Libri > Il Signore degli Anelli e altri
Segui la storia  |       
Autore: evelyn80    05/08/2015    5 recensioni
Dopo aver espresso il desiderio di poter salvare Boromir dalla sua triste fine, Marian si ritrova catapultata nella Terra di Mezzo grazie ad un gioiello magico che la sua famiglia si tramanda di generazione in generazione. Si unirà così alla Compagnia dell'Anello per poter portare a termine la sua missione. Scoprirà presto, però, che salvare Boromir non è l'unica prova che la attende.
Ispirata in parte al libro ed in parte al film, la mia prima fan fiction sul Signore Degli Anelli.
Genere: Avventura, Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Boromir, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'La mia Terra di Mezzo'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A





Ombra e fiamme

 

La mattina dopo, al risveglio, mi resi conto di non essere più circondata dal buio opprimente: la totale oscurità era stata sostituita da una specie di crepuscolo polveroso. Da una porta, che si apriva nella parete alla nostra destra, filtrava la luce del sole.
"Avevo ragione! Siamo vicini al lato orientale della montagna!” esclamò Gandalf, apprestandosi a ripartire dopo una veloce colazione. “Se riuscissi a vedere fuori potrei anche capire dove siamo con esattezza! Direi di andare a dare un’occhiata!"
Gimli fu il primo ad entrare nella stanza. Il raggio di sole, proveniente da un’alta feritoia tagliata obliqua nella parete di fronte a noi, colpiva una specie di tavolo coperto da una spessa lastra di pietra. Non appena ebbe letto le rune che vi erano incise sopra, il Nano si mise ad ululare come un allarme antincendio. Avevamo trovato la tomba di suo cugino.
"Qui giace Balin, figlio di Fundin, Signore di Moria” declamò lo Stregone, leggendo a sua volta le incisioni. “È morto dunque… È come temevo!"
Si chinò a raccogliere un grosso libro, dalle pagine macchiate di sangue, che giaceva a terra tra le braccia di uno scheletro nanesco, posandolo sulla lapide. Si tolse il cappello e lo dette, insieme al bastone, a Pipino perché glieli reggesse, poi riprese il tomo e ne sfogliò le pagine, alcune delle quali si sgretolarono sotto le sue dita.
Si trattava del diario della colonia dei Nani: lesse rapidamente alcune fra le prime pagine, dove scoprì che quella in cui ci trovavamo era la “Camera di Mazarbul”.
"Almeno adesso so dove siamo rispetto ai cancelli" commentò meditabondo, andando poi a cercare l’ultima pagina scritta.
"Non possiamo più uscire” lesse a voce alta, “hanno preso il ponte… Tamburi, tamburi negli abissi… Arrivano!"
Non fece in tempo a concludere la frase che risuonò un fracasso infernale. Pipino si era avvicinato al pozzo in fondo alla stanza, su cui era seduto lo scheletro di un Nano. Nel toccargli la mano mummificata, lo aveva fatto involontariamente cadere giù, e quello si era trascinato dietro anche il secchio per attingere l’acqua con tutta la sua catena. Ci volle un bel po’ prima che si spegnesse l’eco della caduta.
"Merda!" esclamai tra me e me, "a questo non avevo pensato! Accidenti a te, Pipino, ed alla tua dannata curiosità! Mi sono distratta ad ascoltare Gandalf, ed ora la frittata è fatta! Ed io che speravo già di evitarmi gli Orchi!"
L’Istari richiuse il libro con un colpo secco, buttandolo a terra, poi si diresse verso il giovane Hobbit con fare molto minaccioso, strappandogli di mano bastone e cappello in un colpo solo.
"Idiota di un Tuc! Gettati tu la prossima volta e liberaci della tua stupidità!" esclamò, duro, fulminandolo con lo sguardo.
