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Autore: Shainareth    22/08/2015    3 recensioni
Ero consapevole che Ambra meritasse tutti quegli insulti, e forse anche qualcuno di più, visto il modo poco amabile in cui era solita comportarsi con gli altri – ed io per prima ne sapevo qualcosa. Tuttavia, non potevo non immedesimarmi in lei e non provare la sua sofferenza: anch’io ero innamorata, e se Kentin avesse avuto per me le stesse parole che ora stava pronunciando contro Ambra… beh, probabilmente mi sarei sentita morire.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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RIVALI - CAPITOLO NONO




Fu un sollievo non da poco vederci riuniti tutti e dieci in tavola, seppur stretti per la mancanza di spazio, a ridere e scherzare per ogni minima cosa. Nemmeno la dispettosa Capucine o le rispostacce secche di Castiel riuscirono a turbare quel momento di adorabile caos, durante il quale consumammo una cena forse non luculliana, ma di sicuro buona, veloce e capace di saziare tutti nonostante la sua semplicità.
   Proprio durante il pasto venni a sapere cos’avevano architettato quei cinque disgraziati che erano usciti per portare a spasso i cani: avremmo passato la serata a guardare un film horror. Non sono mai stata un cuor di leone, pertanto cercai in ogni modo di sabotare i loro malefici piani, cominciando dalla più ovvia delle scuse. «Non avevamo deciso di suonare e cantare tutti insieme?» buttai lì con nonchalance, benché fossi cosciente che sarebbe stato persino peggio di un film horror, dal momento che non ero molto intonata – e chissà se lo erano almeno gli altri, Lysandre escluso.
   «Così che i vicini vengano a rompere le scatole perché facciamo chiasso?» mi fece notare con ovvietà Castiel. «Sii seria.»
   «Sì, ma perché dovremmo vedere proprio un film del genere?» non mi trattenni dal domandare ancora, tentando di mantenere inutilmente la calma.
   «Dobbiamo dedurne che ti fanno paura i film horror?» mi chiese Kim, con un sorrisetto divertito sulle labbra. Avevo sempre avuto un bel rapporto con lei, mi piaceva e le volevo bene, nonostante fossimo tanto diverse, ma… in quel momento avrei voluto azzannarle un polpaccio.
   Divenni rossa in volto, sentii persino la punta delle orecchie surriscaldarsi per l’imbarazzo di avere addosso l’attenzione di tutti i presenti. Cercai le parole per ribattere in modo convincente, ma ormai avevano iniziato a sghignazzarmi in faccia, persino Melody che però ebbe il buon cuore di ammettere, sia pur con un filo di voce: «Sei in buona compagnia, fanno paura anche a me.»
   «Quanto siete carine!» esclamò Alexy, intenerito dalle nostre debolezze. «Vi proteggerò io durante le scene più spaventose!» si propose subito, battendosi un pugno sul petto con fare virile.
   Kim rise di nuovo. «Dubito che vogliano essere protette proprio da te…»
   «Oh, ma per me va bene!» la smentì Melody, dimostrando di saper stare agli scherzi. Di certo le andava davvero bene contare su Alexy, in mancanza di Nathaniel, ma io non riuscii a parlare e i miei occhi cercarono spasmodicamente la figura di Kentin, che mi stava fissando con tenerezza. Abbassai lo sguardo, vergognandomi di essere tanto infantile.
   E mentre lui, Alexy e Lysandre si offrivano di sparecchiare la tavola, e Kim e Iris di lavare i piatti, Rosalya mi colse alla sprovvista: non appena mi alzai dal posto in cui ero stata seduta fino a quel momento, mi afferrò per un braccio e mi trascinò in salotto per poi fermarsi di colpo e farsi un selfie insieme a me. Odiai l’espressione con cui uscii, così di sorpresa, ma quella furbetta fu sorda alle mie proteste e mi inviò la foto. «Mandala a tua madre», mi spiegò con un sorriso rassicurante. «Almeno la tranquillizzerai sul fatto che siamo insieme per davvero e che quella di stasera non era solo una scusa per dormire sotto allo stesso tetto del tuo grande amore», aggiunse poi, facendomi l’occhietto con fare complice.
   Come al solito, non seppi se ringraziarla per tanta premura o se mandarla a quel paese per la sua frecciata riguardo al mio rapporto con Kentin; nel dubbio mi limitai ad arrossire più di prima e a fare come mi aveva detto, scrivendo due righe d’accompagnamento al messaggio istantaneo con cui inviai la foto a mamma – che mi rispose poco dopo, prendendomi allegramente in giro per la faccia da beota con cui ero stata immortalata. Mi dispiaceva averle mentito, però ci tenevo davvero tanto a quella riunione insieme ai miei amici e compagni di classe. Tanto più che, in effetti, come aveva insinuato Rosalya, quella era forse l’unica occasione che mi si sarebbe presentata per poter passare la notte sotto allo stesso tetto di Kentin. Non che mi facessi chissà quali fantasie, figurarsi; però mi entusiasmava la cosa, foss’anche solo perché il poter passare la serata con lui mi dava l’idea di renderci comunque più complici di quanto già non fossimo.
