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Autore: Ega    20/08/2015    0 recensioni
Keira è la figlia di Peter Pan,che lui crede scomparsa. vive in una comunità di umani guerrieri e lupi super-intelligenti in grado di comunicare con le persone. Il suo compagno di battaglia, nonché migliore amico Roiben l'accompagnerà sulla nave dei pirati di Uncino per creare una mappa e scoprire qualche segreto per l'attacco a sorpresa che progetta. Lì vive Drow, il nipote di Uncino che lo ha preso in consegna dopo la morte dei suoi genitori. lui non è contento di stare su quella bagnarola... cosa succederà quando incontrerà la ragazza?
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Nuovo personaggio
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 5
 
  • Keira! Piantala di guardare quella mappa. Il piano è perfetto, tra sette mesi attaccheremo. Quando la luna sarà propizia. E la guerra inizierà.
  • Si si, scusa..
  • Non mi sembri convinta, perché non vai a farti un bagno alle sorgenti?
  • Da sola?
  • Non vorrai mica farti vedere nuda? Per carità, non è un problema per me ma.. – gli lanciai una biro e risi quando fece finta di essere stato colpito, con tanto di smorfie e spasmi. Che idiota.
  • Ok allora io vado..
  • Adieu!
  • Non distruggere nulla! – mi fece l’occhiolino e mi spinse fuori di casa.
Corsi fino alle sorgenti, il luogo dove ero solita rilassarmi. Si trattava delle sorgenti del fiume lì vicino. Erano due grandi pozze, una più profonda l’altra meno. Ma per una causa a noi sconosciuta l’acqua di una era bollente, la meno profonda. A me non piaceva lavarmi nell’acqua calda, trovavo che mi appannasse i pensieri, perciò mi spogliai e mi tuffai senza esitare in quella gelata. Rimasi in apnea fino al limite, per poi riprendere fiato ed immergermi di nuovo, pensavo; pensavo a come mai mi sentivo poco sicura del piano, nonostante sapessi molto bene che era perfetto. Le acque erano sicuramente benefiche, perché dopo cinque immersioni arrivai alla soluzione: io non mi sentivo insicura del piano, avevo paura di Drow. Il ragazzo che avevo trovato sul vascello, non solo perché era il più bel giovane che avessi mai visto. Ma perché era diverso, apparteneva ad un’altra realtà. Come se non vedesse la rivalità tra il popolo dei lupi e i pirati, come se vedesse con gli occhi di un bambino, un mondo di mille colori e non solo in bianco o nero. Nei suoi occhi, prima dello stupore, della rabbia o della paura, avevo visto curiosità e dolore. La curiosità di fronte a me e a Roiben, il dolore accuratamente celato, ma che risiedeva dentro di lui ormai da tempo. Lo capivo, in fondo io non sapevo chi ero, perché ero diventata un’uwha (guerriera dei lupi) o perché la misteriosa donna dagli occhi nocciola mi avesse abbandonato. So solo di essermi spaventata a morte quando mi ha guardato il polso. So nascondere benissimo le mie emozioni, ma ero terrorizzata. Ero arrivata qui con quel tatuaggio e mi avevano chiamata con il nome inciso sopra. Ma come faceva lui a sapere che la scritta sul mio polso era il mio nome? E poi un’altra cosa che mi aveva stupito era come, durante la colluttazione avesse completamente cambiato tecnica, da goffo e mal allenato era passato ad agile e preciso. Non quanto me, ma era cambiato. Io volevo conoscerlo. Volevo capirlo, imparare da lui qualsiasi cosa, pur di farmi trasmettere la sua curiosità e freschezza. I miei pensieri mi spaventavano, ma avevo preso una decisione. Quella notte sarei andata da lui. Senza il mio parabatai.
 
Entrai in casa completamente pulita e con i capelli lavati, sentii Roiben che cantava mentre preparava la cena, sghignazzai al pensiero che mi sarei presa gioco di lui per il resto dei suoi giorni. Entrai in cucina e lo vidi ancheggiare di fronte alla padella.