Pipino abbassò gli occhi, mortificato. Subito dopo, però, si voltò spaventato a guardare verso il fondo del pozzo, imitato da tutti noi. I tamburi negli abissi avevano preso a rullare, seguiti a breve distanza dal vocio malefico degli Orchi. Sam fissò la spada di Frodo e lanciò un’imprecazione: la lama di Pungolo brillava di una tenue luminescenza azzurra, indicando che i nemici si stavano avvicinando.
Boromir si affacciò sulla soglia della Camera e, per poco, due frecce non gli staccarono il naso. Dette una spallata alla porta di legno per chiuderla.
"E’ un troll di caverna!" ci informò, mentre Aragorn lo aiutava a serrare i battenti con pezzi di asce e spade che Legolas passava loro.
Gli Hobbit si radunarono e si misero dietro a Gandalf, mentre Gimli balzò sulla lapide di suo cugino.
"Che vengano pure!” ruggì, sventolando le asce con fare minaccioso. “Troveranno che qui a Moria c’è ancora un Nano che respira!"
Aragorn e Legolas tesero gli archi, Boromir imbracciò lo scudo e sfoderò la spada ed io feci altrettanto con Hoskiart, piazzandomi al fianco del Gondoriano.
"Bene” mormorai, cercando di trattenere il tremito nella voce, mettendomi la corta lama di piatto davanti al viso, “è ora di mettere in pratica i tuoi insegnamenti e quelli di dama Arwen!"
Gli Orchi cominciarono a menare colpi sul legno della porta e, non appena si aprì uno spiraglio, Legolas lasciò partire una freccia, uccidendo il mostriciattolo dall’altra parte. Ma i nemici erano molti: ben presto l’uscio fu sfondato e parecchi Goblin si riversarono nella stanza.
Aragorn si buttò nella mischia, urlando "Elendil!", seguito a ruota da Boromir che gridò "Gondor!". A quella vista, anche gli Hobbit presero coraggio e si fecero avanti mulinando le spade, lanciando grida belluine. Non potei fare a meno di imitarli.
"Banzaaaaaaaiiii!" strillai con quanto fiato avevo in gola, infilando la spada nel petto del primo Orco che mi capitò a tiro.
Gli avversari erano veramente innumerevoli, e benché ne cadessero molti sotto i colpi delle nostre armi, altrettanti ne entravano dal vano della porta. Un gruppo di Goblin si trascinava dietro il Troll di Caverna, trattenuto da una grossa catena cui era agganciato un anello di ferro che gli cingeva il collo. L’essere, talmente grande da non riuscire a passare dall’uscio, si fece largo con un colpo della sua mazza chiodata, divellendo l’architrave. La situazione divenne ancora più ingarbugliata, perché il Vagabondo menava colpi di mazza a destra e a sinistra senza badare a chi mirava e, nel far ciò, abbatté anche molti degli Orchi che gli stavano attorno. Benché fosse chiaro che non aveva un’intelligenza sopraffina, continuava comunque a dirigersi sempre verso gli Hobbit, come se ci fosse stato qualcosa che lo attirava inesorabilmente.
Il suo primo bersaglio fu Sam che riuscì fortunosamente a sfuggirgli, in un primo momento, sgusciandogli sotto le enormi gambe. Una volta dall’altra parte, però, si ritrovò messo all’angolo e fu solo grazie all’intervento dei due Uomini – che trattennero il mostro afferrandolo per la catena – se il povero giardiniere non finì spiaccicato.
Il Troll non fu molto contento di essere stato tirato indietro e, con uno strattone, fece volare via il povero Boromir – che non era stato lesto, come Aragorn, a lasciare la presa sulla grossa catena – mandandolo a sbattere contro la parete, a due metri d’altezza. L’Uomo scivolò a terra con lo sguardo perso nel vuoto, scrollando la testa nel tentativo di schiarirsi le idee.
"Boromir!" gridai, dirigendomi verso di lui nella mischia e tagliando nel contempo, senza nemmeno riflettere su ciò che stavo facendo, la testa di un Orchetto che stava per avventarsi sul Gondoriano. "Tutto bene?".
Mi fissò per qualche secondo ma senza realmente vedermi, poi le sue iridi si schiarirono e mi fece di sì con la testa, rialzandosi ed afferrando di nuovo saldamente la spada.
