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Autore: MCR_24_9    11/08/2015    4 recensioni
Daimonas è un bambino speciale. Non è un bambino come tutti gli altri. Lui è figlio di un demone e riesce a vedere i demoni che ogni persona ha dentro di sé. La sua vita è molto dura e ben presto si renderà conto che non esistono santi, ma solo malvagità da estirpare. E questa è la sua storia.
Genere: Horror, Sovrannaturale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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                                  Capitolo 2





Corse per le scale, non c'era nessuno e lui non voleva perdere minuti preziosi. Le suore gli davano solo un'ora al giorno di libertà,  dove Daimonas poteva stare all'aperto, dove poteva stare col suo unico vero amico. Per il resto delle giornate, lo rinchiudevano in quella cella, da solo e spesso anche al buio. Quelle poche ore erano preziose. Scese i gradini a due a due percorrendo tre rampe di scale. Alla fine spinse la porta e uscì fuori. Attorno all'orfanotrofio c'era un grande giardino interamente coperto da verde erba costantemente curata, un grande spazio dove poter giocare. Il giardino era poi delimitato da una cinta di mura alta tre metri e da un grande e pesante cancello che veniva aperto solo all'arrivo di ospiti, di viveri o in poche sporadiche occasioni. Per il resto, rimaneva chiuso.
Daimonas corse fuori, ma non andò verso gli altri bambini. Le suore glielo proibivano e poi tutti avevano paura di lui. In molti lo prendevano in giro, altri gli lanciavano le pietre o cercavano di prenderlo per  picchiarlo. E quel giorno non era da meno. Alcuni bambini lo videro uscire e gli corsero dietro, mentre alcune bambine ridevano urlandogli contro, altre prendevano pietre, ramoscelli, tutto quello che potevano lanciargli. Daimonas corse più veloce che poteva. Non doveva farsi prendere. Se lo picchiavano lui non poteva reagire, nemmeno per difendersi e se si difendeva, le suore lo punivano duramente. E poi c'era un altro fattore: i suoi poteri. Quando si arrabbiava, quando perdeva il controllo, le sue corna mostravano la loro vera lunghezza e i suoi poteri si manifestavano. Fasci di luce bruciante che gli ricoprivano il corpo. E lui non voleva che accadesse. Corse ancora, evitando gli oggetti lanciatigli contro. Una qualità del bambino era la sua velocità, non comune alle persone normali. Evitò di cadere e girò verso il lato destro del giardino. Lì c'era un casolare, fatto di legno e mattoni. Aprì la porta ed entrò, era lì che abitava il custode, l'unico con cui passava quelle ore. "Albert,  sei qui?" urlò il bambino guardando in ogni direzione. Il casolare era formato da tre stanze: una cucina, una sala da pranzo e una stanza da letto, in più vi era anche un piccolo bagno. Il tetto e le pareti erano piene di crepe. Un mese prima c'era stato un violento temporale che aveva spazzato via gran parte del tetto. Trovò l'uomo in cucina che cercava di chiudere un grosso buco nel muro. Era su una scala e teneva in bocca alcuni chiodi. "Vuoi una mano? Ti posso aiutare?" chiese il bambino, ma l'uomo fece no con la testa. Non era molto vecchio, una cinquantina di anni al massimo. Ad invecchiarlo erano i capelli diventati ormai grigi, la barba quasi bianca e la pancia un po' prominente. Albert si tolse un chiodo dalla bocca e armeggiò con una tavola di legno. "Non stare qui vicino, è pericoloso" gli disse sbiascicando le parole. Ad un tratto, la scala tremò e si scaccò un po' dalla parete. Il bambino fu fulminio a prenderla e tenerla ferma. Dopo qualche minuto, Albert scese, posò gli attrezzi e abbracciò il bambino. "Grazie" gli disse. Albert preparò due tazze di tè e si mise a sedere difronte a Daimonas dandogliene una. "Allora, ti viene facile usare la chiave?" gli chiese e il bambino fece si energicamente con la testa. Era stato lui a dargli la chiave per aprire la finestra, era uno dei tanti aiuti che il custode gli dava. A lui non piaceva come trattavano Daimonas, non lo aveva mai sopportato. Per questo lo aiutava. Per Albert, Daimonas era speciale e non il mostro che tutti pensavano. Lo aiutava anche se sapeva che così facendo rischiava il posto di lavoro. Le suore erano dure con lui, non capivano perché Albert facesse tutto ciò. E Daimonas cercava in ogni modo di proteggerlo. Non voleva perdere il suo unico vero amico, l'unico a cui importasse veramente di lui.   Era stato Albert ad insegnargli a camminare, a parlare, a leggere e anche a scrivere. Gli aveva insegnato tutto quello che sapeva. Era tutto quello che aveva...

