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Autore: Mary P_Stark    14/08/2015    2 recensioni
Krilash mac Lir è secondo in linea di successione al trono di Mag Mell, oltre a essere grande stratega militare dell'esercito fomoriano. Suo è il rarissimo dono della trasmutazione degli elementi, che lo rendono soldato temibile in battaglia e ottimo guerriero. Questo dono, però, porta con sé anche immense responsabilità... e incubi. Incubi che Krilash tenta di cancellare con una condotta di vita il più spensierata possibile. Nel suo infinito tentativo di concedersi qualche attimo di tregua dai suoi ricordi orribili, incontra l'umana Rachel O'Rourke e sua figlia Faelan, che risvegliano in lui improvvise quanto impreviste sensazioni. Sentimenti che pensava di non poter provare lo portano a compiere azioni per lui inusitate... e lo avvicinano a un segreto che riguarda direttamente le donne O'Rourke. Un segreto che, forse, potrebbe cambiare per sempre la loro vita e quella di Krilash. 3° RACCONTO DELLA SERIE "SAGA DEI FOMORIANI"-Riferimenti alla storia nei capitoli precedenti.
Genere: Romantico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Sovrannaturale
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Saga dei Fomoriani'
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7.
 
 
 
 
 
La sala del tesoro reale era qualcosa di immenso, di scandalosamente gigantesco e, quando mi presentai lì, quasi desistetti dal mio intento.
 
Ma quanta roba c'era?

Fissai sconsolato le miriadi di ripiani, tavoli, rastrelliere e cassettoni ricolmi di oggetti, poi scrutai la lista praticamente interminabile consegnatami dal tesoriere.

La mia richiesta di cercare un gioiello in particolare lo aveva sorpreso.

A parte nostro padre, nessuno metteva mai piede lì per controllare cosa vi fosse. Il fatto che vi avessi messo piede io, era un’autentica novità, oltre che una stranezza.

Sapere di aver raccontato una pura idiozia per entrarvi, inoltre, mi faceva rabbrividire.

A conti fatti, sarei dovuto uscire di lì per forza con un gioiello di ametista, altrimenti nostra madre mi avrebbe decapitato.

Subito dopo avermi estorto la verità con la tortura, per poi passarmi a mio padre, che mi avrebbe finito.

Rabbrividii ancor di più, al solo pensiero, e mi immersi in quella sconveniente espressione di potere con la speranza di uscirvi quanto prima con una risposta.

Avrei impiegato giorni per controllare ogni voce – e ogni simbolo – perché, contrariamente a quanto aveva detto Stheta, le famiglie estinte erano ben più  di qualche decina.

Almeno, stando alla lista del tesoriere.

Forse, mi ero andato a intrufolare in un guaio ancora peggiore della biblioteca fomoriana, che avevo appena abbandonato.

«Accidenti a te, fratello…» brontolai, incamminandomi verso il punto più lontano della sala.

Avrei proceduto a ritroso, sperando di non affogare in quel mare di orpelli, sete, ori, gioielli e armi di ogni genere e forma.

 
***

Il pensiero di Rachel e Fay mi perseguitò per tutta la mattina.

Sapevo di averle lasciate in buone mani – mio fratello e Konag erano due ottime guardie del corpo – ma l'idea di non essere con loro, mi angustiava.

Ero io a essermi preso carico della loro condizione di bisogno, invece stavo creando fastidi a tutti.

Ma quella Cerca mi sembrava altrettanto importante, specie in considerazione del loro possibile futuro alternativo.

Se fosse saltato fuori che erano discendenti di una famiglia fomoriana, avrebbero potuto prendere pieno possesso dei propri possedimenti e crearsi una nuova vita.

Forse, non avrebbero voluto, ma desideravo dare a entrambe una via d'uscita, un’altra possibilità.

Il nonno paterno di Fay stava creando loro fin troppi problemi, e la famiglia di Rachel non era di nessun aiuto.

Sarei stato io il viatico per un nuovo inizio.

Con o senza ricompensa a darmi man forte in questa impresa.

Sorrisi di fronte a quella verità incontestabile.

Che Rachel mi volesse al suo fianco o meno, o che io volessi impegnarmi o meno con lei in qualcosa di più di una semplice amicizia, desideravo vederle felici.

Era un imperativo così importante da far passare in secondo piano ogni cosa.