Nel frattempo, il Troll aveva rivolto la sua attenzione verso gli altri tre Hobbit ed, in particolar modo, su Frodo che cercava in tutti i modi di nascondersi alla sua vista, girando intorno ad una colonna.
Purtroppo per lui, il giochetto non funzionò a lungo. Il Vagabondo riuscì ad afferrarlo per un piede, scuotendolo fino a fargli sbattere i denti come se fossero stati nacchere. Aragorn tentò di intervenire ma, con una manata, il Troll lo spedì contro un pilastro, facendogli perdere i sensi. L’Hobbit riuscì a liberarsi dalla sua presa e, con fatica, si trascinò verso il Ramingo, scuotendolo violentemente nel vano tentativo di farlo tornare in sé. L’enorme essere afferrò la lancia con cui l’Uomo aveva tentato di trafiggerlo e con quella si avventò sul Portatore, colpendolo al petto. Convinto di averlo ucciso, il bestione sbuffò pesantemente dalle narici e gli voltò le spalle.
Nessuno – a parte me – sapeva che Frodo indossava la cotta di maglia di Mithril, perciò non appena videro la scena, tutti si fecero prendere dallo sconforto. Appellandosi alla forza della disperazione, Merry e Pipino saltarono sulla schiena del Vagabondo, colpendolo a ripetizione con le loro spade ed urlando a squarciagola il nome del caduto. Legolas dava loro man forte, lanciando tutte le frecce a sua disposizione verso l’enorme bersaglio.
Finalmente gli Orchetti cominciarono a diminuire di numero. L’unico vero nemico ancora impegnativo era il Troll che, nel frattempo, era riuscito a scrollarsi di dosso Merry. Pipino, sostenuto dalla rabbia e dal dolore per la perdita di Frodo, continuava invece a rimanergli attaccato al collo come una sanguisuga.
Un ultimo colpo di lama ben assestato da parte dell’Hobbit indusse il mostro a spalancare la bocca per il dolore. L’Elfo ne approfittò, spedendogli in gola due frecce in un colpo solo. Colpito alla trachea, il Troll non riuscì più a respirare e, dopo pochi secondi, si abbatté di schianto sul pavimento, sollevando una nuvola di polvere. Emise un ultimo singulto strozzato poi giacque immobile, finalmente morto.
Passato un primo istante, necessario per riprendere fiato, Sam corse verso Frodo, piangendo a calde lacrime. Non appena lo toccò, però, il Portatore cominciò a tossire, aprendo lentamente gli occhi. Il giardiniere lo guardò con incredulità, poi si lasciò andare ad un sospiro di sollievo.
“È vivo…” esalò, incurvando le spalle.
Dalle lacerazioni sulla sua casacca faceva capolino il brillio della cotta di maglia di Bilbo. A quel punto fu chiaro a tutti come aveva fatto a sopravvivere all’assalto del Troll.
Dopo aver ripreso un poco le forze lasciammo di corsa la Camera di Mazarbul, diretti verso il ponte di Khazad-Dûm. Non appena fummo di nuovo nella Sala numero Ventuno, però, una marea di Orchetti venne fuori letteralmente da ogni parte – persino da alcuni fori sul soffitto, calandosi lungo i pilastri come grossi ragni deformi – circondandoci senza lasciarci alcuna via di fuga. Ci stringemmo in cerchio, dandoci la schiena per proteggere ognuno le spalle dell’altro, sollevando le armi con fare minaccioso.
Ma non ci fu alcun bisogno di combattere: dall’altra estremità del salone giunse un cupo brontolio, mentre la parete di fondo si illuminava di una luce rossa come le fiamme dell’inferno.
Gli Orchi si voltarono subito in quella direzione e, terrorizzati, tornarono immediatamente da dove erano venuti, vociando selvaggiamente, lasciandoci soli. Ci girammo a guardare a nostra volta ed, a quella vista, Gandalf chiuse gli occhi ed incassò la testa nelle spalle.
