Anime & Manga > TSUBASA RESERVoir CHRoNiCLE / xxxHOLiC
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Autore: steffirah    20/08/2015    1 recensioni
Si tratta di una serie di One-shot per la Shaosaku week (che cadeva dal 20 al 26 luglio). Alcune sono AU, altre riguardano i viaggi nelle varie dimensioni, seguendo il tema di quel giorno.
Sette date, otto mondi fantastici in cui vivere esperienze straordinarie.
Genere: Angst, Avventura, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sakura, Syaoran, Un po' tutti
Note: AU, Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Day 2 – BLUSHING
 
Soba ni ite ne ~
 
Seduta ad un tavolino del Mc, bevevo tranquillamente il mio Milk-shake alla fragola, scrutando l'orizzonte lontano, in cerca di qualcosa. Mi stavo annoiando a morte. Le mie compagne di classe parlottavano tra di loro, allegramente, e io le ignorai. Non perché volessi, ma perché non riuscivo a concentrarmi. Su nulla. L'unica cosa che udivo era il canto delle cicale, così stridente, così perforante... Chiusi gli occhi, mentre la voce di una di esse andò affievolendosi, fino a spegnersi del tutto. Era appena morta. Mi chiedevo quante persone ci pensassero, ma la mia opinione era che l'estate fosse, probabilmente, la stagione più triste di tutte. C'erano pochissime cose che riuscivano a confortarmi, ma piuttosto che andare in vacanza, uscire con gli amici, prendere il sole, fare shopping ecc... C'era un'unica cosa che volevo fare. E un'unica persona che volevo incontrare.
Mi alzai in fretta, spaventando le ragazze, e mi scusai per l'andare via così all'improvviso. Ma dovevo andare prima che fosse troppo tardi. Dovevo informarmi, dovevo chiedergli se sarebbe partito. Avrei resistito tanti giorni senza vederlo? Consapevole della sua lontananza? Era soltanto un'ipotesi, ma qualcosa mi suggeriva di sbrigarmi. Il destino era imprevedibile e sapevo quanto lui amasse viaggiare. Sicuramente ne avrebbe approfittato, ora che non aveva più impegni scolastici.
Gettai il contenitore vuoto in un cestino e uscii correndo fuori dal locale, attraversando le varie strade della città con tutta la velocità che i miei polmoni - e le mie gambe - mi permettevano. Arrivata a metà strada, fui sorpresa da un acquazzone estivo e affrettai il passo, iniziando ad intravedere l'edificio a cui avevo pensato per tutta la giornata: la biblioteca. Con la speranza che lui stesse ancora lavorando. Accelerai nell'ultimo tratto e salii le scale due alla volta, fermandomi solo una volta che ero arrivata al riparo. Mi portai le mani al petto, ansimando per lo sforzo, e starnutii. Accidenti ero tutta bagnata. Aprii la borsa, sperando che la pioggia non avesse raggiunto anche l'interno e presi diversi fazzoletti per asciugarmi il viso e il collo prima che mi ammalassi. Inutile dire che servì soltanto a farli inzuppare d'acqua.
«Sakura-chan?» Saltai sul posto, voltandomi a rallentatore, udendo la sua voce. La sua voce! Non poteva trovarsi a passare suo padre?
Arrossii di botto, balbettando: «Bu-buonasera, Shaoran-kun!» Era lì! Davanti ai miei occhi! Non se n'era andato!
Cercai di aggiustarmi nei limiti delle mie possibilità, ma probabilmente dovevo dare l'impressione di un gattino bagnato.
«Accidenti, sei fradicia.» Mi guardò con uno sguardo preoccupato, lo stesso che assumeva tutte le volte in cui mi facevo male - ed erano tante, anche se non lo facevo apposta. Ero semplicemente... Distratta. E la maggioranza delle volte era lui a distrarmi.
Mi si avvicinò, prendendomi per mano e invitandomi ad entrare con un «Vieni con me.»
Arrossii maggiormente, ma cercai di celarlo con le corte ciocche bagnate - le quali, volente o nolente, mi si attaccavano lo stesso al viso. Strinsi la sua mano, trovandola calda, asciutta, accogliente. Le sue grandi dita avvolsero le mie, come un tenero abbraccio, infondendomi sicurezza. Protezione.
Entrammo all'interno della struttura e salutai rapidamente Fujitaka-san, quasi nascondendo le nostre mani unite per la vergogna. Shaoran se ne accorse e mi si mise accanto, celando il nostro piccolo punto di contatto dietro la schiena mentre si fermava accanto al bancone, chiedendo al padre se c'erano degli asciugamani in bagno. Il padre annuì e mi raccomandò di riguardarmi. Feci un cenno con la testa per poi passare oltre con Shaoran, camminando l'uno affianco all'altro, circondati da ciò che lui più amava a questo mondo: i libri. Dei piccoli scrigni preziosi che avevo scoperto grazie a lui, contenenti un'infinità di tesori. Adoravo la mia città, ma il momento migliore della mia giornata era quando raggiungevo la biblioteca, visto che era stata proprio essa a farmi trovare Shaoran.