  • Buonasera casalinga dell’anno!
  • Eh? Oh, ciao Key.. – sorrise imbarazzato portandosi una mano sulla nuca.
  • Che cucini?
  • Stavo facendo lo stufato... com’è andata? Stai meglio?
  • Si, ma vorrei avvisarti, sta notte voglio passarla nei boschi. Devo schiarirmi le idee.
  • Sei sicura? Sono anni che non lo fai.
  • Si, è solo che... stanno tornando…
  • Oh, allora vai.
  • Ti adoro. – e corsi ad abbracciarlo. Gli diedi un leggerissimo bacio all’angolo della bocca e lo vidi sorridere con le guance rosse, stringendomi di più a lui.
 
Mangiammo lo stufato che aveva preparato parlando del più e del meno e ridendo come quando eravamo bambini. Discutemmo animatamente  riguardo una tecnica che ero solita utilizzare per disarmare l’avversario, che lui riteneva superata ed io ancora validissima. Calata la sera indossai il mio mantello sugli abiti semplici che indossavo: pantaloni di pelle marroni e corpetto, senza trucco e con i capelli sciolti. Le armi le avevo tutte, tranne la spada che mi intralciava. Non volevo spaventare nessuno, ma non mi fidavo certo dei pirati. Salutai dolcemente Roiben con un bacio sulla fronte ed iniziai a correre. Senza il mio compagno non mi sentivo a mio agio, ma non avrei potuto coinvolgerlo. Mai. Lui era un’anima pura e tale doveva rimanere, la mia era una missione suicida per lo spirito: quello che stavo per chiedere a Drow avrebbe potuto salvarmi, ma anche distruggermi.
Arrivai alla spiaggia, non volevo lanciare la freccia, quindi mi concentrai al massimo, presi un respiro profondo e saltai. Non appena sfioravo l’acqua saltavo di nuovo, senza affondare. Mi sembrava la cosa più vicina al volo che esistesse. Arrivai sul ponte e lo cercai. Ero sicura che non dormiva insieme agli altri marinai, era diverso e si vedeva. Provai nella cabina del secondino ma non lo vidi, poi mi misi a ragionare. Non era il tipo da nave, perciò doveva essere nel punto della barca che stava più vicino alla terra. Provai all’estremità, dove c’erano la biblioteca e la sala musica. Sì era decisamente in un posto del genere che mi sarei aspettata di trovarlo. Infatti mi bastò girare l’angolo e trovai una cabina con la porta chiusa, ma la luce filtrava da sotto. La aprii e lo trovai a torso nudo su di un letto matrimoniale che fissava il soffitto, indossava solo i pantaloni di stoffa neri. Potevo vedere tutti i muscoli tonici, ma la pelle non era abbronzata, segno che non era un uomo di mare. Aveva dei tatuaggi neri sui pettorali e sulle braccia. I capelli erano spettinati e parte gli ricadeva sulla fronte. Mi notò subito, si rizzò in piedi. I suoi occhi diventarono uno blu e l’altro giallo con la pupilla di un gatto ed attaccò schiacciandomi contro il muro, ma fui svelta ad allontanarlo. Mi tolsi il cappuccio e mi riconobbe. Sbatté le palpebre e le iridi tornarono verde acqua.
  • Keira?!
  • Perdona la mia intrusione ma vorrei parlarti.
  • Ehm, certo. Che vuoi?
  • Ecco, prima però...  – mi guardò confuso-
  • Cosa?
  • Potresti mettere la maglietta? – non riuscivo  concentrarmi. Strano, Roiben era a torso nudo di continuo...
  • Oh , d’accordo. Togli pure il mantello se vuoi. – lo feci e lo vidi continuare a fissarmi. Magari le armi lo infastidivano. Allora decisi di levare arco e faretra, ma lo sguardo non cambiò.
  • Cos’ho che non va?
  • Senza trucco sei bellissima. – non mi aspettavo una risposta del genere. Ma non l’aveva detto solo per farmi un complimento. L’aveva detto con una tale innocenza e semplicità, come se parlasse del meteo, che mi faceva credere che lo pensasse davvero.-  Comunque, cosa eri venuta a chiedermi?