"Cos’è questa nuova diavoleria…" mormorò Boromir, deglutendo a vuoto mentre fissava la luce con occhi pieni di timore represso. Fui assalita dalla paura, una specie di terrore atavico impossibile da combattere ed, istintivamente, mi strinsi contro il Gondoriano mentre Pipino, a sua volta, si accostò a me, tremando come una foglia.
Dopo un istante di silenzio, in cui parve raccogliere tutte le sue forze, già duramente provate dal combattimento appena sostenuto, lo stregone rispose.
"Un Balrog, un demone del mondo antico. È un nemico al di là delle vostre forze… Fuggiamo!" gridò e, senza indugiare oltre, si lanciò di corsa nella direzione opposta.
Percorremmo di volata il resto della sala, fino ad arrivare ad una rampa di scale che sembrava scendere all’infinito, subito oltre la soglia. I gradini voltavano bruscamente verso destra, mentre la rampa che un tempo continuava dritta era crollata chissà quanti anni prima.
Boromir fu il primo a varcare la porta: imboccò la scala correndo a perdifiato e riuscì fortunosamente a fermarsi proprio sull’orlo del baratro. Agitò selvaggiamente le braccia per non perdere l’equilibrio, facendo cadere la torcia che teneva nella mano sinistra. Stava già per seguirla nella caduta, avvinto dalla forza di gravità, quando riuscii ad afferrarlo per la vita, stringendolo a me come per impedirgli di spiccare il volo. Il Gondoriano recuperò prontamente la posizione eretta ma non accennai comunque a lasciarlo andare: era assurdo, data la situazione di grave pericolo in cui ci trovavamo, ma adoravo stringerlo a me!
"Grazie” mi disse, con un mezzo sorriso celato nella voce, “ma ora riesco a stare in piedi anche da solo."
"Oh… Sì, scusa…" mormorai, arrossendo fino alla radice dei capelli, liberandolo dalla mia stretta. Lo guardai negli occhi ed il suo sorriso si ampliò: alzò una mano e mi sfiorò una guancia con il dorso delle dita guantate. Mi sentii letteralmente sciogliere come un gelato, ma non feci in tempo a dire od a fare nulla perché l’Uomo di Gondor aveva già ripreso la sua corsa, precedendomi giù per le scale, lasciandomi lì inchiodata. Riuscii a muovermi di nuovo soltanto quando Pipino mi passò accanto in uno svolazzare di mantello, prendendomi per mano e trascinandomi via.
Aragorn e Gandalf furono gli ultimi a varcare la soglia. Lo Stregone pareva ancora più stanco, ma fu con uno sguardo pieno di determinazione che chiese al Ramingo di condurci fuori, qualsiasi cosa fosse successa.
Continuammo a scendere il più velocemente possibile. La rampa era larga circa un paio di metri e non aveva nessun tipo di parapetto; oltre il bordo si spalancava un precipizio di cui non si vedeva il fondo, anche se era illuminato dalle fiamme. Ad un quarto della discesa, il percorso era interrotto: mancavano circa tre metri di scale, crollate nell’abisso sotto i nostri piedi molti anni prima.
Legolas saltò agilmente dall’altra parte, seguito subito dopo dall’Istari. Boromir afferrò saldamente Merry e Pipino sotto le braccia e si lanciò dall’altra parte con un grido. Nel far ciò fece crollare un altro metro abbondante di scala, che evidentemente stava ancora in piedi solo per puro miracolo.
"Un passo un po’ più leggero, no?" mormorai, osservando preoccupata la distanza che mi separava dall’altra parte. Non ero mai stata una grande saltatrice e, di sicuro, non sarei mai riuscita a superare quel baratro senza aiuto.
Aragorn afferrò Sam per la collottola e per la cintura dei pantaloni e lo lanciò, senza tanti complimenti, dall’altra parte, dove fu preso al volo dal Gondoriano; poi si volse verso Gimli il quale, però, alzò una mano per fermarlo.