   Il rombo lontano di un tuono distolse la mia attenzione dal cellulare e vidi Cookie guaire e andare a rifugiarsi sotto al divano. Ridendo, mi inginocchiai per recuperarlo e stringerlo al petto con fare protettivo: a quanto pareva, i fifoni presenti in quella casa salivano a tre. Almeno, pensai, Cookie era ancora un cucciolo, perciò lo si poteva giustificare senza troppe storie; io e Melody, invece, eravamo ormai piuttosto grandicelle, pertanto ci saremmo dovute rassegnare alle prese in giro dei nostri compagni di classe durante la visione del film. Mi domandai come diamine avrei fatto a prendere sonno, quella notte, dopo essermi sorbita chissà quale orribile visione piena di sangue e maciullamenti. Peggio ancora sarebbe stato se la scelta fosse ricaduta su una storia di spiriti o roba simile: ne avevo letteralmente il terrore, e l’atmosfera creata dal temporale fuori da quelle mura non aiutava di certo a rilassarmi. Fosse almeno stato ancora giorno, col sole alto in cielo e i passerotti a cinguettare allegri tutt’intorno…
   Infine, venne il momento tanto temuto: Castiel si palesò davanti a noi con un DVD di contrabbando in una mano ed un sorriso per nulla incoraggiante stampato in volto. «E ora ci divertiamo», annunciò con estrema soddisfazione, mentre un altro tuono faceva eco alla sua nefasta sentenza.
   Alexy corrucciò le sopracciglia. «Sicuro che non sia un porno?» Calò il silenzio e allo sguardo interrogativo di noi tutti, lui scosse le spalle e spiegò: «Di solito non sono i porno, ad essere masterizzati in modo illegale?»
   «Nah», liquidò la questione Castiel, dando comunque uno sguardo al titolo scritto a penna sul disco per sicurezza. «Quelli li tengo da un’altra parte», ci rassicurò, iniziando ad armeggiare con TV e lettore DVD.
   Tesa come una corda di violino, mi accomodai su uno dei divani del salotto e mi aggrappai istintivamente al braccio di Rosalya, che però richiamò l’attenzione di Kentin e gli cedette il posto. Sì, più passava il tempo e più mi rendevo conto che, a dispetto di tutte le sue idee balzane, Rosa era una buona amica. Lui non si lasciò pregare e, senza che io avessi quasi modo di evitarlo, mi passò un braccio attorno alle spalle per incoraggiarmi che, dopotutto, non era la fine del mondo dover assistere alla visione di un film horror.
   Proprio quando Castiel si sedette insieme a noi per poter dare il via allo spettacolo, ecco che capitò il primo imprevisto della serata – il secondo, se si considerava il temporale. Un fulmine cadde vicinissimo e la luce saltò. Il buio improvviso, annunciato dal fragore appena udito, mi indussero a lanciare un verso ridicolo e ad affondare istintivamente le unghie di una mano nella gamba di Kentin, che subito cercò di farmi forza. «È solo andata via la luce…» balbettò con voce provata. Fantastico, mi dissi cercando di vedere il lato ironico della situazione. I fifoni in casa salgono a quattro.
   Qualcuno iniziò a ridere per quella coincidenza, qualcun altro – presumibilmente il padrone di casa – iniziò ad imprecare. Nell’oscurità della stanza non si vedeva nulla, ma poi con un guizzo venne in nostro soccorso una piccola lingua di fiamma: l’accendino di Castiel. «‘Fanculo al temporale», fu la poetica espressione con cui commentò definitivamente l’accaduto.
   La lucina si spostò cautamente all’interno della stanza, a testimonianza che il suo proprietario si stava muovendo in cerca di qualcosa, che si rivelò essere una torcia elettrica non appena venne accesa ad illuminare l’ambiente circostante. «Ho solo questa e mi serve per vedere se il contatore è a posto. Statevene buoni, mentre vado a controllare», annunciò, mentre riprendeva a muoversi con più decisione verso l’uscita. Mentre si allontanava, però, ci tenne ad aggiungere in tono divertito: «Ragazzi, approfittatene per allungare le mani con la scusa del buio.» Rosalya e Capucine gli diedero una rispostaccia, ma ormai lui era già andato via, per cui non ci rimase che aspettare.
   «Mi è venuta un’idea», cominciò improvvisamente Alexy, facendomi temere il peggio: le sue trovate non sempre riuscivano ad incontrare la mia approvazione, per cui non potei fare a meno di preoccuparmi. «Visto che non possiamo vedere il film, perché non cogliamo la palla al balzo per raccontarci delle storie di fantasmi?»
   «No!» fu il mio secco e deciso commento, che fece ridere qualcuno dei presenti, compreso Kentin che, accanto a me, prese quasi in parola Castiel, stringendomi per le spalle e posando un bacio fra i miei capelli. Non mi opposi, ma ringraziai il buio perché sicuramente ero di nuovo arrossita e non volevo che gli altri mi prendessero ulteriormente in giro. «Non potremmo trovare un passatempo meno spaventoso?» chiesi, non appena mi tornò la voce, intenzionata a battermi fino alla fine per i miei sacrosanti diritti di codarda.
   Ovviamente mi ignorarono in massa, tant’è che non appena Castiel tornò da noi, con una caterva di imprecazioni e l’annuncio che la visione del film doveva essere necessariamente rimandata finché non avessero riparato il guasto alle linee elettriche causato dal fulmine, fu messo a parte del malefico piano di Alexy. Piano che, ahimè, incontrò la sua piena approvazione.
  «Non lasciarmi», pigolai disperata in direzione di Kentin che, anziché ridere, questa volta fu più cavaliere, promettendo di rimanere al mio fianco e di tenermi la mano per tutto il tempo, se necessario. Di sicuro, quella notte non avrei chiuso occhio.
   Non mi azzardai a muovermi dal posto in cui ero e, in più, tirai le gambe sul divano, appollaiandomi del tutto contro il mio protettore, che si guardò bene dal protestare. Frattanto, gli altri iniziarono a ridacchiare e a ipotizzare quali storie raccontare, dandosi persino battaglia su chi dovesse essere il primo a parlare. Manco a dirlo, vinse la prepotenza di Rosalya.
