg la scrutò con quel suo unico occhio luminoso.
«Devo risolvere alcune questioni» rispose, prima di considerare chiusa la discussione e avviarsi verso la nave.

 
***

Una barca si stava approssimando a riva, sfidando il mare turbolento; su di essa, Anser poteva distinguere cinque sagome.
Il ragazzo, trafelato dalla corsa, si rese conto di essere solo sulla spiaggia. Le altre sentinelle dove diamine sono finite?, si chiese. Non sapeva cosa pensare, cosa aspettarsi. Non era mai capitato che una nave di Nym si avvicinasse così tanto alle Isole, né tantomeno che qualcuno approdasse. Per sicurezza, sguainò il falcione che teneva nel fodero alla cintura.
In pochi minuti la barca giunse sulla spiaggia. L'ansia si era impadronita del giovane, che continuava a guardarsi intorno per assicurarsi che dalle fronde della boscaglia non apparisse Temeh. Voleva essere certo delle intenzioni dei nuovi arrivati prima che l'uomo si mostrasse. Chissà cosa avrebbe fatto loro, solo per essersi presentati nel suo territorio senza permesso.
Davanti a lui apparvero due ragazze. La prima era molto giovane, minuta, infagottata in un mantello scuro. Il cappuccio le era caduto dal volto, spinto dal vento, e i capelli ricci e neri si agitavano in una matassa informe nell'aria; teneva le mani bene in vista per fargli notare che era disarmata, ma da sotto il mantello occhieggiava una spada. Non era una sprovveduta.
Dietro di lei avanzava, altera e agile, una creatura che Anser non aveva mai visto. Pallida e longilinea – il ragazzo valutò che doveva essere poco meno alta di lui – incedeva sulla sabbia a testa alta. I suoi occhi dorati, leggermente a mandorla, sembravano mandare scintille quando si posarono su di lui, come se la loro proprietaria fosse pronta a dare battaglia con tutta se stessa, se necessario; il viso imperturbabile pareva di porcellana, senza età. Il vento giocava tra le sue ciocche, scombinandole la lunghissima treccia bionda. Da sopra la sua spalla spuntava la sagoma di un arco lungo, e la ragazza sembrava non curarsi di nasconderlo. Lo fissava dritto negli occhi, come per sfidarlo, e Anser non poté fare a meno di chiedersi che cosa fosse quella persona.
La ragazza dai capelli corvini gli si avvicinò, ma si fermò a un paio di passi di distanza.
«Non siamo qui per causare guai» iniziò, quasi esitante. «Cerchiamo un oggetto, appena lo avremo trovato ce ne andremo da dove siamo venuti.»
Anser non seppe cosa rispondere. Cercò di prendere tempo.
«Che cosa cercate? Qui non c'è nulla di diverso rispetto alle vostre città.»
Le due si scambiarono un'occhiata fugace, e la ragazza riprese a parlare.
«Sappiamo per certo che ciò che cerchiamo si trova qui. È un pendente, un cristallo bianco intagliato a forma di stella.»
Il cuore di Anser parve fermarsi. Dovette impiegare uno sforzo notevole perché la sua espressione restasse impassibile.
Il talismano.
Doveva inventarsi qualcosa da rispondere alle due; il suo sguardo oltrepassò la ragazza con cui stava parlando e si fissò sulle altre tre persone che si stavano avvicinando. Un giovane robusto, un ragazzo con una lunga treccia bionda e l'elsa di uno spadone a due mani che appariva da oltre la sua spalla, e un uomo di spalle che stava finendo di assicurare la cima della barca sotto un mucchio di sassi.
«Mi dispiace, non so di cosa parli» disse distrattamente, ma era concentrato sulla figura dell'uomo. Gli ricordava qualcosa, da qualche parte sepolto nella sua memoria, e gli venne quasi da ridere.
Se non fosse impossibile, direi quasi si tratti di...
L'uomo si voltò.
Anser si sentì svenire. Restò a bocca aperta e quasi si dimenticò di respirare.
… mio padre.
Una lunga cicatrice gli deturpava la parte destra del volto, ma Anser l'avrebbe riconosciuto tra mille. Non aveva dubbi, lui era suo padre.
Mosse un passo dopo l'altro, come in trance. Torg gli si avvicinò e gli rivolse uno dei suoi soliti sorrisi a metà.
«Ehi, ragazzo. Chi non muore si rivede, sembra.»
«Tu... tu eri morto» riuscì a dire, fissando suo padre nell'unico occhio che gli restava.
«E io che ci speravo sul serio, che fossi morto!» proruppe una voce alla sua destra. Anser sussultò, come svegliato da un sogno, e quasi non la riconobbe. Poi però si voltò e impallidì: poco distante si avvicinava un gruppo di uomini e, in testa, Temeh.
«Nemmeno posso fidarmi di te come sentinella! Questi intrusi si sono permessi di invadere la mia isola e tu, invece che venirmi a chiamare, come per fortuna hanno fatto altri più svegli di te, ti metti a scambiare quattro chiacchiere.» Temeh scosse la testa fingendo delusione. «Poi deciderò come punirti, prima però c'è qualcosa di più urgente di cui occuparsi.» Indicò gli sconosciuti con un cenno e si rivolse alla ventina di persone che si era portato dietro. «Legateli e portateli alle prigioni. E fate attenzione al più vecchio, chissà cos'ha escogitato.»
«Aspetti!» gridò la ragazza eterea. La sua voce era esattamente come Anser aveva immaginato: cristallina. «Vogliamo solo parlare!»
Temeh si voltò e fissò per qualche secondo la giovane, come riflettendo.
«Uhm, ho cambiato idea. Loro alle prigioni, la bionda invece portatela a casa mia.»
Anser si sentì sprofondare nello sconforto. Tutto era crollato intorno a lui.






 

 

******* Famigerato Angolino Buio *******

Che dire, sono davvero soddisfatta da questo capitolo *-*
Spero che vi sia piaciuto anche solo la metà di quanto è piaciuto a me mentre lo scrivevo. Di solito non sono mai soddisfatta, ma stavolta sono davvero felice :3
Vi ho lasciati con un finale sospeso, quindi spero che non mi detestiate, ma già ero oltre le tremila parole, e ho dovuto spezzare. Che ne pensate?
Beh, io mi dileguo, vi lascio il link della mia pagina di fb se voleste mipiacciarla: Di mezzelfi, muffin e fucili laser - Cygnus_X1
Alla prossima!

Vy

 

   
 
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