 
***

Stavo osservando una bella spilla d'ametista a di scudo, quando avvertii dei passi alle mie spalle.

Guardingo, cercai di capire chi fosse ma, quando avvertii il familiare tocco mentale di Stheta, mi rilassai immediatamente.

Poggiato a terra il gioiello che avevo scelto per Lithar, ripiegai la pergamena che tenevo sulle ginocchia e attesi l'arrivo di mio fratello.

Quando infine comparve oltre l'angolo di una delle interminabili librerie di quel luogo silenzioso e ombreggiato, gli sorrisi.

«Sei venuto a curiosare cosa stavo combinando?» esordii, appoggiandomi all’indietro, sui palmi delle mani.

«Per la verità, volevo darti una mano» mi informò per contro, scrollando le spalle.

Mi limitai ad accentuare il mio sorriso, assentendo. «Grazie. Sarebbe più semplice proseguire con un paio d'occhi in più.»

Gli consegnai perciò la pergamena che avevo con me, e che ormai conoscevo a menadito, borbottando: «Dovrei far fustigare il tesoriere. La lista non è ordinata per famiglia, ma per anno. Su ogni oggetto è scritto il nome del possessore, oltre al relativo glifo familiare, ma così ci vorrà un secolo. Non ho ancora trovato corrispondenze.»

«Non pensavo fossero tante, le famiglie estinte» esalò Stheta, più che mai sorpreso, scorrendo veloce con lo sguardo l’interminabile lista.

«Ho scoperto che ci sono anche le famiglie dei Protettorati. Ecco perché c'è un numero così spropositato di cose» brontolai, passandomi le mani sui corti capelli biondo castani, guardando poi con aria funesta l’immenso stanzone in cui ci trovavamo.

Stheta mi fissò vagamente sconvolto, e io non potei che essere concorde con lui. Quell’impresa sembrava sempre più improba a ogni minuto che passava.

Ugualmente, si mise di buona lena per darmi una mano e, assieme, proseguimmo nella cernita, un pezzo alla volta, ripiano dopo ripiano.

Calò la sera senza che nessuno di noi se ne rendesse conto e, quando finalmente ci accorgemmo delle ombre lunghe nel salone, ci bloccammo.

Sorridemmo divertiti e, nel sederci a terra, Stheta mi guardò con aria strana.

«Non pensavo ti avrei mai visto così partecipe per una donna, sai?»

«Partecipe un corno. Sto solo cercando di capire se è fomoriana o meno» ironizzai, scrollando le spalle.

«E perché ti interessa tanto, scusa? Se tu volessi, potresti averla senza problemi. Sei un bell'uomo, piaci alle donne e, cosa non da poco, ora lei ti considera un cavaliere dall'armatura scintillante. Sarebbe tua in poche, rapide mosse. Perciò, perché non farlo?»

Il suo tono irriverente mi stupì. Stheta non era mai stato così superficiale.

Semmai, il contrario!

Provai l'impulso irrefrenabile di difendere l'onore di Rachel, oltre all'amicizia appena nata tra me e Fay, e fu a quel punto che compresi.

Sì, in effetti, non era davvero il mio solito comportamento.

Non potevo dare la colpa di questo mio voltafaccia solo al desiderio di conoscere la verità.

C'era dell'altro, ma non sapevo dare una risposta alla domanda insita nel discorso sibillino di mio fratello.

Sospirai, perciò, attirando al petto le ginocchia per avvolgerle con le braccia e, stanco, mormorai: «Non chiedermi cosa provo per lei, perché davvero non saprei risponderti. E' vero quel che sostiene Rachel. Ci conosciamo appena e, anche se ora so che detesta i fumetti americani e i film dell'orrore, non posso basarmi solo su questo, per sapere se mi interessa davvero.»

«Io credo che tu ti sia già risposto da solo, Krilash» replicò lui, sorprendendomi un poco.

«Che intendi dire?» esalai, sgomento.

«Se lei non ti interessasse veramente, non ti staresti impegnando così tanto, e con così tanta passione. La faccenda della verità sulle loro origini, è solo una scusa. O, per lo meno, solo uno dei motivi per cui ti stai muovendo.»

Mi sorrise, dandomi una pacca sulla spalla, e proseguì. «Rachel ti interessa così tanto da voler essere sicuro di avere una chance, con lei. E, se non fosse fomoriana, sapresti già di dover rinunciare a lei e a sua figlia, oppure prendere la stessa decisione di Rohnyn e andartene da qui.»