   Resistetti stoicamente a tutto il repertorio, dal classico autostoppista fantasma che scompare nel momento topico allo spettro del signore di questo o quel castello; si fece cenno finanche a spiriti illustri, come quello della Regina Maria Antonietta e di altri abitanti di Versailles avvistati da due donne inglesi nel Petit Trianon all’inizio del Novecento. Mi dissi che, semmai si fosse organizzata una gita scolastica lì, non ci sarei andata neanche morta.
   Il narratore più suggestivo di tutti, comunque, si dimostrò Lysandre, tant’è che dopo il suo racconto, quando ormai credevo di non riuscire a sopportare oltre quelle storie, e quando, temo, il batticuore che per la fifa e per l’abbraccio di Kentin rischiava di farmi venire un infarto, ecco che Dio ascoltò le mie mute preghiere: con grande scorno di quei fanatici di storie dell’orrore, la luce tornò. Non me ne accorsi subito, perché in quel momento avevo il capo piegato ed il viso nascosto contro il collo del mio migliore amico, che non osava né muoversi né fiatare – se anche lui per la paura o se piuttosto per la mia vicinanza, non avrei saputo dirlo. Mi resi conto che il peggio era passato quando la voce di Iris, che aveva appena iniziato il proprio racconto, scemò di colpo, fino ad arrestarsi, e gli altri cominciarono a parlare tutti insieme.
   Alexy scoppiò a ridere non appena mi vide, e subito finse di protestare: «A quanto pare c’è chi ha approfittato davvero del momento per darsi impunemente alla pazza gioia!»
   Ne seguì una serie di sfottò che mi risparmierò di trascrivere per evitarmi ulteriore imbarazzo. Basti dire che, quando ci si accorse che ormai si era fatto troppo tardi per mettere su un film o per fare chissà cos’altro e si propose di andare piuttosto a dormire per recuperare le energie spese nello studio, ecco che i più maligni – Castiel e Rosalya – avanzarono l’ipotesi di concedere a me e Kentin la privacy di cui, a loro dire, avremmo avuto bisogno: ci avrebbero ceduto volentieri la camera da letto dei padroni di casa. Col cavolo. Cioè, non mi avrebbe di certo fatto schifo, figurarsi; ma come avrei potuto accettare una simile proposta se eravamo circondati da tante altre persone, alcune delle quali totalmente inaffidabili e invadenti?!
   Declinai poco gentilmente l’invito e mi diressi con passo nervoso verso l’angolo in cui erano ammucchiati gli zaini e le borse di noi ospiti. Individuare la mia tracolla non fu semplice, soprattutto perché ricordavo di averla lasciata in un punto diverso da quello in cui la trovai. Non mi posi domande, comunque, anche perché alle mie spalle stavano decidendo i turni per usare il bagno: dopotutto eravamo in dieci e in quell’appartamento c’era una sola toilette. Fu perciò stabilito che noi ragazze l’avremmo usata due alla volta e Rosalya mi pretese in coppia con lei, mentre i ragazzi, nonostante il gigioneggiare di Alexy che voleva convincere Kentin a cambiarsi con lui, preferirono preservare ognuno la propria privacy.
   E mentre loro si perdevano in questo tipo di chiacchiere, rovistando nella mia borsa in cerca del pigiama, le mie dita toccarono anzitutto una stoffa che non mi era affatto familiare. Corrucciai lo sguardo e, stupita dal colore scuro di quel capo, lo tirai verso di me. Quando mi resi conto di cosa fosse, lo appallottolai fra le mani e non seppi se andare in escandescenza subito o aspettare prima di sapere chi fosse il responsabile di quello scherzo idiota per poi mettergli – o metterle – le mani attorno al collo. Cercai anzitutto di fare mente locale e l’unica cosa che realizzai fu che le borse erano rimaste incustodite solo quando gli altri erano a spasso con i cani.
   Nonostante la rabbia, decisi di agire con discrezione. Chiamai Kentin, che finalmente si schiodò dal divano, lasciando che il piccolo Cookie, che nonostante iniziasse a pesare era rimasto accucciato sulle nostre gambe per tutto il tempo del blackout, potesse infine sgranchirsi le zampine. «Che c’è?» esordì quando mi fu accanto.
   Lo afferrai per una delle bretelle dei suoi pantaloni militari e lo tirai giù, costringendolo ad accucciarsi accanto a me. Gli passai l’indumento e gli chiesi senza mezzi termini: «Sono tuoi?»
   La sua espressione aggrottata, mentre spiegava i boxer, fu la prova che lui non c’entrava nulla con quella faccenda. Non che lo ritenessi capace di uno scherzo tanto idiota, ma volevo perlomeno accertarmi che qualcuno non avesse trafugato le sue mutande dallo zaino. «No, ma… dove diavolo li hai presi?» non si trattenne dal domandarmi, giustamente.
   «Qualcuno li ha infilati nella mia borsa», spiegai tra i denti, cercando di vincere l’imbarazzo della situazione. «Non vorrei sollevare un polverone davanti a tutti, perciò ho chiesto prima a te per sicurezza.»
   «Sospettavi di me?» pretese di sapere, guardandomi con una vaga delusione in viso.
   «No», gli garantii, fissandolo dritto negli occhi. «Volevo solo capire se qualcuno non avesse giocato un tiro anche a te.»
