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Autore: QWERTYUIOP00    12/08/2015    4 recensioni
Le navi di rifornimento per la capitale, passanti per il fiume Niben, vengono tutte misteriosamente affondate e per risolvere la situazione il Consiglio degli Anziani crea una commissione che si occupi della faccenda.
Quando il rappresentante di Bravil, Servatus Bantus, viene inviato alla capitale, rimarrà imischiato negli intrighi e nei complotti in un impero allo sbando.
Prima storia della serie "Downfall"
Genere: Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Downfall'
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Lo guardò negli occhi, quei suoi viscidi occhi da rettile, e l’altro ricambiò lo sguardo.
Non un movimento.
Le altre persone nella locanda se avessero guardato in quell’angolo avrebbero visto due uomini immobili che si fissavano come ebeti seduti ad un tavolo.
“Quattro” disse uno.
“Non sarà meno di sei” ribatté l’altro.
“Staremo a vedere” concluse l’argoniano sorridendo mentre con un deciso movimento del braccio lanciava i dadi sul tavolo di legno marcio.
I due cubi rimbalzarono più volte: prima sul tavolo, poi tra di loro e poi di nuovo sul tavolo cessando il loro vagare nello spazio.
Due numeri: due due.
La faccia dell’argoniano si tese, la bocca si aprì mostrando l’orrida dentatura in un sorriso grottesco mentre sul viso dell’imperiale si delineava una smorfia di delusione nelle due metà speculari del tavolo che crea il gioco d’azzardo.
“Ti giuro, Loreius, ti sarò sempre grato per avermi aiutato per quella faccenda. Ma non ti presterò altro denaro, anzi. Voglio i miei soldi entro la prossima settimana” le parole risuonavano frastornanti nella testa dell’Imperiale.
“Ti giuro, Loreius. Ti sarò sempre riconoscente. Ma non esiterò a farti del male.”
“Hai perso. Di nuovo” sibilò l’argoniano “E’ il momento di pagare”
“Un ultimo giro” ribatté Loreiu.
L’altro parve soppesare la proposta per un momento.
“Un ultimo giro” concesse “Tiro io”.
“Tiri sempre tu” rispose rassegnato l’Imperiale.
“Sette” vomitò con quella sua voce orribile l’argoniano.
“Sei o meno” decise l’altro.
I dadi volarono. I dadi caddero.
Tre.
Quattro.
Sette.
“Baro” Loreius lo apostrofò con voce colma di disprezzo “Stai truccando la partita?!”.
Con una mano lo additava alzando la voce, l’altra scendeva verso la vita.
“Hai perso, paga” orinò l’argoniano.
“Credevi di potermi fregare?!”  urlò l’Imperiale “credevi di potermi fott…”
La bestia era scattata, il braccio era dritto davanti a lui, con in mano un pugnale.
“Paga” ribadì con voce sicura.
Loreius passò all’attacco. Con un unico movimento fluido tornò indietro col busto allontanando anche collo e testa mentre con  il braccio, impugnata la spada fendette l’aria e colpì il pugnale facendolo volare dall’altra parte della locanda.
Locandiere e clienti, sobri e ubriachi li fissavano trattenendo il respiro.
In pochi attimi chiunque, nella stanza, aveva la mano sulla propria arma, con una coordinazione sovrannaturale.
L’Imperiale volse di nuovo lo sguardo verso l’argoniano, che lo guardava con i suoi occhi viscidi con uno sguardo colmo di disprezzo e paura.
La bestia scattò a sinistra, verso il muro, ma, mentre Loreius lo stava per falciare con la spada, con un’agilità sorprendente si  fece pressione coi piedi sul muro, spingendosi dalla parte opposta, raso terra, evitando il fendente.
Una volta fermo, la lucertola scattò in piedi e, preso un boccale lo scagliò in faccia a Loreius, che lo schivò.
Nella Capanna dei Tre Artigli calò il caos.
Chiunque nella stanza estrasse l’arma e cominciò ad avventarsi con chi gli capitava vicino.
L’argoniano schivò quattro fendenti per poi finire a terra col cranio fracassato dalla mazza di un Nord.
Due dunmer ubriachi si avventarono su Loreius, entrambi muniti di pugnale.
Quello a destra, un tipo basso e esile si lanciò sull’Imperiale, mentre questo, con una piroetta lo schivava e fendeva il busto del compagno, che si accasciò a terra mentre spruzzava sangue.
L’altro, che, ubriaco, aveva sbattuto contro il muro, cadde al suolo svenuto.
Sistemati i due, Loreius si voltò verso la mischia, che nel frattempo era diminuita, il pavimento era ricoperto di corpi, svenuti e morti.
In piedi vi era ancora un Imperiale e il Nord, che combatteva contro due Khajiit a mano libera e, con grande stupore di Loreius, le stava prendendo.