"Nessuno può lanciare un Nano!" esclamò orgogliosamente il figlio di Gloin e, con un grido, saltò per quanto gli consentivano le sue gambe tozze. Ci arrivò per un soffio, ma solo con le punte dei piedi, e Legolas fu costretto ad afferrarlo per la lunga barba – nonostante le sue vivaci proteste – per non farlo cadere.
A quel punto il Ramingo si voltò verso di me, fissandomi con aria interrogativa.
"No no, io non mi faccio nessun problema ad essere lanciata!" affermai, con voce quasi isterica. Non feci in tempo a finire la frase che mi ritrovai scaraventata dall’altra parte, tra le forti braccia di Boromir. Il suo odore inebriante mi riempì le narici e sarei rimasta così per sempre se non avessi saputo che avevamo il Balrog alle calcagna.
Subito dopo il mio lancio un altro pezzo di scale era crollato, ed ora la distanza era troppo grande per essere superata con un salto. Il Ramingo e Frodo rimasero in piedi sull’orlo del baratro, in attesa del da farsi.
Il demone, intanto, aveva raggiunto la soglia da cui iniziavano le scale e menava colpi furiosi all’architrave per farsi largo. Nel fare così, fece cadere un grosso masso dal soffitto, che si schiantò sulle scale dietro ai due, lasciandoli in piedi su un moncone di rampa che subito iniziò a vacillare. Chinandosi in avanti e bilanciando l’equilibrio, Aragorn riuscì fortunosamente a guidare le scale in caduta verso di noi, potendo così raggiungerci prima che finissero disintegrate nel baratro.
Di nuovo riuniti tornammo a scendere di corsa, fino a raggiungere il livello dei cancelli. Mancava solo il ponte. L’ultimo ostacolo che ci divideva dall’uscita delle miniere di Moria.
Ormai il Balrog era dietro di noi, ed avanzava spedito ad ogni passo. Potevamo perfino sentire l’enorme calore demoniaco che si sprigionava dal suo corpo.
Ed eccolo, finalmente! Il ponte era ormai davanti a noi: lungo una decina di metri e largo solo cinquanta centimetri, svettava sull’abisso come un sottile ramoscello. Gli Hobbit furono i primi a passare dall’altra parte, seguiti da Gimli. Quando venne il mio turno, e mi trovai a dover mettere piede sullo stretto passaggio, mi bloccai di botto: con terrore, scoprii proprio in quell’istante di soffrire di vertigini. Le gambe presero a tremarmi ed a piegarmisi e non fui in grado di muovere un altro passo.
"Che fai?! Muoviti!" mi pungolò Boromir alle spalle, spingendomi per farmi avanzare.
"Non ce la faccio… Non mi reggono le gambe… Non riesco a stare in piedi…" balbettai, in preda al panico.
L’Uomo mi oltrepassò, mise un piede sul sottile arco di pietra e poi mi tese la mano.
"Avanti, afferrati a me!" esclamò. Tentennai e lui mi strinse le dita con forza. "Non avere paura!” continuò, “tu non hai fatto cadere me, prima, ed io non farò cadere te adesso!"
Rincuorata dalle sue parole, mossi il primo incerto passo dietro di lui, guardando attentamente lo stretto passaggio roccioso su cui poggiavo i piedi.
"Non guardare in basso, fissa davanti a te!" mi consigliò. Puntai lo sguardo sulla sua nuca ed, un passo dopo l’altro, arrivai sana e salva dall’altra parte, seguita da Legolas ed infine da Aragorn. Gandalf si fermò a metà della passerella ed a nulla valsero i richiami degli altri: lo Stregone piantò i piedi sulla pietra e tenne il bastone dritto davanti a sé.
Sull’imboccatura del ponte, il demone ruggì cavernosamente, emettendo una folata di aria calda e cercando di intimidirlo. Gandalf, però, non si mosse di un millimetro.
"Tu non puoi passare!" gli intimò, alzando Glamdring. Il Balrog sfoderò la sua lunga spada di fiamme e tentò di colpirlo, ma l’Istari parò il colpo con un grido e la lama del Flagello di Durin andò in mille pezzi.