   «Che avete da confabulare, voi due?» si intromise Alexy, trotterellando nella nostra direzione insieme a Cookie, che subito infilò il musetto curioso nella mia borsa. Kentin fu lesto ad afferrarlo prima che potesse metterci dentro anche le zampine, ma non lo fu abbastanza da nascondere anche i boxer, che mi caddero in grembo balzando all’occhio del nostro amico. «Ma quelle non sono le mutande di Castiel?» fu la spontanea osservazione che gli salì alle labbra.
   So che forse avrei dovuto anzitutto scandalizzarmi per aver avuto fra le mani la biancheria di un ragazzo, e so anche che avrei persino dovuto arrabbiarmi con Alexy per la sua totale mancanza di delicatezza, ma… l’unica cosa che mi venne da domandargli istintivamente fu: «Come fai a sapere che sono le sue?!» Mente deviata, la mia, me ne rendo conto, ma forse quel morboso interesse fu dettato soprattutto dall’inconscia speranza che le attenzioni romantiche del mio amico si allontanassero da Kentin per soffermarsi su qualche altro uomo – e poco importava che Castiel non avesse mai dato l’impressione di essere dell’altra sponda.
   «Ricordi che prima io e Rosa abbiamo curiosato nel suo armadio?» mi rispose con fare ovvio lui, continuando a non curarsi di abbassare il tono della voce. «Non credevo l’avessi fatto anche tu… e con questi risultati, poi», mi prese in giro, ridendo per la situazione paradossale.
   «Non dire idiozie!» protestai subito, troppo imbarazzata per far caso al fatto che alle nostre spalle era calato improvvisamente il silenzio. «Che interesse potrei avere per le mutande di quello là?!» pretesi di sapere, sventolando l’oggetto incriminato a mezz’aria.
   Mi fu strappato di mano con fare brusco un attimo dopo e quando alzai il capo, dopo aver sobbalzato per lo spavento, mi ritrovai a fissare il volto scuro di Castiel. «Di’ un po’», cominciò con voce severa, «a che gioco stai giocando?»
   Risentita da quell’implicita accusa, mi ersi in tutta la mia statura – ridicola, se messa a paragone con la sua – ed alzando il mento con orgoglio, dichiarai la mia assoluta innocenza. «Qualcuno ha messo quella roba nella mia borsa!»
   «Sul serio?» domandò Alexy, per nulla intimorito dall’atteggiamento del nostro compagno. «Eppure, a parte me e Rosa, nessun altro è entrato in camera sua», rifletté a mezza voce, lanciando uno sguardo alla nostra amica che si avvicinò e confermò.
   «È vero. E poi, mentre voi eravate via, Aishilinn e Melody sono rimaste per tutto il tempo in cucina. O sbaglio?»
   «Certo che sì!» affermai con decisione. «Potete chiederlo anche a Melody.»
   «È in bagno con Capucine», ci fece notare Kim, che stava osservando la scena con aria accigliata e le braccia incrociate al petto.
   Fu sentendo quel nome che un brivido mi percorse lungo la schiena. Capucine era andata via dalla cucina subito dopo che ci ero entrata io, e se non si era unita a Rosalya e Alexy nell’ispezione del guardaroba di Castiel, poteva significare soltanto una cosa: quella maledetta aveva avuto il tempo di agire indisturbata, magari trafugando i boxer senza che quei due avessero modo di accorgersene e poi nascondendoli senza fretta nella mia borsa. Ma a che pro? Ovviamente solo per darmi fastidio, visto che le riusciva tanto bene. Comportamento inspiegabile, il suo, certo, ma sono così tanti i misteri della psiche umana che davvero non mi preoccupai di trovare una logica in tutto ciò.
   Quasi fosse stata richiamata dai miei pensieri, Capucine comparve di nuovo in salotto insieme a Melody, entrambe già in pigiama. Non appena la vidi varcare la soglia, partii in quarta: «Sei stata tu?!»
   Lei inarcò le sopracciglia. «A far cosa?»
   Scippai con malagrazia le mutande di mano a Castiel e le sventolai a mo’ di bandiera sotto gli occhi di tutti. «A mettere queste nella mia borsa!»
   Corrucciando la fronte, Capucine s’indispettì. «Come ti permetti di accusarmi senza alcuna prova?!»
   «Veramente le prove sono tutte contro di te», le fece notare pigramente Alexy.
   «Vi siete messi d’accordo per farmi apparire come l’antipatica della situazione, non è vero?» ribatté ancora lei, mentre alle sue spalle Melody fissava la scena con espressione confusa, incapace forse di afferrare la situazione.
   «Credimi, non è che tu abbia bisogno della nostra collaborazione per risultare tale», fu l’accalorato intervento con cui mi difese Kentin, probabilmente innervosito dal fatto di vedermi con le mutande di Castiel in mano.
   «Sono stufa delle vostre accuse ingiuste!» replicò infine Capucine, girando i tacchi per lasciare il salotto e dirigersi verso la camera dei padroni di casa – assenti come sempre per lavoro. «Me ne vado a letto!»
   Non appena lei se ne andò, Castiel tornò a riprendersi i boxer con un gesto stizzito e infilarseli nella tasca posteriore dei pantaloni. «Suppongo che lì ci sia un letto abbastanza grande per tre di voi», dichiarò di malavoglia, facendo cenno nella direzione di noi ragazze e spezzando così la tensione che era calata sull’intero gruppo.
   Ancora troppo infastidita nei confronti di Capucine, m’impuntai con fare puerile: «Con quella non ci dormo, cedo volentieri il posto a qualcun’altra.»