Mi misi seduta sul letto a gambe incrociate davanti a lui e presi un respiro profondo. La cosa che aveva fatto con gli occhi prima mi aveva turbata parecchio, ma glielo avrei chiesto in un secondo momento.
  • Vorrei proporti uno scambio.
  • Sentiamo.
  • Tu mi parli del tuo mondo, io ti darò quello che vuoi.
  • Keira, io e te viviamo nello stesso mondo.
  • Della tua visione del mondo.
  • Ah, ok. Lo farò ma voglio una doppia ricompensa.
  • Di cosa si tratta?
  • Io ti parlerò del mio mondo se tu mi parlerai del tuo e mi allenerai.
  • Allenarti? Ma sei un pirata.
  • Il fatto che io viva su una nave colma di pirati mi rende uno di loro?
Silenzio.
  • Andata. – tirai fuori un coltello dalla fascetta sulla caviglia e mi incisi la mano facendo uscire del sangue, poi gli passai la lama. Esitò ma si riscosse subito e si tagliò. Ci stringemmo le mani ferite sigillando il patto. E mi sorrise. Per la prima volta sorrise. Ed era il sorriso più bello del mondo.
  • Quindi.. chi sei Keira?
  • Mi chiamo Keira, figlia di adottiva di Telkiar, ho 17 anni, mi hanno trovata appena nata in una cesta nel bosco della morte. Il mio villaggio raramente ammette adozioni esterne, ma io non piangevo,non ho mai pianto. Ho urlato dal dolore più volte, ho ringhiato e addirittura ululato, ma mai una lacrima è stata versata, per questo mi hanno scelta. Ho mostrato di avere una capacità straordinaria: oltre ad un’estrema elasticità so saltare per diversi metri. Il massimo calcolato è stato quattordici in verticale. Sono cresciuta con un lupo anziano ed il mio migliore amico Roiben. A cinque anni ho iniziato l’addestramento militare, mostrando di essere portata particolarmente per la lotta corpo a corpo e la fuga. Il mio parabatai,invece, per le distanze: ha una mira perfetta, e non in senso metaforico, non ha mai sbagliato. Diventammo presto la coppia migliore e fummo assoldati come strateghi. In seguito, l’anno scorso, siamo stati promossi a capo della guardia. Partecipiamo alle cerimonie, sediamo le risse, puniamo e giustiziamo i delinquenti, organizziamo le guerre. Vivo dentro una quercia cava con il mio compagno, adoro la lettura e l’attività fisica. Non amo particolarmente la musica, copre i suoni esterni, non permettendomi di sentire come potrei per essere sicura da eventuali attacchi. Vivo meglio al buio, dove posso nascondermi. Odio gli indiani, ancor più delle sirene o dei pirati. Le sirene sono stupide, i pirati sono rumorosi ed irruenti, facili da gestire. Gli indiani sono pacifici, quindi non li si attacca, ma non essendo sotto la nostra giurisdizione non li controlliamo. Sono molti, e conoscono parecchie tecniche di stregoneria. Ho deciso di dirti tutto per sapere tutto. Perciò ti mostrerò le mie paure, un patto di sangue è sacro e va rispettato. Ho paura, continuamente: ho paura dei miei incubi, di perdere il mio migliore amico, di portare alla rovina il villaggio o di portarlo troppo in alto. Non ho paura del potere, per quello ci sarebbe Roiben a tenermi con i piedi per terra. La mia più grande paura è combattere per la causa sbagliata, contro la persona sbagliata. Ho paura di non sapere abbastanza e di essere manipolabile. Non voglio essere uno strumento da guerra, voglio essere una macchina che porta ordine. Voglio fare del bene agli altri, non per conto di altri. Sono disposta a morire per la giustizia, ma anche a uccidere. È tutto.
  • Dio..
  • Non devi commentare per forza. Tranquillo. Tu chi sei?