«Continui ad esserne affascinata?», mi chiese, incuriosito, bussando alla porta dei miei pensieri e entrandovi con parecchia facilità. Inutile dire che la soglia del mio cuore l'aveva attraversata ancora più facilmente. Vi si era proprio lanciato, divenendo il motivo principale per il quale la notte faticavo a prendere sonno, durante le lezioni diveniva difficile concentrarsi, e spesso mi ritrovavo a fissare il vuoto e pensare a lui.
«Sì. Non smetteranno mai di affascinarmi.» Mi rivolgevo specialmente a lui, ma Shaoran voltò la testa da un'altra parte, ridacchiando. Fece dondolare le nostre mani con allegria, nel chiedere:
«Che libro vuoi che ti presti, stavolta?»
«No, in realtà... Vorrei stare un po' qui... E leggere qui... Se non disturbo.», indugiai e lui mi guardò con un enorme sorriso.
«Tu non disturbi mai!»
«Ma se...» Presi un respiro, sforzandomi affinché la voce non mi tremasse, dando forma ai miei timori. «Se dovete partire... per le vacanze... Non voglio essere una spina nel fianco...»
Lui non rispose subito e guardò dritto davanti a sé, mentre salivamo delle scale in marmo. Abbassai la testa, mortificata, chiedendomi se non avessi esagerato, ma dopo qualche istante lo vidi scuotere il capo con la coda dell'occhio.
«Quest'anno non partiamo.»
«Eh?» Ero incredula. Non poteva essere vero!
«Si, insomma... Mio padre non può, è stato chiamato per alcuni scavi all'estero, e io non posso seguirlo. Qualcuno deve pur sempre occuparsi della biblioteca, no?» Il suo tono mi sembrava un po' triste e lo guardai imbronciata, appoggiandogli la mano libera sul braccio, aspettando che mi guardasse.
«E a te sta bene così?»
Lui spalancò gli occhi, come se gli avessi posto una domanda cruciale. Tesi le labbra, serrandole tra i denti, ma lui sorrise raggiante, spostandomi alcuni capelli dal viso.
«Certo che sì, se ho la possibilità di vederti.» Il mio cuore cominciò a galoppare, cercando di convincermi che quello era tutto un sogno. «E poi...», continuò, ricominciando a camminare e conducendomi in un largo e lungo corridoio pieno di antichità. «Questo sarà il tuo ultimo anno, il più difficile per te. Scommetto che già sei in alto mare con la sessione estiva, vero?», mi punzecchiò, colpendo nel segno.
«Ugh... Sì.», ammisi, con non poca vergogna.
«Sempre matematica e storia?»
«No, diciamo che ora storia riesco a comprenderla e memorizzarla quasi subito.», specificai. Ed era tutto merito suo. Da quando avevo capito che fosse un appassionato di storia avevo preso in prestito tutti i libri su tale disciplina che mi sembravano interessanti, arricchendo così il mio - una volta misero - bagaglio culturale.
«È una notizia splendida!», esclamò pieno di gioia.  «Quindi matematica soltanto?»
«E inglese...», aggiunsi.
«Non eri brava in questa materia?»
«Si, ma... ultimamente l'ho trascurata...» Per dedicarmi ad altro. Ossia tutto ciò che lo riguardava.
«D'accordo allora, se vuoi ripetiamo un po' insieme.», propose e io esultai dentro di me.
«Sarebbe un'ottima idea!» Poter trascorrere ancora altro tempo con lui... Sì, probabilmente ero ancora stesa nel mio letto, imprigionata in una dimensione onirica e presto mi sarei svegliata. Quindi dovevo approfittarne, finché potevo.
«Soltanto dopo che ti sarai asciugata quanto basta.», ordinò, fermandosi davanti ad una porta in legno e aprendola, conducendomi con sé in bagno. Mi lasciò la mano per avvicinarsi a degli armadietti e subito le mie dita sembrarono intorpidirsi. Ghiacciarsi. Le aprii e richiusi più volte, sperando che il sangue riprendesse a scorrere, ed ero talmente impegnata a farlo da non accorgermi che Shaoran si era fermato a pochi centimetri da me, poggiandomi un asciugamano sui capelli e strizzandomeli con delicatezza. Con un altro panno morbido mi asciugò le poche goccioline d'acqua che mi erano rimaste sul viso e sul collo. Alzai lo sguardo su di lui, trattenendo il fiato da sì tanta vicinanza, sentendo il cuore galopparmi nel petto, e notai anche le sue guance imporporarsi. Distolse lo sguardo in fretta, sentii le sue dita indugiare sulla mia pelle e per poco non mi sentii svenire. Ero certa di essere diventata rossa come un pomodoro maturo.