   Le mie compagne di classe si scambiarono diverse occhiate prima che Melody avesse il coraggio di farsi avanti, con fare timido e mortificato a un tempo. «Allora, magari io ne approfitterei volentieri…» balbettò. Voleva forse interrogare Capucine per capire cosa fosse successo durante la loro assenza? Figurarsi se quella lì avrebbe confessato il misfatto.
   Mentre Melody si allontanava sulla scia dell’amica, anche Castiel si mosse verso la propria camera con l’intento di liberare finalmente il povero Demon, che subito si fece una scorrazzata tutt’intorno, fino a che non scovò Cookie in braccio a Kentin e quasi saltò addosso a quest’ultimo, che fu costretto a lasciare il cucciolo a terra per farli giocare insieme.
   «Loro due dovremmo portarli fuori per l’ultimo bisognino della giornata», ponderò Castiel, dando uno sguardo non troppo convinto alla pioggia che continuava a cadere fitta al di là dei vetri delle finestre. «Nel frattempo, voialtri organizzatevi», riprese dopo un attimo, facendo cenno verso l’interno della sua camera. «Un altro paio di voi può dormire di qua.»
   Osservando lui e Kentin prendere le giacche, gli ombrelli e i guinzagli, Rosalya commentò divertita: «Cedi davvero il tuo letto a qualcun altro?»
   «Ne farei volentieri a meno, credimi», le assicurò Castiel con una smorfia. «Ma mentre eravamo fuori, prima di cena, il tuo caro amico Lysandre non ha fatto altro che stordirmi tutto il tempo con le sue chiacchiere sulla cavalleria e altre stronzate varie.» E con questa aulica affermazione, i due uscirono di casa.
   Kim si volse verso me, Iris e Rosalya. «Dormirò io sul divano, quindi se qualcuna di voi preferisce il letto…»
   «Non dormirei nel letto di Castiel neanche morta», ci tenni a far sapere a tutti gli altri, inducendo qualcuno a ridere per quel mio orgoglio infantile.
   «Sicura?» mi domandò per conferma Kim.
   «Certo che sì!»
   Scrollò le spalle. «E allora non mi pongo più problemi e ti soffio il posto.»
   Con una mano chiusa a pugno sul fianco formoso, Rosalya si portò il dito indice dell’altra sulla bocca con aria pensosa. «Allora io prendo il lettone della camera grande, così magari riesco ad estorcere una bella confessione a quella furbetta di Capucine.»
   «Iris», chiamò Kim. «Se sei disposta a stringerti un po’, ti faccio spazio accanto a me.»
   «Oh, volentieri!» rispose quella, andando a recuperare allegramente il proprio zaino per trasferirsi nell’altra stanza insieme a lei.
   Rimasta sola con Rosa, che ancora non si muoveva, e con Lysandre e Alexy, quest’ultimo se la rise sotto i baffi. «Però…» cominciò con uno sguardo sornione alla sottoscritta. «Non ti facevo così intraprendente.»
   «Dici a me?» non mi trattenni dal chiedere, tanto per conferma.
   «A te», annuì lui, serio in volto. «Passerai la notte con quattro ragazzi, non ci hai pensato?»
   Rosalya rise apertamente, mentre Lysandre cercò di nascondere un sorriso dietro a una mano con fare signorile. Quanto a me, rimasi senza parole per qualche attimo, cercando di fare mente locale ed immagazzinare a dovere quel risvolto della situazione che mi era sfuggito. Infine, quando anche Alexy si decise a sghignazzarmi in faccia, fui assalita dall’ennesimo imbarazzo della serata e sbottai: «Uno dei divani è mio, vi avverto!»
   Non tutto, però, sarebbe andato come avrei voluto.
   Diversi minuti dopo, quando Castiel e Kentin tornarono con i cani, si ritrovarono davanti ad una scena curiosa: Lysandre che, ancora vestito di tutto punto, sedeva accanto a me sul divano, tentando vanamente di consolarmi.
   «Che è successo?» domandò Kentin, passando rapidamente un panno sulla pelliccia del proprio cucciolo e pulendogli le zampine dal fango dovuto alla pioggia, prima di rimetterlo a terra.
   Accorgendosi di loro solo in quel momento, Alexy scattò in piedi dal punto in cui stava ancora cercando di scusarsi, sia pure ridacchiando, e con fare teatrale annunciò: «Ebbene, lor signori: Aishilinn ha davvero le tette!»
   Gli lanciai contro uno dei cuscini del divano, colpendolo di striscio ad un braccio e facendolo ridere più di prima. «Sta’ zitto!» proruppi, infischiandomene del fatto che le altre ragazze si fossero già chiuse in camera per la notte.
   Lasciando libero Demon, Castiel inarcò un sopracciglio, mentre Kentin, allarmato da quella dichiarazione, sembrava non sapere dove posare prima lo sguardo – se su di me, su Alexy o su Lysandre, che al momento mi stava trattenendo a fatica per le spalle.
   «Kentuccio, perdonami», tornò a parlare Alexy, piuttosto buffo nel suo pigiama sgargiante e fin troppo largo.
   «Sembri uscito da un circo», fu il laconico commento di Castiel, palesemente poco interessato al resto.
   «So che ci tenevi ad essere il primo», stava continuando l’altro, ignorando quella critica al proprio abbigliamento notturno, «ma questa sfacciatella non aveva chiuso a chiave la porta del bagno e…»
   «È tutta colpa di Rosalya!» giurai, sentendomi di nuovo morire di vergogna e nascondendo il viso in fiamme contro le ginocchia che avevo tirato su al petto.