Loreius prese un boccale e lo scagliò contro l’altro membro della sua specie per poi colpire con l’elsa della spada uno dei Khajiit alla nuca.
Il compagno di questo, rimasto da solo, si diede alla fuga, subito dopo aver spaccato un piatto in testa al Nord, che cadde anch’esso steso sul pavimento.
Loreius guardò un attimo lo stato della locanda, divertito. Sembrava essere passato Mehrunes Dagon in persona.
Perquisì i vari corpi prelevando i septim e gli oggetti di valore di ciascuno e, quando passò dall’argoniano, si accorse che non aveva nulla in tasca. “Abbastanza sicuro del risultato” ridacchiò l’Imperiale.
Soddisfatto, lasciò il locale per tornare alla nave, appena fuori da Leyawiin.
 
 
Il proprietario originale, nel momento in cui aveva scelto il nome della sua “Dreugh morente”  doveva aver avuto una di quelle illuminazioni che vengono solo a grandi artisti e poeti.
Quella nave si meritava appieno il suo nome: il legno di cui era composto era di quercia della Grande foresta, uno dei più pregiati attualmente in circolazione, ma era marcio, rigonfio d’acqua e alcune parti dello scafo che erano rimaste bucate durante la navigazione erano state come “tappezzate” con intrecci di legni d’arbusto a rete, talmente sottile che non facevano entrare l’acqua.
L’albero, il timone e gran parte di porte, muri erano anticamente decorati, ora non solo avevano perso li intagli, ma erano stati più volte rimaneggiati, tagliati e sostituiti.
In alcune parti erano stati proprio strappati di netto.
“Com’è andata?” lo apostrofò al suo arrivo Ondonimal, un altmer a cui era stato affidato di recente il ruolo di primo ufficiale, e che non mancava di ricordarlo a tutti.
“Magnificamente” rispose Loreius “un baro. Uno schifoso baro argoniano, per di più senza neanche un septim in tasca.”
“Sì, ma parlami del resto del locale” ridacchiò l’elfo.
“Cosa intendi?” domandò l’Imperiale con l’aria di uno che non sa di cosa si sta parlando.
“Lo hai fatto di nuovo, non è vero?” indovinò Ondonimal.
“Non è stato per me” ribatté scocciato l’altro “non è del tutto mia la colpa”
“Ahah” annuì l’altmer “sì ne sono sicuro. E’ meglio che tu vada sottocoperta ora se non vuoi tu rispondere alle domande delle guardie che verranno qui cercando un ubriaco responsabile di una rissa con vittime alla locanda”
“Forse è meglio sì” acconsentì l’altro.
“Sì, signore” precisò l’altro “Sono stato nominato Primo Ufficiale, se non te ne sei accorto”
“Devo essermi perso l’edizione del Corriere Nero al riguardò” scherzò Loreius mentre si avviava all’interno della Dreugh morente.
 
 
Loreius si svegliò alle sei ore più tardi, richiamato dalle urla di Ondoliman che chiamava gli uomini per il pasto mattutino prima di partire.
L’Imperiale sospirò maledicendo l’elfo, la sua specie, e quella del baro della notte precedente.
Una volta aperto un occhio, si alzò e avanzò ciondolando verso il ponte tendendo sempre un occhio chiuso e, una volta fuori, si coprì gli occhi dai letali raggi che il Sole gli scagliava contro.
Dopo una decina di secondi riacquisì la lucidità e si sedette al tavolo dove erano presenti Ondoliman, Flavius, un imperiale nato ad Elsweyr, e Ultor, un nord proveniente da Bruma che bevevano vino e sgranocchiavano semi vari.
“Ah eccoti, finalmente” lo accolse Ondoliman “le guardie sono venute stanotte ma erano talmente stanche che non hanno voluto assicurarsi che tu non fossi qui”
Gli altri seduti al tavolo sghignazzarono.
“Allora?” gli chiese Flavius “hai abbastanza per il bastardo?”
“No, poco più che metà” rispose Loreius “ma con questo lavoro dovrei essere in pari”
“Sempre che lo finiamo questo lavoro” precisò Flavius “o pensi che noi saremo quelli che raggiugeranno la Città Imperiale dall’inizio degli incidenti?”
“Oh, piantala” lo rassicurò Ondoliman “Ce la faremo”
“Già, Flavius rilassati” si aggiunse Ultor “Con questa formidabile nave cosa potrebbe andare storto?”
“La nave stessa, tanto per cominciare” rispose Loreius
Il gruppo ricominciò a ridere mentre Ondoliman si alzava, seccato “Piantatela di fare gli sbruffoni e quando avete finito mettete via i tavoli” ordinò.
“Se proprio dobbiamo” risposero in coro gli altri tre
“No, no!” sbraitò l’elfo “sì, signore!”