Si allontanò dopo un po', lasciandomi gli asciugamani e tornando agli armadietti, in cerca di qualcos'altro che sembrò non riuscire a trovare. Lo vidi togliersi la T-shirt e porgermela, scusandosi con uno sguardo.
«È meglio se ti cambi, ma purtroppo non sono riuscito a trovare nulla di pulito. Mi dispiace se è già stata indossata.»
Con dita tremanti presi la stoffa di cotone tra le mani, lasciandogli intendere che non mi importava. Cercai di non far caso al fatto che era rimasto soltanto con una canottiera nera - la quale metteva fin troppo in risalto il suo fisico - e appoggiai la sua maglietta sul lavandino pulito.
«Non avrai freddo?», chiesi stupidamente e lui rise.
«Con questo caldo? No, al contrario! Lì c'è il phon.» Indicò la parete accanto agli armadietti. «Asciugati per bene e prenditi tutto il tempo che ti serve. Io ti aspetto giù.» Mi informò, prima di voltarmi le spalle e uscire dalla stanza.
Quando non sentii più i suoi passi scivolai sul pavimento, cedendo alle mie gambe tremanti, e mi portai la sua maglia al viso, inspirando il suo dolce odore. Il cuore sembrò scoppiarmi nel petto e per poco non temetti un infarto. Sentii un piacevole calore impossessarsi di ogni angolo della mia pelle, ardendo con forza mentre sprofondavo il viso nel cotone che gli apparteneva, consapevole che ben presto anch'esso mi avrebbe avvolta, portandomi più vicina a lui.
 
~ Soba ni iru yo ~
 
Era stata una sorpresa. Veniva a trovarmi tutti i giorni ormai, sin da quando ci eravamo conosciuti, ma quando avevo visto la pioggia battente precipitare con forza dal cielo avevo perso tutte le speranze. E invece era venuta e l'avevo trovata bagnata dal capo ai piedi, tremante come un gattino infreddolito. Non riuscivo a credere che fosse giunta fin qui mentre infuriava la tempesta. La stagione delle piogge, eh? Tutti coloro che conoscevo amavano l'estate, vedendola come la stagione del divertimento. La stagione dell'amore. L'amore... Ogni estate venivo separato da Sakura, contro la mia volontà. Ora che mi ero diplomato potevo scegliere se partire o meno: non ero più costretto. Libero dallo studio sarebbe stato molto più semplice andare via, esplorare l'ignoto, apprendere nuove cose... Ma volevo restare. Per lei. Per Sakura. La ragazza che nemmeno la pioggia era riuscita a fermare.
Sospirai, fermandomi accanto ad una finestra e vedendo chicchi di grandine infrangersi in mille pezzi al suolo. Rabbrividii al pensiero che aveva fatto giusto in tempo a correre al riparo. Era pazza ad uscire con un simile tempaccio senza neppure portare con sé un ombrello? Chiusi gli occhi, impallidendo al solo pensiero di quanto avesse inconsciamente rischiato. Era sempre così avventata... Ma, con questa, sembrava che tutte le barriere fra di noi fossero state infrante.
C'erano momenti in cui mi sentivo uno stupido senza speranze: ero totalmente innamorato di lei, molti lo definirebbero un “colpo di fulmine”, anche perché dopotutto lei mi aveva colpito in tutti i sensi. Il nostro primo incontro era avvenuto quattro anni prima, puramente per caso, in un giorno simile a questo: pioveva a dirotto e lei, tornando da scuola, si diresse in biblioteca, per proteggersi dall'acqua. Me la ritrovai davanti all'improvviso, tanto che scivolammo entrambi a causa del pavimento bagnato, insieme ad una valanga di libri. Lei mi chiese scusa per la sua sbadataggine, aiutandomi a raccogliere quello che avevo fatto cadere, e mi rivolse un sorriso che poteva definirsi... celestiale. Il solo ricordo della sua prima dolce espressione sembrava farmi volare via il cuore dal petto.
Mi portai le mani sulle guance per raffreddarle, sperando che il rossore sparisse e non mi tradisse. Ecco perché mi consideravo un idiota; o, meglio, un codardo. La amavo, eppure non avevo il coraggio di farmi avanti. Di dichiararmi. Ma come avrei potuto? Ero un semplice bibliotecario, mentre lei avrebbe ereditato la ricca compagnia di suo padre. Al di là della questione sociale, non ero ben visto da suo fratello - che mi considerava un topo da biblioteca. Per quanto lo rispettassi non potevo non trovarlo irritante. Ma, dopotutto, aveva ragione. Avrei trascorso giornate intere seduto a leggere libri, immergermi in decine di centinaia di migliaia di universi paralleli, mondi fantastici, storie vere o irrazionali, spazi temporali, personaggi fittizi che ogni volta che sfioravo le pagine diventavano parte di me, ambientazioni paradossali, universi variopinti, trame intricate e piene di azione che mi formavano, mi riempivano, mi costruivano, mi completavano...