  • Mi chiamo Drow Hook, ho 19 anni, vengo da Londra, al di fuori dell’isola che non c’è. Mi sono trasferito su questa nave dopo che i miei genitori sono morti. Mio padre era un uomo squisito – sul volto gli comparve un sorriso triste – lavorava in banca, tornava a casa tutte le sere per cena, dava un bacio sulle labbra a mia madre, donna semplice e sempre sorridente, mi carezzava la testa e si sedeva a tavola, dopo aver mangiato mi mettevano a letto e la mamma mi raccontava una storia. Hanno smesso quando ho compiuto nove anni ed ho chiesto loro di farla finita. Ora pagherei oro riavere un secondo con loro. Assassinati mentre ero uscito, incazzato nero perché loro non mi capivano. Rimasto orfano l’anno scorso mio zio Uncino mi ha preso con se. Ho frequentato le scuole elementari, medie ed il liceo a Londra, avevo qualche amico ma non significativo, lo stesso con le ragazze,ne ho avuta qualcuna ma non ho mai amato nessuno. La mia vita non mi piaceva, ma ora mi piace ancor meno, incastrato qui con quel pirata di mio zio. Lo odio,odio la pirateria, odio quest’isola e tutto ciò che comporta. Il mio unico intento è scappare e andarmene. Ed ora è più facile, se penso che ho ricevuto il dono degli Hook: quando i miei occhi cambiano vuol dire che intensifico i miei sensi, funziona solo in mare o sulla spiaggia. E con il tuo addestramento potrò solo migliorare. Mi piace leggere e guardare le stelle, perché quelle sono le stesse che guardavo dalla terrazza quando ero piccolo, io sono cambiato, loro no. Ho una sola grande paura: ho paura che mio padre sia morto pensando alla mia sfuriata prima di andarmene e che se ne sia andato, deluso da me. – gli misi la mano sul ginocchio per cercare di confortarlo. Mentre parlava aveva tenuto la testa bassa, mentre ora aveva alzato lo sguardo, si era morso un labbro mentre sorrideva grato del mio appoggio e metteva la sua mano sulla mia. Rimanemmo così un tempo indefinito. Poi mi staccai.
  • Quindi, la prima sessione di confronto direi che è finita. Per l’addestramento la nave non è sicura, e vorrei testare anche il tuo dono. Perciò si farà su una spiaggia appartata. Sai tirare con l’arco? – scosse la testa. Sbuffai. Gli porsi il mio, glielo misi in mano e gli porsi anche una freccia. Mi posizionai dietro di lui e come faceva Roiben per spiegarmi, feci aderire completamente il mio corpo con il suo, misi le mie mani sulle sue e come se fossi io a tirare mimai il movimento corretto spiegando le mosse. Questo mi provocò una serie di brividi non indifferenti. Il suo corpo era sodo e tonico come immaginavo, profumava di brezza marina e muschio bianco. Mi sovrastava di almeno dieci centimetri in altezza, respirai profondamente sul suo collo e lo sentii fremere. Ripetemmo un paio di volte i movimenti e poi lo feci provare da solo. Al secondo lancio centrò il bersaglio, non male, sarebbe piaciuto a Roibs.
  • Ora che sai come si fa, ti lascerò arco e frecce, quando potrai lancerai una freccia sulla spiaggia davanti a noi, con inciso giorno e ora, non scrivere ad inchiostro, se si bagnasse andrebbe via.
  • D’accordo.
  • Ora devo andare. Grazie di aver accettato.- Mi rimisi il mantello e prima di calare il cappuccio gli feci un gran sorriso, mi guardò ad occhi sgranati ma non capii perché. Stavo per uscire quando..
  • Keira... – mi girai e lo guardai – hai mai ucciso un uomo?
Mi morsi il labro inferiore indecisa se rispondere o meno, lo sentii sospirare guardandomi, ma alla fine dissi:
  • Questa risposta te la devi meritare, tigre. – mi guardò confuso, ridacchiai ed indicai gli occhi. Ammiccai ed uscii definitivamente di scena.
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