   Kentin tacque, fissandoci con occhi vacui e tentando, forse, di capire cosa fosse realmente successo. Castiel ci arrivò prima di lui e, sfilandosi la giacca di pelle, rise. «Sei entrato in bagno mentre lei e Rosalya si stavano cambiando?»
   Alexy annuì. «Fuochino», rispose senza troppi preamboli. «Il fatto è che Rosa era uscita per andare a prendere qualcosa che aveva dimenticato nella borsa, per cui credevo che avessero finito», spiegò allegro. «Invece, a dispetto della porta socchiusa, Aishilinn era ancora lì e…»
   Non fece in tempo a concludere la frase che Kentin si avventò su di lui, agguantandolo per il bavero della casacca del pigiama. «Tu…! Dannato!»
   «Oh! Non l’ho mica fatto apposta!» protestò il suo amico, perdendo finalmente il sorriso. «E poi lo sai che su di me certe visioni non fanno alcun effetto…»
   «Dubito che le sue costole farebbero effetto su qualcuno», si sentì in diritto di infierire Castiel, ghignando malignamente.
   «In realtà è davvero carina», mi difese Alexy, riuscendo al contempo a liberarsi dalla presa di Kentin, che ora era passato a fissarmi con un’espressione indecifrabile in volto. «E anche se sotto gli abiti non si notano molto, ti assicuro che ci sono», proseguì, muovendo le mani all’altezza del petto per mimare un paio di seni di modeste dimensioni.
   Avrei voluto sprofondare, farmi inghiottire da un buco nero e disperdermi nel tempo e nello spazio. Invece tutto ciò che, purtroppo, potei fare in quel momento, fu rimanere ferma dov’ero, appiattendomi il più possibile contro lo schienale del divano ed evitando di guardare gli altri. Almeno fino a che, col suo solito tatto, Castiel non mi domandò: «Piuttosto, donna dalle tette retrattili… cosa ci fai ancora qui?»
   Stavolta fu Lysandre a prendere parola e a spiegare la situazione. «Nelle altre camere non c’è posto per tutte, perciò Aishilinn ha deciso di dormire qui in salotto con noi.»
   L’altro tornò a sghignazzare. «Allora è vero che sei sfacciata…»
   Alzai la testa di scatto per abbaiargli contro, ma fui preceduta da Alexy che, con aria spensierata, si rivolse a Kentin. «Stanotte dormiremo vicini, non è fantastico?»
   Quello si riscosse e, aggrottando la fronte con aria disgustata, gli garantì: «Piuttosto dormo nella vasca da bagno!»
   «E lasceresti da sola Aishilinn con noialtri?» fu l’ovvia osservazione che ne seguì.
   Pur essendo già pronto a ribattere ad un’eventuale insistenza, davanti a quella prospettiva, invece, Kentin chiuse la bocca con uno scatto secco e si volse di nuovo nella mia direzione. Mi sentii indifesa sotto quello sguardo insondabile e mi chiesi se non avesse iniziato di colpo a cambiare opinione sul mio conto a causa di quell’increscioso incidente. Dopotutto, fra quello e le mie due incursioni nello spogliatoio maschile della scuola, non è che ci facessi davvero una bella figura… per non parlare delle mutande di Castiel nella mia borsa.
   A quel punto Lysandre si rimise in piedi. «Vado a cambiarmi», ci avvisò, afferrando il proprio zaino e dirigendosi verso il bagno, dal momento che lui, il suo migliore amico e Kentin erano ancora gli unici in abiti da giorno.
   In quel mentre mi sovvenne del suo tatuaggio e quasi mi dispiacque che avesse avuto il pudore di non cambiarsi lì davanti a noi. Quel pensiero mi fece rendere conto di quanto, effettivamente, a volte riuscissi ad essere davvero sfacciata come aveva detto Castiel. Ma poi, su cosa si basava, questa sua supposizione? Kentin avrebbe potuto affermarlo più o meno con certezza – senza sapere ancora che avevo visto Nathaniel in boxer – ma lui proprio no.
   «Dal modo in cui i tuoi occhi hanno appena scansionato la schiena di Lysandre», cominciò quel disgraziato del padrone di casa, riportandomi con i piedi per terra, «mi domando se non hai strane mire anche su di lui.»
   Indispettita, mi ersi in tutta la mia piccola statura e ribattei, decisa: «Mi stavo solo chiedendo come fosse il suo tatuaggio, tutto qui.»
   «Ancora con questa storia?» borbottò Kentin, continuando tuttavia a scrutarmi con fare strano.
   «Cos’è, ti piacciono i tatuaggi?» mi domandò retoricamente Castiel. Non feci in tempo a rispondere che subito aggiunse con un ghigno provocatorio: «Dovresti vedere quello che ho qua sotto.»
   Il suo binomio girò di scatto il capo nella sua direzione, credo per strepitargli contro, ma ancora una volta Alexy fu più lesto di parola. «A me interessa», gli fece sapere, prendendolo palesemente in giro pur di difendermi.
   Kentin bloccò sul nascere l’imprecazione che aveva avuto per Castiel sulla punta della lingua, mentre quest’ultimo fu visibilmente scosso da un brivido freddo fin nel midollo. «Tu stanotte dormi con i cani!» abbaiò contro Alexy, che scoppiò a ridergli in faccia e si andò a preparare il giaciglio sull’altro divano.
   «Invece mi piazzo qui e non mi muovo fino a domattina», ci garantì, tutto convinto.
   «Ehi, smamma!» reclamò il padrone di casa. «Se non posso dormire nel mio letto, lasciatemi almeno il posto più comodo!»
   «Possiamo sempre dividercelo», continuò a provocarlo l’altro con un’espressione talmente angelica che costrinse me e Kentin a morderci le labbra per non ridere.