Sgranai gli occhi, di fronte alle sue parole.

«Per questo, non hai tentato nessun approccio con Rachel e, invece, ti sei soffermato su Faélán. E' più facile voler bene alla ragazza, che non alla madre. L'amicizia, per quanto profonda essa possa diventare, non ti ucciderà mai come un cuore spezzato da un amore impossibile. Tu e lei potreste continuare a essere amici, anche se si scoprisse che loro non sono fomoriane. Ma se tu ti innamorassi completamente e totalmente di Rachel, e non potessi averla?»

Stheta non avrebbe potuto sorprendermi di più, eppure colse al volo il mio problema, sviscerandolo in ogni suo punto.

Gli sorrisi mesto, assentendo al suo dire.

«Sei sempre stato più bravo di me, a discernere le cose» mormorai, poggiando la fronte sugli avambracci.

Lui mi carezzò i capelli, comprensivo.

«So cosa vuol dire rodersi nel dubbio, non sapere come comportarsi. Ho commesso un sacco di errori, con Ciara, prima di ammettere con lei ogni cosa. Devi comprendere cosa sei disposto a sacrificare per lei, e cosa invece non potresti sopportare di perdere.»

«Non è facile» mi lagnai, pur sapendo che aveva ragione.

«Mai detto che lo fosse. Ma dubito che tu pensassi di risolvere tutto, e semplicemente, trovando la verità sulla loro presunta rihall

«Stai cominciando a darmi noia, sai, Stheta?» mugugnai, ghignando al suo indirizzo.

Mio fratello si limitò a fare spallucce. Sapeva già di avermi chiarito le idee, per cui non c'era bisogno che proseguisse nella sua filippica.

Era vero. Trovare la verità sulla loro presunta appartenenza, o meno, alla nostra stirpe, non era l'unico motivo per cui mi muovevo.

Desideravo avere rassicurazioni, perché l'interesse nei confronti di Rachel stava diventando, e più rapidamente di quanto avessi immaginato, forte e profondo.

Vederla assieme a Fay mi faceva fremere.

Non avrei mai immaginato di poter essere attratto a quel modo da una donna.

Eppure, il semplice vederla sistemare le chiome della figlia con la spazzola, mi incantava.

C'era così tanta forza, nel suo sguardo, così tanto amore!

Erano cose che mi avevano toccato nel profondo, fin dal primo sguardo.

Ma avevano scatenato in me anche paure ataviche, perché era sconvolgente essere attratti a quel modo da una persona.

E senza aver mai tentato neppure un ben che minimo approccio con la diretta interessata.

Anzi, l'idea di baciare Rachel stava diventando, giorno dopo giorno, un'impresa titanica.

Ero terrorizzato al pensiero di caderne vittima in maniera irreparabile, perché non sapevo cosa sarebbe successo al mio cuore, se fossi capitolato per una donna che non potevo avere.

Non ero sicuro di avere lo stesso coraggio di Rohnyn, eppure desideravo al tempo stesso avvicinarmi a Rachel, conoscerla veramente.

Inoltre, nostro padre non mi avrebbe mai concesso di abbandonare Mag Mell. Se con Rohnyn aveva più o meno accettato la cosa, con me avrebbe mosso mari e monti.

E, se non mi avesse riavuto con sé, ci avrebbe uccisi tutti. Ero troppo importante, per lui, perché mi concedesse una simile libertà.

Insomma, era un problema non da poco.

«Cosa devo fare, fratello?» domandai, in preda all'ansia più nera.

«Segui il tuo istinto, Krilash, e non lasciare che false paure t'ingannino. Se è la donna del tuo cuore, lo saprai, così come saprai cosa fare. Se non lo è, avrai risparmiato a entrambi una sofferenza inutile, ti pare? Ma essere onesti è sempre la carta migliore da usare, in casi come questo.»

Mi sorrise comprensivo e, nell’osservare il ninnolo che avevo scelto per Lithar, lo tastò tra le dita, pensieroso.

«Il gioiello per il compleanno di Lithar?» mi domandò, già supponendo la risposta. Sapeva che era stata la scusa con cui mi ero potuto avvicinare senza sospetti a quel luogo.