"Si, la finestra si apre facilmente e io posso uscire.  Grazie" disse Daimonas sorridendo.
"Non mi ringraziare,  l'ho fatto volentieri. Ma devi stare attento a non farti scoprire".
"Si lo so, non voglio metterti nei guai."
Bevvero entrambi il tè, rimanendo in silenzio. Poi Albert si alzò e lavò le tazze. "Allora, cosa vuoi fare?" chiese al bambino.
"Mi racconti ancora la storia di come mi hai trovato?". Glielo chiedeva spesso. Gli piaceva sentire quella storia e allo stesso tempo gli metteva tristezza. Un vuoto nel cuore che non riusciva a colmare.
"Va bene, allora te la racconterò di nuovo."

"Era una mattina piovosa e grigia. Io stavo pulendo quando ho visto una donna correre disperata inciampando e cadendo. Teneva in mano uno strano fagotto completamente chiuso. Io corsi aprendo il cancello e la sorressi prima che cadesse. Ansimava ed era terrorizzata. 'Aiutatemi!' urlava. E io le offrì il mio aiuto. L'unica cosa che fece e darmi il fagotto, prima di staccarsi da me. 'Vi prego, uccidetelo! È un mostro! Lui è solo il male! Non voglio morire!' mi disse cadendo in ginocchio e scoppiando a piangere.  Io aprii il fagotto fatto con una tovaglia e quello che mi colpii furono gli occhi azzurri. Era un bellissimo bambino. Glielo dissi e lei reagì male. Si alzò in piedi e indietreggava, quasi come se avesse visto qualcosa di pericoloso. 'Lui è il male, è solo il male! Uccidetelo o vi ucciderà!'. Si allontanò prima che potessi dire qualcosa. Così ti portai dentro. Le suore ti videro e fu quando una di esse cadde a terra svenuta che mi accorsi delle corna. La madre superiora voleva gettarti per strada o farti morire di fame e le sorelle erano d'accordo con lei. Tutte dicevano la stessa cosa, che tu eri il male. Ma non per me, così dissi la mia, che tu eri pur sempre una creatura di Dio e come tale tu dovevi vivere. Ti lasciarono vivere e io mi presi cura di te. Non ho mai pensato quelle cose, mai".

Daimonas ascoltò e molte delle parole gli fecero male. "Perfino mia madre pensava a me come un mostro...." disse tristemente. Di colpo si alzò e urlò: "Ed è vero! Io non sono altro che un mostro! Tutti mi odiano, tutti mi fanno soffrire! Non sono altro che un mostro!". Albert lo abbracciò in un istante, non voleva che lo dicesse. "Lo so che è dura, ma tu sei forte, ce la farai. Tu sei speciale e vedrai, le cose miglioreranno. E poi non sei solo, io sono qui con te e ti aiuterò sempre". Il bambino si staccò dall'abbraccio, il viso nascosto dalla visiera del capello che non riusciva a coprire le lacrime. "Anche il mio nome è un insulto. Io odio me stesso e odio i miei poteri! Sono come dicono loro, un demonio".
"Invece devi essere fiero del tuo nome, dei tuoi poteri, di te stesso. Sei diverso da tutti gli altri, Dio ti ha dato un dono e tu lo devi usare solo per il bene" disse Albert prendendolo per le spalle.
Daimonas scosse la testa. "Non li so controllare, non ci riesco. Compaiono dal nulla. Mi fa male usarli. Non ci riesco".
"Imparerai, ne sono sicuro. Con impegno ed esercizio ci riuscirai. Io sono con te e ti aiuterò". Il custode lo abbracciò di nuovo, e questa volta anche il bambino ricambiò l'abbraccio. Rimasero così,  in silenzio,  mentre nella mente del bambino tanti pensieri affioravano. 'Ci proverò, voglio controllare i miei poteri. Ma li userò per punire i chi se lo meriterà e per salvare i buoni'.



Bene ragazzi, ecco qui il secondo capitolo. Spero che vi piaccia. Kisskiss MCR_24_9
  
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