"Sono un servitore del fuoco segreto e reggo la fiamma di Anor!" gridò di nuovo, alzando il bastone davanti a sé. "Il fuoco oscuro non ti servirà a nulla, fiamma di Udûn! Ritorna nell’ombra!”
Si interruppe solo per un breve istante, come per chiamare a raccolta tutte le sue ultime forze rimaste, poi, fissando il demone negli occhi, declamò gridando: “TU… NON PUOI… PASSARE!" e, con quelle ultime parole, sbatté a terra il bastone, sprigionando un lampo di accecante luce bianca. Il Balrog mosse un passo sul ponte ma quello, colpito dalla magia dell’Istari, si sgretolò sotto di esso per metà – lasciando intatta la parte dove si trovava Gandalf – facendolo precipitare nell’abisso sotto i suoi piedi.
Tutti i miei compagni tirarono un sospiro di sollievo, pensando che fosse finita. Io, invece, consapevole di ciò che stava per succedere, avrei tanto voluto chiudere gli occhi per non vederlo cadere. Ma la curiosità, si sa, è femmina: il desiderio di guardare ebbe la meglio su di me, e non riuscii a distogliere lo sguardo.
Mentre precipitava, il Balrog fece schioccare la sua lunga frusta dalle nove code. Questa si avvolse attorno alle ginocchia di Gandalf, trascinandolo giù. Egli riuscì ad aggrapparsi alla roccia del ponte ma riuscì a mantenere la presa solamente per il tempo necessario a dirci di fuggire, poi scivolò e cadde senza un grido dietro al Flagello di Durin.
Gli Hobbit cominciarono a gridare come ossessi. Frodo fece il tentativo di slanciarsi verso ciò che rimaneva del ponte, ma Boromir lo afferrò e lo strinse a sé, trattenendolo. Ora che il Balrog era caduto gli Orchi tornarono a farsi vedere ed a lanciarci contro una nuvola di frecce. Aragorn riprese subito il controllo della situazione e ci spinse via, verso l’uscita.
Tutti scoppiarono a piangere, me compresa. Benché sapessi che lo Stregone non era morto – ma, anzi, che avrebbe sconfitto il Balrog e che sarebbe tornato più forte di prima – non potevo comunque negare a me stessa che la scena fosse stata piuttosto drammatica. Il vedere non solo i Mezzuomini, ma anche Gimli e Boromir, piangere a calde lacrime, mi fece frignare come una fontana.
Nonostante il Capitano di Gondor avesse pregato Aragorn di concedere qualche minuto agli Hobbit, che erano i più provati da quanto appena successo, il Ramingo non ci fece fermare troppo a lungo fuori dei cancelli orientali di Moria. Il rischio che gli Orchi potessero uscire dalle miniere era troppo grande. Il mezzogiorno era già passato da un po’, ed era necessario, per la nostra incolumità, arrivare entro sera ai confini di Lothlòrien. Ci attendeva, quindi, una lunga marcia.
Era il quindici di gennaio, e fu così che Gandalf ci lasciò, anche se temporaneamente.

Spazio autrice: Salve gente! Eccovi il nuovo capitolo, in cui si conclude (per ora) l'avventura di Gandalf. Questo capitolo è ispirato principalmente alla” extended version” del film, da cui ho ripreso sia la descrizione dello scontro con gli Orchi che la scena della fuga giù per le scale. Descrizioni che, spero, non siano risultate troppo noiose. Confesso che questo capitolo è stato un po’ difficile da correggere, non riuscivo mai a trovare le parole giuste…
Approfitto inoltre di questo spazio per ringraziare ancora tutti coloro che leggono e che hanno inserito questa storia tra le “preferite – seguite – ricordate” ed, in particolar modo, in ordine alfabetico didi_95, Tielyannawen e zebraapois91 che hanno lasciato le loro recensioni.
Bacioni a tutti!
Evelyn
  
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Il Signore degli Anelli e altri / Vai alla pagina dell'autore: evelyn80