Assentendo, mormorai: “Ho pensato che, per lei, andasse bene qualcosa che potesse indossare sempre, senza dover necessariamente portare abiti eleganti. Una spilla per il suo mantello è l’ideale.»

«Oreficeria scozzese» mormorò Stheta, curiosando sul retro della spilla, dove era stata incastonata un’unica, ovale ametista levigata.

Sul dorso, disposte a croce maltese, si intervallavano sinuose spirali e triskele tortuosi, dalle forti ombreggiature.

Un gioiello adatto a una guerriera e, soprattutto, un gioiello intriso della magia necessaria per non ferire la nostra preziosa pelle di delfino.

Nessun fomoriano si muoveva senza di essa, e proprio per questo la nostra seconda pelle era intessuta magicamente nei nostri mantelli.

Drappeggiarli sulle nostre spalle significava, però, bloccarli con qualcosa: per questo, nei secoli, erano stati creati gioielli in grado di poter essere abbinati a essi.

Quel fermaglio non faceva eccezione, anche se era stato confezionato da un artigiano terrestre.

Nel levarsi da terra, Stheta mi allungò una mano per aiutarmi ad alzarmi e, nel consegnarmi la spilla, mormorò: «E’ molto bella, e adatta a nostra sorella.»

«Lo spero davvero, o mi taglierà la testa» ironizzai, poggiandomi contro una delle librerie, mimando un colpo mortale al cuore.

Quel mio gesto rozzo fece, però, caracollare per un istante il mobile e, sotto i nostri occhi sorpresi e ridenti, ci cadde in testa un rotolo di stoffa.

Risi nel raccoglierlo per riporlo al suo posto ma, quando la mia mano sfiorò quel tessuto traslucido, si bloccò, nel panico più totale.

I miei occhi fissarono senza parole ciò che compariva sulla targhetta identificativa della preziosa seta e, sgomento, imprecai.

Anche Stheta seguì il mio sguardo e, sgranando leggermente gli occhi, esalò: «E' questo, quello che hai visto?»

«Se non è questo, gli somiglia molto» mormorai ansioso, sollevando il rotolo di stoffa con mani esitanti.

Era una seta antica, come già avevo supposto, di chiara fabbricazione persiana, e doveva avere almeno tremila anni.

Perfettamente conservata grazie alla magia che la ricopriva, era color oro, con ricami in toni del rosso e del blu e, nella trama, era intessuto all’infinito un unico simbolo.

Ne svolsi un buon metro, tenendolo tra le mani con espressione sempre più sconcertata.

Lì dinanzi a me, riprodotto da mani di raffinata bravura, stava il simbolo che avevo scorto sul polso di Fay.

La stella a tre punte ricurve.

«Merda...se è questo...» esalò Stheta, come rammentandosi di un particolare molto importante.

«Tu lo conosci?» esalai, confuso e speranzoso assieme.

«Non ho badato a un particolare. Scusami» mormorò lui, contrito. «Certo che lo conosco, e dovresti anche tu. Questo è il simbolo del casato dei mac Cumhaill. Il casato di Niamh e Oisín. Non ricordi Oscar e Plon? Le loro rihall

Sentii le ginocchia farsi di gelatina e, allungando una mano per afferrare la spalla di Stheta, cercai di tenermi in piedi nonostante la sorpresa.

«Sono... sono le eredi di Oscar o Plon?» esalai, ripensando ai figli avuti dalla coppia.

Come avevo potuto dimenticarmene? Niamh aveva sempre riso di quella strana anomalia nel suo marchio originario.

Lei che, come ogni mac Lir, era nata con una stella a cinque punte ricurve, unendosi con un mortale aveva variato inevitabilmente il sangue della sua stirpe.

Ne era nata così una stella menomata a tre punte che, però, Niamh aveva apprezzato al punto da volere come nuovo simbolo della sua famiglia.

In quanto cugina del re, aveva chiesto – e ottenuto – che il nome di suo marito Oisín venisse annoverato tra le casate fomoriane.

E i mac Cumhaill avevano visto la loro nascita, solo per scomparire poco meno di trecento anni dopo, con la morte del suo capostipite.

Niamh era sopravvissuta solo per poter crescere i figli e, quando anch’essi avevano voluto raggiungere la terra del padre, si era lasciata morire.

Muath l’aveva pianta per secoli, all’ombra del suo gineceo, inconsolabile e inconsolata.