   Castiel fu sul punto di scoppiare, ma poi prese fiato e alzò gli occhi al soffitto, contando silenziosamente fino a dieci sulla punta delle dita. Quando finì, riuscì a mantenere la calma con fare ammirevole. Tant’è che commentò solo: «Muori.» Dopo di che, fece per andare nella sua stanza e si fermò poco prima di allungare una mano sulla maniglia. «Merda», bofonchiò. Tornò a voltarsi nella verso di noi e, dopo un attimo di esitazione, confessò: «Ho lasciato la mia roba in camera.»
   «Quindi dormirai nudo?»
   Alexy schivò a stento una scarpa, ma ciò non ci impedì di ridere tutti e tre in faccia al povero Castiel. Che alla fine dovette arrendersi a dire: «In mutande mi hai già visto nello spogliatoio della scuola e tanto deve bastarti anche per stasera.»
   «Ehi!» fu l’ovvia protesta che seguì da parte mia. «Ti sei dimenticato di me?»
   Immagino tutt’ora di sì, perché solo in quel momento parve ricordarsi della mia presenza. Non si lasciò cogliere impreparato, però, perché subito disse: «Eh, beh, e allora sei fortunata. Molte donne pagherebbero per lo spettacolo a cui assisterai.»
   Non ne dubitavo, ma di una cosa ero ancora più sicura: se Ambra avesse saputo che avrei dormito nella stessa stanza con Castiel, per di più con lui in mutande… In soldoni, con la fortuna che avevo, potevo già andare a prenotarmi un loculo al camposanto.
   «Non azzardarti a farlo!» intervenne Kentin, con chiari intenti bellicosi. Di certo voleva proteggere la mia innocenza – ragion per cui non credevo fosse quello il momento più opportuno per parlargli di quella faccenda di Nathaniel – ma non faticai a convincermi che fosse mosso anche e soprattutto da qualcosa di molto, molto più potente: la gelosia.
   «Ha ragione lui, non ti conviene», gli diede man forte Alexy, iniziando a stendersi sul divano con aria sorniona, le braccia intrecciate dietro la nuca. «Non sai cosa potrebbe capitarti, nottetempo.»
   Con uno scatto secco che avrebbe potuto decapitargli il tatuaggio, Castiel tirò su la zip dei pantaloni che aveva iniziato a sbottonarsi e, borbottando cose irripetibili, si diresse verso l’unica poltrona della stanza, che portò lontana dal punto in cui si trovava Alexy. Dopo quell’ennesima trovata del nostro amico, Kentin tornò a calmarsi e a rivolgersi a me. Aprì bocca per parlare, ma poi esitò. Ci riprovò e stavolta, facendosi più vicino, mormorò in modo che sentissi solo io: «Ti spiace se dormo accanto a te?» Rimasi spiazzata e, pallida e con gli occhi sgranati, rimasi in silenzio. A quel punto, lui realizzò di aver commesso una delle sue solite gaffe. «I-Intendevo per terra!» si affrettò ad aggiungere, cominciando ad andare nel panico. «Nel sacco a pelo… Non mi sarei mai azzardato a…»
   Lasciò la frase in sospeso, ma io compresi comunque e annuii forse con troppa decisione. «Non mi darebbe alcun fastidio», gli assicurai. «Anzi… mi sentirei più tranquilla…» pigolai poi, lanciando uno sguardo timoroso in direzione di Castiel, che si stava preparando la tana notturna sulla poltrona. Non che non mi fidassi di lui, visto che ero ben consapevole di non fargli alcun effetto sotto quel punto di vista, ma le sue ultime battutacce mi avevano lo stesso infastidita.
   «E io pure», mi garantì Kentin, tornando padrone di sé. «Te l’ho chiesto proprio per questo, difatti.»
   Di lì a poco Lysandre tornò da noi e mi lasciò spaesata, come tutte le volte che non lo vedevo indossare abiti vittoriani. Al momento, in effetti, sfoggiava una semplice T-shirt su un altrettanto anonimo paio di pantaloni di cotone. Mentre lui e Castiel scambiavano alcune parole, Kentin si allontanò per cambiarsi, ma non appena tornò, io e Alexy trattenemmo rumorosamente il fiato a causa della maglietta smanicata con cui si ripresentò. Sapevo che la scuola militare aveva fatto dei miracoli sul suo corpo, però… diamine, quella era la prima volta che riuscivo a vedere più di quanto mi fosse consentito abitualmente.
   «La pubertà ti ha fatto bene», se ne uscì d’un tratto Castiel, evidentemente colpito quanto noi, solo in maniera differente per ovvie ragioni. Kentin grugnì, decidendo di non cogliere l’ennesima frecciata del giorno. Dal modo in cui si muoveva cautamente nella stanza, strizzando gli occhi, dedussi che doveva aver tolto le lenti a contatto e pertanto doveva essere troppo concentrato sul non darlo a vedere per permettersi il lusso di rispondere per le rime al proprio binomio. «Ora dovresti mettere solo qualche altro centimetro in altezza», aggiunse Castiel, poiché in verità il mio migliore amico non era propriamente quello che si potrebbe definire uno spilungone.
   Fui io a difenderlo, questa volta. «Kentin non è affatto basso», dichiarai con convinzione.
   «…disse il tappetto della classe», mi derise pigramente Castiel. Era ingiusto. Sapevo di non essere alta, ma non ero neanche tanto bassa da essere definita in quel modo. «I vostri figli non saranno certo dei giganti.»