C'erano stati istanti in cui avevo desiderato far provare anche a Sakura le mie stesse sensazioni e, col tempo, sembravo esserci riuscito. Leggeva tantissimi libri, il più delle volte chiedeva consiglio a me e sceglieva sempre i miei preferiti. A volte li portava a casa, altre si immergeva nella lettura davanti ai miei occhi, e allora accadeva sempre qualcosa di magico: il suo sguardo si sperdeva, viaggiava lontano seguendo la scia della sua fantasia, vagabondava tra le righe, viveva ogni momento descritto come se fosse suo. Come se riuscisse anche lei a sentirvi un'appartenenza. L'inchiostro sembrava sciogliersi dai legami con le pagine ingiallite, che sapevano di vissuto, per carezzarle la mente e infiltrarsi nel suo cuore, scrosciando nelle sue vene, divenendo il suo sangue.
La vedevo appassionarsi sempre di più, tanto che alla fine di ogni libro piangeva perché la storia si era conclusa. Quando le dissi che si sbagliava, perché ogni volta che si legge un libro quella storia diventa tua, tu diventi un nuovo scrittore, tu diventi il tempo e il luogo, tu diventi i personaggi, tu diventi il loro futuro, presente e passato, tu puoi scegliere come continuarla, lei mi aveva guardato meravigliata. Con le lacrime agli occhi.
E quel giorno mi sorprese ulteriormente quando, mentre l'aiutavo a studiare - e mi sentii un infante nel cercare di convincermi da solo che non si trattava di un appuntamento -, esordì all'improvviso proclamando: «Voglio diventare una scrittrice.»
Mi colse alla sprovvista con quelle parole che mi fecero quasi scattare dal pavimento per guardarla in viso. Volevo capire se non mi stesse prendendo in giro. Forse era stanca - erano trascorse parecchie ore da quando era scesa e avevamo cominciato con la materia in cui dimostrava avere più difficoltà - e non si rendeva conto di quello che diceva.
Le osservai la schiena, essendosi seduta al tavolo dandomi le spalle per risolvere un'equazione, e si abbassò fino ad appoggiare la testa tra le braccia, sfiorando con le dita il dorso della risma di libri alla sua destra. La sua voce divenne un semplice sussurro, attutita dalla sua stessa pelle. «Presto ci faranno fare il questionario sulle nostre scelte future... Io…  Mi piacerebbe scrivere una storia. Volare lontano... Inventare questi mondi e portarli alla vita, mettendoli nero su bianco. Mi trovi pazza, Shaoran-kun? Credi sia impossibile... per una come me?» La sua voce si spense fievolmente e mi alzai raggiungendola, sfiorandole una mano.
«No, Sakura-chan. Sono certo che ci riuscirai. E le tue storie saranno le più belle che io abbia mai letto in vita mia.», le risposi sincero.
Lei sorrise, guardandomi intensamente negli occhi, per poi chiudere debolmente le palpebre e mormorare: «Se tu... scriverai... questa storia... insieme a me...» Avvampai, sentendo in queste parole più di quanto era dovuto. Era una semplice richiesta di collaborazione no? Non dovevo fraintendere. Non dovevo equivocarle. Lei... Non intendeva dire altro.
«Perché... da sola... non ci riuscirò mai... Ho bisogno di te, Shaoran-kun.»
Mi sembrò quasi che il mio corpo si stesse infiammando. Vi stavo dando troppo peso. Era stanca, aveva sonno, non lo intendeva davvero. Percepii il suo respiro divenire regolare, vidi le sue guance rosee stendersi, i tratti rilassarsi, le labbra schiudersi come un piccolo bocciolo di rosa... E capii fosse crollata. Si era appena addormentata. Sorrisi intenerito di fronte al suo viso angelico - non era cambiata di una virgola, anzi aveva resistito anche troppo visto che di solito con la matematica crollava subito - e le carezzai i capelli ora asciutti con delicatezza, cercando di fare piano per non svegliarla. Con cautela mi abbassai, posandole un bacio leggero sulla testa, quasi all'altezza di una tempia e bisbigliai dolcemente, accanto ad un suo orecchio, la mia risposta.
Forse non lo intendeva davvero, ma anche se fosse così, «Per me sarebbe un vero piacere, Sakura.»
  
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