Tethra, invece, aveva iniziato la sua personale guerra contro gli umani, detestandoli perché portatori solo di dolore.

«Non può essere che così, se rammenti correttamente il simbolo che hai visto» mormorò Stheta, riportandomi al presente, lontano da quei tristi ricordi di gioventù.

Ci guardammo entrambi senza sapere bene cos'altro dire, ma conoscendo più che bene le conseguenze di quella scoperta.

Se così era, se Rachel e Fay erano realmente le eredi dei figli di Niamh e Oisín, non solo erano fomoriane, ma la loro nobiltà era seconda solo alla famiglia reale.

Cugine della regina Muath e di re Tethra.

Al solo pensarci, mi venne voglia di ridere e, al tempo stesso, di mettermi a piangere.

Come avrebbero reagito, i nostri genitori, se mi fossi presentato con quella notizia sconvolgente?

Non solo Tethra deplorava il nostro interesse per gli umani e la terraferma ma se avesse saputo che, grazie al mio intervento, era stato trovato un erede di Niamh, sarebbe ammattito.

Lui aveva provato sincero affetto per la cugina, ma avrebbe mostrato altrettanto interesse per le sue eredi?

O si sarebbe infuriato, a causa del loro sangue impuro?

Davvero non sapevo che pensare.

Tornai a guardare quella stola di seta, la rimisi delicatamente al suo posto e borbottai: «Questa è davvero grossa. E ora?»

«Non hai molta scelta, mi pare. O fai finta di niente, o vai fino in fondo, risvegliando la rihall di entrambe.»

Annuii torvo, sapendo bene che Stheta aveva ragione.

Non avevo che due vie da seguire, ed entrambe avrebbero potuto significare un futuro assai complesso quanto incerto, per me.

O niente affatto un futuro, a voler essere del tutto onesti.

Ugualmente, dovevo decidere, tenendo conto soprattutto del bene di Rachel e Fay.

 
***

Nel consegnare la spilla a Lithar, che rimase piuttosto sorpresa dal mio gesto, le chiesi consiglio, spiegandole tutto quello che avevamo scoperto.

La sua sorpresa si mutò in ansia, e l'ansia in agitazione, man mano che il mio racconto si approcciava al termine.

Passeggiando nervosa per la sua stanza, la mano che distratta andava ad accarezzare la sua spilla nuova, mi disse: «Non hai neppure idea di quanto Tethra potrebbe infuriarsi. Solo dal punto di vista economico, sarebbe una perdita enorme, per il tesoro reale. I mac Cumhaill erano una famiglia potente, oltre che imparentata con il re. Erano secondi solo a noi. Inoltre, se uno volesse tener conto solo del retaggio familiare paterno, nostro padre dovrebbe accettare dei mezzosangue come parenti. Potrebbe far esplodere Mag Mell, al solo pensiero.»

Lithar aveva ragione da vendere, ma negare l’evidenza – se si fosse rivelata esatta – mi parve sciocco e crudele.

Dopotutto, si stava parlando dell’eredità di Rachel e Fay.

Era pur vero che nostro padre non era esattamente la persona più aperta che io conoscessi e, di sicuro, non apprezzava che si toccassero a quel modo le sue finanze.

D'altra parte, non potevo permettere che Rachel e Fay non venissero a conoscenza della loro possibile ascendenza.

E se Tethra si fosse ricordato del suo affetto per Niamh? Forse, sarebbe passato sopra a tutto il resto.

«Cosa pensi dovrei fare? Tacere loro tutto? Non sarebbe più giusto che conoscessero ogni cosa?»

Lithar si lappò le labbra, pensierosa e, nel sedersi sul suo letto, apparentemente stanca al pari mio, scosse il capo.

«Non dico che tenerle all'oscuro di tutto sia giusto, Krilash, ma hai pensato a che shock culturale potrebbe essere, per loro? Forse, la ragazza non ci farebbe alcun caso. Si sa che i giovani sono propensi ad accettare praticamente di tutto... ma sua madre? Mi sembra di aver capito che abbia già sofferto abbastanza. Un colpo simile potrebbe minare le sue certezze per sempre.»

Si rigirò le mani, tornando a guardarmi quando fu sicura di poter reggere il mio sguardo.