   Semmai avessi avuto la facoltà di andare in autocombustione, quella sarebbe stata l’occasione adatta per sperimentarla.
   Ci pensò Lysandre, con la sua adorabile flemma, a riportare la calma sul gruppo più scalmanato della serata. «Posso spegnere la luce?» domandò atono, aspettando però che io e Kentin ci fossimo sistemati sui nostri letti improvvisati, prima di far scattare l’interruttore.
   Il buio calò su di noi quasi in contemporanea al silenzio. Sembrò assurdo, dopo tutto il chiasso di quel pomeriggio, tanto che non riuscii a chiudere subito gli occhi. Mi sollevai sul gomito per poter stropicciare meglio il cuscino e quando tornai a stendermi, le storie dei fantasmi udite quella sera tornarono crudelmente a popolare le mie fantasie, atterrendomi non poco. Ripensai all’autostoppista che svaniva nel nulla, alla Regina Maria Antonietta che dipingeva nel Petit Trianon con la testa ancora attaccata al collo, alla Dama Bianca ovvero lo spettro di questa o quella nobildonna che con le sue apparizioni annunciava la morte di qualche illustre aristocratico, alla Dama Nera che si aggirava per un parco nelle sere nebbiose e seduceva i passanti fino a condurli alla pazzia…
   Immersa in quei tetri pensieri che mi avevano fatta rannicchiare sempre più su me stessa, sobbalzai e lanciai un grido strozzato quando qualcosa mi sfiorò il dorso di una mano.
   «Calma, sono io!» s’affrettò a tranquillizzarmi Kentin, ignaro di avermi quasi fatto venire un infarto. E, a proposito della Regina Maria Antonietta, per un attimo temetti che anche a me fossero venuti di colpo i capelli bianchi per lo spavento.
   «Ma che cazz…?!» La voce irritata di Castiel giunse dal fondo della stanza, ancora immersa nel buio.
   Anche Alexy provò a capire la situazione. «Ehi, tutto bene? Che state combinando, voi due?» domandò. Se pure ci fosse stata una vaga allusione, in quel momento non ero abbastanza lucida per coglierla.
   «Le ho solo toccato la mano, giuro…» tentò di giustificarsi Kentin, mentre io cercavo di trattenere le lacrime e, soprattutto, il cuore nel petto, dato che mi batteva così forte che temevo sarebbe balzato via da un momento all’altro.
   «Toccale quello che vuoi, basta che mi fate dormire!»
   Lo spavento cominciò a scemare e, grazie alle parole volutamente equivoche di Castiel, cominciai persino a ridacchiare sommessamente con fare quasi isterico. «Scusa…» sentii farfugliare accanto a me.
   Nell’oscurità scorsi vagamente la sagoma di Kentin che, mortificato, si era inginocchiato al mio capezzale. Allungai una mano per accarezzargli il viso in segno di perdono, e lui non si lasciò scappare l’occasione per afferrarla nella propria per baciarne il palmo. In un attimo ogni ombra di paura svanì dal mio animo e la mia mente si vuotò di ogni macabra fantasia.
   Prima ancora che avessi modo di fare o dire qualcosa, Kentin tornò a stendersi sul pavimento accanto al mio divano, trattenendo però le mie dita fra le sue. E così ci appisolammo, come bambini.












Lo so che avevo scritto che avrei aggiornato lunedì 24, però non so se potrò farlo (troppi impegni imprevisti, quel giorno). Pertanto, dal momento che in queste settimane sono andata parecchio avanti (giusto due giorni fa... o era ieri? Boh, comunque ho finito il tredicesimo capitolo), non mi sembrava il caso tergiversare oltre.
Prima di proseguire mi sembra doveroso sottolineare una citazione voluta all'interno di questo capitolo: è il punto in cui, in risposta a una battuta di Alexy che invita Kentin a dormire con lui, l'altro afferma che, piuttosto, avrebbe dormito nella vasca da bagno. Ecco, anche se non gliel'ho detto, questa cosa mi è venuta in mente grazie a Yutsu Tsuki e alla sua Narcisismo al cioccolato (anche se qui al posto di Kentin c'era Nathaniel... e Alexy non si limitava alle parole, lol), che è finalmente in dirittura di arrivo.
Tornando a noi, avrete di certo notato che questo capitolo è piuttosto frivolo e senza apparente importanza, ma fidatevi se vi dico che mi serviva per due ragioni ben precise: la prima è quella di far sì che Castiel iniziasse ad aprirsi un po' anche verso gli altri (sperando di non averlo mandato OOC); la seconda è... ve la dico alla fine del prossimo capitolo, lol. XD
A proposito, dal decimo in poi le cose si faranno serie per davvero e non ci saranno più questo genere di "perdite di tempo", anche perché ho tanto da raccontare e poca voglia di prolungare la long per un'infinità di capitoli. La mia utopica speranza è quella di concluderla entro il ventesimo, quindi dovremmo essere già a circa metà della storia, soprattutto contando che con il tredicesimo capitolo sono già a buon punto con la narrazione degli eventi (proprio per quel che dicevo prima: si va dritti al punto senza girarci troppo intorno).
Mi auguro solo di non deludere le aspettative di nessuno e che questa storia continui almeno ad interessare la metà dei tanti lettori che la stanno seguendo al momento.
Ringraziandovi per l'attenzione, le recensioni (alle ultimissime devo ancora rispondere, lo farò subito!) e le preferenze da parte di tutti voi, vi do appuntamento a... ehm... non so esattamente quando, ma dubito che passerà più di una settimana per il prossimo aggiornamento.
Buon weekend! ♥
Shainareth





  
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