“Oh, puoi chiamarmi Loreius come hai sempre fatto” lo canzonò l’Imperiale
L’altmer digrignò i denti, per poi andarsene senza proferire parola.
I tre uomini fecero quanto ordinato per poi sedersi su alcune botti.
“Seriamente, ragazzi. Secondo voi ce la faremo?” chiese Flavius serio in volto mentre scrutava l’orizzonte verso nord.
Loreius lo guardò. Era ancora un ragazzo, nato dopo la Crisi dell’Oblivion, un ragazzo imperiale nato in una ricca villa dei suoi ricchi genitori ad Elsweyr.
A quindici anni però era scappato di casa per esplorare per un po’ di tempo il deserto e, quando era tornato, suo padre lo aveva disconosciuto come figlio e cacciato di casa; dopo un anno e mezzo di peregrinazioni aveva conosciuto il capitano della Dreug morente, Roger Dwelles, un mercante bretone caduto in disgrazia con la Crisi dell’Oblivion che si improvvisò corriere marittimo ottenendo un discreto successo. Purtroppo tre mesi prima era stato colto dalla gotta e in quel momento era costretto a letto tutto il tempo.
Dwelles fu come un secondo padre fin da subito per Flavius, che rischiava di perdere anche quello da un momento all’altro.
Loreius non riusciva a capire se un naufragio era quello che il ragazzo temeva o bramava.
“Non lo so” rispose “stanotte dovremmo avere delle risposte”
E lui? Loreius?
Lo temeva o ci sperava?
Non sapeva neanche questo.
 
 
La sagoma della Dreugh morente avanzava silenziosamente nella notte, intorno ad essa si stagliava la Baia del Niben e, sul lato occidentale di questa  vi era la città di Bravil.
Loreius stava seduto su una botte sul ponte ed osservava avanti, in mano stringeva una boccetta.
“Sei ancora convinto di quello?” domandò Ultor, indicandola.
“Sì, qualsiasi cosa accada non la voglio affrontare sobrio” rispose sicuro l’altro.
“Beh magari potrebbe essere più facile evitarla, o scappare, da sobrio piuttosto che imbottito di skooma” ironizzò l’altro.
“Se ne sei convinto…” ribatté l’Imperiale prima che un rombo lo  interrompesse.
“Per i nove dei…” sussurrò Ultor.
L’intero fianco sinistro era in fiamme.
“Forza! Muovetevi, c’è un incendio da spegnere!” urlò Ondoliman mentre tutti accorrevano.
“Oh te l’avevo detto!” esclamò Loreius ingurgitando il contenuto.
Una lieve nebbia scese sui suoi occhi, le gambe non lo reggevano più, ma allo stesso tempo aveva un fuoco in sé, doveva fare qualcosa.
“Muovetevi!” sbraitava l’Altmer.
Un lampo si riversò sull’albero, che crollò rovinosamente sulla cabina del capitano.
Per un attimo, tutti i marinai stettero zitti a fissare la scena.
Loreius si immaginò il capitano, immobile per la gotta che si era visto piombare addosso un tronco di una decina di metri.
Un’altra esplosione, la carena era a pezzi.
Mentre correva l’Imperiale notò degli schizzi sull’acqua, questi potevano essere circolari o un scia.
Qualcosa si muoveva là sotto.
“Forza!” un ultimo urlo di Ondoliman, prima che la nave si spaccasse a metà.
Loreius si aggrappò ad uno sperone e riuscì a rimanere saldo.
Si guardò in torno e vide Flavius che, con la pelle ustionata rantolava, a terra poco prima di essere inghiottito dall’acqua.
Loreius bestemmiò e cercò di aggrapparsi alla polena, ma mancò la presa.
Cadde.
Il suo corpo fece un tonfo  in acqua e lui cadde su un barile. Una fitta dolorosa gli percosse tutto il corpo mentre cercava di muoversi.
Era finito. Era tutto finito.
Loreius, imprecando per il dolore, cominciò a nuotare verso la riva, l’unica speranza di salvezza mentre l’urlo straziato di Ondoliman gli trapanava la testa.
Gli doleva tutto il corpo e aveva la vista offuscata ma continuò, forse grazie alla carica della skooma, finché, arrivato ad un certo punto, si voltò.
Qualcuno era intorno alla barca.
Qualcuno era sull’acqua. Alcuni stavano salendo a bordo.
Si voltò di nuovo per andare verso riva, ma si bloccò.
Davanti aveva una sagoma oscura. Questa gli diede un pugno e, una volta stordito, prese la testa di Loreius e la trattenne sott’acqua mentre il resto del corpo era colto da spasmi.
In quel momento Loreius lo seppe.
Desiderava quel naufragio.
Desiderava la morte.
   
 
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