«Pensaci bene, Krilash. Il nostro mondo non è fatto per persone meno che forti, e lo sai benissimo. Tutti noi siamo stati addestrati a sopravvivere qui. Di loro, che mi dici? Nel migliore dei casi, la cosa peggiore che gli sia mai capitata è l'agguato dell'altra notte, in cui tu le hai salvate.»

Aggrottò, la fronte, e aggiunse: «E voglio sottolineartelo. Tu le hai salvate. Una qualsiasi fomoriana, nata a Mag Mell, avrebbe difeso da sola la sua casa, anche in assenza del marito. Sarebbe morta combattendo, piuttosto che cedere di un solo metro.»

Mi accigliai, replicando al suo dire con tono altrettanto rigido.

«Pensi che Rachel non abbia tentato il tutto e per tutto? L'ho trovata a terra, con la faccia pesta, priva di sensi. Ha lottato!»
Lithar allora sospirò, scosse il capo, e mi parlò con tono più gentile.

«Non intendevo dire che la donna per cui ti stai battendo, non sia degna di lode. O men che coraggiosa. Ha avuto dei trascorsi davvero tristi, e il fatto che si sia battuta con le unghie e con i denti per difendere la figlia, è encomiabile. Ma a Mag Mell è poca cosa. E tu lo sai.»

Certo che lo sapevo! Come se avessi potuto dimenticare, anche solo per un momento, il mondo difficile e privo di gentilezze in cui eravamo cresciuti.

La stessa Ciara, diversi mesi addietro, ci aveva ricordato – e con l'equivalente di uno schiaffo in pieno volto – quanto fosse difficile vivere qui.

Dover minacciare i reali con la propria spada, vedersi schiaffeggiare in viso dalla regina, e tutto per ottenere la mano dell'amato, non erano cose consuete sulla terraferma.

A Mag Mell, quasi la routine.

Eravamo sempre stato un popolo forte, combattivo, che teneva in grande considerazione il coraggio e l’onore.

Ma la tempra e la forza di Rachel non sarebbero bastate, per vivere a Mag Mell, e neppure per rivendicare il proprio lignaggio.

Perciò, perché farle soffrire per nulla?

Sospirai, annuendo, e la ringraziai con un sorriso.

Mi avvicinai a lei per carezzarle il viso, e Lithar mi sorrise triste.

«Stai attento. A te stesso e a loro, fratello. Vedo quanto sei preso dalla donna di cui mi hai parlato, e non so come vederti in queste nuove vesti. Ho paura che tu soffra.»

«Ho la pelle coriacea, non temere. Tu, piuttosto. Sai di poter contare sempre su di me, vero? Ultimamente, ti vedo pensierosa e mogia.»

Lei accentuò il sorriso, forse pensando di poter così scacciare le mie ansie, e replicò: «Cose da donne, Krilash, non temere. Sto bene. Ma grazie per il tuo interessamento. E per il regalo. E’ davvero bello, e neppure troppo appariscente. Lo porterò con onore.»

Mi piegai per deporle un bacio sulla fronte liscia, sussurrando: «Portalo per tuo piacere personale. Lo preferisco.»

«Farò così, allora.»

La lasciai ai suoi pensieri e ai suoi dubbi e, con passo veloce, me ne tornai in camera, ben deciso a passare la notte a meditare.

Cosa ne avrei ricavato, ancora non lo sapevo, ma una cosa era sicura.

Avrei passato una notte insonne.







Note: Si scopre finalmente a quale famiglia appartengano Fay e sua madre, cioè nientemeno che i mac Cumhaill, secondi solo alla famiglia reale. Si torna così a parlare delle figure mitologiche di Niamh e Oisin che, nel mio racconto, sono esistiti davvero. (secondo il mito, Niamh è veramente una mac Lir)
Scopriamo così, anche, i motivi che hanno spinto i reali ad avere rapporti così tesi con i mortali. Il ritorno di Oisin in Irlanda, e la sua conseguente morte, hanno portato nello sconforto Niamh, morta subito dopo aver lasciato che i suoi figli scegliessero una vita mortale per il loro futuro.
Questo li ha portati a incolpare tutto il genere umano, per la perdita dell'amata cugina, ed ecco perché - pur apprezzandone silenziosamente le arti e le scienze - ne deplorano comunque la vita stessa sulla Terra.

Grazie per avermi seguita fino a qui!!
  
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